INFERNETTO, UNA STRADA IRREGOLARE DENTRO IL SUPERMERCATO EUROSPIN

eurospin stradaDopo 2 anni di nostre denunce, dopo aver raccolto tutta la documentazione dagli uffici che conferma diverse irregolarità, il parcheggio del supermercato Eurospin all’Infernetto ed in particolare la sua uscita sulla via Cristoforo Colombo, torna a far parlare di se tramite le proteste dei cittadini sui social network.

Il parcheggio viene infatti usato dagli automobilisti dell’Infernetto diretti a Roma per saltare la fila che si crea ad ogni ora al semaforo in uscita dall’Infernetto, tra via Wolf Ferrari e via Cristoforo Colombo e che paralizza da anni il quartiere. Una uscita sulla Colombo che in questo modo servirà anche alle future palazzine che a breve (forse) sorgeranno di fianco al supermercato, in un intreccio non troppo regolare di permessi urbanistici mai arrivati, di pareri del consorzio di bonifica non vincolanti, di controlli amministrativi all’acqua di rose e a una polizia municipale inerte che sembra soccombere davanti all’espressione politica di alcuni politici locali.

scorciatoia eurospinNel parcheggio non ci sono sbarre o dossi e dunque un’area privata destinata a servizio del supermercato è diventata a tutti gli effetti una strada aperta al pubblico transito, alla faccia della sicurezza stradale tanto richiesta dai cittadini in questi giorni costellati da incidenti mortali. Auto che sfrecciano da via Alberto Franchetti nel parcheggio ad alta velocità e che si immettono sulla laterale della Cristoforo Colombo utilizzando un ponticello sopra un canale di bonifica che sembra fosse già irregolare ai tempi del precedente esercizio commerciale (Elite).

Neppure esiste l’indicazione di passo carrabile, quasi che un accesso privato sia diventato a tutti gli effetti parte della sede stradale comunale.
Aspettiamo l’ennesimo incidente stradale, mortale?

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INFERNETTO, CENTRO RACCOLTA AMA: SMASCHERATE LE BUGIE DEL MUNICIPIO

smascherateCome già denunciato pubblicamente, non c’era l’autorizzazione per il passo carrabile del cantiere tenutosi a luglio sull’area del futuro centro di raccolta AMA all’Infernetto in via Soffredini (angolo via Wolf Ferrari). Attendiamo dunque, anche per i gravi danni creati al traffico, la prevista sanzione in termini di legge, considerato che il Gruppo X Mare della Polizia Locale di Roma Capitale, in data 25 luglio 2023, ha redatto apposito verbale di sopralluogo.

Per quanto riguarda l’area in questione, essendo pervenuta tutta la documentazione da parte degli uffici, possiamo affermare che ad oggi esiste solo una sua ‘indicazione‘ come possibile centro AMA per la raccolta differenziata, ma non esiste alcuna consegna dell’area ad AMA. L’azienda municipalizzata ha potuto effettuare i lavori di cui sopra solo grazie ad un permesso di accesso rilasciato il 14 giugno 2023 dal Dipartimento comunale Ciclo dei Rifiuti, in funzione del “punto 4 della Delibera di Assemblea Capitolina n.19 del 19 marzo 2021“. Resta pertanto il ‘mistero’ (o la violazione di legge) del permesso di costruire rilasciato alla ditta, indicato sul cartello lavori come Det. G09974 del 30 agosto 2020, cioè precedente alla individuazione dell’area in questione. Si precisa che né AMA, né il Comune, nè il Municipio sono a conoscenza di tale autorizzazione.

Tornando poi al permesso di accesso, quest’ultimo è stato rilasciato solo in funzione della delibera sopra citata che, al punto 4, così recita: “[l’Assemblea Capitolina delibera] di autorizzare [il Dipartimento Patrimonio], nelle more della sottoscrizione dell’Atto di comodato di cui al punto 3, la consegna dei beni ad AMA SpA, al fine di accelerare quanto più possibile le attività propedeutiche alla progettazione e delle strutture“. Doveva pertanto essere il Dipartimento Patrimonio e non quello del Ciclo dei Rifiuti a rilasciare il permesso di accesso in assenza di un verbale di consegna, visto che è lo stesso Dipartimento Patrimonio a comunicare che ad oggi non esiste alcun verbale di consegna per quell’area.

Quindi il cantiere non era autorizzato in alcun modo ad operare.

Come in un gioco di scatole cinesi, da un’irregolarità se ne scopre un’altra. Il Comune ha previsto che l’area sarà un domani consegnata ad AMA in comodato d’uso (cioè gratuitamente) per soddisfare (l’eterno) piano emergenziale della raccolta dei rifiuti, pur rimanendo di proprietà del Comune di Roma che l’ha ricevuta mediante atto di cessione dal “Comparto soggetto a convenzione n. 24 del Piano particolareggiato di Zona O n. 51 – Infernetto – Macchione”. Senza scendere nei dettagli tecnici dell’avvenuto o meno perfezionamento della cessione (su cui esistono molti dubbi), resta il fatto che il comodato d’uso non può variare la destinazione d’uso dell’area, prevista come ricreativa, assistenziale e scolastica materna, dunque non una ‘discarica’.
Tale problematica, che era già emersa in sede di commissione municipale del 23 maggio 2023, risulta ad oggi aggravata da recenti sentenze amministrative che rinnegano il carattere ‘descrittivo’ e non ‘prescrittivo’ della destinazione d’uso, cardine su cui invece il Comune si fa forte per consentire di realizzare una discarica laddove era prevista una scuola.

Del futuro Centro di Raccolta esiste per ora solo l’approvazione di un progetto preliminare, cioè una bozza, che dovrà essere adeguato, secondo le indicazioni pervenute dai vari enti competenti, in un progetto definitivo. Dovrà pertanto chiudersi, a fronte del nuovo progetto di AMA, la Conferenza dei Servizi decisoria indetta l’11 settembre 2019 dal Dipartimento Tutela Ambientale (responsabile del procedimento, Alessandra TRIGARI).

Ricordiamo che una Conferenza di Servizi decisoria è un incontro tra pubbliche amministrazioni per ottenere il rilascio dei cosiddetti “atti di assenso” (autorizzazioni, nulla osta, pareri, ecc.). Dunque il Dipartimento Tutela Ambientale ha dovuto interpellare la Regione Lazio e altri enti e/o uffici competenti (anche dello stesso Comune) per defiire il progetto sull’area in questione, in rispondenza al “Contratto di Servizio tra Roma Capitale e AMA S.p.A. per la gestione dei rifiuti urbani e servizi di igiene urbana valevole per gli anni 2019-2021”. Tutto questo mediante un’istruttoria preliminare condotta dal Dipartimento Tutela Ambientale, dal Dipartimento di Urbanistica e da AMA, volta all’individuazione di aree, di esclusiva proprietà di Roma Capitale, idonee per la logistica di decentramento AMA. Tale contratto è attualmente in regime di proroga fino e comunque non oltre il 31 dicembre 2023 come, in ultimo, da Determinazione Dirigenziale n. NA/210 del 28 giugno 2023.

Mancano dunque 4 mesi (trascorsi 4 anni dalla indizione della Conferenza dei Servizi) per definire se questo Centro di Raccolta all’Infernetto si deve fare e si può fare.
Tutto è ancora in gioco, vista l’approssimazione del Comune di Roma che in Conferenza dei Servizi non ha chiesto la partecipazione del Dipartimento Patrimonio, l’unico in grado di autorizzare un cambio di destinazione d’uso (da scuola a discarica) mediante lo strumento civilistico del comodato d’uso, trattandosi di un bene indisponibile come l’area in questione, tra le altre cose concesso al Comune di Roma per il raggiungimento degli standard urbanistici di un quartiere come l’Infernetto, sprovvisto di tutto.

Dunque la questione appare un vero imbroglio verso i cittadini e si assiste a una totale mancanza di trasparenza amministrativa da parte del Municipio Roma X che, essendo la pubblica amministrazione più di prossimità, dovrebbe garantire l’interesse pubblico e non quello particolare di una società, come l’AMA, in agonia. In particolare i responsabili sono Valentina SCARFAGNA e Valentina PRODON, rispettivamente a capo della commissione ambiente e assessore all’ambiente del Municipio X, che hanno più volte sostenuto davanti ai cittadini che era tutto regolare. Questo si chiama inganno della fede pubblica.

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INFERNETTO, DENUNCIATO IL COMUNE: LE STRADE, DISSESTATE, SERVONO PER COSTRUIRE PALAZZINE

denucia pp51Spuntano palazzine a 4-5 piani tra i villini dell’Infernetto. Oltre ai famigerati Piani di Zona, ora abbiamo anche dei normalissimi lotti edificabili dove però atterrano cubature ricavate dalle sedi stradali cedute al Comune (!!!) che consentono di edificare fino a 13,50 metri in altezza.
Sono trascorsi 17 anni dalla ri-adozione del Piano Particolareggiato “Infernetto” (approvato addirittura nel 1994) e ancora risulta inesistente la rete viaria pubblica, la principale opera tra quelle definite di urbanizzazione primaria (art. 4, legge 29 settembre 1964, n. 847).
Nonostante la nuova adozione del piano sia scaduta nel 2016, gli uffici del Comune di Roma, dopo il 2016, hanno, in maniera assolutamente illegittima, rilasciato permessi di costruire attraverso il trasferimento a lotti edificabili di cubature provenienti dalla pianificata rete viaria primaria, comunque già da 30 anni aperta al pubblico transito e dunque già di pubblica utilità.
Gli uffici del Comune di Roma, dopo il 2016, non hanno in pratica esercitato alcun diritto di esproprio di aree pubbliche, permettendo di fatto plusvalenze alle imprese di costruzione, con la complicità di notai, agenzie immobiliari ed ex dipendenti municipali.

Per tale motivo, è stata sporta denuncia presso la Corte dei Conti, che ha aperto un fascicolo.


 

Alla CORTE DEI CONTI
Procura Regione Lazio
p.c.
GUARDIA DI FINANZA

DENUNCIA CONTRO IGNOTI

Roma, 4 agosto 2023

OGGETTO: Danno erariale – Piano Particolareggiato zona “O” n.51 “Infernetto – Macchione”, mancato esproprio aree pubbliche per ingiusto vantaggio patrimoniale ad altri

LabUr – Laboratorio di Urbanistica (www.labur.eu), portatore di un interesse diffuso e collettivo, essendo venuto a conoscenza dei fatti appresso narrati, intende sporgere denuncia contro ignoti per danno erariale diretto dovuto al mancato esproprio delle aree pubbliche (in prevalenza strade e parcheggi) interne al Piano Particolareggiato per il recupero urbanistico del nucleo di zona “O” n.51 “Infernetto – Macchione” (532,14 ettari, Municipio Roma X) a ingiusto vantaggio delle imprese di costruzioni.
Con segnalazione di delitti contro la pubblica amministrazione e contro la fede pubblica, riferibili ad attività di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge e/o da atti aventi forza di legge e dalle quali non esistono margini di discrezionalità, hanno intenzionalmente procurato ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale, spesso ricorrendo a falsità ideologica commessa in certificati e/o in autorizzazioni amministrative.

IL FATTO

L’area del Piano Particolareggiato per il recupero urbanistico del nucleo di zona “O” n.51 “Infernetto – Macchione” (532,14 ettari) ricade nel territorio del Municipio Roma X ed è situata tra la Via Cristoforo Colombo, la Tenuta Presidenziale di Castel Porziano e la Pineta di Castel Fusano. Tutti gli atti amministrativi riguardanti la formazione di tale strumento urbanistico sono pubblici e descrivono una precisa disciplina relativa ai distacchi, alle altezze, alle inclinate e alle destinazioni d’uso delle edificazioni da realizzare, nonché chiare prescrizioni riguardanti gli indici di fabbricabilità per i lotti inclusi nel piano..
Pur tuttavia, alcune nuove edificazioni si differenziano dalle altre in termini di altezza e di volumetria, utilizzando quanto concesso dagli articoli 17 e 21 delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del suddetto Piano Particolareggiato.
Tralasciando il caso limitato dell’art.21 (Accorpamenti delle cubature), l’attenzione della presente denuncia è rivolta all’utilizzo illegittimo dell’articolo 17 (Cessione di aree pubbliche esterne ai perimetri dei comparti) con il quale è stato permesso di realizzare edificazioni fino a metri 13,50 di altezza, molto più alte (il doppio) della normale tipologia dominante.
Risulta infatti che gli uffici tecnici del Comune di Roma abbiano rilasciato molteplici permessi di costruire in applicazione del suddetto articolo 17 con dubbia discrezionalità.

Tale articolo prevede che ai lotti interni al Piano Particolareggiato, destinati interamente o parzialmente ad area pubblica (viabilità, parcheggi, servizi e verde), venga riconosciuto un indice di fabbricabilità solo nel caso in cui l’area pubblica venga ceduta gratuitamente all’Amministrazione Comunale. Le cubature così risultanti possono essere trasferite ad altri lotti dove si sommano alle previste cubature edificate e/o edificabili del lotto di destinazione. Qualora i proprietari non cedano gratuitamente le aree previste pubbliche, nel periodo di vigenza del piano, le stesse devono essere espropriate, in quanto, ai sensi dell’art. 16 della legge urbanistica n. 1150 del 1942, vale quanto segue:

  • l’approvazione dei piani particolareggiati equivale a dichiarazione di pubblica utilità delle opere in essi previste
  • col decreto di approvazione sono decise le opposizioni e sono fissati il tempo, non maggiore di anni 10, entro il quale il piano particolareggiato dovrà essere attuato e i termini entro cui dovranno essere compiute le relative espropriazioni”.

PREMESSO

– che l’art. 16 della legge urbanistica n. 1150 del 1942, unico riferimento normativo per la materia in esame, stabilisce in dieci anni l’efficacia di un Piano Particolareggiato;
– che allo spirare del termine decennale il Piano Particolareggiato perde di efficacia e che l’Amministrazione non può disporre alcuna proroga dello stesso, potendo invece unicamente valutare l’opportunità di predisporre un nuovo strumento con conseguente rinnovazione della scelta pianificatoria attuativa rimasta inattuata;
– che, per quanto riguarda la realizzazione di nuove costruzioni edilizie previste dallo strumento di attuazione, anche dopo la sua scadenza, l’attuale giurisprudenza ne condiziona la possibilità all’avvenuto completamento, entro il termine di vigenza del piano, di tutte le opere di urbanizzazione primaria, tra cui anche strade di penetrazione principale e secondaria, parcheggi e standard pubblici,

VISTO

– che l’ultimo atto del Piano Particolareggiato “Infernetto” è la sua nuova adozione avvenuta con Deliberazione del Consiglio Comunale n.112 del 12 aprile 2006;
– che, trascorsi ad oggi 17 anni, non è stato deliberato alcun altro rinnovo;
che il Piano Particolareggiato “Infernetto” risulta essere del tutto inattuato soprattutto per quanto concerne la realizzazione della rete viaria pubblica che rappresenta la principale opera tra quelle definite di urbanizzazione primaria (art. 4, legge 29 settembre 1964, n. 847),

OSSERVATO

– che a partire dal 2016, per decadenza del piano particolareggiato e per la mancata attuazione delle opere di urbanizzazione primaria, doveva essere considerato (caso per caso) ogni rilascio di permesso di costruire all’interno dell’area del Piano Particolareggiato per il recupero urbanistico del nucleo di zona “O” n.51 “Infernetto – Macchione”;
– che entro il 2016, ai sensi del citato articolo 17 delle NTA del Piano, le aree pubbliche non cedute gratuitamente dai proprietari, dovevano essere espropriate,

CONSIDERATO

– che gli uffici del Comune di Roma, dopo il 2016, hanno in maniera illegittima rilasciato in alcuni casi permessi di costruire applicando il citato art.17 delle NTA;
– che quanto sopra ha consentito il trasferimento a lotti edificabili di cubature provenienti dalla pianificata rete viaria primaria, comunque già da 30 anni aperta al pubblico transito e dunque già di pubblica utilità;
– che gli uffici del Comune di Roma, dopo il 2016, non hanno esercitato alcun diritto di esproprio di aree pubbliche, permettendo di fatto plusvalenze alle imprese di costruzione, come l’esempio seguente dimostra:

  • La XXX srl (c.f. XXX), co-proprietaria della p.lla XXX del foglio 1115, ha depositato al Dipartimento di Urbanistica del Comune di Roma, in data 17 maggio 2019 (prot. QI/XXX), una istanza per il permesso di costruire (pdc) un villino quadrifamiliare. Successivamente (prot. QI/XXX del 29 luglio 2019) la stessa ha presentato una nuova istanza per il cambio di intestazione alla XXX srl (c.f. XXX) dopo aver quest’ultima comprato le p.lle XXX e XXX del foglio 1115 (frazionate dalla ex XXX) e le p.lle XXX e XXX del foglio 1121 includenti via della Cacciuta (appartenente alla rete primaria del Piano Particolareggiato). Infine la XXX srl (prot. QI/XXX del 28 ottobre 2019) ha redatto un progetto di ‘nuovi tipi’ per un edificio plurifamiliare (16 appartamenti) al posto della iniziale quadrifamiliare. Il pdc n.XXX è stato rilasciato dal Comune di Roma con prot. QI/XXX del 18 maggio 2020.
    Mediante tali atti, la superficie utile alla costruzione è stata aumentata dai circa 193 mq iniziali a quasi 1.000 mq finali, frazionando la p.lla XXX nelle XXX e XXX, destinando solo la XXX alla costruzione (oggi divenuta la p.lla XXX) e cedendo al comune (mediante l’art.17 delle NTA) la XXX (ricadente su via XXX) e le p.lle XXX e XXX del foglio 1121 (includenti parte di via della Cacciuta), appositamente acquistate per trasferire maggiore cubatura sulla XXX. Di seguito, il contributo delle singole particelle all’edificazione finale (passata da una quadrifamiliare ad un edificio di 16 appartamenti, alto 13,50 con box auto nel piano interrato). Si nota la prevalenza derivante dall’acquisto dei tratti stradali di via della Cacciuta (nell’istruttoria tecnica degli uffici è stato incluso non solo il sedime stradale ma tutta la superficie delle particelle, comprensive anche di un canale drenante del locale consorzio di bonifica)

                 (OMISSIS)

  • Si precisa che via della Cacciuta, già istituita con Delibera del Commissario Straordinario n.435 del 14 febbraio 1962, non era di certo al tempo (e, da quanto ci risulta, neppure oggi) strada in manutenzione al Comune di Roma anche se aperta da sempre al pubblico transito e ospitante al civico 120 un distaccamento stagionale dei Vigili del Fuoco. Avrebbe dovuto pertanto essere espropriata, per l’attuazione, in quanto appartenente alla rete viaria principale del piano, già nel 2002 (data della prima scadenza decennale del piano) e sicuramente entro il 2016 e non ‘lasciata’ nella possibilità di essere ceduta per creare nuove redditizie cubature. Si nota infatti che le particelle XXX e XXX (in totale, 5.455 mq) sono state acquistate dalla XXX srl a poco più di 37 euro/mq (203.262 euro), diventando 750 mq di SUL (corrispondenti a 2.400 mc), per un valore complessivo di oltre 2,5 milioni di euro, secondo le tabelle OMI. Nella complessa vicenda, si inseriscono poi l’eredità di A. S. e la intermediazione di A. C., ex funzionario dell’ufficio tecnico municipale, che compare come primo acquirente per poi nominare ex art.1401 c.c. la XXX srl,

PRESO ATTO

– che gli uffici del Comune di Roma continuano a rilasciare similari pdc con trasferimento di cubature e a non attuare il Piano Particolareggiato (scaduto nel 2016) mediante espropri di aree pubbliche, a partire dalla rete primaria stradale,

per tutti i fatti sopra descritti e per tutti quelli che saranno ritenuti sussistenti
dall’Autorità procedente

CHIEDE

ai sensi dell’art. 51 del vigente Codice di Giustizia Contabile, che vengano puniti i responsabili del danno erariale in corso e quantificato lo stesso, nonché penalmente perseguiti, segnalando gli eventuali delitti riscontrati alla Procura competente. Si dichiara, sin d’ora, di volersi costituire parte civile nell’eventuale procedimento penale nei confronti del soggetti responsabili, riservandosi la produzione di prove documentali e testimoniali integrative alla presente denuncia.

 

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OSTIA PONENTE, CONCESSIONI BALNEARI: UN DANNO ERARIALE DI 47 MILIONI DI EURO

IMG-20230818-WA0003Per Ostia è l’estate della resa dei ‘conti’ sotto il profilo economico del demanio marittimo. Oggi tratteremo il caso del litorale di Ostia Ponente, dove il Comune di Roma, in 91 anni, avrebbe prodotto un danno erariale di oltre 47 milioni di euro per mancato incasso degli oneri concessori provenienti dagli stabilimenti balneari.

Una storia che si aggiunge alle altre che LabUr ha denunciato e che hanno prodotto la regolarizzazione, ad esempio, della spiaggia di Castelporziano e del complesso Maresole oltre che l’apertura sulla c.d. dividente demaniale del lido di Castelfusano (per Capocotta si attende la pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato e per il Porto di Ostia l’espressione di parere dell’Autorità Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati).

Quella di Ostia Ponente è una storia tutta da raccontare, che coinvolge le amministrazioni succedutesi dal 1932 fino ad oggi, ree di aver causato per negligenza e inerzia un enorme danno alle casse del Comune di Roma.
Il fulcro della questione sono le vicende dell’Ente Autonomo per lo Sviluppo Marittimo e Industriale di Roma (S.M.I.R.), che, sciolto nel 1922, avrebbe dovuto realizzare le infrastrutture per congiungere Roma al mare e dotare la città di un porto commerciale.

Tutto ha origine dalla legge n.502 dell’11 luglio 1907 (Provvedimenti per la città di Roma) e più precisamente dall’articolo 5 dell’allegata convenzione tra lo Stato e il Comune di Roma, con la quale il Demanio concedeva alla Capitale l’uso perpetuo della fascia litoranea tra il Canale dei Pescatori e la sponda sinistra del Tevere (la c.d. Ostia Ponente). In seguito, con la sdemanializzazione del 25 gennaio 1923, tutta la suddetta area, che era già stata trasferita nel 1920 all’Ente S.M.I.R., venne destinata alla “costruzione del nuovo sobborgo marino di Ostia Nuova ed in applicazione del piano regolatore della nuova città marina“.
Per ultimo, con Regio Decreto n.845 del 18 marzo 1923, avvenne la soppressione dell’Ente S.M.I.R. e con successivo Regio Decreto n.3116 del 31 dicembre 1923, tutte le aree già appartenenti all’Ente S.M.I.R. tornarono in proprietà dello Stato.

Solo dopo quasi un decennio di contenziosi con la Società Elettro Ferroviaria Italiana, alla quale era stato affidato il completamento e l’esercizio della ferrovia Roma – Ostia Lido, si giunse alla Deliberazione del Governatorato di Roma n.7002 del 31 dicembre 1932, di cui parte integrante è la definitiva convenzione (ancora vigente) con lo Stato per il “trapasso al Governatorato (cioè il Comune di Roma) dei beni del soppresso Ente S.M.I.R.”.
In essa, articolo 5, si legge: “… le concessioni di tratti di arenili a terzi, sempre nell’ambito della spiaggia anzidetta, saranno assentite dall’Amministrazione della Marina Mercantile, sentito il Governatorato, al quale per il suaccennato periodo [70 anni, nda] andranno devoluti i relativi canoni, salvo versamento all’Erario, per ogni singola concessione, del canone annuo fisso di 1 lira a titolo di riconoscimento della demanialità dell’area concessa”.

Dunque, dal 1932 fino al 2002 è certo che gli oneri concessori degli stabilimenti balneari dovevano essere incassati dal Comune di Roma e non dallo Stato. Resta da stabilire se tale convenzione si sia automaticamente rinnovata, non essendoci stato alcun successivo atto amministrativo a riguardo. L’orientamento giuridico prevede, in questi casi, la vigenza della precedente convenzione non essendo stato espresso dall’Agenzia del Demanio alcun parere contrario. In tal caso, nulla si doveva alla Regione Lazio come imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del demanio marittimo, a decorrere dal 1 gennaio 2014 (il 15% del canone).

Dunque, calcolando un periodo di 91 anni, attualizzando e considerando una media di 20.000 euro/anno per un numero di 26 concessioni ad Ostia Ponente, si arriva ad un importo (per difetto) non incassato dal Comune di Roma di oltre 47 milioni di euro.
Non solo, ma il complesso e dimenticato groviglio di atti amministrativi emessi dopo lo scioglimento dello S.M.I.R. impone una verifica sull’appartenenza o no al demanio marittimo di una gran parte delle aree oggi occupate dagli stabilimenti balneari per via della sdemanializzazione di cui sopra.

Inoltre, la devoluzione dei canoni delle concessioni demaniali marittime dallo Stato direttamente al Comune di Roma e la diretta consegna delle aree, annullerebbe la competenza regionale e di conseguenza l’applicazione sul litorale di Ostia Ponente del Piano di Utilizzazione degli Arenili (P.U.A.), strumento di pianificazione turistica della Regione Lazio ma non del Comune di Roma.

Tutto ciò costituirà a breve un dettagliato esposto verso la Corte dei Conti, non solo per il danno emergente subito dal

Comune di Roma (mancato incasso), ma anche per il danno d’immagine conseguente.
In numerose sentenze infatti la Corte dei Conti ha chiarito che la lesione dell’immagine causa un deterioramento del rapporto di fiducia tra la cittadinanza e l’istituzione pubblica, la quale viene percepita come entità non affidabile, talvolta finanche nemica, finita nelle mani di soggetti dediti a perseguire soltanto illeciti interessi particolari e non a difendere gli interessi collettivi finalizzati al buon andamento della funzione amministrativa e della sua gestione in maniera efficace, efficiente ed economica.

Mai come in questo momento, dove i fondi europei vengono dirottati sul lungomare di Ostia, favorendo purtroppo anche infiltrazioni criminali, occorre la massima trasparenza amministrativa e la corretta applicazione della normativa. Anche a costo di ‘riesumare’ atti di 91 anni fa, ancora vigente.

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OSTIA – CONCESSIONI MARITTIME: ESPOSTO DI LABUR ALLA CORTE DEI CONTI

esposto corte dei contiInviato alla Procura della Corte dei Conti, in conoscenza all’Agenzia del Demanio, alla Regione Lazio e ai Ministeri competenti, un esposto sul caos amministrativo generato dall’Ufficio Demanio del Municipio Roma X che dal 2014 non ha effettuato alcun ricalcolo dei dati geometrici e delle destinazioni areali delle concessioni marittime sul litorale romano. Nessuna istruttoria portata ad esito definitivo, nessuna verifica circa la legittimità urbanistico/edilizia delle strutture presenti sull’arenile romano, nessuna indicazione della perimetrazione del demanio marittimo. Solo una montagna di contenziosi che penalizzano, oltre l’Erario, anche le imprese turistiche balneari, impedendo di fatto il rilancio del litorale della Capitale d’Italia.

Si tratta di un enorme danno erariale, dovuto ad errori e incompetenza degli Uffici nella riscossione dei canoni delle concessioni demaniali marittime, confermata dalla grave accusa della Corte dei Conti (Sez. Centrale di Controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato), che con Deliberazione n.20/2021/G del 21 dicembre 2021 aveva approvato la relazione avente a oggetto “La gestione delle entrate derivanti dai beni demaniali marittimi”. Risulta infatti che molti degli scostamenti tra canoni dovuti e incassati sono generati dal mancato inserimento degli stessi da parte delle Amministrazioni interessate o dall’incompleto/inesatto inserimento dei dati geometrici delle aree e dei manufatti demaniali oggetto di concessione.
Una problematica che da due anni non vede risposta da parte delle Amministrazioni competenti (compreso il Municipio Roma X), che avrebbero invece dovuto indicare i processi correttivi necessari. Una problematica riscontrata anche dal Consiglio dei Ministri che ha approvato, il 17 luglio 2023, in esame definitivo, un decreto legislativo di Attuazione della delega di cui all’art. 2 della Legge 5 agosto 2022, n. 118, per la mappatura e la trasparenza dei regimi concessori di beni pubblici, tra cui il demanio marittimo.
Dopo che la Procura di Roma, su esposto di LabUr, ha costretto il Municipio Roma X a regolarizzare su Castelporziano una concessione demaniale scaduta da 20 anni, dopo che a Capocotta persiste un’illegittima tolleranza verso i chioschi che non ricadono sul demanio marittimo, dopo che le spiagge libere risultano abbandonate sempre a seguito di esposti inviati da LabUr circa la verifica della regolarità dei loro affidamenti, è la volta dei canoni concessori che il Municipio X, in modo del tutto discrezionale, impone come ‘provvisori’ eludendo così tutte le le leggi esistenti.

 

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NO ALLE BUGIE SU CASTELPORZIANO

zannola castelporzianoDomani, 11 luglio 2023, andrà in onda in Campidoglio un messinscena targata PD sulle vicende di Castelporziano.
Crediamo sia giusto ricordare alcune taciute verità portate alla luce da LabUr negli ultimi tre anni, confermateci dalla Capitaneria di porto.

DANNO ERARIALE DEL COMUNE
Dal 2001 il Comune di Roma non paga allo Stato la concessione demaniale prevista nella convenzione del 1965 con la Presidenza della Repubblica.
ABBAGLIO DELLA PROCURA
I chioschi, non ricadendo sul demanio marittimo, non potevano essere sequestrati.
ESCLUSIONE DAL PUA
La Regione Lazio, non avendo alcuna competenza su Castelporziano, deve escluderlo dal Piano di Utilizzazione degli Arenili, sia regionale sia comunale.

LabUr è in possesso di tutta la documentazione comprovante quanto sopra, compresa la perimetrazione del vigente demanio marittimo a Castelporziano, inviataci il 5 luglio 2023 dalla Capitaneria di porto di Roma (CPRM Reg.Uff. 0018404). Emerge chiaramente che i chioschi non insistevano su demanio Screenshot 2023-07-10 18.14.07marittimo, motivo per cui deve decadere la contestazione del reato (ex art 1161 Cod.Nav.) alla base del sequestro.
Precisiamo, inoltre, che ad oggi, su quelle spiagge è stato speso quasi un milione di euro, ma il risultato, sotto gli occhi di tutti, è disastroso.

Naturalemente, dopo aver ascoltato la seduta straordinaria dell’Assemblea Capitolina di domani, ci riserviamo di dettagliare la situazione.
Infine, una nota di colore. Pochi giorni prima del sequestro dei chioschi, il consigliere comunale Giovanni ZANNOLA negava qualunque ipotesi di sequestro. Ora, lo stesso fine osservatore, afferma che i chioschi riapriranno.
C’è di che preoccuparsi.

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INFERNETTO, VIA SOFFREDINI: UN GIORNO DI ORDINARIA FOLLIA

ama via soffrediniSi tratta del cantiere dell’AMA Roma Spa presso l’area di proprietà di Roma Capitale, prevista come Centro di Raccolta della spazzatura, compresa tra via Ennio Porrino, via Alfredo Soffredini e via Ermanno Wolf Ferrari, voluto dal Municipio Roma X tra le proteste dei cittadini e di cui già abbiamo scritto.

Il cantiere è stato aperto in data 20 giugno 2023. La ditta incaricata da Ama Roma S.p.A. ha dapprima eseguito la pulizia del terreno mediante sfalcio della vegetazione e rimozione di ingombranti, accatastando però tutto il materiale di risulta lungo via Alfredo Soffredini, dove ancora è abbandonato. Senza un accesso al cantiere regolarmente autorizzato, sono iniziati i lavori forzando due cancelli su via Ennio Porrino fino alla follia di oggi, documentata dai video degli infuriati residenti.

Alle ore 9:50 una ruspa ha aperto un varco sul lato del terreno lungo via Ermanno Wolf Ferrari, creando difficoltà ruspaferrarial traffico automobilistico e ai mezzi pubblici [VIDEO], nonché distruggendo l’esistente marciapiede in travertino. Non paghi di questa prodezza, alle ore 15:55, dopo aver letteralmente creato una strada sterrata dal terreno verso via Alfredo Soffredini [VIDEO], gli operai hanno messo in moto la ruspa che, abbandonato il cantiere, ha percorso via Soffredini e via Porrino, rovinando vistosamente l’asfalto. Nessun controllo, nessun intervento. Il Gruppo X Mare della Polizia Locale, così come gli uffici tecnici del Municipio, (tempestivamente allertati), non hanno risposto ai cittadini. Nessuna risposta anche dagli organi politici locali, che hanno voluto tra le case dell’Infernetto questo illegittimo Centro di Raccolta della spazzatura laddove invece doveva sorgere una scuola materna: Valentina SCARFAGNA, Valentina PRODON e Guglielmo CARCERANO, che fine hanno fatto?

Mentre Roma è sommersa dalla spazzatura e vive nel disagio di una insostenibile emergenza rifiuti, si interviene da parte di AMA nel cuore di un quartiere senza alcun rispetto della legge. Per LabUr, urbanisticamente, tutto ciò è intollerabile: non si mortifica in questo modo un quartiere di 532 ettari che da 30 anni attende l’attuazione del piano particolareggiato.

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CASTELPORZIANO, LA NUOVA CONCESSIONE: IL TESTO E LA QUESTIONE DEI CHIOSCHI

 

IMG-20230630-WA0016Dopo 20 anni di mancato rinnovo, esattamente il 22 giugno scorso, a seguito della denuncia di LabUr, il Comune di Roma ha dovuto regolarizzare la propria concessione demaniale marittima richiesta dalla Convenzione del 1965, con cui la Presidenza della Repubblica aprì ai Romani i famosi Cancelli di Castelporziano.
LabUr, che dalla sua nascita è portatore di un interesse diffuso e collettivo, pubblica per primo e integralmente il documento, anche se sarebbe stato un obbligo del Municipio Roma X, come al solito disatteso.

Segnaliamo solo alcune palesi irregolarità contenute nel testo che ne potrebbero determinare la nullità e che interessano i 5 chioschi da mesi tenuti sotto sequestro.

Questo il link alla CONCESSIONE.

IL TECNICISMO DELLA MATERIA
Cominciamo a chiarire innanzitutto la terminologia tecnica.
Per ‘convenzione‘ si intende un qualsiasi accordo raggiunto fra due o più parti, ciascuna delle quali si obbliga a mantenerne i reciproci impegni.
Per ‘concessione‘ si intende un provvedimento amministrativo con cui la gestione di un bene viene trasferita ad un’altra parte, privata o pubblica.

Nel caso specifico di Castelporziano si parla di concessione demaniale marittima riferita al cosidetto ‘demanio marittimo’, che non riguarda solamente la ‘spiaggia‘ ma una precisa area perimetrata dall’Autorità Marittima.
Nel 1965 il Presidente della Repubblica Giuseppe SARAGAT firmò una convenzione con il Comune di Roma per rendere fruibile ai Romani quel tratto del litorale poi identificato come i ‘Cancelli’. Il Comune di Roma aveva l’obbligo, all’interno della convenzione, di ottenere una concessione da parte dell’Autorità Marittima (la Capitaneria di porto) per gestire il relativo demanio marittimo. Nel 1999, le competenze sul demanio marittimo (ma solo per le finalità turistico ricreative) passarono alle Regioni e da queste ai Comuni costieri per sub-delega. Tuttavia la spiaggia di Castelporziano rimase competenza della Capitaneria di porto in quanto dotazione del Presidente della Repubblica.
Confondendo le competenze, il Comune di Roma non ha più rinnovato/pagato la concessione allo Stato dal 2001 (termine dell’ultima concessione) pensando erroneamente di avere in sub-delega anche la spiaggia di Castelporziano. Ora, la legge vigente prevede l’impossibilità di concedere nuovamente al Comune di Roma quella spiaggia fino a quando non avrà estinto nei confronti dello Stato. Questo vale per i concessionari privati e a maggior ragione dovrebbe valere per quelli pubblici.
Il Municipio Roma X, che per decentramento amministrativo gestisce per conto del Comune di Roma la sub-delega al demanio marittimo, ha invece mistificato l’ottenimento di una nuova concessione (22 giugno 2023) come un successo quando invece si tratta di un’ammissione di colpa.

LA NUOVA CONCESSIONE
L’ultima concessione rilasciata dalla Capitaneria di porto al Comune di Roma per Castelporziano non è quella indicata nel dispositivo con il n.124/1995 (valida fino al 31.12.1997), bensì quella valida dal 01.01.1998 al 31.12.2001, come affermato anche dall’Arch. Stefano Turnassi “in qualità di dipendente di Roma Capitale, nominato con Ordine di Servizio n. 21 del 03.04.2023 per la predisposizione degli atti propedeutici al rilascio della Concessione demaniale a favore di Roma Capitale relativa alla spiaggia di Castel Porziano“. È questa è una delle irregolarità dell’atto.

Oggi, la superficie del demanio marittimo concessa al Comune di Roma va dalla linea di costa fino alla litoranea, includendo di fatto i 5 chioschi sottoposti a sequestro da parte dell’autorità giudiziaria. È bene ricordare che fino al 2001 le uniche infrastrutture associate alla concessione erano i 9 fabbricati adibiti a servizi igienici, pronto soccorso, posto di polizia e direzione di spiaggia. I 5 chioschi, inizialmente strutture amovibili, furono edificati in muratura (senza permesso di costruire) nel 1981 in deroga alla distanza prevista dei 300 metri dal mare e mai inseriti nella concessione del Comune di Roma.

LA QUESTIONE GIUDIZIARIA DEI CHIOSCHI
I chioschi entrarono in convenzione con il Comune di Roma nel 2002 fino al 2014, anno in cui si è aperto il contenzioso sfociato nel recente sequestro. Non è affatto scontato, come si legge da giorni, che i chioschi ottengano di riflesso il proseguimento della convenzione interrottasi nel 2014 a seguito della nuova concessione ottenuta dal Comune di Roma. Infatti nella nuova concessione si legge: “la presente licenza è inoltre subordinata, oltre che alla disciplina doganale e di pubblica sicurezza, alle seguenti condizioni speciali:
gli effetti del presente titolo restano subordinati all’esatto adempimento delle prescrizioni impartite dall’Autorità Giudiziaria nell’alveo dei procedimenti penali in corso … fatta salva la vigenza dei provvedimento cautelari reali disposti dall’Autorità Giudiziaria su singole porzioni delle aree o dei manufatti oggetto della concessione“.
Dunque, le sorti dei chioschi di Castelporziano sono in mano alla Procura di Roma che ha espressamente dichiarato illegittima la presenza dei chioschi su demanio marittimo per assenza di titolo.

La questione quindi è la seguente: i chioschi, prima di questa nuova concessione, erano o no su demanio marittimo?
Premesso che non esiste la perimetrazione del demanio marittimo nell’area di Castelporziano adibita a pubblica fruizione, la nuova concessione lascia intendere che i chioschi siano inclusi nel demanio marittimo in quanto indicati esplicitamente nella licenza, cosa che però non era fino al 2001 (dopo il 2001, lo ricordiamo, non esistono altre concessioni).
Ai fini del sequestro, dunque, si aprono due scenari:

1) I 5 chioschi erano su demanio marittimo e quindi ne viene validato il sequestro, con la conseguenza che non è possibile per legge riaffidarli ai precedenti titolari fino a sentenza. Inoltre, dovrebbero essere affidati non più tramite convenzione, ma tramite l’articolo 45bis del Codice della Navigazione (affidamento ad altri soggetti delle attività oggetto della concessione, in questo caso la somministrazione di cibi e bevande)
2) I 5 chioschi non erano su demanio marittimo e dunque si archivia il procedimento penale. Questo emergerebbe dal fatto che i 5 chioschi (in muratura) non sono mai indicati nelle concessioni e che il Comune di Roma ha previsto dal 2002 una convenzione e non il ricorso al citato articolo 45bis. In tal caso, servirebbero tante scuse e il pagamento dei danni (emergente e lucro cessante) ai titolari dei chioschi.

CONCLUSIONI
Tutto è in mano al Pubblico Ministero della Procura di Roma, Pierluigi CIPOLLA, titolare del procedimento penale, e in quelle della Guardia di Finanza che si è occupata delle indagini (nelle quali è lo stesso Comune di Roma ad esser stato chiamato come ausiliario tecnico). Di certo il Comune di Roma non è parte affidabile, primo perché è il vero abusivo (da 20 anni) sulle spiagge di Castelporziano, secondo perché da una parte ha contribuito che i chioschi fossero sequestrati durante la fase delle indagini e dall’altra li ha reinseriti nella nuova concessione.
Resta l’incognita del ruolo della Capitaneria di porto di Roma, che appare come un ‘mediatore‘ tra le parti in causa, ma che dovrebbe con fermezza far rispettare il Codice della Navigazione.
Non pervenuta la Presidenza della Repubblica, che, da un carteggio di cui LabUr è in possesso, neppure era a conoscenza dell’obbligo della concessione da parte del Comune di Roma, scritto invece a chiare lettere nella convenzione.

In tutta questa confusione, il contributo di LabUr, sempre attento a tutelare l’interesse collettivo e diffuso di questo tratto del litorale, sarà quello di denunciare ogni irregolarità amministrativa. Sottolineiamo che senza la nostra denuncia, nulla si sarebbe mosso.

 

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PORTO TURISTICO DI ROMA: ILLEGITTIMA L’ATTUALE CONCESSIONE

portoIn data odierna (27 giugno 2023) abbiamo inviato alle autorità competenti formale esposto segnalando la illegittimità del cambio di titolarità della concessione demaniale marittima del porto di Ostia a favore della “Porto Turistico di Roma srl” (oggi in amministrazione giudiziaria e confiscata), richiedendo una puntuale verifica amministrativa al fine di informare i Pubblici ufficiali, e cioè coloro che esercitano una funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa, sull’effettivo stato delle cose.

 

ISTANZA DI VERIFICA AMMINISTRATIVA
(inviata a: Ministero dei Trasporti, Guardia Costiera, Regione Lazio, Comune di Roma, Procura di Roma, Prefettura di Roma, ANBSC, Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza)

Il sottoscritto dr.Ing. Andrea SCHIAVONE, presidente p.t. di LabUr, Laboratorio di Urbanistica (www.labur.eu), espone di seguito quanto si evince dalla documentazione in proprio possesso e da leggi e regolamenti appresso indicati, in qualità di portatore di un interesse diffuso e collettivo.

IL FATTO
Il 15 giugno 2023, con ordinanza n.73, la Capitaneria di porto di Roma (Sezione Tecnica/Sicurezza e Difesa Portuale) ha approvato il nuovo “Regolamento per l’esercizio e l’uso del porto Turistico di Roma” che risulta in concessione alla “Porto Turistico di Roma srl”, in amministrazione giudiziaria, i cui beni (confiscati) sono confluiti presso l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC).

L’ordinanza riporta erroneamente, per quanto di seguito narrato, che con “atto formale n. 129 del registro degli atti, n. 329 di repertorio, stipulato in data 30 ottobre 2001” l’Amministrazione Marittima avrebbe assentito in concessione alla “Porto Turistico di Roma S.r.l.” il porto turistico di Ostia

LA CONCESSIONE
Dalla documentazione in nostro possesso, risulta quanto segue:

  1. La Capitaneria di Porto del Compartimento Marittimo di Roma, con atto formale n. 129 del 30 ottobre 2001 registro repertorio n. 359/01, ha assentito in concessione alla società Attività Turistiche Imprenditoriali srl (A.T.I. srl) e non alla “Porto Turistico di Roma srl” l’area demaniale marittima in località Idroscalo di Ostia Lido nel Comune di Roma, nell’ambito della quale è stato realizzato il “Porto Turistico di Roma”;
  2. Giusto atto formale n. B092 in data 01 marzo 2007 la Concessione Demaniale Marittima è stata intestata alla Società “Porto Turistico di Roma srl”;
  3. La suddetta determinazione n. B0892 del 01 marzo 2007 è stata emessa dalla Regione Lazio – Dipartimento Territorio (Ambiente e Cooperazione tra i Popoli, Area Difesa del Suolo), autorizzata a firma del Direttore Vicario del Dipartimento, dott. Raniero DE FILIPPIS;
  4. Il cambio di titolarità in favore della “Porto Turistico di Roma srl” della concessione demaniale marittima già rilasciata il 30 ottobre 2001 alla A.T.I. Spa è avvenuto in funzione dell’articolo 22 del Regolamento Regionale n.3 del 15 dicembre 2004 affermando che esso “” ma non specificando quale tipologia di concessioni;
  5. L’articolo 22 del suddetto regolamento si riferisce a concessioni di pertinenze idrauliche, aree fluviali, spiagge lacuali e di superfici e pertinenze dei laghi e non a concessioni demaniali marittime;

per quanto sopra esposto

PREMESSO

  • che il cambio di titolarità di concessione in questione interessa il porto di Ostia e dunque si riferisce a una concessione demaniale marittima (non fluviale, non lacuale);
  • che quanto sopra esposto è confermato anche dal Regolamento Regionale n.10 del 30 Aprile 2014 che, sostituendo il regolamento del 2004, all’articolo 1 comma 1 definisce l’ambito di applicazione della legge ai sensi dell’articolo 40 bis della legge regionale n.53 del 11 dicembre 1998;
  • che tale articolo 40 bis definisce l’organizzazione regionale della difesa del suolo in applicazione della legge n.183 del 18 maggio 1989 avente per oggetto (articolo 2) opere idrauliche, opere ed impianti di bonifica, opere di forestazione protettiva, opere di consolidamento e difesa degli abitati e opere di difesa delle coste.

CHIEDE CON URGENZA

di intervenire, ciascuno dei destinatari per competenza, in applicazione di quanto sopra esposto risultando ogni negligenza od inerzia della Pubblica Amministrazione, delle Forze dell’Ordine e dell’Autorità Giudiziaria fatto grave e lesivo dell’interesse pubblico all’interno del contesto del Municipio X già, per 24 mesi, commissariato anche per vicende collegate al porto di Ostia.
Si resta a disposizione per ogni eventuale chiarimento e reperimento dei documenti sopra citati, tutti in possesso dello scrivente.

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OSTIA, DOVE L’EDILIZIA HA SCONFITTO L’URBANISTICA E I VINCOLI ARCHEOLOGICI

malafede urbanisticaQuando l’urbanistica cede all’edilizia e ai compromessi con i vincoli da apporre, emergono tutte le sofferenze del territorio. E’ il caso nel Municipio Roma X del quartiere Giardino di Roma, più noto come Quartiere Caltagirone (dal nome del costruttore romano), che si estende, interferendo sulla mobilità locale, dalla via Cristoforo Colombo fino a via Ostiense, lungo la via di Malafede. Una convenzione stipulata 30 anni fa, il 20 agosto 1992, arrivata fino ad oggi attraverso mille varianti e proroghe tali che, per ricostruire la vicenda, si dovrebbero scrivere migliaia di pagine.

Un totale iniziale di 79.599 mq. circa, destinato alla costruzione di 728.080 nuovi mc. residenziali, per un previsto insediamento di 9.110 abitanti e di 145.616 mc. non residenziali, numeri poi variati nel tempo. Uno scempio urbanistico, paesaggistico e ambientale perfettamente autorizzato da tutte le giunte comunali, anche se, a nostro avviso, rimane non autorizzabile, un po’ come le vicine Terrazze del Presidente. 30 anni senza alcun controllo, tant’è che il quartiere ancora attende la famigerata stazione della Roma-Lido che doveva assorbire il traffico veicolare dei residenti.

L’ultimo episodio è di neanche un anno fa e si tratta del permesso di costruire altri 4 edifici, a ridosso della via Ostiense, rilasciato dal Municipio Roma X (n.149 del 28 settembre 2022). Protagonista assoluta la Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma, competente in materia per l’area.

LA VICENDA ARCHEOLOGICA

Tutto ha inizio con un primo vincolo archeologico, imposto (su tutto il comprensorio) dal decreto del Ministero per i Beni Culturali il 22 giugno 1991 (ex artt. 1 e 3 L. n. 1089/1939), annullato con la sentenza n. 1171 del 2 maggio 1992 dal TAR Lazio, Sez. II/bis poi confermata anche dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1132 del 6 luglio 1994. Neanche 4 mesi, ed il Ministero emette il 23 novembre 1994 un nuovo decreto, poi annullato in via di autotutela, a cui segue il 30 giugno 1997 un altro decreto, che ha rappresentato la disciplina vincolistica fino al 2017 e che disponeva una tutela articolata in specifiche fasce di rispetto. Per una di queste, compresa nel quadrilatero ferrovia Roma-Lido, via di Malafede, via Ostiense e via Fiumalbo, la Soprintendenza aveva richiesto soltanto “indagini preventive” e non vincolo assoluto di inedificabilità. Tutto così si risolveva, nell’area citata, con la sentenza 9284 del 28 marzo 2017 emessa dal TAR del Lazio: costruire si, ma prima sondaggi archeologici.

GLI SCAVI ARCHEOLOGICI

La vasca romana (1)A seguito della sentenza del TAR 9284/2017, sono iniziate a giugno del 2019 le indagini archeologiche su un’area di circa 20.000 mq, i cui esiti sono stati definiti dalla Soprintendenza ‘eccezionali’. Tra tutte le ‘nuove scoperte’ anche “l’enigma della vasca monumentale” lunga 40 metri. Nel comunicato stampa del 9 settembre 2020 si legge: «Una scoperta che rinnova lo stupore nei confronti di Roma e delle infinite storie che ha ancora da raccontare. Trovarsi di fronte a un tale rinvenimento ha lasciato sorpresi anche i nostri archeologi… Un altro successo dell’archeologia preventiva, essenziale per non disperdere il nostro passato, e per tutelare e per valorizzare territori che, altrimenti, resterebbero inesplorati».

Peccato che quel tratto di territorio non fosse stato fino a quel momento rimasto ‘inesplorato’.

scavi 1998 1995 malafedeSi conoscevano infatti, quasi con precisione, le dimensioni dell’area archeologica poi scavata nel 2019. Nell’area e in sua prossimità si erano già svolti scavi e ricognizioni negli anni ‘90 e nel 1998 e addirittura nel 1916, a poche decine di metri da qui, era stato intercettato, presso il Casale di Malafede, l’acquedotto diretto alla città antica di Ostia (di cui si conoscevano le arcate, poco più avanti, presso la depressione di Ponte Ladrone). 

scavi 2019 malafedeIn particolare, nel 1998 era emerso un tratto di acquedotto della prima età imperiale, “inserito organicamente nel più ampio sistema idrico che dal territorio di Malafede raggiungeva la colonia di Ostia”. Distante circa 80 metri dalla via Ostiense e 100 metri, in direzione Roma, dal Casale di Malafede, era risultato somigliante con uno dei due canali scavati nel maggio del 1916 in occasione di lavori che “il Comune di Roma ha eseguito, per la correzione della livelletta stradale”. Del resto già nel 1995 erano stati pubblicati gli studi dei ritrovamenti occorsi durante le ricognizioni del progetto Roma Costiera (datato 1988) nato per aggiornare la Carta archeologica dell’Agro Romano, dati che poi confluirono nella documentazione del vincolo del 22 giugno 1991.

CONCLUSIONI

Da tre anni tutti attendono le promesse della Soprintendenza e cioè “il progetto di valorizzazione in situ di quelli che sono i più importanti ritrovamenti”. Un altro modo per dire che con il costruttore, Caltagirone, si studierà un modo per non creare intralcio agli edifici, allestendo (forse) un piccolo parco, un piccolo antiquarium, qualche deteriorabile pannello esplicativo che nessuno andrà a vedere. La vera valorizzazione l’avrà Caltagirone che non solo costruirà senza troppi intoppi ma che potrà vantare, nella vendita, che le sue case “sorgono su antichi resti romani”. O magari farà in modo che, quando e se, verrà realizzata la promessa stazione della Roma-Lido, si userà qualche vano di essa per alloggiare i soliti quattro cocci.

Poiché però questa trentennale convenzione non può concludersi in questo modo, valuteremo tutte le carte firmate dalla Soprintendenza per verificare se ci sia stata una omissione di vigilanza e/o di atti d’ufficio per favorire i permessi di costruire ai danni di una prevista pianificazione urbanistica. La Soprintendenza doveva per legge tutelare l’area da ogni trasformazione. 

Una denuncia che ci porterà via qualche mese, ma che vale la pena affrontare: rispetto ai 30 anni passati in cui nessuno si è mosso, possiamo permettercelo.

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