In un silenzio assordante, si tagliano migliaia di pini dentro la Tenuta Presidenziale di Castelporziano a causa dell’infestazione di insetti nota dal 2015 e trascurata per mancanza di fondi. Questa l’incredibile storia che raccontiamo e che si inquadra in quella ancora più ampia della gestione del patrimonio arboreo in Italia, sviluppandosi su tre tematiche: mancanza di fondi per il verde, leggi disapplicate e un enorme giro di soldi legato al riuso del materiale legnoso per la produzione di bioenergie.
Nell’unica tenuta in dotazione al Presidente della Repubblica, inglobata in una Riserva Naturale Statale appartenente al territorio di Roma, Capitale d’Italia, dove la gestione del verde pubblico è delegata al Municipio di prossimità, spariscono migliaia di pini e tutto sembra normale.
Lo Stato sconfitto dagli insetti. E’ ciò che sta avvenendo nella tenuta presidenziale di Castelporziano, 6.039 ettari (6.039 campi da calcio) all’interno della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano, Zona di Protezione Speciale (ZPS), dove sarebbero in atto, dal 16 dicembre 2011 (DGR 612), severe misure di conservazione e tutela degli habitat naturali delle specie vegetali di interesse comunitario. Eppure, proprio dal 2011, si assiste alla lenta e inesorabile scomparsa della pineta monumentale che la costituisce. Non è solo un danno ambientale, ma soprattutto una grave sconfitta per la collettività.
Migliaia di pini tagliati che forse potevano essere salvati destinando alla tutela della pineta monumentale maggiori fondi.
Nel Bilancio Triennale 2022-2024, la dotazione annuale per la Presidenza della Repubblica è di 224 milioni di euro, di cui la metà (112 milioni) destinata alla retribuzione del personale e appena 1,2 milioni per le spese di Castelporziano, a cui si aggiungono i 500 mila euro del contributo del Ministero per la Transizione Ecologica e altri 600 mila derivanti dai proventi forestali, faunistici e agro zootecnici. In totale, 200 mila euro al mese per 6 mila ettari.
Nonostante ciò, incredibilmente, resta comunque una gestione migliore di quella fino ad oggi operata nelle aree verdi (limitrofe alla tenuta presidenziale) del Municipio Roma X, l’unico, su tutta Roma, ad avere poteri amministrativi delegati sul verde pubblico (ad eccezione della pineta di Castel Fusano). E’ di questi giorni infatti la notizia dei primi interventi strutturati sul contenimento delle infestazioni parassitarie (note dal 2015) lungo le alberature stradali comunali e municipali, notizia inquietante perché non sempre accompagnate dalla necessaria trasparenza amministrativa soprattutto su ciò che si è (non) fatto fino ad ora. Non è dato sapere se è stata l’incuria e/o la negligenza dell’amministrazione capitolina a generare i focolai di parassiti giunti fin dentro la tenuta presidenziale. E nemmeno se i tagli in corso nel Municipio Roma X stiano avvenendo nel pieno rispetto della normativa vigente essendo il Municipio parte integrale della Riserva. Quello che certo è che sono almeno 10 anni (giunta Andrea TASSONE del PD, condannato a 5 anni per mafia capitale, poi Giuliana DI PILLO del M5S e infine Mario FALCONI ancora PD) che nel Municipio Roma X si assiste alla costante incapacità gestionale del verde pubblico, manifestatasi nelle mancate promesse degli Assessori preposti, da Marco BELMONTE a Valentina PRODON passando per Alessandro IEVA. Di certo il presunto danno erariale conseguente alla scomparsa del patrimonio boschivo della tenuta presidenziale dovrà essere preso in considerazione dalle autorità giudiziarie, perché ciò che sta accadendo nella pineta di Castelporziano non si è davvero mai visto.
IL GOVERNO DEL BOSCO
Una pineta come quella di Castelporziano è un bosco che può essere ‘governato’ (gestito e conservato) solo a ‘fustaia’ essendo i pini alberi ad alto ‘fusto’ che si riproducono solo per seme (il pinolo) e che non emettono polloni (rami dal fusto). Dunque, se si taglia un pino non ricrescerà più. Una pineta quindi non è un bosco ‘ceduo’ (dal latino caedĕre «tagliare») che si può periodicamente tagliare, lasciando interrati i ceppi e i pedali da cui rinasceranno altri polloni: una volta tagliati i pini, la pineta è persa.
In selvicoltura, la massa legnosa che si può asportare da un bosco deve essere poi calcolata preventivamente in termini percentuali secondo precisi parametri e si compone di una parte sopra il suolo (nel caso dei pini, il fusto e i rami) e di una parte sotto il suolo (la c.d. ceppaia). Il primo grave attacco alla pineta, dopo il 2011, è datato luglio 2016, consistente in un intervento urgente per la mitigazione degli impatti conseguenti i danni prodotti da un coleottero blastofago (il Tomicus destruens). In quell’occasione, la massa legnosa asportata dall’area di intervento (ben 95 ettari) fu di 23.700 metri cubi. Successivamente, si è dovuto intervenire una seconda volta con un diradamento di fustaie del pino domestico (Pinus pinea) che ha interessato altri 157,4 ettari pari a 13.786 metri cubi. L’ultimo, in ordine di tempo, è il taglio fitosanitario di pini colpiti dalla spietata ‘cocciniglia tartaruga’ (la Toumeyella parvicornis) e dal già citato Tomicus destruens, regolato da un’asta pubblica (GU 5a Serie Speciale – Contratti Pubblici n.134 del 16.11.2022) avente termine di scadenza il 13.12.2022 per la vendita del materiale legnoso risultante a 0,80 euro al quintale (IVA esclusa).
2022, IL TAGLIO DI MIGLIAIA DI PINI
L’area di quest’ultimo intervento ha una superficie complessiva di 154,87 ettari ed è composta da otto Unità Forestali (UFOR) dislocate in due gruppi disgiunti: le UFOR n. 14 e 52 pari ad 84,30 ettari e le UFOR n. 253, 255, 256, 257, 258 e 259 pari ad 70,57 ettari, tutte distinte (a parte la n.52, di 4,9 ettari) da quelle interessate in precedenza (69, 74, 114, 124, 166, 168, 266, 269, 429 e 491).
La superficie di taglio ricade interamente all’interno della ZPS e addirittura, per 24 ettari, nella Zona Speciale di Conservazione (ZSC, IT6030028) denominata “Castel Porziano (querceti igrofili)”. Un taglio brutale, del tipo “a raso”, con rimozione di tutti i pini morti in piedi e dei pini deperienti (con chioma vitale residua stimata visivamente pari o inferiore al 20%). Pini monumentali che superano ormai i 110 anni e altri più giovani di circa 60-90 anni di età. La massa legnosa in vendita è stimata (per difetto, dati SIFTEC 2010) in circa 33.776,73 metri cubi, pari a circa 28.713,85 tonnellate, il che significa che il prezzo di vendita (minimo) è di circa 230.000 euro. L’asta prevede un eventuale aumento del 50% della massa legnosa da decidersi in corso d’opera. Tutto il materiale legnoso derivante dal taglio sul posto (tronchi, rami principali e secondari) dovrà essere ridotto in scaglie di dimensione inferiore a 3 cm tramite triturazione e trasportato fuori dalla Tenuta (dopo esser stato ivi pesato) come “cippato” su mezzi chiusi o telonati che impediscano ogni dispersione di materiale ed essere poi destinato a siti di lavorazione per la produzione di bioenergie. Si adotteranno misure eccezionali di prevenzione come quelle contro la diffusione della Peste Suina Africana (PSA): disinfezione delle calzature di lavoro, dei mezzi di trasporto se utilizzati fuori dalla Tenuta, gestione dei cibi e dei rifiuti con divieto assoluto di rilasciare nell’ambiente carte di imballo dei pasti o resti di cibo, etc. Come riferiscono fonti autorevoli (pur non essendone pubblicizzato l’esito), l’asta, a fronte di 4 offerte presentate, è stata vinta dalla MASSONI P. e M. s.r.l. (Via di Sottomonte, 160 – 55060 Guamo, LU), un’impresa boschiva e forestale “che garantisce una gestione integrata della filiera bosco-legno: dalla gestione forestale, mirata al rispetto dell’ambiente e alla valorizzazione del bosco, al recupero del legno, trasporto e fornitura di cippato e tronchi”.
Le operazioni di taglio e di esbosco (120 giorni) si svolgeranno dal 1 agosto 2023 al 28 febbraio 2024 non potendosi eseguire dal 1 marzo al 31 luglio. Invece, le operazioni di cippatura e trasporto potranno svolgersi tutto l’anno all’interno del periodo di vigenza contrattuale. Infine, si segnala che il materiale cippato dovrà essere destinato a centrali di utilizzazione di biomasse per la produzione di bioenergia, ottenendo (a carico dell’azienda) tutte le autorizzazioni necessarie alla movimentazione di materiale infetto da Tomicus destruens e da Toumeyella parvicornis ai sensi delle normative in vigore e dei decreti di lotta obbligatoria vigenti al momento dell’esecuzione del trasporto. Una precauzione spesso disattesa.
IL TAGLIO DEI PINI NELLA TENUTA PUO’ CONSIDERARSI UN ESEMPIO DI GESTIONE?
Forse l’intervento di taglio poteva mitigarsi impiegando cure preventive alle alberature. Forse poteva essere coordinato con Roma Capitale un piano strutturato di salvaguardia esteso a tutta la Riserva Naturale Statale del Litorale Romano. In realtà abbiamo purtroppo assistito, e denunciato più volte in questi anni, ad una spregiudicata e continua campagna elettorale da parte dell’Amministrazione Capitolina fatta sulle spoglie di alberi morti e che non ha risolto alcun problema, neppure sotto il profilo della prevenzione dagli incendi e dalla caduta dei pini ormai ridotti a secchi e pericolanti colonne di legno disposte sul ciglio stradale. Non ultimo, il mancato controllo amministrativo sugli appalti del verde affidati, sia dal Comune sia dal Municipio Roma X, senza gara e spesso senza alcuna specifica circa il trattamento della massa legnosa asportata dopo l’abbattimento dei pini lungo le strade, cioè come rifiuto da smaltire o come risorsa per la discussa produzione di bioenergie. Non c’è dubbio: oltre al gravissimo danno ambientale, c’è un danno erariale e lo denunceremo.