OSTIA, L’EROSIONE DEL MALAFFARE

In piena stagione balneare torna alla ribalta la questione dell’erosione delle spiagge. Milioni di euro gestiti senza trasparenza, nessuno racconta la verità. Ci proviamo noi perché è necessario, prima di parlare del problema dell’ “erosione” del Litorale di Roma Capitale definire alcune parole, a partire da quella di ‘spiaggia’, di mareggiata, di erosione. Fino a render pubblici i dati.

VOCABOLARIO
La spiaggia è un sistema sedimentario sabbioso e/o ghiaioso, in parte emerso in parte sommerso dominato dal moto ondoso, in cui la dinamica sedimentaria è gestita dalle correnti lungo la riva. Il limite interno della spiaggia è dato dalla duna. Il limite esterno si estende invece fin sotto l’acqua, fino a dove il fondale non viene alterato dal moto ondoso. Si definisce alta spiaggia quella compresa tra l’area raggiunta dalle alte maree e la fascia delle dune. Dunque, non esiste solo la ‘spiaggia’ degli ombrelloni, dei balneari, ma anche quella prima di essa (fino alle dune, oggi in gran parte scomparse) e quella dopo di essa (sotto l’acqua, da sempre ignorata). I tre fattori fondamentali che guidano l’evoluzione di una spiaggia sono: il rifornimento sedimentario, l’azione dell’uomo e le variazioni del livello marino.

Rifornimento sedimentario
La spiaggia non ha un equilibrio statico ma dinamico. Questo vuol dire che in un determinato intervallo di tempo si mantiene di ampiezza costante se e solo se la quantità di sabbia che viene asportata durante le mareggiate è circa uguale a quella che le arriva nei momenti più tranquilli, smistata dalle correnti generate dal moto ondoso. Esiste solo un metodo per valutare se il rifornimento sedimentario è in equilibrio:

    1) riconoscere la sostanziale modifica della spiaggia durante le diverse stagioni;
    2) osservare la tendenza evolutiva della spiaggia in periodi superiori ad un anno;
    3) valutare la variazione (=riduzione) della spiaggia emersa, quella degli ‘ombrelloni’, in inverno, quando le mareggiate sono più frequenti (ciò non vuol dire esiste un mancato rifornimento sedimentario).

Azione dell’uomo
Una spiaggia naturale ha le dune, un profilo irregolare ed è “sporca” in maniera naturale (legni, conchiglie, etc.). Purtroppo quando si intende utilizzare a fini turistici una spiaggia (oggi gli stabilimenti balneari sono ‘imprese turistiche’) la prima operazione è la pulizia della spiaggia. Tale operazione, per lo più meccanica, modifica il naturale profilo rendendo la spiaggia più vulnerabile alle mareggiate. Ben più grave è lo spianamento delle dune e la sostituzione della sabbia con strade e/o fabbricati. Deleterio anche l’impianto di manti erbosi, come ora è di moda, in sostituzione di aree sabbiose.
Le dune rappresentano una parte della riserva di sedimento che rientra in gioco nei momenti di sofferenza della spiaggia. In loro assenza la fase erosiva diventa più rapida e intensa. Anche l’azione eolica, indispensabile per modellare la spiaggia, viene ‘disturbata’ dall’azione dell’uomo.

Variazione del livello marino
Un ultimo fattore di rischio è la variazione del livello del mare legato alle variazioni climatiche globali. Durante le fasi fredde il livello si abbassa, durante le fasi calde il livello sale. Per fortuna il Mediterraneo, essendo un mare chiuso dove è forte l’evaporazione, non presenta incrementi sostanziali. Tuttavia con il minimo sollevamento previsto si stima p.es. che a Ostia si avrebbe una tendenza all’arretramento della linea di riva che alla fine di questo secolo potrebbe ridurre le spiagge mediamente di circa 20 metri.

EROSIONE: DI COSA STIAMO PARLANDO?
L’erosione è l’insieme delle azioni naturali (non antropiche) che portano alla disgregazione e alla demolizione della superficie terrestre. L’erosione marina, nota anche come abrasione, è definita come l’asportazione superficiale di materiale ottenuta con azione di attrito da parte del mare. La spiaggia è un sistema ambientale dotato di un equilibrio dinamico molto precario. Il processo per mantenere in equilibrio la linea di spiaggia dipende da due fasi: l’erosione e il deposito. Quando questo equilibrio si rompe accade che:

    – il mare deposita maggiore quantità di materiale e la spiaggia avanza;
    – il mare asporta maggiore quantità di materiale e allora si verifica l’erosione della costa.

Le cause dell’erosione

    1) la subsidenza (raro; lento e progressivo abbassamento verticale del fondo di un bacino marino)
    2) la diminuzione del trasporto da parte dei fiumi
    3) le opere costruite a mare
    4) l’urbanizzazione della costa

Trasporto dei fiumi
Le bonifiche, l’imbrigliamento dei corsi d’acqua e, dal dopoguerra, l’asporto di sabbia e ghiaia dagli alvei, hanno provocano la drastica riduzione degli apporti al mare. In particolare, la quantità di sabbia portata a mare dai fiumi è notevolmente diminuita negli ultimi anni per le indiscriminate escavazioni degli alvei e la costruzione di opere di regimazione nei fiumi. Inoltre, negli ultimi sessant’anni è stato notevole l’abbandono delle campagne da parte dei contadini. Questo ha influito sull’accentuarsi dell’erosione delle coste perché il terreno lasciato incolto è meno erodibile di quello lavorato. In questo modo, diminuendo la quantità di sedimenti che arrivano in mare, il mare incomincia ad avanzare.
La quantità di sedimento che porta un fiume è dunque condizionata da :

    – fattori geologici (tempi millenari).
    – variazioni climatiche (tempi secolari): periodi freddi e umidi aumentano il sedimento.
    – attività antropica (tempi decennali): lo sviluppo agricolo aumenta il sedimento, la regimazione dei fiumi lo diminuisce.

Opere costruite a mare
L’azione erosiva è aumentata anche a causa delle innumerevoli costruzioni create dall’uomo. Soprattutto l’edificazione e il prolungamento dei moli portuali, di opere di difesa come le scogliere frangiflutto e i pennelli hanno determinato l’arresto della deposizione della sabbia in alcuni tratti del litorale. Le opere a mare, modificando le correnti lungo riva, alterano profondamente la spiaggia causando un accumulo sopracorrente e una erosione sottocorrente. Anche quando si opera per la difesa di una spiaggia attraverso difese rigide si finisce per alterare la forma della spiaggia e ovviamente la dinamica costiera: in taluni casi le opere innescano correnti di risucchio che finiscono per disperdere la sabbia al largo.

Urbanizzazione della costa
La sostituzione della vegetazione spontanea e dei cordoni dunali con strutture balneari (cabine comprese) e palazzi, costruiti spesso a ridosso della battigia, ha provocato l’alterazione dell’equilibrio della costa. La spiaggia sabbiosa, in passato, era accompagnata, nell’area costiera, da una, più o meno ampia, fascia di dune, allungate nel senso del litorale e perpendicolari ai venti dominanti. Anche l’alta spiaggia, estesa tra l’area raggiunta dalle alte maree e la fascia delle dune, è stata notevolmente perturbata. Ogni aspetto morfologico caratteristico dell’alta spiaggia viene infine cancellato con lo scopo di renderla più accogliente per i bagnanti.

IL CASO DI OSTIA
Le spiagge di Ostia appartengono tutte al delta del Tevere e i loro sedimenti derivano esclusivamente dagli apporti del fiume. Perché il Tevere porti materiale utile per rifornire le spiagge deve superare la portata di 350 mc/s (la sua portata media è circa 230 mc/s). Il materiale sottile si disperde in mare, il più grossolano rimane presso la foce.
Qualche numero:

    – alla fine del XIX secolo il trasporto torbido medio era di 10.5 Mt/a,
    – negli anni ’30 era sceso a 7.5 Mt/a,
    – dagli anni ’70 è mediamente < 2 Mt/a.

Tra la fine dell’800 e gli anni ’30 la spiaggia emersa non si è modificata molto rimanendo ampia e poco scoscesa. I fondali tra 0 e 10 metri sono diventati con il tempo più scoscesi. Nella seconda metà del ‘900 l’erosione della spiaggia emersa è divenuta via via più evidente e drammatica. Anche le nostre spiagge sono state interessate da opere rigide che hanno avuto nel tempo un effetto tutt’altro che positivo come la realizzazione del Porto di Ostia, la sistemazione dei moli a mare del Canale dei Pescatori ma anche la presenza e la ristrutturazione del Pontile di Ostia. Ad Ostia si si stima un’erosione di circa 250mila mc all’anno. Dal 1997 al 2013 sono stati spesi oltre 32 milioni di euro, così ripartiti:

In totale, ad Ostia, dal 1997 al 2013 sono stati portati 2,7 milioni di mc di sabbia: 1,1 per interventi ricostitutivi e 1,6 per interventi manutentivi. Mentre ad Ostia Ponente i lavori si sono fermati (ad eccezione di 4 pennelli a mare, realizzati nel 2010 ma senza alcun apporto, come richiesto, di sabbia che ha portato al loro recente sfaldamento), per Ostia Levante si è progettato dal 1999 un piano di interventi che ha portato ad aprile 2012 al raggiungimento previsto di 70 ettari di spiaggia di cui circa 40 occupati dagli stabilimenti e 30 di spiaggia calpestabile.
Per mantenere questo rapporto negli anni a seguire, la Regione Lazio ha stimato che occorrono 75mila mc all’anno di sabbia. Di questi 75 mila mc, si pensa di riutilizzare le quantità provenienti dal dragaggio del Porto di Ostia (circa 15mila mc all’anno) e quelle del Canale dei Pescatori (circa 35mila mc all’anno). I criteri adottati per ‘fissare’ un ordinario intervento manutentivo e non uno straordinario intervento ricostitutivo per Ostia Levante, sono: considerare la linea storica di costa alla data del 1944 (non troppo discordante dall’attuale), aggiornare e approvare la Convenzione tra Regione e Comune stabilita nel 2000 in funzione dell’art.33 Legge Regionale 53 del 1998, stipulare delle Convenzioni tra Comune e Concessionari per affidare ai Concessionari gli oneri degli interventi, utilizzare sistemi avanzati per la gestione della manutenzione (Convenzioni con ARDIS, Concessioni di Servizi, ecc.) ancora però in fase di definizione.
Tutto questo, per garantire ai Concessionari un’ampiezza “utile” proporzionata alle loro attività turistiche, in funzione dell’approvazione del PUA (Piano di utilizzo dell’Arenile) e nello stesso tempo garantire una fascia di sicurezza per contrastare la tendenza erosiva e consentire il periodo di ricarica per l’apporto dei sedimenti.
Secondo la Regione Lazio, tutta Ostia avrebbe dunque bisogno di 100mila mc all’anno di sabbia da distribuire sui 10 km di arenile, vale a dire 10 metri cubi all’anno per ogni metro di fronte spiaggia, a un costo di 10 euro al metro cubo (100mila metri cubi, 1 milione di euro).

Le critiche
Del fenomeno dell’erosione si comincia a parlare almeno dal dopoguerra:

  • Domenica, 22 luglio 1951, L’Unità, Cronaca di Roma, pag.2
  • «Ostia sta lentamente scomparendo. Ogni giorno il mare erode un pezzo di arenile, lasciando privi di spiaggia quegli stabilimenti sistemati lungo la zona dei 150 villini» (dall’Elmi fino ad Ostia Ponente)

    Dalle fotografie aeree si possono avere informazioni sull’ampiezza della spiaggia emersa ma mancano i dati sulla spiaggia sommersa. L’erosione non è dunque un fenomeno attuale ma è strettamente collegato all’uso dell’arenile, limitandosi alle osservazioni sulla spiaggia emersa:

      1) Si parla di ‘erosione’ già nel 1951, ancor prima delle opere sul Tevere, cioè la Diga di Corbara (1957-59) e le tre traverse idroelettriche a valle di Corbara: Ponte Felice (1961), Nazzano (1956) e Castel Giubileo (1952).
      2) Ininfluente la variazione del livello marino.
      3) Ad Ostia, l’azione dell’uomo è stata più incisiva e condizionante, per l’evoluzione della spiaggia, di qualunque mutamento naturale.
      4) L’erosione è presente in prossimità di elementi di disturbo al trasporto solido: il Porto di Ostia, il Pontile di Ostia e il Canale dei Pescatori.

    Ferme restando le competenze della Regione Lazio è da considerare che con Delibera di Assemblea Capitolina n.18 del 18-19 aprile 2011 (=decentramento amministrativo) la gestione delle subdeleghe regionali del Demanio Marittimo (d.G.R. Lazio, n.1161 del 30 luglio 2001) è divenuta competenza dell’attuale Municipio X, che si definisce solo un semplice ‘operatore’ ma che in realtà, come ente amministrativo di maggiore prossimità al territorio, agisce come elemento di disturbo nelle decisioni finali da intraprendere, da una parte orientato a soddisfare gli interessi turistici balneari dei concessionari (che contribuiscono a tutte le campagne elettorali), dall’altra pressato dalla dimostrata presenza della malavita organizzata all’interno del giro degli appalti.
    Bisogna partire da un fatto, rilevato dal Ministero dell’Ambiente e cioè che il problema del litorale romano è dovuto ad opere antropiche su cui non si interviene essendo più conveniente (in termini politici e di appalti poco trasparenti) mantenere il problema della finta erosione. Emblematici, due casi recenti, tra le centinaia di segnalazioni analoghe che si potrebbero fare.

  • ACMAR, ripascimento spiagge Levante (giugno 2012): diversi pasticci costati 7 milioni di euro senza alcun risultato (imperizia durante i lavori, mancata applicazione prescrizione sicurezza bagnanti, ritardi senza penali).
  • Beton Lido, Canale dei Pescatori (maggio 2014): autorizzazioni parziali per il prelievo delle sabbia alla foce del Canale dei Pescatori; non si sarebbe limitata a posizionare la sabbia sugli argini, ma l’avrebbe trasportata presso il proprio stabilimento perché venisse riutilizzata in altri processi produttivi, in contrasto con le leggi di tutela ambientale.
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    INTERVENTO DI ANDREA SCHIAVONE (LABUR) AL CONVEGNO “UNA BRECCIA NEL LUNGOMURO DI OSTIA
    (Ostia, Roma – 21 Giugno 2014 – Dibattito pubblico organizzato dai Radicali Roma)

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    INFERNETTO: UN PARCHEGGIO PER UN SUPERMERCATO INVECE DELLE SCUOLE

    All’Infernetto, solo nella zona ‘O’, mancano ancora il 70% delle scuole previste e il Municipio X cosa fa? Con una delibera di Giunta avrebbe concesso ad un privato un terreno comunale, destinato a scuole, per consentirgli di realizzare il parcheggio mancante al suo supermercato, dotandolo addirittura di un parco giochi.
    Lo scandalo da un punto di vista urbanistico è che si tratta di un’area inclusa nel Piano Particolareggiato dell’Infernetto dal 1994, un lotto appartenente ad un comparto dove è appunto prevista la realizzazione di un asilo nido e di una scuola materna. Tutta l’area S26 indicata in figura è destinata infatti a servizi pubblici, mentre tutta la fascia indicata con riempimento diagonale è zona di nuova edificazione (ovviamente, già edificata). L’area parcheggi è solo la P30. Il comparto 26, è soggetto a convenzione e pertanto tutto può essere rimesso in discussione (cioè si possono ‘spostare’ i parcheggi, i servizi e le unità immobiliari) garantendo però quanto previsto in termini di standard. Dal 3 Giugno 2014 invece è comparso in quell’area un cartello lavori, senza numero di autorizzazione, con l’indicazione che si realizzerà un parcheggio pubblico e che la proprietà del terreno è della società Buscaini Feliciano srl. La società è la stessa del supermercato Effepiù prospiciente la strada e che ha avuto di recente un contenzioso con la Polizia Municipale per il suo parcheggio aperto al pubblico e per la parte riservata al carico e scarico merci. Risultano coinvolti nella direzione e progettazione dei lavori sia Renato Papagni, Presidente dell’Assobalneari, sia l’ex Assessore ai LL.PP. sotto la giunta Orneli (PD), Paolo Solvi.
    Nonostante i numerosi esposti di LabUr degli scorsi mesi sui titoli autorizzativi prodotti dal Municipio, l’Assessore all’Urbanistica del Municipio X, Giacomina Di Salvo, non ha mai ritenuto di dover fare chiarezza. Come se non bastasse, oltre allo scandalo di barattare ‘2 scuole con un parcheggio’ su area pubblica per favorire un privato, i lavori stanno anche alterando lo stato dei luoghi e finiranno per danneggiare l’apparato radicale di una delle ultime farnie autoctone dell’Infernetto, una quercia bellissima.
    L’Infernetto, uno dei quartieri più giovani della Capitale, che più di altri nel Municipio X ha pagato con il cemento la follia della compensazioni e delle varianti urbanistiche di Roma, mantenendo cronica la pesante carenza di servizi, di recente peggiorata dal nuovo Piano Particolareggiato che ha stralciato oltre 273mila mq di aree pubbliche (di cui 8omila mq di servizi), e dove gli abitanti sono passati dai 20.000 previsti ai 33.000 attuali, riceve dunque l’ennesimo schiaffo. Uno schiaffo proprio da chi, lunedì scorso, durante la prima conferenza urbanistica municipale, ha dichiarato “dobbiamo avere come obiettivo l’attuazione del PRG”, parole pronunciate dall’ Assessore municipale all’urbanistica, Di Salvo, e dall’Assessore Comunale alla Trasformazione Urbana, Giovanni Caudo. Ancora una volta assistiamo invece alla tutela degli interessi privati a scapito di quelli pubblici o generali. Cambiano le amministrazioni, ma la musica non cambia: suona sempre il requiem.

    Paula de Jesus per LabUr

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    PORTO DI OSTIA: IL CASO DELLA CASERMA DELLA GUARDIA DI FINANZA

    Le vicende della realizzazione del Porto di Ostia e di tutte le strutture ad esso pertinenti sono complesse ma anche complicate da un intreccio di carteggi più o meno pubblici da cui sono scaturite le autorizzazioni. Distinguere la verità tra demanio e aree del Comune di Roma, tra opere a terra e opere a mare, tra società partorite dall’A.T.I. Spa dentro un’infinità di scatole cinesi, non è immediato, soprattutto se ciò deve esser fatto percorrendo un arco temporale di quasi 13 anni. Qui vogliamo rivolgere l’attenzione su un caso particolarmente grave.
    Tra le opere a terra presentate dall’A.T.I. Spa già in data 18.01.1999, con prot. 2159 al Comune di Roma, risultava (tramite una Convenzione con il Comando Generale della Guardia di Finanza) la costruzione di una Caserma del gruppo e della Compagnia d’Ostia Lido “(stante il forte degrado sociale in cui versa la zona)”. Questa Caserma ad oggi non è mai stata realizzata e la motivazione ufficiale sarebbe attribuita alla Guardia di Finanza stessa che avrebbe rinunciato a simile opportunità.
    Noi invece abbiamo sempre rivolto la domanda al PD di Ostia, in particolare a Paolo Orneli: “Orneli dovrà spiegare, tra le altre cose, come mai non si è dato seguito alla convenzione con il Comando Generale della Guardia di Finanza per la costruzione di una Caserma del gruppo e della Compagnia d’Ostia Lido, dove invece oggi sorgono alberghi e residence”.
    Paolo Orneli (PD) è stato il politico locale che, in termini di presenza, continuità e mandato elettorale, ha più seguito da vicino le vicende del Porto di Ostia (anni 1999-2001), come si evince dalla seguente scheda:

      – Paolo Orneli è stato capogruppo del PdS in XIII Circoscrizione nel 1997;
      – Il 18 maggio del 2000 Paolo Orneli è stato nominato presidente della XIII Circoscrizione, dopo la prematura scomparsa di Massimo Di Somma (fino alla elezione di Davide Bordoni il 27 maggio 2001, avvenuta al ballottaggio contro Pietro Vennarecci, dopo il primo turno avutosi il 13 maggio 2001);
      – Paolo Orneli ha ricevuto la delega al Litorale dal sindaco Walter Veltroni il 13 maggio 2001, essendo stato l’ex presidente della XIII Circoscrizione secondo degli eletti il 13 maggio 2001 in Consiglio Comunale tra tutti i partiti del centrosinistra;
      – Paolo Orneli è stato eletto presidente del Municipio XIII il 28-29 maggio 2006 al primo turno (in carica fino al 27-28 aprile 2008 quando perse al ballottaggio contro Giacomo Vizzani, dopo il primo turno avutosi il 13-14 maggio 2008);

    Secondo l’Accordo di Programma, art.3, con cui è stato possibile realizzare il Porto di Ostia, sarebbe stato necessario procedere a un nuovo Accordo di Programma dopo la rinuncia della Guardia di Finanza: “Le parti concordano che eventuali variazioni dei progetti che dovessero rendersi necessarie in corso d’opera a seguito del verificarsi di circostanze al momento non prevedibili, ove non incidano sugli elementi essenziali dell’Accordo (destinazioni d’uso, elementi quantitativi in termini di superficie utile), saranno oggetto di approvazione in sede di Conferenza dei Servizi senza la necessità di dover procedere ad un nuovo Accordo”.
    La Caserma della Guardia di Finanza era un ‘elemento essenziale’.
    E’ stata la stessa A.T.I. Spa a specificare la gravità della mancata realizzazione della Caserma, ammettendo di aver “avanzato richiesta di costruirvi una scuola e un museo , opere che hanno quindi la stessa connotazione pubblica e di servizio per la cittadinanza prevista per quell’area dal PRG”. Il riferimento è all’atto di compravendita tra il Comune di Roma e l’A.T.I. Spa del terreno dove doveva sorgere anche la Caserma. Ben 32mila mq alle spalle del porto, compreso tra via dell’Idroscalo e via Carlo Avegno venduto all’A.T.I. Spa per 3,8 milioni di euro. Nell’atto si legge (pag.10): “Con separato atto da convenirsi tra l’A.T.I. Spa ed il competente Municipio XIII del Comune di Roma, verranno stabilite le modalità di fruizione dell’asilo nido aziendale , che sarà realizzato ad esclusiva cura e spese della medesima società acquirente”.
    L’atto in questione è del 10.10.2008, la rinuncia della Guardia di Finanza del 27.12.2008: non solo l’A.T.I. Spa è stata inadempiente almeno fino 01.03.2007, data in cui la Porto Turistico di Roma srl è subentrata alla sua concessione ma come faceva la A.T.I. Spa a sapere, mentre firmava l’atto del 10.10.2008, che il 27.12.2008 la Guardia di Finanza avrebbe rinunciato alla Caserma?

    Queste erano le domande cui doveva rispondere Paolo Orneli che, nel suo ruolo istituzionale, non ha svolto la funzione di garante della trasparenza amministrativa dovuta ad un’opera come il porto definita ‘strategica’. Ad oggi, su quell’area non solo non c’è la Caserma, ma non ci sono neppure l’asilo e il museo (premesso che di entrambi non si conosce nulla a livello progettuale). Oggi in quell’area retrostante il porto è stato realizzato un residence ed è previsto un albergo.
    A tal proposito si osserva che il progetto del residence+albergo ha finito per modificare la perimetrazione dell’area della prevista Caserma della Guardia di Finanza, come dimostra la sovrapposizione dei due progetti nel disegno allegato.

    Si è dunque in piena violazione dell’Accordo di Programma? Invieremo un esposto in Procura, considerato che nessuno ha mai detto nulla, pur avendo segnalato da anni i fatti appena narrati alle autorità competenti. Tace anche la politica, tutti coinvolti, compresi i Verdi che conoscono bene le vicende del luogo avendo ottenuto l’area della LIPU, meglio conosciuta come CHM – Centro Habitat Mediterraneo, ed anche il futuro museo (centro servizi LIPU). Noi ci limitiamo a raccontare la verità documentata.

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    OSTIA, UN MILIONE DI EURO SU VIA DI CASTEL FUSANO, ‘REGOLARE’ SOLO PER LA CAMPAGNA ELETTORALE

    20 aprile 2014, lavori su via di Castel Fusano prima dell'affidamento

    E’ da dicembre 2013 che ne parliamo: ad Ostia, su via di Castel Fusano, si sta spendendo almeno un milione di euro senza alcuna trasparenza amministrativa. Ora invece, in piena campagna elettorale, i rappresentanti del PD istituzionale (Tassone e Caliendo, presidente e assessore ai lavori pubblici del Municipio X) forzano il riavvio dei lavori, seppure il nostro carteggio con gli uffici abbia rivelato tutta una serie di presunte irregolarità. Si passa sopra a tutto, pur di far bella figura verso i cittadini per racimolare qualche voto in più suggerendo il candidato europeo da preferire (nel caso, Enrico Gasbarra, PD). Questo un breve riassunto di cosa è accaduto (tutte le informazioni sono state raccolte con gran fatica presso gli uffici tecnici):

  • 18 dicembre 2013: dopo 4 comunicati stampa, Tassone annuncia (in una conferenza stampa) l’avvio dei lavori su via di Castel Fusano per il giorno 19 dicembre, dichiarando, in aula consiliare, che serviranno circa 1,2 milioni di euro ma che ne sono disponibili solo 600 mila provenienti (in due lotti) dal Dipartimento Infrastrutture di Roma, gli altri dal futuro bilancio capitolino (ancora ad oggi in alto mare);
  • 20 dicembre 2013: il Segretariato-Direzione Generale, Direzione Regolamentazione e controllo dell’attività amministrativa, prendendo in considerazione il nostro esposto, chiede al Municipio X di fornire spiegazioni sui lavori da realizzarsi;
  • 23 dicembre 2013: viene emessa la determinazione dirigenziale n.3167 per interventi di messa in sicurezza della strada, impegnando 300 mila euro (come primo lotto) messi a disposizione dal Dipartimento Infrastrutture di Roma;
  • 23 gennaio 2014: con prot. n.8659, perviene all’U.O. Gruppo X Mare della Polizia Locale di Roma Capitale, da parte della U.O.T. del Municipio X, a firma del Direttore Ing. Paolo Cafaggi, una richiesta per l’emissione di una provvisoria disciplina di traffico al fine di provvedere al completo ripristino del manto stradale in Via di Castel Fusano;
  • 04 febbraio 2014: l’ufficio tecnico municipale, dopo il sopralluogo per stabilire i danni creati dagli eventi meteorologici del 31 gennaio e del 1-2 febbraio, applica per via di Castel Fusano la procedura di somma urgenza destinando tutti i fondi della determinazione n.3167 alla rimozione delle “situazioni di pericolo” venutesi a creare;
  • 12 febbraio 2014: per i motivi sopra esposti, con decorrenza dal 12 febbraio 2014 al 18 aprile 2014, l’U.O. Gruppo X Mare della Polizia Locale di Roma Capitale determina l’istituzione provvisoria di una disciplina di traffico in via di Castel Fusano;
  • 28 febbraio 2014: con determinazione dirigenziale n.610 l’U.O.T. del Municipio X affida i lavori di somma urgenza per interventi di messa in sicurezza di via di Castel Fusano, all’impresa TECNO LAVORI s.r.l., avente sede legale in via Salandra n. 18 C.F. e P. IVA 11145641004, cod. credit. (85856) per un importo di € 237.000,00 compresi oneri sicurezza.
  • Questi i ‘documenti’ ma i fatti sono altri, fatti che hanno generato molte interrogazioni a cui non abbiamo avuto ancora risposta. Una su tutte: come si è potuta realizzare l’asfaltatura di via di Castel Fusano di circa 150 metri a destra e a sinistra dell’incrocio con via del Fosso di Dragoncello prima della data di affidamento dei lavori (28 febbraio 2014)? Oltre alla determinazione dei vigili (12-18 febbraio) ci sono numerose foto che provano che i lavori sono iniziati prima, senza cartello lavori e senza alcuna autorizzazione documentabile.
    Lo scrive esplicitamente lo stesso Cafaggi il 21 marzo: “corre l’obbligo precisare che stante l’urgenza, la pubblicazione sul sito della procedura di somma urgenza non è ancora stata effettuata”. Sono passati altri due mesi e la pubblicazione ancora non c’è: deve esserci stata un’altra urgenza.
    Sarebbe anche interessante capire come si fanno a bruciare 300 mila euro per 300 metri di tappetino bituminoso perché allora Tassone non si è fatto bene i conti. Via di Castel Fusano è lunga 3.250 metri, dunque occorrerebbero 3,250 milioni di euro e non 1,2 come sostenuto.
    Non finisce qui. Il 2 aprile 2014 ‘dovrebbero’ esser stati impegnati gli altri 300 mila euro (secondo lotto) tramite la determinazione dirigenziale n.1005, anch’essa irreperibile ma citata in altri atti. ‘Dovrebbe’ esserci stata anche una nuova procedura di affidamento, sempre in somma urgenza (ma non era finita?), ma non si sa quale ditta sia stata selezionata perché, ripartiti adesso i lavori, mancano ancora il cartello dei lavori e nessuna documentazione pubblica, come previsto per legge, è stata prodotta. Sappiamo solo che il Municipio X, in data 23 aprile 2014, ha chiesto ai vigili di eseguire i lavori dal 2 maggio al 2 agosto, presupponendo dunque che tutti i soldi siano stati reperiti (da dove? solo 1,2 milioni di euro o di più?)
    Non siamo troppo lontani dalla verità ad immaginare che sia sempre stata la TECNO LAVORI s.r.l. ad aggiudicarsi i nuovi 300 mila euro. La TECNO LAVORI s.r.l. ha acquisito il ramo d’azienda della D.C.E. APPALTI s.r.l. il 10 aprile 2013. Impresa specializzata nelle costruzioni edili e stradali, la D.C.E. APPALTI s.r.l. in data 19 giugno 2012 era risultata aggiudicataria, con un ribasso del 14,779% sull’importo a base di gara, dell’appalto di “Manutenzione straordinaria per interventi di messa in sicurezza di via Castel Fusano”, un appalto voluto dalla precedente amministrazione Vizzani (centrodestra) e poi definanziato secondo il decreto legge Monti, non potendo procedere ad affidamenti di lavori finanziati con avanzo di amministrazione.
    Dunque, stessa ditta, stesso ribasso, diversi lavori e nessuna trasparenza amministrativa. La storia di via di Castel Fusano continua e noi continueremo a raccontarla.

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    PROCESSO PORTO DI OSTIA: LABUR DICE LA VERITA’. CONFERENZA STAMPA A FINE MAGGIO.

    Labur ha detto sempre la verità, anche sul Porto di Ostia. Infondata l’accusa di diffamazione rivoltaci ben 3 anni fa in maniera arrogante e confusionaria dall’ottantaduenne Giorgio Gentile e dal rampante Massimo Amicucci, rispettivamente rappresentanti legali della A.T.I. srl (Attività Turistiche Imprenditoriali srl) e della Porto Turistico di Roma srl, le due società che hanno avuto e hanno in concessione il porto di Ostia. A chiudere la vicenda, la sentenza del giudice per l’udienza preliminare (GUP) del Tribunale di Roma, dott.ssa Donatella Pavone, che il 9 maggio ha rigettato la richiesta del pubblico ministero Pierfilippo Laviani di rinvio a giudizio. A cancellare ogni dubbio, il lungo interrogatorio al quale si è volontariamente sottoposto il presidente di Labur, dott. ing. Andrea Schiavone, difeso dall’avvocato Savino Guglielmi, e una voluminosa memoria depositata in udienza. “Non luogo a procedere perché il fatto non sussiste”, a significare che il contenuto dell’articolo incriminato, “Porto Turistico di Ostia: esposto in Procura per presunte irregolarità sulle concessioni“, rispecchia la verità. I due uomini di Mauro Balini, proprietario di entrambe le società e proprietario de facto del Porto di Ostia, dovranno ora rispondere delle loro affermazioni riportate nella denuncia, così come Paolo Orneli (PD), al tempo della costruzione del porto, presidente del Municipio, dovrà spiegare certi passaggi amministrativi non proprio trasparenti nel rilascio delle concessioni del porto. Orneli, attualmente capo segreteria dell’assessore allo Sviluppo Economico e attività produttive della Regione Lazio, Guido Fabiani, non si è mai pronunciato sulla vicenda che invece ha sempre visto, negli ultimi 13 anni, il suo partito (il PD) fortemente coinvolto nelle vicende del porto, anche nel tentativo del suo ampliamento che ad oggi sembra essere sfumato. Tutti i dettagli verranno illustrati in una conferenza stampa a fine maggio.
    La stessa sentenza è stata espressa nei confronti di Paula Filipe de Jesus, Enrico Pazzi, Gianni Sepe, Alessia Mauceri e Serena Salucci, imputati per aver diffuso a mezzo stampa l’articolo citato.

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    PORTO DI OSTIA: L’ADDIO DELLA UNIPOL?

    la nuova Marina di Loano

    Se l’ampliamento del Porto di Ostia sembra abbandonato, è certo che la Unipol si è ormai rivolta altrove: a Marina di Loano. Era stata la notizia di questa estate nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Roma che aveva portato all’arresto di 51 appartenenti alla malavita di Ostia per associazione di stampo mafioso. Il Porto di Ostia, la Unipol e il Monte dei Paschi di Siena: legati in affari con lo “Studio Tremonti”. Così titolavano i giornali.
    Tutto era venuto a galla con l’avvocato Dario Romagnoli, socio dello studio legale di Giulio Tremonti, intercettato per mesi dalla Squadra Mobile di Roma. Gli investigatori avevano ritenuto “quanto meno verosimile che Mauro Balini, Emilio Spaziante e Dario Romagnoli siano accomunati da uno spirito collaborativo di natura illecita finalizzato a soddisfare un comune interesse economico relativo a un imprecisato progetto finanziario”. Mauro Balini è tuttora il proprietario de facto del Porto di Ostia, il Generale Emilio Spaziante era (fino al 5 settembre 2013, poi si è ritirato) il Comandante in seconda della Guardia di Finanza. Un intreccio vorticoso di affari dei quali ancora non sono chiari i confini. Di certo Balini, nel tentativo di trovare finanziatori per l’ampliamento del porto, si rivolse al suo amico Emilio Spaziante chiedendo di procurargli “quel documento originale”. Romagnoli, Balini e Spaziante non sono mai stati indagati ma dalle prime indiscrezioni riportate dai giornali del tempo emerse che “quel documento” venne falsificato per mettere a posto le carte del Porto di Ostia.
    Ad oggi, a distanza di quasi un anno, seppure il Comune di Roma e Libera si siano costituiti parte civile al processo che si è aperto lo scorso gennaio presso la X sezione del tribunale di Roma, non si sa ancora nulla. Così come non si sa ancora nulla del fallimento dichiarato il 18 aprile 2013 da Balini della sua società (la A.T.I. Srl) così come non si sa ancora nulla di Luca Fegatelli, ex dirigente della Regione Lazio coinvolto nell’inchiesta sui rifiuti a Roma, che ha firmato a favore di Balini, poco prima di essere arrestato (9 gennaio 2014), “una estensione temporale della concessione in essere di anni 18, ovvero dal 2048 al 2066”.
    Anche qui la motivazione è la stessa e cioè l’amministrazione dello Stato, considerato l’investimento che la concessionaria ha fatto e dovrà fare per la realizzazione dell’ampliamento e la sistemazione delle opere portuali esistenti, da fiducia a Balini.
    L’unica a non dare fiducia a Balini è stata dunque la Unipol che ha preferito la Liguria, dove il 16 aprile è stata inaugurata la nuova Superyacht Area di Marina di Loano, la struttura portuale di proprietà del Gruppo Unipol. Grazie alla nuova darsena, che ha consentito la realizzazione di sette nuovi ormeggi per imbarcazioni da 55 a 77 metri di lunghezza, Marina di Loano ha consolidato la sua posizione di punto di riferimento del diporto nautico europeo e internazionale anche nel segmento dei grandi yacht che, secondo le stime, avrà un costante incremento della flotta mondiale nel medio/lungo periodo (2015-2032).
    Premesso che le conclusioni degli investigatori corrispondessero a verità, ci ripenserà la Unipol ad investire su Ostia, dove il costo dei posti barca è in continua discesa?

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    OSTIA, SGOMBERO ‘BORGHETTO DEI PESCATORI’: TASSONE NON DICE TUTTA LA VERITA’

    il progetto ATO I12 così come nel 2009

    L’area dove si è svolto lo sgombero di circa una ventina di romeni dietro via dell’Idroscopio, alle spalle del Borghetto dei Pescatori, è privata. Questo lo conferma anche il presidente del Municipio X, Andrea Tassone, mentre sbaglia l’assessore municipale all’Ambiente e Sicurezza, direttamente coinvolto nell’operazione, Marco Belmonte (“l’area è del Comune di Roma e di una società privata”).
    Si tratta di parte dell’area ATO I12, prossima alla cementificazione.
    Il problema è che non è stato pubblicato alcun atto amministrativo relativo all’intervento in questione (di solito un’ordinanza). Sempre secondo l’assessore Belmonte si è intervenuti perché nell’area “si bruciavano copertoni e rame”.
    Dunque, secondo Tassone e Belmonte, si tratta di un “intervento di bonifica e messa in sicurezza” di un’area privata. Tale tipologia d’intervento, come previsto dall’articolo 10 del decreto ministeriale n. 471 del 1999, nei casi in cui l’intervento di bonifica e messa in sicurezza interessi il territorio di un singolo comune, comporta che tutte le fasi dell’iter amministrativo siano seguite dall’Amministrazione comunale. In genere ciò comporta l’obbligo di bonifica a cura e spese del responsabile o, qualora questi, ovvero il proprietario dell’area o qualsiasi altro soggetto interessato non adempia, l’intervento in danno da parte dell’Amministrazione competente, in questo caso il Comune di Roma. Prima dell’intervento, cosa abbia fatto il Comune di Roma non si sa, ma la legge parla chiaro.
    Nel caso in questione, un terreno privato, il forte sospetto è che si tratti di quei casi in cui si è omesso di vigilare sul terreno di proprietà permettendo così l’occupazione di persone. Lo testimoniano le foto storiche da tutti riscontrabili su Google Earth: già 11 anni fa (18 aprile 2003) c’era in quel punto un insediamento spontaneo che è cresciuto negli anni, pur non diventando mai una ‘baraccopoli’ come invece è stata definita. In questi casi l’amministrazione, preso atto dell’insediamento spontaneo, deve diffidare il proprietario a mettere in atto gli accorgimenti idonei al fine di impedire l’occupazione del terreno. Al proprietario viene concesso un tempo congruo che decorre dalla notifica del verbale in cui si accerta il fatto. In caso di inottemperanza (e dopo 11 anni non si può certo dire che il proprietario si sia dato da fare…) il Comune deve procedere d’ufficio nello sgombero, con addebito delle relative spese alla proprietà. Tassone invece ci parla di un ‘preventivo’ sottoposto dall’AMA alla proprietà, quasi facendo intendere un accordo tra le parti sul costo globale. Al propietario, per legge, si presenta il consuntivo e basta.
    Se è vero che il proprietario del terreno a sua volta può sporgere querela contro gli occupanti al fine di contestare a quest’ultimi i reati di occupazione non autorizzata (art. 633 c.p., invasione di terreni o edifici) e/o di ‘danneggiamento’ (art. 635 c.p.), è anche vero che sembra improbabile che nessuno si sia mai accorto di niente in tutto questo tempo e che invece ore, che si deve costruire, scatti l’allarme di ‘degrado ambientale’.
    Ricordiamo che è solo con la trasparenza di legge che si può passare alla fase operativa, che prevede l’allontanamento immediato degli occupanti con l’obbligo di rimozione dei mezzi utilizzati per lo stazionamento, qualora non rimossi dai soggetti fruitori, nonché l’immediato smantellamento dei manufatti oggetto d’insediamento. Solo dopo segue l’asportazione dei rifiuti di ogni genere presenti nelle aree abusivamente occupate e, ove necessario, il ripristino delle adeguate condizioni igienico sanitarie del sito, l’intervento dei servizi sociali e quant’altro necessario.
    Non si può parlare di legalità sbandierando operazioni di sgombero mirate, non fornendo trasparenza sugli elevati costi di queste operazioni, non mettendo in pratica una politica sociale che tuteli le fasce più deboli. Sgomberi come quello di Ostia che costa non 60mila euro come dice Tassone, ma almeno il doppio, servono solo a liberare i terreni dove si dovrà costruire.

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    OSTIA: SGOMBERI PER GARANTIRE COLATE DI CEMENTO, MA LE CASE POPOLARI NON CI SONO

    Senza alcuna ordinanza sindacale, come previsto per legge, su un’area privata, martedì, 14 aprile, si è operato uno sgombero nell’area in fondo a via dell’Idroscopio dietro al Borghetto dei Pescatori per demolire un insediamento abusivo. Soldi pubblici spesi per interessi esclusivamente privati, quelli di un’area destinata ad accogliere una bella colata di cemento. Si tratta infatti della Lottizzazione Convenzionata definita ATO I12, ancora in fase di istruttoria, che con i suoi 34.870 mq di SUL (Superficie Utile Lorda) porterà, secondo le stime del Campidoglio, quasi 9 milioni di euro per realizzare opere di viabilità come il cavalcavia di Via dei Rostri, un nuovo ponte pedonale sulla ferrovia, un nuovo ponte stradale sul canale dei Pescatori e l’allargamento di Via delle Quinqueremi (in realtà già pagato con le opere dei Mondiali di Nuoto). Dietro a tutta l’operazione, il nome di un noto costruttore romano che, dalle stesse opere di urbanizzazione, vedrà valorizzata la sua colata di cemento. Non si sa se l’operazione è in danno al costruttore, cioè se le ruspe e tutto quanto necessario (compreso lo smaltimento a discarica del materiale rimosso) siano a carico del privato, ma di fatto il Comune ha anticipato mettendo a disposizione AMA e Polizia Municipale. Nessuna soluzione invece per il vicino Hotel Kursaal, occupato e devastato da sfollati senza alcun interessamento del Comune e del Municipio nonostante le promesse in campagna elettorale, o per gli insediamenti della pineta ostiense delle Acque Rosse, ripetuto oggetto di discutibili azioni dissuasive della Polizia Municipale. A quasi un anno dall’insediamento della nuova giunta Marino, nessuna soluzione per l’emergenza abitativa e nessuna soluzione per gli insediamenti dei nomadi. Marino è passato dalla cancellazione della parola “nomadi” dai documenti ufficiali del Comune di Roma, ritenendo il motto razzista, allo sgombero come metodo di soluzione del problema, con tanto di plauso della destra al motto “la sinistra ci ha insegnato come fare”. Per fortuna che Marino aveva dichiarato “Roma è una città che accoglie ma non accetta il disprezzo delle regole”. Peccato che le regole Marino le applichi solo con i più deboli, dimostrandosi invece debole con i più ‘forti’. Definire l’insediamento “abusivo” è al limite del ridicolo, visto che a Roma l’abusivismo non esiste: non esiste per le ville dell’Appia Antica, non esiste per chi può con estrema facilità sanare qualsiasi cosa. Non esiste neppure ad Ostia, visto che l’impianto sportivo del Polo Natatorio sorto per i Mondiali di Nuoto Roma ’09, prospiciente al luogo dello sgombero, è ancora in fase di indagini, dopo ben 5 anni. L’assurdo è che tutta l’area limitrofa allo sgombero di ieri è legata al Programma di Trasformazione Urbanistica del Borghetto dei Pescatori, finalizzato a un piano di zona (il B43) che doveva essere destinato all’edilizia residenziale pubblica per consentire alle fasce meno abbienti di avere una casa. Se queste sono le conseguenze, sale la preoccupazione per l’odierna invenzione di Marino che ha reso pubblici due avvisi di Roma Capitale (Dipartimento Patrimonio) per trovare alloggi in affitto da destinare a sedi di uffici e a case popolari. La modalità è quella della “manifestazione d’interesse”: chi ha immobili da dare in locazione, e intende avere il Campidoglio come affittuario, può inviare la sua proposta. Termine per farlo, le ore 12 del 14 maggio 2014. Si è messo in moto il business degli sgomberi.

    paula de jesus per LabUr

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    OSTIA, SPIAGGE – IL BANDO DELLE NEBBIE

    Ostia mon amour

    Molti dubbi sull’affidamento delle spiagge libere e ‘private’ ad Ostia: discrezionalità nei controlli, mancata presa di considerazione delle indagini antimafia in corso e presunta turbativa d’asta.

    DISCREZIONALITA’ NEI CONTROLLI DELLE SPIAGGE
    Il Codice degli Appalti, articolo 38, è molto chiaro sull’esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni di quei soggetti che abbiano compiuto gravi violazioni o siano rei di aver ‘commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate’. Lo conferma il T.A.R. Puglia Lecce, Sez. I, Sentenza Breve 22 maggio 2013, n. 1170 (1).
    Proprio applicando l’articolo 38, durante la procedura di assegnazione per l’affidamento dei servizi connessi alla balneazione sulle spiagge libere del Litorale di Roma Capitale, il Municipio X ha escluso molti concorrenti, alcuni storici, con la determinazione dirigenziale n.1066 del 9 aprile 2014. Però ha usato un altro peso e un’altra misura sulla proroga delle concessioni demaniali marittime in scadenza al 31 dicembre 2013 (e non solo) per l’attività di “stabilimento balneare con finalità turistico-ricreative”. Infatti, con determinazione dirigenziale nr. rep. CO/846/2014 (nr. prot. CO/37341/2014) del 24 marzo 2014, il Municipio X “prende atto dell’intervenuta proroga all’anno 2020” di tutte le concessioni demaniali marittime degli stabilimenti balneari, ristoranti e chioschi di Ostia senza fare alcun accertamento se intervengano o no motivi di esclusione previsti dall’articolo 38. Insomma, per il Municipio X esistono spiagge di serie A e di serie B, nonostante entrambe le determinazioni siano firmate dalla stessa persona, Paolo Cafaggi, direttore Unità Organizzativa Ambiente e Litorale, Municipio Roma X.

    INDIFFERENZA VERSO LE INDAGINI ANTIMAFIA IN CORSO
    Dopo l’operazione antimafia Alba Nuova del 27 luglio 2013, il nuovo bando, datato 4 febbraio 2014, nasce dopo l’annullamento avvenuto il 4 novembre 2013, in autotutela del precedente bando del 18 giugno 2013, che era stato rettificato per errore materiale il 26 giungo 2013. Tutte e quattro le determinazioni dirigenziali sono a firma di Paolo Cafaggi, prima nelle vesti di dirigente e poi di direttore della U.O.A.L. Unità Organizzativa Ambiente e Litorale, demandata al controllo delle concessioni balneari. Motivo principale dell’annullamento è stata l’omessa presentazione del certificato antimafia. E’ sempre Cafaggi, il 24 marzo 2014, a prendere atto, senza controllare caso per caso, della proroga delle concessioni demaniali marittime fino al 2020, dunque anche a soggetti che sono menzionati nelle indagini antimafia condotte dalla Procura di Roma. Un esempio sotto gli occhi di tutti, è la proroga della concessione del chiosco ‘Akuna Matata’, assegnata all’autista dei Triassi, arrestato a Fortaleza negli anni ’90 con un maxi carico di cocaina. E non è il solo.
    Claudio Saccotelli, attuale direttore del Municipio X, ne ha avvallato la regolarità.

    PAOLO CAFAGGI E CLAUDIO SACCOTELLI
    Con deliberazione dell’Assemblea Capitolina n.18 del 18/19 aprile 2011 sono state affidate al Municipio X le competenze derivanti dalla gestione del demanio marittimo. E’ dunque rilevante il potere in mano all’attuale direttore del Municipio X, Claudio Saccotelli, e al direttore dell’Unità Organizzativa Ambiente e Litorale, Paolo Cafaggi. Claudio Saccotelli fu intercettato l’8 gennaio 2004 in una equivoca conversazione con l’iracheno Sulaiman Faraj, uno degli arrestati il 4 novembre del 2004 nella operazione ‘Anco Marzio’, che per prima denunciò la presenza di una “associazione per delinquere di tipo mafioso” sul Litorale romano (art. 416-bis del c.p.). Nelle 500 pagine di ordinanza, si legge: “gli indagati hanno nelle loro mani i dipendenti pubblici che dovrebbero controllare il regolare rilascio delle concessioni per l’installazione dei chioschi sulla spiaggia libera di ponente” e che tale organizzazione malavitosa era stata in grado di bloccare “il lavoro statale di rifacimento del lungomare di Ostia”. Nelle intercettazioni, Claudio Saccotelli così dialogava con il pregiudicato ‘Frank’ l’iracheno. «Quando puoi stare sul lungomare, all’altezza del tuo lotto?» «Anche tra mezz’ora» «Tu vai, c’è l’ingegnere Tabacchiera, con il direttore dei lavori» «Ma come lo riconosco?» «Lui sa chi sei. Ti riconosce lui».
    Paolo Cafaggi risulta invece citato in un articolo di un quotidiano nazionale, mai smentito: “Paolo Cafaggi e due geometri Alessio Marini e Gianfranco Pannunzi, rischiano di finire a processo per concorso in abuso edilizio e falso ideologico. Secondo il pm Roberto Felici avrebbero fatto ottenere a una società per azioni la sanatoria per l’uso commerciale di un complesso invece adibito ad uso agricolo”. La notizia si riferisce al 2009 ed è stata pubblicata il 20 giugno 2013. Di entrambe le notizie non è mai stato fornito alcun chiarimento.

    «GARANTIRE TRASPARENZA E CHIAREZZA»
    Tra le spiagge libere, quella tra il Canale dei Pescatori e la Lega Navale (assegnata al Municipio X dall’ex-Dipartimento IX con determinazione n.1000/2009) non si sa perché sia stata esclusa dal bando, così come non è chiara la situazione presso il chiosco Faber Beach, sotto sequestro giudiziario insieme allo stabilimento Village, dove il rapporto concessorio è stato dirottato agli amministratori giudiziari nominati dall’autorità competente. Al Faber Village, sul Lungomare di Ostia ponente, è presente, con un ruolo che non risulta formalizzato, l’associazione Libera. Libera, in raggruppamento con l’U.I.S.P., ha anche vinto il bando per il Lotto 8 ad Ostia levante delle spiagge libere, uno dei lotti più ambiti perché pregiati, la spiaggia Amanusa, che non è mai risultata in ‘odore di mafia’. Ci sono forse cose che solo la UISP e Libera conoscono?

    Alla luce di quanto accaduto sul bando delle spiagge libere, di trasparenza amministrativa e giudiziaria sulla gestione delle spiagge del Litorale di Roma calano delle nebbie. Eppure così si esprimeva il Presidente del Municipio X all’indomani dell’operazione Alba Nuova.
    «Quanto è emerso fino a oggi è gravissimo, ora vogliamo trasparenza e fare pulizia di tutto quello che in passato avevamo già denunciato. Dobbiamo ricominciare e per farlo abbiamo bisogno di uomini giusti al posto giusto. Ho già richiesto al prefetto Pecoraro e al sindaco Marino un incontro e di aprire un tavolo tecnico. Il progetto è quello di ridisegnare un nuovo ufficio tecnico e al prefetto chiederemo appoggio e sostegno. Le spiagge e gli appalti pubblici del litorale sono una questione molto delicata, in questo momento la nuova amministrazione ha il dovere di collaborare con le istituzioni per garantire trasparenza e chiarezza». E pensare che le stesse persone che siedono oggi al governo del territorio nella passata consiliatura parlavano di “mancanza di figure autorevoli nella commissione valutatrice”, occupando addirittura l’aula per protesta e chiedendo che il bando venisse scritto con l’ausilio di un magistrato o di un delegato della questura di Roma.

    Tra tutte queste nebbie ha portato un ‘raggio di sole’ l’Assessore alle Trasformazioni Urbane, Giovanni Caudo, che il 3 aprile scorso si è incontrato con le categorie dei balneari, a seguito della proroga delle concessioni demaniali marittime al 2020, prendendo l’impegno, a nome del Comune di Roma, di favorire l’attuazione del primo Distretto Turistico Balneare in Italia, «zona a burocrazia zero», nuova versione delle cosiddette Zone Franche Urbane (ZFU), in un quadro poco trasparente e ancora incerto circa le infiltrazioni della malavita organizzata sul territorio.

    Ad Ostia, quando si parla di trasparenza amministrativa e giudiziaria, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, anzi no, le spiagge.

    (1) In tema di legittimità della scelta dell’Amministrazione concedente di subordinare il rilascio di concessione demaniale marittima alla dimostrazione da parte dell’istante del possesso dei requisiti soggettivi previsti dal codice dei contratti pubblici. In particolare, si afferma che “allo scopo di effettuale tale valutazione è del tutto razionale e coerente con le finalità pubblicistiche che la P.A. accerti i requisiti dei richiedenti tramite gli strumenti posti a tal fine dall’ordinamento. Tra questi, rilievo indiscusso assumono gli strumenti indicati dall’art. 38 del d.lgs.163/2006 e dalle norme in materia di d.u.r.c. ossia di certificato attestante la regolarità contributiva”.

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    “ARIDATECE SISTO V”: I FORI IMPERIALI NON SONO STADI DI CALCIO

    E’ passato un anno di silenzio dalle promesse del Sindaco Marino di un rilancio e di investimenti sull’unico parco archeologico di Roma di importanza mondiale. Muoiono lentamente e inesorabilmente gli scavi di Ostia Antica, che necessitano di misure urgenti di tutela e conservazione ormai non più rinviabili per i danni dovuti a furti e allagamenti. L’attenzione del Sindaco è invece tutta e solo rivolta ai Fori Imperiali.
    Dello smantellamento della via dei Fori Imperiali se ne parla da oltre 30 anni, definendola simbolo di una “incultura” che è, evidentemente, ancora tra noi, “pronta a farsi valere, se non siamo vigili nel riconoscerla e nel ricacciarla”. Eh sì, perché la questione dei Fori Imperiali sta assumendo non più la valenza del recupero storico e archeologico dell’area, bensì un significato politico avvalorato da discutibili argomentazioni accademiche in stile urbanistico. Una moderna amministrazione, a differenza dell’Impero Romano, dello Stato Pontificio o di qualsiasi regime, dovrebbe leggere la città interpretandone le esigenze e non forzando dall’alto scelte che sarebbero state, forse, giustificate in altri tempi. I Fori Imperiali sono stati ed evidentemente restano il segno del comando.

    LA FINTA PEDONALIZZAZIONE E ANTONIO CEDERNA
    E’ di questi giorni la polemica sui cantieri della Metro C che deturpano e distruggono l’area nei pressi del Colosseo per la realizzazione della nuova stazione ‘Fori Imperiali’. Così mentre tutti parlano della (finta) pedonalizzazione imposta da Marino di un tratto del vialone mussoliniano, va in onda sottoterra (e in parte in superficie), lo scempio di quello che non è stato distrutto più di 80 anni fa. Eppure l’amministrazione capitolina si vanta di tutto ciò osando anche sbandierare una pedonalizzazione che non è tale nemmeno in termini di Codice della Strada e che non interessa neppure i Fori Imperiali, visto che questi sono distanti ben 400 metri dal Colosseo (a partire da Largo Corrado Ricci, proprio da dove inizia l’attuale divieto di transito dei soli mezzi privati). E pensare che neppure Antonio Cederna ha immaginato la “pedonalizzazione dei Fori Imperiali” perché tale termine prevede non solo un modesto obiettivo, ma soprattutto implica la presenza di un’area pedonale, cioè di un qualcosa che spezza (come ora) l’unicità del parco archeologico. L’obiettivo di Cederna era molto più ambizioso, interessava tutta l’Appia Antica e si rivolgeva a una Roma di 30 anni fa, diversamente in fase di sviluppo. Come giustamente rileva la sezione romana di Italia Nostra (di cui Cederna fu presidente fino al 1996), “la richiesta di eliminare il traffico veicolare da Largo Ricci al Colosseo è stata avanzata dalla Soprintendenza Archeologica di Roma per il forte inquinamento atmosferico sul monumento e per le vibrazioni, dovute al pesantissimo traffico che da decenni devasta l’intera area archeologica”. Ora ci passeranno ben due linee della metropolitana ma, magicamente, le “vibrazioni” scompaiono, così come scompaiono anche le critiche di Piero Angela, che il 30 giugno 2013 definiva la pedonalizzazione un “progetto senza senso”, una “operazione tutta da vigili urbani e poco culturale” suggerendo una soluzione, studiata con Paco Lanciano, di un sistema ottico con cui riprodurre virtualmente i monumenti, che, sempre magicamente, si concretizzerà il 21 aprile prossimo. Ma il “progetto senza senso” è rimasto lo stesso. Questione di coerenza.

    L’INSEGNAMENTO DI SISTO V
    Chi conosce Roma o comunque ha studiato le sue vicende urbanistiche non può non sapere che Sisto V, nato Felice Peretti (1520-1590), ha condizionato con le sue decisioni lo sviluppo urbano di Roma dentro le Mura Aureliane, fuori dei quartieri abitati intorno al Tevere, nei 3 secoli successivi. Era la Roma di fine cinquecento, devastata dal malcostume, dalla corruzione e dal brigantaggio. In 5 anni di pontificato, programmando lo sviluppo urbano intorno alla basilica di S. Maria Maggiore, Sisto V ha tracciato dei rettifili ancora oggi esistenti con l’unico scopo di mettere in comunicazione le basiliche e facilitare il pellegrinaggio. Una sorta di piano regolatore ben visibile in un affresco del Salone Sistino della Biblioteca Apostolica Vaticana. Uno di questi rettifili è via di San Giovanni in Laterano, che dalla omonima basilica porta al Colosseo. Questa strada doveva proseguire sul lato opposto, dal Colosseo fino al Quirinale (sede estiva dei Papi) passando appunto attraverso il cuore delle antiche rovine. Anche il Colosseo, al tempo rifugio per briganti, doveva essere distrutto. Poi si optò per un progetto che prevedesse di trasformarlo in un’area produttiva, creando nuovi posti di lavoro ed installandovi una filanda: le aree produttive al piano inferiore, le abitazioni e le botteghe ai piani superiori. Nulla di tutto questo fu fatto, neppure la strada per il Quirinale, a causa della morte di Sisto V.
    Quante analogie con oggi, dopo 500 anni. I percorsi per i turisti (i pellegrini), la creazione dei posti di lavoro e sempre al centro della discussione i Fori Imperiali nel cuore di Roma. Fanno sorridere quindi le affermazioni dall’Assessore alle Trasformazioni Urbane, Giovanni Caudo, sul nuovo stadio della Roma a Tor di Valle, in stile Colosseo, definito come “centralità”, con cui risolvere i problemi di mobilità di quel quadrante. Forse Sisto V avrebbe apprezzato, chissà.

    LA GRANDE BELLEZZA E LE SUE RUGHE
    Roma è bella per le sue stratificazioni, per i suoi grovigli, per i suoi errori urbanistici, per tutti gli usi che il potere ha fatto di lei. Per le sue rughe. Pretestuosa la questione dei Fori Imperiali. E’ peggio via dei Fori Imperiali o il Vittoriano a Piazza Venezia? O Via dell’Impero (poi divenuta Via dei Fori Imperiali) non era forse la nuova Via Sacra, dove sfilavano in trionfo i generali romani? Perché via dei Fori Imperiali va eliminata e Via del Teatro di Marcello, Via della Conciliazione, luoghi di altrettanto brutali sventramenti, no? Perché per riunire il Foro Romano con quello di Traiano si deve sacrificare la stratificazione del quartiere medievale? Mai a Roma si parla di ‘ricucire’ tessuti urbanistici storici, ma solo di ‘archeologizzare’ aree, sempre le stesse, sempre e solo di età imperiale romana. Si confonde l’urbanistica, che dovrebbe avere come obiettivo quello di restituire un vantaggio distribuito per tutta la città, con goffi tentativi, anch’essi ideologici, una volta orientati alla produttività, una volta al turismo, una volta all’ambiente, ma mai inquadrati in un’ottica globale. Roma ha le sue rughe e gli urbanisti dovrebbero cominciare ad amarle spiegandole alla classe politica. Perché “la fruizione collettiva dei beni culturali e ambientali può essere ritenuta un elemento peculiare della dimensione pubblica, attraverso la quale rafforzare l’idea stessa di cittadinanza”, se non si compiono finte pedonalizzazioni in nome della parola sostenibilità. Altrimenti non c’è poi molta differenza tra una sfilata di carrarmati e quella delle biciclette su Via dei Fori Imperiali. Non si può ragionare in termini calcistici: le aree archeologiche non sono stadi di calcio. Riempirli non è garanzia di vittoria. Figuriamoci in ambito urbanistico.

    paula de jesus per LabUr

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