Pasolini, IDV-PD-SEL: “Commemorazione strumentale a speculazione urbanistica”

Dopo due anni e mezzo di totale silenzio dall’insediamento di questa amministrazione di centro-destra su P.P. Pasolini, è davvero singolare che si commemori oggi la morte, e non la vita, di uno dei più grandi intellettuali che il nostro Paese abbia avuto, presentando al pubblico il progetto di riqualificazione di Torre San Michele e dell’area circostante attraverso fotografie, rendering e tavole architettoniche. A prescindere dal fatto che l’area non è ancora nella disponibilità dell’amministrazione comunale e che per ammissione dello stesso Sindaco non ci sono i fondi, la scelta operata appare come un’operazione di marketing subdolo, nella scia del revisionismo storico che imperversa in Italia in questi anni e che è inaccettabile perché irrispettoso della vita e del pensiero di un autore “scomodo” e dichiaratamente di sinistra, che certo non apprezzerebbe diventare testimonial di una amministrazione post fascista” lo dichiarano in una nota congiunta Leonardo Ragozzino, coordinatore SEL Ostia Levante, Simona Mignozzi, coordinatore municipale Idv XIII Municipio, Riccardo Corbucci e Paula De Jesus, dirigenti del Partito Democratico.
“Per questa ragione e soprattutto per il fatto che Pasolini ha speso parte delle sue energie intellettuali per ridare dignità e diritti di cittadinanza alle borgate e non per eliminarle “manu militari” (vedi vicenda idroscalo e non solo), oggi abbiamo depositato pacificamente, durante la commemorazione ufficiale, una corona di fiori con la scritta: “Dopo il corpo hanno ucciso anche il tuo pensiero”.

Leonardo Ragozzino 349.6034238 (coordinatore SEL Ostia Levante)
Simona Mignozzi 349.8316757 (coordinatore municipale Idv XIII Municipio)
Paula De Jesus 348.7726362 (dirigenti del Partito Democratico, urbanista LabUr)
Riccardo Corbucci 347.8731530 (dirigenti del Partito Democratico)

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XIII Municipio: il cemento elettorale di Alemanno.

Dal finto Decentramento Amministrativo per Ostia alla reale colata di 15 milioni di mc di cemento prevista nei prossimi 30 mesi. Queste le bugie elettorali della Giunta Alemanno, sostenute da un Municipio marionetta. A trarne vantaggio, solo la malavita. Un territorio dove esiste usura, droga, prostituzione, gioco clandestino e riciclo di danaro negli appalti pubblici e nell’edilizia privata.

Roma sommersa dal cemento elettorale di Alemanno. Gli oneri concessori, cioè i soldi dovuti al Comune per ogni permesso di costruzione, non sono più vincolati per realizzare strade, scuole, fogne ma vengono usati per le spese ordinarie: consulenze faraoniche, eventi di propaganda, stipendi stratosferici. Questo il penoso stato del Comune di Roma, diventato un’accozzaglia di marionette al servizio dei costruttori, a partire dall’Ass. Marco Corsini, capace solo di fare delibere salva-piscine per i Mondiali di Nuoto. A Roma non c’è più l’Urbanistica, ma solo il “Comando del Territorio” a vantaggio degli speculatori e non dei cittadini.

In particolare, il Comune di Roma sta abusando dello strumento perequativo della “compensazione edificatoria”, che dovrebbe servire per spostare il cemento da una parte all’altra del territorio per salvare aree preziose sotto il profilo ambientale e paesaggistico, ma che invece viene usato per aumentare la rendita fondiaria, portando il cemento dove le case costano di più. Densificazioni, verticalizzazioni, trasformazioni di aree agricole e industriali in residenziali, premi di cubatura. A peggiorare questo desolante quadro la Regione Lazio con il suo nuovo Piano Casa che corre in aiuto del PdL e dell’UDC, che gioca all’opposizione in Campidoglio per nascondere le sue origini ‘palazzinare’: la moglie di Casini è la figlia di Caltagirone, la moglie di Tabacci è la figlia di Armellini.

A pagare uno dei prezzi più alti tra i 19 Municipi di Roma è il Tredicesimo, quello che ha il mare, le pinete, la Riserva del Litorale e la tenuta di Castelporziano, carente, se non addirittura privo, di strade, scuole e fogne, ma dove si portano tutte le “compensazioni edificatorie” di Roma. Un municipio dove non solo è previsto il raddoppio del porto di Ostia, ma anche dove coleranno, prima del 2013, almeno 15 milioni di metri cubi di cemento. Cemento legato alla malavita, in un territorio dove esiste usura, droga, prostituzione, gioco clandestino e riciclo di danaro negli appalti pubblici e nell’edilizia privata. Quindi, oltre il danno ambientale, anche quello sociale.

Si aggredisce dunque un territorio, come quello del XIII Municipio, perché troppo residenziale, proprio da parte di chi impostò tutta la sua campagna elettorale contro il cemento. Come ad esempio l’attuale Presidente della Commissione Urbanistica municipale, Sergio Pannacci (nella foto), che oggi invece firma tutto quello che gli viene comandato, ma che ebbe a dire: “i cittadini e i servizi prima di tutto, poi le costruzioni e gli interessi dei costruttori”, “la centralità di Acilia-Madonnetta ? Ci opporremo con tutte le nostre forze a questa ondata di cemento”, “prima di mettere in atto i progetti, dobbiamo studiarli”, “l’Infernetto è pieno di cantieri ma privo di servizi” (solo all’Infernetto verranno 3 milioni di metri cubi di cemento).

Anche l’Assessore all’Urbanistica del Municipio, Renzo Pallotta, è riuscito a dichiarare, il 24 novembre 2009, dopo la parata del finto decentramento amministrativo: “non assisteremo più a colate di cemento che cadranno dall’alto, bensì parteciperemo in modo costruttivo al futuro sviluppo di questo territorio”. Confermando così che continuano a prevalere gli interessi “caduti dall’alto”, visto che il decentramento non c’è stato.
Lo stesso Presidente del XIII Municipio, Giacomo Vizzani, sta portando sul Litorale le speculazioni degli sceicchi arabi.

Le cose sono due: o questa gente è stata bugiarda in campagna elettorale ingannando la gente o è rimasta per 30 mesi una marionetta dei vari Alemanno, Cutrufo, Corsini. In entrambi i casi, non sta facendo nulla di utile per il XIII Municipio ed è ora che se ne vada a casa.

dr.Ing. Andrea Schiavone
Il Presidente

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Idroscalo di Ostia: maggioranza ed opposizione giocano alla demagogia.

Nella tragedia individuale e di una intera comunità storica, va in onda solo la miserevole tragedia demagogica della politica. Infatti, a peggiorare la situazione ci si è messa anche l’opposizione (che nel XIII Municipio significa solo PD).

Nel pomeriggio del 22 febbraio 2010, il giorno prima dell’illegittimo e (mezzo) fallito sgombero all’Idroscalo di Ostia da parte dell’amministrazione capitolina, si tenne una riunione tra il Sindaco Alemanno e il Presidente del XIII Municipio, Giacomo Vizzani, durante la quale, secondo quanto sostiene il minisindaco, le demolizioni furono convenute anche con i cittadini. Nessun verbale di quella riunione è mai stato mostrato ed ormai la credibilità di certe affermazioni, dopo la latitanza del Comune di Roma negli ultimi 8 mesi, è a livelli di minimo storico.
Si apprende dalla stampa che nel corso dell’incontro, tenutosi il 27 ottobre, voluto ed ottenuto dalla Comunità Foce del Tevere, Vizzani ha incredibilmente ribadito che l’amministrazione “si è impegnata a dare la massima informazione”. Falso.

Doveva infatti esserci, come disse il Sindaco Alemanno, un tavolo di confronto permanente con i cittadini dell’Idroscalo. L’avvio degli incontri è avvenuto il 26 febbraio 2010, nell’aula consiliare del Municipio XIII. E’ seguito un solo altro incontro. Ma Vizzani ha sostenuto, durante la seduta di Commissione Patrimonio, Casa e Scuola, voluta dalla Comunità Foce del Tevere, che ci sono stati altri incontri, l’ultimo a luglio 2010. Di cosa si sia parlato non è dato saperlo, visto che i verbali non li ha neppure il Parroco dell’Idroscalo, Don Fabio Vallini, eletto a portavoce proprio del tavolo di concertazione.

Vizzani non ha fornito informazioni in merito, invitando i cittadini a prendersela con i rappresentanti di questo tavolo di concertazione che evidentemente non passerebbero le informazioni alla comunità.
Vale la pena raccontare come si è costituito il “tavolo di concertazione”: alla riunione del 26 febbraio erano presenti 15 cittadini, compreso Don Fabio. Secondo quanto dichiara lo stesso Vizzani: “L’unica istituzione che l’amministrazione riconosce è il tavolo di concertazione. Noi abbiamo chiesto 2 rappresentanti per ogni quadrante. Nel tavolo di concertazione fanno parte i rappresentanti di tutto il territorio dell’Idroscalo, quindi non solo quelli oggetto dell’intervento”.

Dunque, togliendo il Parroco Don Fabio (portavoce), l’Idroscalo sarebbe stato suddiviso in 7 quadranti ed esiste un’area “oggetto dell’intervento” (cioè di sgombero e demolizioni) e un’area che può stare più tranquilla (per adesso, visto che comunque Vizzani ha confermato che tutto l’Idroscalo deve scomparire). Vizzani smentisce così se stesso e da ragione a LabUr che ha sempre saputo che tutta l’area dell’Idroscalo è prevista esser sgomberata e demolita.
Sull’area dell’Idroscalo di Ostia infatti sono previsti 2 tipi di intervento se e quando l’area sarà dismessa dal Demanio: il primo del Comune di Roma, per fare dell’area da via dei Bastimenti alla foce un parco fluviale con edificio faro, la rimanente (fino a via delle Piroghe) destinata al raddoppio dei cantieri navali ed oggetto di iniziative private. Insomma lo stesso progetto della precedente amministrazione Veltroni.

E’ inqualificabile che l’amministrazione non dia informazioni ai cittadini, avendone l’obbligo, non solo legale ma morale, viste le promesse fatte. Ma ancor più grave è che sia proprio l’amministrazione a insinuare sospetti sulla lealtà dei rapporti fra i residenti dell’Idroscalo. L’amministrazione dimentica che alle 6:30 del mattino del 23 febbraio scorso Alemanno e Vizzani si sono presentati con un esercito di forze dell’ordine per demolire l’Idroscalo senza dare alcun preavviso, come disposto invece per Legge.

Nella tragedia individuale e di una intera comunità storica, va in onda solo la miserevole tragedia demagogica della politica. Infatti, a peggiorare la situazione ci si è messa anche l’opposizione (che nel XIII Municipio significa solo PD) che il 9 settembre dichiara a verbale, durante un consiglio straordinario, di volerne chiamare un altro sull’Idroscalo di Ostia. Ai residenti viene mostrato un documento fotocopiato di richiesta “interna” da parte del PD Municipio XIII, datato 9 settembre, ma curiosamente compare la firma del capogruppo Misto Antonio Ricci (Verdi) e le firme di Orneli, Bergamini, Spanò e del capogruppo del PD XIII Andrea Tassone. E’ lo stesso Tassone però ad affermare il 27 ottobre, che se il Presidente aennino Giacomo Vizzani risponde all’interrogazione popolare sul perché non si siano tenuti più i tavoli di concertazione, lui ritira la richiesta di Consiglio Straordinario, in contrasto con il suo partito. Infatti, Carlo Lucherini, segretario PD Provincia di Roma e consigliere regionale, ha presentato nei giorni scorsi in Regione Lazio un’interrogazione urgente a risposta scritta sulla mancata convocazione dei tavoli con i cittadini.

Sorgono spontanee alcune domande: Ma questa richiesta esiste o no ? C’è la volontà politica di affrontare i problemi, non solo di legittimità, su quanto è accaduto e accade, e che giustamente vengono sollevati dai residenti dell’Idroscalo di Ostia ? C’è la volontà politica di fare un percorso condiviso e trasparente da parte dell’amministrazione tutta con la Comunità dell’Idroscalo, ascoltandola e progettando con essa un futuro ? C’è davvero la volontà di essere rappresentanti del popolo o solo quella di essere rappresentanti dei poteri forti ?

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Precisazioni su Via Mar Rosso

Via Mar Rosso, ad Ostia, è l’area di circolazione collocata tra Piazza Camillo Corsi e Via Golfo di Aden, elencata tra le strade in manutenzione del Comune di Roma (mat. 07008). Questa la sua storia. Istituita con Delibera n.349 del Consiglio Comunale il 22/01/1971, era compresa tra Piazza Camillo Corsi fino a Via Mar Giallo. Fu variata fino a Via Mar Glaciale Artico con Delibera n.194 del Consiglio Comunale il 05/02/1974 ed infine estesa fino a Via Golf di Aden prima con delibera della Giunta Municipale n.7437 del 04/08/1976 e definitivamente con Delibera del Consiglio Comunale n.5299 del 09/12/1976. Via Mar Rosso non è mai stata aperta fino a Via dei Pescatori e se qualcuno l’ha percorsa su un sentiero sterrato l’ha fatto spontaneamente.

Nel 1998 con l’approvazione di un progetto dell’architetto Finziche del XIII Municipio, si cominciò a parlare del prolungamento di Via Mar Rosso per 260 metri sino all’immissione su via dei Pescatori; questo si sosteneva per alleggerire l’incrocio di via di Mar dei Coralli (per il passaggio delle autoambulanze dirette all’Ospedale ‘Grassi’). La delibera fu approvata, l’opera inserita nel piano di investimenti 1999/2001 per un importo di 400 mila euro e quindi contemplata nella bozza del Piano Regolatore. 

Il ‘colpo di scena’ avvenne il 23 marzo 2003. Renzo Pallotta, allora presidente della commissione ambiente del XIII Municipio, rivelò che un emendamento al Piano Regolatore aveva cancellato la bretella che avrebbe messo in comunicazione via Mar Rosso con via dei Pescatori. La conferma fu data il 14 aprile 2003 dall’assessore all’ambiente del Comune di Roma Dario Esposito, dinanzi al Consiglio del XIII Municipio. La motivazione fu: un “errore”  inspiegabile degli uffici preposti e non una decisione politica della maggioranza. All’incontro non era presente il prefetto Emilio Del Mese, al quale il 2 settembre 2002 il presidente del XIII Municipio Davide Bordoni aveva inviato alcune diffide trasmesse al Dipartimento dell’Ambiente del Comune, in relazione alla viabilità ed ai problemi relativi alla “pubblica incolumità”. 

In realtà già il Nuovo Piano Generale del Traffico Urbano, presentato nel 1999 ed approvato in Municipio nel 2000, non contemplava questo intervento. Uno studio della Società Trasporti Automobilistici (STA), la società di gestione e pianificazione della mobilità romana, una costola dell’ATAC, provava che la realizzazione di quella bretella non avrebbe comunque risolto gli ingorghi di via Mar dei Coralli. 

Ma le polemiche di Renzo Pallotta erano puramente pretestuose. Tutto inizia infatti con il Decreto del Ministero dell’Ambiente del 29 marzo 1996 con il quale venne istituita la Riserva Naturale Statale del “Litorale Romano”. Dopo il grande incendio della pineta di Castel Fusano del 2000, la proposta del Piano di Gestione e del Regolamento attuativo della Riserva, fu trasmessa in data 13 settembre 2001 al Presidente del XIII Municipio (Davide Bordoni) per l’espressione del parere. Trenta giorni dopo, il XIII Municipio espresse parere contrario per 2 motivi: troppe zone di vincolo e mancata considerazione “degli aspetti urbanistici ed ambientali del territorio” (proprio così!). In più si chiedeva al punto numero 1, “per garantire una migliore vivibilità del Territorio”, il completamento di Via Mar Rosso.

A queste osservazioni,la Giunta Municipale nella seduta del 6 marzo 2003, rispose quanto segue: “ Si ritiene che il proseguimento di Via del Mar Rosso su Via dei Pescatori possa incrementare notevolmente il flusso di traffico nelle aree della Riserva ed in particolare su Via dei Pescatori e di conseguenza anche sulla Via della Villa di Plinio che attraversa la Pineta di Castel Fusano, in contrasto con quanto previsto dal Piano di Gestione che prevede, necessariamente, il declassamento di alcune strade quali Via dei Pescatori, ai fini della tutela prevista per la Riserva; va inoltre considerato che Via dei Pescatori presenta, allo stato attuale, limiti oggettivi ad un eventuale incremento del flusso di traffico. Il problema evidenziato per la Via del Mar Rosso (congestionamento del traffico in prossimità dell’incrocio con Via Mar dei Coralli) va risolto in un quadro più vasto di viabilità tangenziale ad Ostia Levante (Via Ostiense – Lungomare), lungo il perimetro della Riserva, che le Norme di Attuazione del Piano di Gestione (art. 12.1, comma 5) prevedono quale intervento possibile.” Con delibera nr.181 dell’11 ottobre 2004, il Consiglio Comunale approvava il Piano di Gestione e il Regolamento attuativo della Riserva, mettendo fine al dibattito sul prolungamento di Via Mar Rosso. Non serviva. 

Il Piano di Gestione venne poi trasmesso al Ministero dell’Ambiente che doveva valutarlo e, successivamente, procedere alla sua adozione affinché avesse piena efficacia. Il Consiglio Comunale aveva anche approvato una mozione, inviata al Ministero dell’Ambiente, con cui si chiedeva che al momento dell’adozione il Ministero provvedesse alla pubblicazione del Piano. Questo non è mai avvenuto e pertanto, fino all’approvazione del Piano da parte del Ministero, sono restate in vigore solo le “Misure provvisorie di salvaguardia” dettate dal Decreto del Ministero dell’Ambiente del 29 marzo 1996 che istituisce la Riserva (art. 7). Oggi però, dopo una sentenza del TAR del Dicembre 2009, tutto è tornato alla Regione Lazio ed è ripartito l’attacco per completare Via Mar Rosso da parte di Renzo Pallotta, attuale Assessore all’Urbanistica: ‘questa è la madre di tutte le battaglie’ (!). 

Insistere oggi a dire che ci sono problemi di traffico all’incrocio tra via Mar dei Coralli e Via dei Pescatori è un falso dopo l’istituzione della nuova segnaletica. Aggiungiamo che aprire via Mar Rosso ed attribuirle un ruolo di ‘tangenziale’, significherebbe tenere sempre aperta Via della Villa di Plinio e creare ingorghi mostruosi all’altezza del ponticello sul Canale dei Pescatori (già congestionato e dove confluisce il traffico della Via del Mare). Inoltre già esistono studi concreti della ‘tangenziale’ per il quadrante di Ostia Levante per veicolare il traffico sulla Via del Mare e non sulla Cristoforo Colombo. Sono studi di fattibilità già consolidati da anni, su cui si sta lavorando per non creare impatto ambientale alla pineta di Castel Fusano ed in genere alla Riserva del Litorale. In pratica si tratta di realizzare un cavalcavia sulla Roma-Lido e di creare un asse Via dei Rostri/Via delle Fiamme Gialle. In questo sistema viario sono compresi tanti altri interventi, tra cui il miglioramento della viabilità locale in funzione dell’ospedale Grassi per un importo di 5 milioni di euro.

L’immagine qui riportata è relativa al traffico tra le 7:30 e le 8:30. Si nota l’incrocio di Via Mar dei Coralli prima della nuova segnaletica (è il dettaglio di una delle tavole dello studio). Si vede dai dati, che aprire Via Mar Rosso, non serve.

Paula de Jesus

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Malagò e i suoi fratelli – 1a puntata

Dopo “i titoli di coda, i ringraziamenti e i saluti” dello sciocchezzario vario e telecomandato su internet e sui quotidiani nazionali da parte di perfetti incompetenti, apriamo il capitolo delle cose serie sulla telenovela “Malagò e i suoi fratelli”.

Non sappiamo se Malagò abbia fratelli carnali (e non ci interessa), di certo sappiamo che ne ha molti ‘acquisiti’, e di questi vogliamo parlare. Ben due delibere della Giunta del Comune di Roma (la 196 del 30 giugno 2010 e la 290 del 22 settembre 2010) vengono partorite per salvare l’Aquaniene di Giovanni Malagò, esattamente dopo un anno dai Mondiali di Nuoto Roma 2009. Due delibere fatte alla ‘meno peggio’ (per essere gentili) che occultano quella del Consiglio Comunale nr.85 del 21 maggio 2007, l’unica che doveva regolamentare l’approvazione del piano delle opere e degli interventi previsti per lo svolgimento dei Mondiali di Nuoto Roma ’09. Nella delibera n°85 infatti si subordinava l’autorizzazione degli interventi proposti da soggetti pubblici o privati alla sottoscrizione di atto d’obbligo di ultimazione dei lavori, collaudo degli stessi e omologazione da parte della Federazione Italiana Nuoto, entro il 31 marzo 2009. In altre parole, gli impianti dovevano essere pronti almeno 3 mesi prima del Grande Evento, fissato per il 18 luglio 2009. Che senso avrebbe avuto infatti fare delle piscine per i Mondiali a gare iniziate ? In fondo con 4 anni di anticipo e l’impiego della Protezione Civile, dotata di poteri e fondi straordinari, il problema delle lungaggini burocratiche avrebbe dovuto essere risolto. Invece non è stato così. Giovanni Malagò (ma non solo lui) ha potuto fare per l’Aquaniene come meglio gli è parso, grazie alla benevola compiacenza del Sindaco di Roma Gianni Alemanno.

Le date parlano chiaro: il collaudo statico è stato depositato il 4 agosto 2009, cioè ben 5 mesi dopo, mentre il collaudo tecnico-amministrativo è addirittura del 24 febbraio 2010, cioè un anno dopo ! Ora, se, come sostiene il Comune di Roma, l’Aquaniene è un impianto pubblico, questi due episodi sono ancora più gravi perché i collaudi prevedono l’esame, le verifiche e le prove necessarie ad accertare la rispondenza tecnica delle opere eseguite alle prescrizioni del progetto e del contratto e delle eventuali perizie di variante approvate prima dell’impiego della struttura per i Mondiali di Nuoto, che però si sono tenuti a Luglio 2009.

Sempre studiando le carte, risulta anche che i progetti dell’Aquaniene sono pervenuti con fortissimo ritardo al Comune di Roma: il progetto di realizzazione, ad esempio, il 12 aprile 2010; il progetto architettonico esecutivo il 4 maggio 2010; il progetto architettonico definitivo il 10 maggio 2010, tanto che il provvedimento di validazione del progetto è stato firmato dal Dipartimento Tutela Ambiente e del Verde – Promozione dello Sport il 4 giugno 2010, giusto in tempo per fare la prima delibera salva-Aquaniene del 30 giugno 2010. Quindi dopo i Mondiali di Nuoto !

A peggiorare le cose, le dichiarazioni dell’avvocato Carlo Longari, legale di Giovanni Malagò, che ha dichiarato che il certificato di agibilità dell’Aquaniene è stato protocollato il 28 dicembre 2009 dal Comune di Roma. Lui stesso ricorda come il d.P.R. 380 del 2001 (Testo Unico per l’Edilizia) stabilisca che, decorsi 60 giorni, si forma il silenzio-assenso, ma dimentica che la richiesta deve essere presentata, in carta bollata, al Sindaco entro 15 giorni dall’ultimazione dei lavori. Ciò vuole dire che i lavori dell’Aquaniene sono terminati almeno il 14 dicembre 2009, cioè 8 mesi dopo quanto previsto dalla Delibera nr.85 !

Vale la pena ricordare, a chi lo ignora, che il rilascio del certificato serve ad attestare che sono state rispettate tutte le condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto disposto dalla normativa vigente.

Insomma, sempre secondo la delibera n°85, all’Aquaniene dovrebbe essere ritirata la concessione, soprattutto ora che Alemanno lo ha dichiarato impianto pubblico. Tutte queste irregolarità, se le avesse compiute un semplice cittadino, avrebbero comportato l’immediato sequestro del cantiere, invece Giovanni Malagò ci ha costruito dentro pure un ristorante, dove Giovedì 21 ottobre alle 19:30 si è svolta una ‘bicchierata’ per il dissequestro dell’impianto. Chissà se c’erano Letta ed Alemanno.

Cronologia:
31 marzo 2009 – consegna impianti
04 agosto 2009 – collaudo statico
14 dicembre 2009 – fine lavori
28 dicembre 2009 – protocollo certificato di agibilita’
24 febbraio 2010 – collaudo tecnico-amministrativo
12 aprile 2010 – progetto di realizzazione
04 maggio 2010 – progetto architettonico esecutivo
10 maggio 2010 – progetto architettonico definitivo
04 giugno 2010 – validazione del progetto da parte del Comune
30 giugno 2010 – prima delibera salva-Aquaniene

paula de jesus per LabUr

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Porto di Roma: dopo Gianni e Pinotto, Gianni Pinocchio.

Dopo aver smascherato le bugie di Alemanno sull’Idroscalo, adesso è il turno di quelle sull’ampliamento del Porto di Roma, più noto come il Porto Turistico di Ostia. La Giunta capitolina afferma che ha per ora approvato solo una delibera che prevede il “Progetto dell’ampliamento del Porto di Roma”. La società ‘Porto Turistico srl’, che viene indicata dal Comune come l’attuale gestore del porto e come colei che si occuperà della sua riqualificazione, ha dichiarato di voler donare 1.000.000 di euro per il restauro di Tor San Michele (in totale, ne servono 2 di milioni, secondo quanto dichiara sempre il Comune). Salta però subito all’occhio che il titolare della concessione dell’area è la “Attività Turistiche Imprenditoriali srl” (in breve “A.T.I. srl”, con sede legale in Via Capo Palinuro 10/12), la cui attività è la costruzione e gestione del Porto Turistico di Ostia. A meno che l’ampliamento sia inteso come un nuovo porto, cosa c’entra dunque la ‘Porto Turistico srl’ (con sede in Largo del Porto di Roma, 5) ? Per altro, l’attività di quest’ultima non risulta essere stata dichiarata all’ufficio del Registro delle Imprese, mentre l’archivio anagrafico dell’Agenzia delle Entrate recita: “altre attività connesse ai trasporti per via d’acqua”. La ‘Porto Turistico srl’ dunque non gestisce il porto, contrariamente a quanto dichiara il Comune di Roma, né può realizzarne un ampliamento, per cui la domanda sorge spontanea: di che cosa si occupa ? Probabilmente di filantropia e mecenatismo: dona infatti 1 milione di euro al Comune. Ma per fare cosa, visto che Tor San Michele non solo non è del Comune di Roma, ma ricade addirittura su area demaniale ?

Alemanno ha una predilezione per le bugie soprattutto in tema demaniale: sono mesi infatti che sostiene che l’Idroscalo di Ostia sia diventato del Comune di Roma e quindi, sempre secondo il Sindaco, anche Tor San Michele. Niente di più falso. Le tappe del federalismo demaniale, incluso in quello fiscale, prevedono che, solo il 21 marzo 2011, un apposito Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri dichiarerà l’assegnazione dei beni demaniali agli enti territoriali che, entro il 21 gennaio 2011, avranno presentato una richiesta motivata di attribuzione all’Agenzia del Demanio. Ad oggi c’è solo la delibera nr.100 della Giunta Comunale dell’8 Aprile 2009, un semplice Protocollo d’Intesa tra l’Agenzia del Demanio e il Comune di Roma nella quale è inclusa la “porzione di area e fabbricati censiti a patrimonio dello Stato con scheda RMB0886 denominata Aeridroscalo di Ostia, sita in Ostia (RM) alla via degli Atlantici”. Nulla di più. Cosa lega dunque il Porto di Ostia a Tor San Michele ? Perché un ampliamento del porto dovrebbe favorire il restauro di un monumento del Demanio ? Tralasciando la boutade della filantropia e del mecenatismo, a cui non crede nessuno, va sottolineato che dietro a tutta questa operazione ci sono i fortissimi interessi dei cantieri navali e il loro ampliamento ai danni dell’abitato dell’Idroscalo di Ostia, terreni su cui il Comune non avrà competenza, almeno fino al 2013. Sono anni che le amministrazioni, di centro-destra così come di centro-sinistra, vogliono abbattere tutto l’abitato dell’Idroscalo, raddoppiare i cantieri navali esistenti, fare un misero parco fluviale e creare un edificio-faro alla punta dell’Idroscalo, con tanto di ristorante e molto altro. Un piatto ricco e appetibile per molti, anche per gli ambientalisti, visto che l’attuale area della LIPU verrà ingrandita. Solo che c’è un ostacolo ed è quello del Demanio. Infatti, affinché i terreni possano passare al Comune di Roma, devono essere presentati progetti concreti per quelle aree (disponibilità economica, fruibilità pubblica, sostenibilità ambientale, etc.). Ed è proprio qui che si inserisce il Porto di Ostia: progettato malissimo, tant’è che si insabbia l’ingresso, presenta un progetto per un nuovo braccio a mare al fine di raddoppiare i posti barca e competere con il nuovo e vicinissimo Porto di Fiumicino. Uno scambio dunque fra le parti: il porto eroga finanziamenti al Comune per il suo progetto e il Comune rende il favore deliberandone l’ampliamento, così i cantieri navali potranno ampliarsi. Cosa accadrà è tutto da vedere, anche perché l’iter prevede almeno una ventina di autorizzazioni e nulla osta di altri Enti. Non va dimenticato per altro che l’area del porto è ancora a rischio idrogeologico R4 (rischio massimo) per la mancanza di un argine mai costruito e che il Porto di Ostia non ha mai ottemperato ai suoi doveri previsti nella concessione: la caserma della Guardia di Finanza, dileguatasi nelle nebbie, e tutta la viabilità pubblica esterna, retrostante il porto, da via dell’Idroscalo a via Carlo Avegno, che, contrariamente a quanto previsto, sarà pagata con i soldi pubblici presi dalle casse del Comune di Roma. In attesa della prossima bugia di Gianni Pinocchio, rivediamoci “gli allegri naviganti”

Paula de Jesus per LabUr

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Idroscalo di Ostia: 1975-2010, non solo Pasolini

Storie di demolizioni da Veltroni ad Alemanno. 25 milioni per ‘allagare’ l’Idroscalo di Ostia, 10 milioni per abbatterlo. Si raddoppiano i cantieri navali (che inquinano il Tevere) mentre il Comune di Roma millanta la proprietà dell’Idroscalo, che invece è del Demanio. Progetti ideati da Veltroni che Alemanno esegue con illegittimi sgomberi come quello del 23 febbraio u.s. Questi i principali risultati dell’incontro che ha proposto la trasformazione dell’Idroscalo in Idroburgo.
Ieri, lunedì 18 ottobre 2010, presso il Centro “Affabulazione”, si è tenuto l’evento “Idroscalo di Ostia, non solo Pasolini”. A 35 anni dalla morte di P.P. Pasolini e a 8 mesi dal fallito sgombero di Alemanno, l’Idroscalo di Ostia ha voluto tornare a far parlare di sé, ma in una veste nuova, sfatando i luoghi comuni che lo circondano.
Se sulla morte del poeta e grande intellettuale ancora esistono dubbi, la certezza è che il corpo fu trovato ben più vicino ad Ostia che all’Idroscalo. L’immagine di questa area come luogo di degrado, abusivismo, irregolarità è stata utilizzata sia da Veltroni (la mente) sia da Alemanno (il braccio) ed è servita, nel corso di questi anni, per sostenere la ‘delocalizzazione’ di tutta la comunità che vive da 50 anni alla foce del Tevere. Pretestuosa anche la valutazione del rischio idrogeologico dell’area. E’ stata, infatti, l’Autorità di Bacino del fiume Tevere ad affermare che, per salvare Fiumicino dalla piena di riferimento (quella devastante, ricorrente ogni 200 anni) si debba costruire un manufatto ripartitore a Capo due Rami (progetto TE19), deviando tutta l’acqua del Tevere sul ramo di Fiumara Grande, liberando così il canale di Fiumicino. La stessa Autorità non si è però mai curata di dragare il fiume, di regolare le aree di esondazione a nord di Castel Giubileo, di realizzare casse di espansione e nuove dighe oltre quella di Corbara, affidandosi invece alle ‘traverse’ di Alviano, Ponte Felice, Nazzano e Castel Giubileo, puri e semplici sbarramenti. Il progetto del ripartitore di Capo due Rami (costo previsto: 25 milioni di euro) è fermo dal 2003, mentre è andata avanti la politica dello sgombero di tutto l’Idroscalo di Ostia da parte dei Sindaci di Roma che si sono susseguiti dal 2001. Nessuno però parla del fatto che dal 1983 è stato adottato il Piano di Zona A7 “Idroscalo”, ma che ancora si cercano i terreni; nessuno parla del raddoppio dei cantieri navali, che inquinano il Tevere; nessuno parla del fatto che sarà costruito (per un importo di 5,7 milioni di euro) un edificio faro presso la foce del Tevere, all’interno del quale sono previsti un ristorante e un albergo, così come nessuno parla dei 5 milioni di euro per la creazione di un parco intorno al faro, nell’area demaniale (mai passata al Comune di Roma), che Alemanno ha invaso il 23 febbraio 2010 con una finta ordinanza di protezione civile. Nessuno che si sia domandato fin’ora perché siano previsti investimenti per centinaia di milioni di euro per un’area ‘a rischio idrogeologico’.
Gli affari del porto e dei cantieri navali, che sono come gli abitati dei residenti ugualmente a rischio per colpa di un argine mai realizzato all’interno del Programma di Riqualificazione Urbana di Ostia Nuova, non possono condizionare il futuro di oltre 500 famiglie.
La storia ci insegna che l’antica città di Ostia visse per secoli nelle stesse condizioni e che, per evitare le inondazioni a Roma, si aprì (non si chiuse, come vuole fare l’Autorità di Bacino) la Fossa Traiana, oggi Canale di Fiumicino. Così come ci insegnano paesi come l’Olanda che i progetti di “floating cities” (città galleggianti, in aree soggette ad allagamento) sono ormai la realtà presente e futura con cui confrontarsi.
Gli abitanti dell’Idroscalo non corrono altri rischi se non quelli generati dalla speculazione su queste terre.
Da Idroscalo a “Idroburgo”, dal vecchio concetto di inquinare il Tevere, attraverso l’ampliamento dei cantieri navali, a quello innovativo di ‘pianificazione didattica’, un percorso con il quale coinvolgere i residenti nel progetto di costruzione del loro insediamento pensandolo come un quartiere ecologico. I soldi ci sono, basta saperli spendere bene e non perdere l’occasione per esportare un nuovo modello di politica urbana, che veda al centro la socializzazione della rendita, affinché la trasformazione di un territorio non rappresenti una mera occasione di valorizzazione immobiliare.

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Aquaniene, Corbucci-De Jesus (PD): “Sequestro per mancato rispetto delle clausole di concessione del terreno”

La concessione alla Associazione Sportiva Circolo Canottieri Aniene dell’area già denominata “Palaparioli” sita nel Municipio Roma II, per la realizzazione dell’Aquaniene, è stata irregolare ? Lavori conclusi fuori tempo massimo, area vincolata e mancata validazione del progetto esecutivo: queste le tre accuse rivolte dal PD.

“Le motivazioni delle sentenza del Riesame con cui è stata respinta la richiesta di dissequestro del circolo sportivo Aquaniene, nonostante l’ennesima delibera salva-abusi di Alemanno, confermano come la concessione temporanea del terreno comunale su cui è sorto l’impianto fosse subordinata ad alcune clausole che non sono state rispettate” lo dichiarano in una nota Riccardo Corbucci, vicepresidente del consiglio del IV Municipio e Paula de Jesus, urbanista del Partito Democratico. “Vale la pena di ricordare la storia dell’Aquaniene” spiega Paula de Jesus “con delibera della Giunta Comunale n. 330 del 18 luglio 2007, il Comune di Roma ha concesso alla A.S.D. Circolo Canottieri Aniene l’area già denominata “Palaparioli” sita nel Municipio Roma II, per la realizzazione di un impianto natatorio funzionale per i Mondiali di Nuoto del 2009, su esplicita richiesta del Commissario Delegato avvenuta in data 12 giugno 2007, in forza della deliberazione del Consiglio Comunale n. 85/2007 del 21 Maggio 2007 con cui si dava inizio all’avventura dei Mondiali di Nuoto ’09 a Roma. Con verbale del 6 agosto 2007 prot. n. 30437 del 7 agosto 2007, si è proceduto alla consegna provvisoria delle aree”.”La concessione temporanea del terreno era subordinata ad alcune condizioni” continua Riccardo Corbucci “l’accertamento in merito al vincolo della compatibilità ambientale P.T.P. n. 15/8 “Valle del Tevere”, l’espletamento della Conferenza di Servizi, finalizzata alla validazione del progetto esecutivo, la perfetta rispondenza dei requisiti richiesti nella delibera n. 85/2007. Quest’ultima, in particolare, richiedeva tassativamente l’acquisizione di atto d’obbligo di ultimazione dei lavori, collaudo degli stessi e omologazione da parte della Federazione Italiana Nuoto entro il 31 marzo 2009″. “Come rilevato anche dalla magistratura, la realizzazione dell’impianto dell’ Aquaniene non ha soddisfatto tutti questi requisiti. Infatti, l’area dove sorge l’impianto natatorio è, tutt’oggi, sottoposta a vincolo ambientale; l’inaugurazione dell’impianto è avvenuta il 24 aprile 2009 con gli impianti ancora non funzionanti, visto che l’apertura al pubblico è avvenuta, e solo parzialmente, sei mesi dopo” continuano Corbucci e De Jesus “sicuramente però non il 31 Marzo, come richiesto dalla delibera 85/2007. Persino la validazione dei progetti esecutivi (ai sensi ex art.47 del DPR 554/99) è avvenuta solo il 4 giugno 2010, cioè oltre un anno dalla fine dei Mondiali di Nuoto, da parte del Dipartimento Tutela Ambiente e Verde – Promozione dello Sport (prot. n.2725)”. “Si potrebbe poi aggiungere che su un terreno pubblico si esercitano attività commerciali che non sembrano avere alcuna funzione pubblica” continuano i due esponenti del PD “al contrario di quanto avveniva con il Palaparioli che era uno spazio espositivo fino al 2007, costituito da una elegante e funzionale tendostruttura di circa mq. 5.000, circondata dal verde, in grado di ospitare Fiere, Mostre ed Eventi di medie dimensioni, nonché convegni e convention. Un vero e proprio spazio pubblico di cui oggi sentiamo profonda nostalgia e che aveva una funzione pubblica assai diversa del pur bellissimo e tecnologico impianto dell’Aquaniene” .
(Nella foto: Claudia Menichelli, al tempo il Dirigente della III U.O. Promozione Sportiva e Gestione Impianti del Dipartimento XX che firmò in data 6 luglio 2007 il parere favorevole in ordine alla regolarità tecnica per la concessione alla Associazione Sportiva Circolo Canottieri Aniene dell.area già denominata “Palaparioli” sita nel Municipio Roma II, per la realizzazione dell’Aquaniene)

(Nella foto: Claudia Menichelli, al tempo il Dirigente della III U.O. Promozione Sportiva e Gestione Impianti del Dipartimento XX che firmò in data 6 luglio 2007 il parere favorevole in ordine alla regolarità tecnica per la concessione alla Associazione Sportiva Circolo Canottieri Aniene dell.area già denominata “Palaparioli” sita nel Municipio Roma II, per la realizzazione dell’Aquaniene)

Comunicato stampa LabUr – 04 ottobre 2010

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Zaha Hadid e i Faraoni

Premiato il MAXXI mentre il quartiere è in difficoltà. Un’opera ottenuta grazie agli Ingegneri e che ha trascurato gli Urbanisti. 150 milioni di euro per fare un museo e che potevano servire per finanziarne 1000. L’architettura è davvero al servizio della città ?

Il MAXXI, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo progettato a Roma da Zaha Hadid Architects ha vinto lo Stirling Prize, il prestigioso premio conferito ogni anni dal Royal Institute of British Architects (RIBA). Molte difficoltà realizzative, risolte dagli ingegneri. Costo al mq pari a 7100 euro (che si abbassa a poco meno di 3700 euro al mq se consideriamo che la cifra totale comprende anche la sistemazione degli esterni). Costo totale di 150 milioni di euro per un progetto di 21.200 mq di spazi interni, 19.640 mq di spazi esterni, 113.000 mc realizzati. Tra i 200.000 e i 400.000 visitatori previsti l’anno, ma nessun miglioramento di infrastrutture per il quartiere (che si è paralizzato nella giornata di apertura gratuita al pubblico). Servono queste spese per fare UN MUSEO e per sostenere che non ci sono i soldi per finanziare altri 1000 MUSEI ? Serve alla città ? Si integra urbanisticamente ? Per altro tutti i meriti sono andati all’archistar anglo-irachena Zaha Hadid, pagata, a quanto si mormora nell’ambiente,  8 milioni di euro, mentre nessuno ha celebrato i meriti degli ingegneri italiani che hanno reso possibile la costruzione del Maxxi sulla sola idea di un archistar (per inciso, lo Studio Progettazione Croci che alla fine del 2002 vinse in appalto integrato la progettazione strutturale dell’edificio).Zaha Hadid fa molte di queste cose, per esempio si prepara a ridisegnare il waterfront  di Salerno dopo la demolizione dei Magazzini Generali, che hanno ceduto il posto alla Stazione Marittima, “un’ostrica di luce sospesa tra il cielo e il mare”. Opere faraoniche, come la Stazione dei Vigili del Fuoco a Basilea, più simile ad una istallazione temporanea che ad un edificio di pubblica utilità,  visitata quotidianamente da centinaia di  persone ma utilizzata per soli due anni a causa di alcuni aspetti poco funzionali per i Vigili del Fuoco (nella foto). L’architettura è davvero al servizio della città ?
Calatrava docet.

Paula de Jesus – Urbanista

Comunicato stampa LabUr – 04 ottobre 2010

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Ostia Ponente: l’inganno dietro la vendita delle case comunali

Ad Ostia case comunali di 40 anni fa (costruite con sabbia di mare nel cemento), stanno per essere vendute dal Comune di Roma. Le manutenzioni, onerose e spesso mai fatte, saranno a carico degli acquirenti che prima di 10 anni non potranno vendere le case. Di mezzo la Romeo Gestioni, che il PD del XIII Municipio difende. Il Comune cerca così di liberarsi del proprio patrimonio immobiliare vecchio e fatiscente. Chi tutela i cittadini ?

Mentre Alemanno gioca con Tor Bella Monaca neanche fosse il Lego, il Comune vende le sue case di Edilizia Residenziale Pubblica più scadenti, quelle che avrebbero bisogno di pesanti manutenzioni straordinarie. E’ il caso di Ostia Ponente e delle ex-case Armellini di Via Vincon, Piazza Gasparri, Via Forni, Via Cagni, Via del Sommergibile, case costruite nei primi anni ’70 usando nel cemento la sabbia di mare. Case dove la «Romeo Gestioni» avrebbe dovuto progettare ed eseguire interventi di manutenzione straordinaria per l’adeguamento normativo, la riqualificazione ambientale e la loro valorizzazione. Case che oggi vengono messe in vendita tra i 33 e i 77 mila euro, cifre convenienti, ma dietro cui si nasconde più di un tranello. Nessuno spiega agli inquilini che non c’è alcun bisogno di comprare perché possono tranquillamente rimanere conservando i diritti finora acquisiti. Nessuno spiega che dopo l’acquisto le spese straordinarie verranno attribuite ai proprietari. Nessuno spiega che gli edifici non hanno un proprio fascicolo del fabbricato che provi la qualità delle costruzioni. Nessuno spiega che chi acquista avrà l’obbligo di non rivendere l’immobile per un periodo di 10 anni. Non solo, ma il PD del XIII Municipio si dissocia da questi atti di accusa e difende invece la «Romeo Gestioni», sostenendo che esegue correttamente tutte le manutenzioni, che le case sono perfettamente stabili e che Alfredo Romeo è stato assolto il 19 marzo 2010 dalle accuse rivoltegli. Ma chi è Alfredo Romeo, di cui la «Romeo Gestioni» è la principale società ? L’attività imprenditoriale di Romeo parte da Napoli, quando nel 1989 la «Romeo Gestioni» si aggiudicò, per la prima volta in Italia, il censimento e l’amministrazione del grande patrimonio pubblico. A Roma, alleato con Caltagirone, Alfredo Romeo ha vinto nel 1987 un maxi-appalto per la manutenzione delle strade capitoline, revocato poi da Alemanno. Rimane invece in piedi, solo nel Comune di Roma, la gestione di circa 44.800 unità immobiliari (1.239 edifici) e di oltre 1.400.000 metri quadrati di superfici comuni di pertinenza esclusiva delle unità in gestione. Il primo appalto per la gestione del patrimonio immobiliare capitolino venne affidato alla «Romeo Gestioni» nel 1997. L’appalto è stato negli anni rinnovato, l’ultima volta nel 2005, per la durata di sette anni, ad un importo di 92,8 milioni, in cui è incluso il patrimonio di Edilizia Residenziale Pubblica comunale (24mila alloggi). Oggi, in base alle norme regionali, possono essere venduti solo un terzo del totale e il Campidoglio conta di recuperare circa 400 milioni di euro da investire per la realizzazione di nuovi alloggi popolari e per la ristrutturazione della restante parte invenduta.Proprio per questo, anche a Roma, già da fine 2008, dovevano essere attivati i controlli sull’efficacia dell’operato della «Romeo Gestioni», ma del resoconto (che doveva arrivare sul tavolo dell’assessore capitolino al Patrimonio, Alfredo Antoniozzi, «tra due o tre giorni»), non se ne è saputo più nulla.Insomma, case vecchie e mal costruite che si cerca di vendere per fare cassa e per togliersi di mezzo un’onerosa manutenzione che dal 2012 dovrà essere rimessa in discussione per la scadenza dell’appalto con la «Romeo Gestioni». Questo l’obiettivo del Comune di Roma. A farne le spese, ignari cittadini a cui nessuno racconta le cose come stanno. L’unico che è stato chiaro è stato proprio Alemanno che ad inizio Giugno ha detto ai cittadini di Tor Bella Monaca: «Si sta valutando l’ipotesi di regalare gli appartamenti ai residenti, che dovrebbero però occuparsi della manutenzione». Come dire: ho in mano una patata bollente, a chi la do ?

Comunicato stampa LabUr – 28 settembre 2010

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