URBANISTICA SOCIALE PER NUOVA OSTIA: IL PASTICCIO DEL COMUNE DI ROMA

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(Rappresentazione cartografica dell’Indice di disagio edilizio (IDE) per zona urbanistica di Roma – Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica di Roma Capitale – Settore Cartografico – su dati Istat)

Il degrado edilizio di Nuova Ostia (le famose ‘case ricotta’ del costruttore Armellini) emerge nella sua drammaticità in una pubblicazione di gennaio 2016 fatta dal Comune di Roma, un vero e proprio pasticcio tecnico/amministrativo che denota l’incompetenza degli uffici capitolini.
Tutto prende spunto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M. 15 ottobre 2015, “Interventi per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate, GU n.249 del 26-10-2015) con il quale è stato redatto un “Bando per la presentazione di proposte per la predisposizione del piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate”. Secondo il bando, erano ammessi a presentare i progetti e le domande di finanziamento entro il 30 novembre 2015, i Comuni che hanno nel loro territorio la presenza di aree urbane degradate. Il Comune di Roma, incomprensibilmente, è riuscito ad affermare e ‘dimostrare’ la non esistenza di “aree degradate”, pubblicando solo a gennaio 2016 (cioè oltre la scadenza prevista) un’analisi per municipio e zona urbanistica sulla base del Censimento ISTAT del 2011 e prendendo in considerazione solo il 96% delle sezioni di censimento di Roma. In pratica, un vero e proprio pasticcio che non restituisce la tragica realtà in cui vive Roma e in particolare l’area di Nuova Ostia. Inoltre, il D.P.C.M. prevedeva che i dati dovessero essere “riferiti al semestre precedente a quello della rilevazione” e dunque non si comprende perché il Comune di Roma abbia utilizzato i dati Censimento ISTAT del 2011, cioè di 5 anni fa.

E’ davvero incomprensibile il comportamento del Comune di Roma, dato che i criteri per definire le “aree urbane degradate” erano semplici:

– Indice di Disagio Sociale (IDS), pari o superiore a 1, sulla base del tasso di disoccupazione, di occupazione, di concentrazione giovanile e di scolarizzazione;
– Indice di Disagio Edilizio (IDE), pari o superiore a 1, sulla base dello stato di conservazione degli edifici residenziali dell’area urbana d’interesse (pessimo e mediocre), del totale degli edifici residenziali dell’area urbana d’interesse, più un coefficiente di ponderazione (0,168)

Per altro il bando prevedeva anche che “gli indicatori potranno essere rilevati anche a livello di territorio infracomunale, attraverso l’aggregazione di particelle censuarie contigue con riferimento ai dati rilevati dal Censimento 2011”.
Nonostante ciò, il Comune di Roma riesce nell’impresa di non far emergere la drammaticità dello stato di abbandono ad esempio di oltre 1.500 unità immobiliari a Nuova Ostia, sia sotto il profilo della manutenzione ordinaria sia di quella straordinaria, un problema da sempre noto all’Amministrazione Capitolina. Ricordiamo che in quest’area è stato chiuso per occupazione abusiva il circolo del PD di via Forni, che aveva aperto già nel 2007 uno sportello per assistere le famiglie “nei rapporti con la Romeo e con l’ATER“, cioè con le aziende che si occupano dell’amministrazione dell’edilizia residenziale. E’ stata la stessa segretaria del circolo, Sabrina Giacobbi, ad affermare che il circolo del PD non ha mai pagato un alloggio che invece il Comune ha pagato per 45 anni alle società della famiglia Armellini.

Le ingerenze di alcuni partiti nelle aree degradate, nel caso specifico a Nuova Ostia del PD, devono terminare. E’ ora che si realizzi una seria urbanistica sociale che recuperi le aree degradate a vantaggio dell’edilizia residenziale pubblica, quella destinata ai poveri, a coloro che vivono in costante emergenza abitativa e non agli amici del partito, pronti a tuonare sciocchezze senza alcun fondamento di realtà grazie alla stampa compiacente in prossimità delle campagne elettorali.
E’ di questi giorni la richiesta da parte del Comune di Roma al Municipio X di intervenire nei confronti dei 4.172 alloggi di edilizia residenziale pubblica facenti parte del patrimonio comunale dopo la chiusura del contratto con la Romeo Gestioni Spa, che perdurava dal 20 ottobre 2005. In realtà i numeri del Municipio X sono di gran lunga più impressionanti, tutti in aree degradate:

– Alloggi di edilizia residenziale e pertinenze condotti in affitto passivo: 1.720 (di cui 1.042 di ‘Armellini’ a Nuova Ostia)
– Alloggi di edilizia residenziale e pertinenze: 4.172
– Beni ad uso non residenziale: 65
– Beni ad uso non residenziale condotti in affitto passivo: 53

Dunque appare evidente che il Comune di Roma non intende assumersi la responsabilità di individuare le ‘aree degradate’ all’interno dei suoi confini. Fa più comodo ai partiti usare queste sacche di degrado come un serbatoio di voti. Eppure oggi ci sarebbe stato lo strumento per risolvere una volta per tutte la questione del degrado sociale, urbanistico ed edilizio del settore di Ostia Ponente. Invece, secondo i ‘calcoli’ (errati) del Comune di Roma, in funzione del censimento del 2011, per Ostia Nord (non Nuova Ostia, che ne costituisce una parte) risulterebbe un Indice di Disagio Sociale (IDS) pari a -0,25 e un Indice di Disagio Edilizio (IDE) pari a +1,72. Valori questi ben lontani da quelli del Municipio Roma X di appartenenza (IDS=-3,81, IDE=+0,63), più vicini a quelli del Comune di Roma (IDS=-4,42, IDE=+0,75) e comunque non sufficienti per classificare Ostia Nord “area degradata”.
In cambio, compiuto il pasticcio, rimane il danno erariale della sede del PD di Nuova Ostia (si stima oltre un milione di euro), le fatiscenti case ‘ricotta’ costruite dalla famiglia Armellini e la ripresa (sempre da parte del PD) della compravendita dei voti in funzione di un fallito e scellerato Piano di Riqualificazione Urbana di Ostia Ponente di quasi 20 anni fa. Nuovamente si conducono analisi senza alcun rigore e le stesse forze politiche, che pure hanno lucrato sulla speculazione fondiaria e sono responsabili della politica che è all’origine del degrado di molti quartieri, sono le stesse che dicono che è tutta colpa della criminalità e finalmente c’è la soluzione, una soluzione che inizia sempre, nella moda del momento, con la parola “legalità” brandita come una clava al solo scopo di accattivarsi il favore elettorale delle loro vittime (e che loro per primi non rispettano). Una “legalità” di cui non sappiamo che farcene se serve solo a colpire i più deboli e favorire i soliti poteri per lasciare tutto così com’è da decenni a questa parte.

Paula de Jesus per LabUr

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IDROSCALO DI OSTIA A RISCHIO PER ASSENZA DEL COLLEGIO DI VIGILANZA SULLE OPERE DEL PORTO DI OSTIA

scolmatore idroscalo

Relativamente al problema della sicurezza idraulica dell’Idroscalo di Ostia si attende ormai da 15 anni la costituzione (ai sensi del comma 7 dell’art.34 del D.Lgs. n. 267/2000) del Collegio di Vigilanza sullo stato di attuazione dei due Accordi di Programma relativi alla realizzazione del Porto Turistico di Roma ad Ostia e del suo raddoppio. E’ una gravissima negligenza da parte della Pubblica Amministrazione che oggi invece interviene chiedendo la ‘delocalizzazione’ dell’abitato dell’Idroscalo in funzione della futura (ma non prossima) realizzazione, a monte dell’abitato, di un tratto di argine mancante sul fiume Tevere. Il rispetto di quanto previsto dagli Accordi di Programma eliminerebbe, nell’immediato, il problema della pubblica incolumità e della necessità di ‘delocalizzare’ l’Idroscalo di Ostia, mitigando in modo significativo le conseguenze previste a seguito di un’eventuale piena eccezionale del fiume Tevere.

INTRODUZIONE
Il futuro dell’abitato dell’Idroscalo di Ostia, che con la delibera n.3 del 18 dicembre 2015 della Commissione Prefettizia per il Municipio X si intende ‘delocalizzare’, è vincolato da questioni di abusivismo e di sicurezza idraulica. Nella riunione del 14 gennaio 2016 tra il Coordinamento dell’Idroscalo e la Commissione Prefettizia, è però emersa l’urgenza della ‘delocalizzazione’ solo in termini di sicurezza idraulica, urgenza dovuta alla futura realizzazione dell’argine proposto dal Comune di Roma in prossimità di Tor San Michele. Tuttavia nella riunione non si è tenuto conto dei valori della portata del fiume Tevere in caso di piena eccezionale, questi a loro volta regolabili dalla ripartizione delle portate a Capo Due Rami (previsione del ‘partitore’, opera TE019) e da altre opere idrauliche di mitigazione. Risulta evidente che senza una corretta analisi dei valori di portata della piena non è possibile calcolare il livello di pericolosità per la pubblica incolumità dell’Idroscalo di Ostia.

PORTATA DEL FIUME TEVERE E OPERE DI MITIGAZIONE
La Commissione nominata dal Ministro dei LL.PP. con decreto del 28 febbraio 1938 n.1428 avente l’incarico di proporre un Piano Generale di opere di sistemazione del Tevere, ha prescritto la sistemazione dell’incile del canale di Fiumicino per limitare a 500 mc/s la portata massima derivabile in caso di piena del fiume.
Pertanto, in relazione al vigente quadro idrologico di riferimento ciò sta a significare (per un evento con tempo di ritorno pari a 200 anni) una portata naturale nel ramo di Fiumara Grande pari a 2.640 mc/s, che diviene pari a 2.959 mc/s in condizione di regolazione della partizione a Capo Due Rami (opera TE019).
Attualmente, le simulazioni hanno evidenziato che la portata uscente dalla soluzione di continuità dell’argine in sponda sinistra di Fiumara Grande in zona Tor San Michele invaderebbe l’area comunale in sinistra dell’alveo ed entrerebbe nell’area appositamente destinata ad oasi naturale della LIPU, tramite i varchi realizzati dall’interruzione delle dune perimetrali, e lungo via dell’Idroscalo, venendo convogliata fino all’estremità occidentale del parco in corrispondenza della zona terminale del Porto Turistico di Roma e del borghetto dell’Idroscalo. La corrente idrica manterrebbe in tutta l’area velocità estremamente contenute, inferiori a 0,30 m/s.
Invece, nell’ipotesi di avvenuta realizzazione del partitore di Capo Due Rami, e dunque di incremento dei valori di portata transitante nella Fiumara Grande, le simulazioni hanno evidenziato un aggravio della sofferenza idraulica in aree insediate con infrastrutture di servizi cantieristici, in particolare in presenza del rilevato arginale proposto dal Comune di Roma. In tale ipotesi, è dunque necessario intervenire in corrispondenza della sezione terminale dell’oasi naturale con la realizzazione di interventi di ingegneria idraulica che, inquadrati nel più ampio ambito dell’assetto definitivo dell’area di foce, consentono di recapitare in mare a ponente della struttura portuale le portate eccedenti quelle smaltibili con i provvedimenti di protezione civile, garantendo con lo ‘scolmatore su via dell’Idroscalo’ (si veda immagine riportata):

  • lo scarico a mare in condizioni di livello marino a quota 0.76 m delle maggiori portate sopra definite;
  • l’impossibilità del rientro della marea nell’area dell’oasi naturale;
  • il sottopassaggio di via dell’Idroscalo e delle aree terminali occidentali del Porto Turistico di Roma;
  • il contenimento dell’impatto ambientale dell’opera adottando, in particolare per lo scarico a mare e l’attraversamento del litorale, soluzioni compatibili dal punto di vista ambientale;

Tale soluzione era stata approvata in fase di progetto definitivo per il raddoppio del Porto Turistico di Roma ad Ostia ed era conseguenza di scelte (mai attuate) del progetto iniziale del porto stesso.

CONCLUSIONI
Partendo dal modello idrodinamico utilizzato dal progetto definitivo del raddoppio del Porto Turistico di Roma ad Ostia, è possibile, tramite impiego dello scolmatore su via dell’Idroscalo, nell’ipotesi dell’assetto definitivo dell’area di foce, consentire di ridurre il livello idrico nella zona del “borghetto dell’Idroscalo”, ottenendo un modesto aggravio della sofferenza idraulica, peraltro non significativa ai fini del livello di criticità delle costruzioni ivi poste.

Ricordiamo infine che dal 2010 si attende che il Comune di Roma, per continuità amministrativa, esegua l’ordinanza dell’ex Sindaco di Roma, Giovanni Alemanno, n.43 del 17 febbraio 2010, relativamente alla difesa lato fiume dell’abitato dell’Idroscalo di Ostia. L’ordinanza aveva caratteristiche di Protezione Civile e prevedeva anche la difesa dell’abitato di Ostia mediante posa, presso gli argini del fiume Tevere, di palancole in acciaio tipo Larssen 23, per una lunghezza di circa 200 metri, opera mai realizzata.

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OSTIA, LE “SPIAGGIE” DEL PD E L’EMENDAMENTO ALLA LEGGE DI STABILITA’

stefano esposito spiega ddl

Il problema degli imprenditori balneari definiti “concessionari pertinenziali” esiste dal 2007 e lo ha creato lo Stato. Non è un problema di abusivismo, di criminalità, di illegalità, ma è un problema fiscale. Tutti i partiti lo hanno sempre denunciato chiedendo di risolverlo per salvare dal fallimento centinaia di imprenditori balneari. Il PD invece, intervenendo adesso
a dicembre 2015 in ambito di Legge di Stabilità, ha approfittato del problema, introducendo nella legge un emendamento a favore di tutti i balneari, poi riformulato in sede di testo finale (14 dicembre 2015), ma che inizialmente così recitava: “…fino al 31 dicembre 2016 sono sospese le decadenze, nonché gli eventuali procedimenti amministrativi, avviati dalle amministrazioni competenti, concernenti il rilascio, la sospensione, la revoca o la decadenza della concessione demaniale marittima derivanti dal mancato versamento del canone, e relativi effetti” (pubblicato nel Bollettino delle Giunte e Commissioni del 06/12/2015). In questa frase non c’era alcuna restrizione ai soli “concessionari pertinenziali“. Forse solo così si capisce perché il senatore Stefano Esposito (PD), intervenendo sull’argomento telecomandato da Matteo Orfini (presidente PD), ha scritto ‘spiaggie’ con una imbarazzante ‘i’ di troppo, la ‘i’ di ‘interessi’ ‘illegittimi quando non illeciti’. Interessi ai quali il PD da 2 anni a questa parte sembra essersi dedicato con particolare attenzione, soprattutto ad Ostia, dove si adopera per creare evidente confusione. D’altronde Stefano Esposito, personaggio sconosciuto alla politica, è diventato ‘famoso’ nel suo breve Assessorato alla Mobilità presso il Comune di Roma (materia a lui ignota) per le bestemmie in Aula Giulio Cesare, per aver intonato il coretto juventino “Roma merda”, per essere diventato un troll su twitter e facebook contro il M5S e per esser stato condannato per diffamazione verso i NoTav. Insomma, l’ultima ‘sbrodolata’ di Esposito serve solo per gettare fumo e far ‘caciara’ con l’obiettivo di mascherare gli interessi del PD sulle spiagge. Vediamo perché.

LA QUESTIONE DEI CANONI DEMANIALI RIVISTI NEL 2007
Con la legge finanziaria del 2007 (art.1 comma 251 legge 296/2006) sono state introdotte nuove modalità di calcolo dei canoni demaniali marittimi per finalità turistico/ricreative.
Con una serie di circolari dell’Agenzia del Demanio e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sono state stabilite le ‘linee guida’ per la determinazione del canone demaniale relativamente all’individuazione e quantificazione delle superfici demaniali sulla base delle seguenti tipologie: area scoperta, area di facile rimozione, area di difficile rimozione, pertinenze demaniali non soggette a canone OMI, pertinenze demaniali soggette a canone OMI e specchi d’acqua. Per ‘pertinenza demaniale’ si intende una costruzione (bar, ristorante, etc.), realizzata dal privato in area di concessione, che risulta però acquisita dallo Stato. Quelle soggette al canone OMI sono quelle destinate ad attività commerciali, terziario/direzionali e di produzione di beni e servizi.
Ricordiamo che l’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI) è l’organo dell’Agenzia delle Entrate che cura la rilevazione e l’elaborazione delle informazioni di carattere tecnico-economico relative ai valori immobiliari e al mercato degli affitti. Dunque, per canone OMI, si intende che a un ristorante, a un bar, a una palestra costruita su demanio marittimo deve applicarsi, come coefficiente, lo stesso valore di mercato rilevato dagli esercizi equivalenti della stessa zona e che non insistono su aree demaniali.

ACQUISIZIONE ALLO STATO DELLE OPERE INAMOVIBILI REALIZZATE NELL’AMBITO DI UNA CONCESSIONE DEMANIALE MARITTIMA
Le ‘pertinenze demaniali’ soggette a canone OMI sono opere spesso, per loro natura, ‘non amovibili’: bar, ristoranti, palestre, negozi, etc. che sono state acquisite, gratuitamente,
dallo Stato. Infatti l’Agenzia del Demanio impone che alla scadenza di una concessione demaniale, l’acquisizione (accessione gratuita) allo Stato delle opere ‘non amovibili’ in essa
comprese avvenga ‘ipso iure’ cioè senza la necessità dell’adozione di alcun ulteriore atto, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione. Non è previsto alcun
rimborso o compenso all’ex-concessionario. Ciò avviene mediante un atto di incameramento, che consiste nella redazione del ‘testimoniale di stato’ e del ‘verbale di contestazione’ delle opere ‘non amovibili’. Il passaggio delle opere ‘non amovibili’ allo Stato si chiama ‘devoluzione’. Da qui l’importanza tra rinnovo e proroga di una concessione. Il rinnovo segna la scadenza della precedente concessione e dunque l’incameramento delle opere ‘non amovibili; la proroga presuppone la continuazione del rapporto in corso e dunque non c’è incameramento. In realtà la legge che fino ad oggi ha consentito il rinnovo automatico delle concessioni ha introdotto un regime derogatorio che in sostanza esclude l’incameramento, uguagliando il rinnovo automatico alla proroga. E’ chiaro che in fase di incameramento esiste una molteplicità di casi: si deve valutare se un’opera è veramente inamovibile, se è in buono stato di conservazione o se conviene demolirla e così via.

IL PROBLEMA
Il problema è come considerare le opere di difficile rimozione (‘non amovibili’) realizzate in aree in concessione che, alla scadenza del titolo, non siano state formalmente incamerate tra le pertinenze demaniali mediante redazione di specifico verbale e relativo testimoniale di Stato (atto di incameramento). Ciò è all’origine della disparità dei pagamenti tra le concessioni che hanno al loro interno beni incamerati (pertinenze dunque soggette anche al canone OMI, secondo gli aumenti previsti dalla finanziaria del 2007) e concessioni che non li hanno. Le prime, vengono chiamate “concessioni pertinenziali” proprio perché nel canone da pagare la quota dovuta alle pertinenze è quella più rilevante. Il problema delle pertinenze demaniali, con canoni aumentati del 300% o 1500% in un anno (dal 2006 al 2007), ha mandato e sta mandando in fallimento centinaia di imprenditori balneari italiani che prima pagavano poco e ora pagano troppo.
Una recente sentenza del TAR della Toscana n.328 del 27 febbraio 2015 ha stabilito che i beni edificati dal concessionario su area demaniale sono in proprietà superficiaria del
concessionario e non sono quindi di proprietà demaniale, dunque non sono pertinenze demaniali e quindi non sono soggette al canone OMI, ma a quello tabellare. In questo modo, si è definitivamente sancita la disparità con i concessionari pertinenziali, che devono pagare canoni insostenibili e che, a causa di ciò, stanno per vedersi revocata la concessione stessa proprio per il mancato pagamento del canone.

IL CAOS INTRODOTTO DAL PD
Mentre da anni si discute tale problema in ogni sede senza venirne a capo, a partire dall’estate 2013 (dopo gli arresti per mafia sul Litorale romano e dopo l’arresto del presidente del X Municipio, Andrea Tassone, PD), il PD ha imbastito un’azione di fanatismo nel nome della “Legalità” dando dei ‘mafiosi’ a tutti i concessionari balneari e considerandoli abusivi per aver costruito in maniera, a loro dire, illegale sul demanio marittimo. Poiché il litorale di Roma è, per decentramento amministrativo, governato proprio dal X Municipio, sono partite da Ostia le finte ‘ruspe della legalità’, si sono aperti finti varchi a mare e si sono operati, fino a novembre 2015, finti sequestri per presunti abusi edilizi, mai convalidati da un GIP, su bar, ristoranti e locali degli stabilimenti balneari (nessuno in realtà mai incamerato). Tutto orchestrato a livello mediatico dal Sen.  Stefano Esposito, telecomandato da Matteo Orfini, in veste di commissario del PD di Ostia. Obiettivo, indebolire il potere delle associazioni dei balneari di Ostia. Peccato che Orfini sia stato evidentemente messo all’oscuro su quello che il partito, che lui stesso presiede, stava facendo alla Camera in ambito di Legge di Stabilità.

Infatti è accaduto qualcosa di incredibile a inizio dicembre 2015.
Nel testo approvato dalla V Commissione Bilancio della Camera (A.C. 3444-A) della Legge di Stabilità 2016 (nuovo nome della legge finanziaria), è comparso il 6 dicembre 2015 il
seguente emendamento (pubblicato nel Bollettino delle Giunte e Commissioni del 06/12/2015):

Dopo il comma 256, aggiungere il seguente:
256¬bis. Nelle more del riordino della materia previsto dall’articolo 1, comma 732, della legge 27 dicembre 2013, n.147, fino al 31 dicembre 2016 sono sospese le decadenze,
nonché gli eventuali procedimenti amministrativi, avviati dalle amministrazioni competenti, concernenti il rilascio, la sospensione, la revoca o la decadenza della concessione demaniale marittima derivanti dal mancato versamento del canone, e relativi effetti. Fino alla medesima data del 31 dicembre 2016 sono sospesi i procedimenti amministrativi finalizzati alla devoluzione delle opere non amovibili di cui all’articolo 49 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327.
[nr. di presentazione: 27.46; presentatori Pizzolante (AP), Arlotti (PD), Giacobbe (PD), Capone (PD), Sani (PD)]

Dunque, non si diceva esplicitamente di voler salvare i ‘concessionari pertinenziali’, bensì si chideva di sospendere la devoluzione delle opere non amovibili nel caso di mancato
pagamento del canone (quindi una regola che vale per tutti i concessionari), che estendeva di fatto a tutta la categoria dei concessionari balneari l’impunità in caso di mancato
pagamento del canone. Il M5S a questo punto ha accusato il 15 dicembre il PD di fare il doppio gioco con i balneari, perché se da una parte il PD, capeggiato da Esposito, li definisce ‘mafiosi’ ad Ostia, dall’altra avrebbe consentito con l’emendamento che, in assenza del pagamento del canone, nulla potesse accadere nei loro riguardi.
Peccato che il 14 dicembre tale emendamento (pubblicato nel Bollettino delle Giunte e Commissioni) fosse già stato riformulato, riportando la questione nei giusti termini:

Dopo il comma 256, aggiungere il seguente:
256­bis. Sino alla data del 30 settembre 2016, entro la quale si provvede al complessivo riordino della disciplina dei canoni demaniali marittimi, i procedimenti amministrativi
pendenti alla data del 15 novembre 2015, avviati dalle amministrazioni competenti per il rilascio, la sospensione, la revoca e la decadenza di concessioni demaniali marittime con
finalità turistico­ricreative, con esclusivo riferimento a quelle inerenti la conduzione delle pertinenze demaniali, derivanti da procedure di contenzioso connesse all’applicazione dei
criteri per il calcolo dei canoni di cui all’articolo 1, comma 251, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono sospesi. La disposizione di cui al presente comma non si applica per i
beni pertinenziali che risultano comunque oggetto di procedimenti giudiziari di natura penale. [nr. di presentazione: 27.46; presentatori Pizzolante (AP), Arlotti (PD)]

A questo punto il “coupe de theatre” di Stefano Esposito: il 17 dicembre, nonostante non sapesse nulla di quanto fosse accaduto sino ad allora, accusa il M5S di non sapere a sua volta dell’emendamento riformulato! e dichiara di essere “incredulo per un’iniziativa incomprensibile“che “testimonia una mancanza di regia politica” sul tema da parte del PD. Poi,  per salvare l’azione mediatica condotta ad Ostia, aggiunge di “confidare nel Lodo Mirabelli”. Franco Mirabelli è il capogruppo del PD in Commissione Antimafia e una sua modifica all’emendamento contestato avrebbe consentito di non far valere la norma per gli enti commissariati per mafia. A parte che l’emendamento era già stato approvato nella sua versione finale il 14 dicembre (cioè 3 giorni prima!), ma comunque l’emendamento non interveniva (neppure nella sua stesura iniziale) sugli eventuali abusi edilizi, ma solo sul mancato versamento del canone. Esposito, nel cavalcare la tesi ad Ostia dei balneari ‘mafiosi’, neppure si era accorto che, se ci fosse stato l’intervento della Commissione Antimafia come auspicato anche da Orfini, sarebbero stati coinvolti nella sua ‘guerra’ personale anche i concessionari di Bovalino, Bagnara Calabra, Scicli o
Scalea, anch’essi comuni marini commissariati per mafia. A correre in soccorso del senatore distratto, anche l’organo di partito, l’Unità che, con un imbarazzante e raffazzonato articolo, ha finito per creare ulteriore caos. Infatti, oltre a riportare le esternazioni di Esposito, ha riportato anche un intervento di Carla Ruoco (deputato M5S) del giugno 2014 in cui evidenziava, con chiarezza, i problemi dei concessionari pertinenziali. Peccato che l’Unità abbia messo sullo stesso piano l’intervento del M5S (confinato ai soli concessionari pertinenziali) con l’emendamento iniziale della Legge di Stabilità 2016 che invece era aperto a tutti i concessionari, seguendo il delirio di Esposito in tandem con Orfini.
Quindi, in odore di smascheramento, il PD dopo 8 giorni dall’errore commesso (speriamo in buona fede) riformula l’emendamento, questa volta rivolto ai soli concessionari pertinenziali. Si evince dunque come Orfini ed Esposito abbiano strumentalizzato una questione delicata e nazionale per diffamare nuovamente l’intera categoria dei balneari di Ostia con metodi di distrazione di massa, che portano lontano dalla verità. Consigliamo ad entrambi di interessarsi del lavoro svolto dai colleghi alla Camera dei Deputati per evitare figuracce mostrando tutto il loro vuoto pneumatico tecnico e politico.

Paula de Jesus per LabUr

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ACILIA, TERRAZZE DEL PRESIDENTE: DALLA PRESCRIZIONE DEL REATO AL BLOCCO DEL TRAFFICO

Come avrebbe dovuto essere l'intero complesso

Come avrebbe dovuto essere l’intero complesso

Lo avevamo scritto il 19 gennaio 2012: il Giudice dell’Udienza Preliminare per le Terrazze del Presidente, dr. Roberto Saulino, ha liquidato il 13 dicembre 2011 una delle pagine più sporche dell’urbanistica romana con una sentenza buffa che sapeva di beffa. Un boccone amaro per noi che avevamo nel 2008 portato alla luce questo scandalo attraverso la trasmissione Report “I Re di Roma“.

Avevamo ragione. Il 7 Aprile 2014 infatti, la Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 26339 ha accolto il ricorso della Procura di Roma, annullando i proscioglimenti e facendo tornare gli atti in Tribunale dove dovrà essere riesaminata la richiesta di rinvio a giudizio sulla vicenda de Le Terrazze del Presidente. Il reato di falso condono per la lottizzazione abusiva si prescrive però il 3 dicembre 2015, cioè il giorno prima dell’udienza preliminare. Oltre a Pulcini, sei i dipendenti comunali rimasti coinvolti nella vicenda. Nel caso si fosse arrivati ad una condanna, visto che la lottizzazione abusiva «non è suscettibile di condono», si sarebbe spalancata la via ad una demolizione. Invece ora l’ufficio condono dovrà firmare circa 800 certificati di agibilità.

Ma non è tutto. Nella convenzione, firmata solo nel 2011, sembra sia stata aggiunta una postilla che subordina le opere a scomputo al completamento dei lavori delle unità abitative ferme ancora allo scheletro in cemento armato. Una clausola che di solito si ritrova in molte altre convenzioni, ma che in questa suona beffarda dato il ritardo dei 26 anni accumulato. Ma andiamo con ordine.

La Cassazione ha annullato la sentenza del 13 dicembre 2011 del GUP che dichiarava il non luogo a procedere per insussistenza dei fatti nei confronti del costruttore Antonio Pulcini e di altre 17 persone (tra cui figura l’ex direttore U.O.T dell’allora Municipio XIII, oggi X, Cesare Tabacchiera) per un grave errore di fondo che vizia l’intera impalcatura della sentenza e a cui aveva fatto ricorso il Pubblico Ministero. Secondo la Cassazione il GUP ha travalicato i limiti assegnatigli dal legislatore in relazione all’esito della udienza preliminare e alle regole processuali che governano la sentenza di non luogo a procedere.
A tutti gli imputati era contestato il reato, in concorso, di lottizzazione abusiva materiale e negoziale di un’area molto estesa (mq 140.449) in località Malafede di Roma ed il conseguente reato di abuso edilizio, entrambi consumati dal 1994 in poi. A taluni imputati (Pulcini, Cantarini, Piras, Lais, Chelini, Guerriero, Lenzini, Rossi, Imbastaro e Tabacchiera) era invece contestato il reato penale di falsa attestazione contenuta in un verbale di sopralluogo del 30 giugno 2003 nel quale, contrariamente al vero, si attestava, secondo l’accusa, la presenza di elementi utili ad individuare l’avvenuto cambio di destinazione d’uso da commerciale/produttivo a residenziale e la corrispondenza dello stato dei luoghi con quello rappresentato negli elaborati depositati. Ad altri imputati (Pulcini, Schirò, Cantarini, Lais, Chelini, Brunotti, Tomassini, Guerriero, Lenzini, Rossi, Imbastaro e Tabacchiera) era contestato il reato penale di aver indotto in errore il dirigente dell’Ufficio Condono Edilizio, a cui erano state presentate diverse domande di condono, così da ottenere i titoli edilizi con concessioni emesse dal giugno al dicembre 2004; ed infine ad altri imputati (Pulcini, Schirò, Cantarini, Piras, Lais, Chelini, Brunotti, Guerriero, Lenzini, Rossi, Imbastaro e Tabacchiera) era contestato il reato penale di rilascio di concessioni edilizie in sanatoria emesse (dal giugno al novembre 2004) in violazione di legge e con le quali veniva intenzionalmente procurato un ingiusto vantaggio patrimoniale alla EUR Servizi Terziari srl (valutato in circa 100milioni) con particolare riferimento al mutamento di destinazione di gran parte del complesso produttivo da uffici e negozi a scopo residenziale.

Secondo la sentenza della Corte di Cassazione, il GUP avrebbe soprattutto disatteso le regole di giudizio che governano l’udienza preliminare, avendo emesso una decisione di pieno merito sulla vicenda processuale con il ricorso ad un criterio di valutazione improprio in relazione all’epilogo cui è giunto, essendogli demandato dalla legge processuale non di accertare l’innocenza o meno degli imputati, ma esclusivamente di sindacare se gli elementi posti a fondamento dell’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero fossero idonei o meno per il sostegno dibattimentale dell’accusa.

Peraltro lo stesso GUP aveva esordito (a pag. 16 della sentenza impugnata) riconoscendo come la vicenda sottoposta al suo vaglio presentasse molteplici profili di indubbia complessità, derivanti dalla consistente mole del coacervo normativo sul quale si erano innestati i procedimenti amministrativi attivati dai committenti per l’ottenimento di titoli edilizi e sanatorie, nonché dalle obiettive problematiche interpretative e di orientamento rinvenute e rinvenibili nella specifica materia, contrassegnata da numerosi e significativi settori di disciplina in cui difficoltà tecniche e questioni di diritto intertemporale si coniugavano in una sinergia talvolta faticosamente penetrabile. E ciò era ampiamente sufficiente per devolvere la materia al giudice del dibattimento, in assenza di una prova di innocenza non facilmente riconoscibile proprio sulla base del formulato incipit.

Questa la ricostruzione in sentenza della vicenda della lottizzazione Le Terrazze del Presidente.

Il 30 maggio 1990 la EUR Servizi Terziari srl consegue la concessione edilizia n.937 per la realizzazione di un complesso produttivo nel Comune di Roma, località Malafede (Via di Acilia), destinato alla realizzazione di uffici e negozi. Il titolo abilitativo era stato rilasciato dal Commissario ad acta della Regione Lazio.
A seguito di impugnativa proposta dal Comune di Roma, l’efficacia di detta concessione fu sospesa dal TAR Lazio con ordinanza del 6 dicembre 1990. Il Consiglio di Stato annullò il provvedimento cautelare con ordinanza del 10 aprile 1991. Il giudizio di primo grado si concluse con l’annullamento della concessione edilizia (sentenza TAR Lazio n.1637 del 28 settembre 1991). La società proprietaria impugnò la decisione del TAR. Con ordinanza 13 dicembre 1991, il Consiglio di Stato, in accoglimento della domanda cautelare formulata dalla società appellante, sospese l’efficacia della sentenza. Quindi, la EUR Servizi Terziari srl (che antecedentemente all’annullamento del titolo aveva apprestato il cantiere ed aveva dato inizio alle prime opere) riprese i lavori, realizzando un complesso di dodici corpi di fabbrica tra loro collegati, per una superficie (lorda) complessiva di circa 110.000 mq. L’esecuzione delle opere fu sospesa in data 2 luglio 1993, poiché, sempre il 2 luglio, il Consiglio di Stato Sez. IV, con decisione interlocutoria, dispose adempimenti istruttori in ordine al grado di urbanizzazione della zona di incidenza dell’intervento edilizio, facendo in tal modo venir meno gli effetti della pronuncia cautelare. Durante la fase di sospensione dei lavori, intervenuta la legge n. 724 del 1994, gli amministratori della EUR Servizi Terziari srl presentarono domanda di condono finalizzata all’ottenimento di sanatoria in ordine alla avvenuta realizzazione di un piano ulteriore (pari a 81 unità residenziali) ed alla regolarizzazione del mutamento di destinazione d’uso (da destinazione produttiva a residenziale) relativo a 724 unità immobiliari. Il piano ulteriore, come era emerso nel corso delle indagini, derivava dal mancato reinterro di una superficie netta di mq 8.502, pertinente ad una porzione dell’edificato rispetto alla quale la concessione edilizia aveva previsto una differente quota d’imposta. Con sentenza dell’1° febbraio 1995, il Consiglio di Stato annullava definitivamente la concessione edilizia n. 937 del 1990, ravvisando la insufficienza di “opere di raccordo con le aree contermini alla zona di incidenza delle opere assentite”. La EUR Servizi Terziari srl presentò allora una nuova domanda di condono e fece richiesta di sanatoria dell’intero edificato (ormai non più assistito da alcun titolo edilizio ed in concreto, secondo quanto prospettato dalla società proprietaria, diretto ad una destinazione d’uso residenziale) richiamando la precedente domanda, richiamo funzionale all’ottenimento della detrazione, dagli oneri dovuti, di quelli già determinati, ed in parte corrisposti, in relazione agli abusi denunciati con la domanda da ultimo indicata, nonché alla integrazione della nuova istanza, da ritenersi comprensiva anche della richiesta di sanatoria del piano ulteriore, realizzato all’origine in assenza di titolo. In accoglimento delle domande di condono sopra menzionate (da prot. n. 86204 a prot. n. 86212), il Comune di Roma rilasciò, in data 7 marzo 2003 ed in data 5 dicembre 2004, n. 970 concessioni edilizie in sanatoria. A seguito di ciò, i legali rappresentanti delle società Terrazze del Presidente SpA, Terrazze del Presidente 52 srl, Terrazze del Presidente 53 srl e Terrazze del Presidente 2004 srl (nel frattempo succedute alla EUR Servizi Terziari srl) presentarono, nel corso degli anni 2003, 2005, 2006, 2007 e 2008, denunce di inizio attività preordinate al frazionamento di parte cospicua delle unità immobiliari facenti parte del complesso edilizio già oggetto di condono, nonché volte al completamento e alla realizzazione di ulteriori opere. L’amministrazione Comunale, dietro conforme parere del proprio ufficio legale, non rilevò alcun profilo di contrasto con la normativa edilizia ed urbanistica e consentì che avesse corso la prosecuzione dei lavori, sospesi dal lontano luglio del 1993 e poi nuovamente interrotti dal decreto di sequestro preventivo successivamente revocato dal GUP.

Dunque, per il GUP, il dr. Roberto Saulino, sulle tavole del PRG era tutto in ordine, bello disegnato, anche se non esistente e non realizzabile. Addirittura per il dr. Saulino non era neppure cambiato il numero di abitanti insediabili a fronte del folle frazionamento concesso dagli uffici capitolini in 1.367 unità immobiliari dalle 724 iniziali: “il numero è dato dal rapporto tra Superficie Utile Lorda ed il parametro fisso di 37,5 mq”. Come dire, poiché sono sempre 110 mila mq, non potranno esserci più di 2.933 abitanti, a prescindere da quanto siano grandi gli appartamenti. Peccato che questo non corrisponda a realtà.
Per il dr. Saulino il concetto era semplificabile così: se il Comune di Roma ha considerato le Terrazze del Presidente parte del PRG e se ha stipulato una convenzione con EUR Servizi Terziari srl per realizzare la viabilità locale, c’è compatibilità urbanistica. Questa non solo è una sciocchezza sotto il profilo urbanistico, ma lo è anche nella realtà dei fatti, perché le opere in convenzione, dopo 26 anni, ancora non ci sono ma i palazzi si.

A peggiorare la situazione interverrà il 3 dicembre 2015 la prescrizione del reato e la concessione dei certificati di agibilità. Lo sblocco di oltre 800 unità abitative rappresenterà per il costruttore Pulcini, per i notai e per le agenzie immobiliari, un guadagno di centinaia di milioni di euro. Basti pensare che ad oggi le case delle Terrazze del Presidente valgono dai 3 a i 3,5mila euro/mq. Questo valore salirà se, come sempre accade, durante la prossima campagna elettorale partiranno le immancabili promesse di far valere i diritti del Comune verso il costruttore per ottenere quelle opere di urbanizzazione primaria previste già dal 1999. Tra queste, il raddoppio della via di Acilia, oggi forse la strada più congestionata di tutto il Municipio X.
Che legame esiste dunque tra la mancata realizzazione delle opere viarie (tutte ferme da 26 anni) e la prescrizione del reato con conseguente sblocco dei certificati di agibilità? Si termineranno le unità immobiliari incompiute con ulteriore aggravio per la rete viaria esistente? C’è almeno la speranza che, incassando centinaia di milioni di euro, Pulcini realizzi le opere a scomputo degli oneri concessori?
Una risposta la si evince dalle vicende tortuose e mai chiarite della firma della convenzione tra Pulcini ed il Comune di Roma (delibera di Giunta Comunale n.115 del 26 gennaio 1999, Sindaco Francesco Rutelli). La convenzione sarebbe stata firmata, secondo l’ex-Assessore comunale ai Lavori Pubblici della giunta Alemanno, Fabrizio Ghera, solo a inizio novembre 2011, accompagnata dal versamento di una fideiussione a garanzia di tali opere di circa 13 milioni di euro. Entro la fine del 2011 era prevista l’apertura dei cantieri per la viabilità accessoria e quello per il raddoppio della via di Acilia. Nulla di tutto ciò è mai avvenuto. Le ultime pubbliche notizie sono state date il 14 aprile 2015 dall’ex-capogruppo PD in Campidoglio, Francesco D’Ausilio (dimessosi a seguito delle intercettazioni di Mafia Capitale), raccolte in un dossier consegnato all’allora Sindaco Marino:

Raddoppio via di Acilia:
opera a scomputo convenzione urbanistica Terrazze del Presidente. Convenzione urbanistica 2011. 12 mln opere. Opera principale (raddoppio via Acilia), realizzata solo un quarto (circa), tratto da via Ghiglia a via F. Usellini.
Attori in gioco:
– Roma Capitale: Ass.to LLPP (Pucci), Dipartimento Periferie (Ing. Martinelli)
– Italgas
– realizzatore opera: EUR Servizi Terziari srl (DL: ing. Fabrizio Cantarini, costruttore: Pulcini)
Problema:
a causa di un contenzioso con Italgas sulla presenza di tubazioni che intersecavano la futura galleria dei sottoservizi del raddoppio della via di Acilia, i lavori per una gran parte del tratto di raddoppio sono fermi da circa due anni. Sono andati avanti solo lavori di realizzazione nuova cabina Italgas e conclusione rotatoria via Menzio. Il Municipio da settembre 2013 ha sollecitato e convocato riunioni e commissioni. Il Presidente [Andrea Tassone, arrestato il 4 giugno 2015 per Mafia Capitale] aveva scritto al Sindaco. A febbraio 2015 il Municipio ha nuovamente posto il tema all’attenzione di Roma Capitale, all’Ass. Pucci. In un’ultima riunione la linea condivisa sembrava essere quella di verificare la possibilità di far spostare a Italgas le tubazioni all’interno delle risorse definite nella convenzione, in modo che EUR Servizi Terziari srl potesse riprendere i lavori senza poter addurre altre giustificazioni. Ad oggi il Municipio non sa l’esito di questa trattativa e come la vicenda possa andare avanti.

Prescindendo dal presunto illecito delle opere per la nuova cabina Italgas e dal fatto che Andrea Tassone è stato finanziato per la campagna elettorale del 2013 proprio dalla famiglia Pulcini, ad oggi è tutto di nuovo fermo. Della convenzione del 2011 neanche l’ombra.

Solo questi i guai? Purtroppo no. Oltre alla libera vendita di oltre 800 unità immobiliari e alla permanente congestione del traffico su via di Acilia, sembra anche che nella convenzione sia stata aggiunta una postilla che subordina le opere a scomputo al completamento dei lavori delle unità abitative ferme ancora allo scheletro in cemento armato. Una clausola che di solito si ritrova in molte altre convenzioni, ma che in questa non sarebbe dovuta nemmeno essere contemplata visto il ritardo di 26 anni accumulato.

Dunque, se le opere a scomputo (il raddoppio della via di Acilia ed il sottopasso della Via Cristoforo Colombo) saranno ultimate 3 mesi prima della fine dei lavori possiamo tranquillamente trasformare la via di Acilia in un parcheggio regolato da semaforo.

Paula de Jesus per LabUr

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OSTIA, SPIAGGE: DENUNCIATA “LIBERA”

Aveva ragione il M5S: mascherato da un bando di gara, la spiaggia di Ostia denominata ‘Lotto 8’ è stata assegnata all’associazione ‘Libera’ con un ‘affidamento diretto’. Esposto alla Commissione Straordinaria di Ostia, al Commissario di Roma, al Prefetto di Roma, alla Regione Lazio e in Procura, all’ANAC (Autorità Nazionale Anti Corruzione) e alla Corte dei Conti. Mancata trasparenza amministrativa, mancata rispondenza ai requisiti del bando di gara, mancata attinenza al proprio oggetto sociale, mancato pagamento dei canoni demaniali.
Dopo la reazione decisamente sopra le righe di Don Luigi Ciotti quest’estate attendiamo pubblici chiarimenti da un’associazione che si professa per la legalità ma che impiega gli stessi trucchetti ormai noti dalle indagini di mafia capitale. Siamo certi che Don Luigi Ciotti saprà dar seguito alle sue stesse parole: “La ricerca della verità è la base della giustizia. Ben vengano allora tutte le documentazioni, analisi, testimonianze volte a dissipare le ambiguità e rischiarare le zone d’ombra“.

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GIUBILEO: PIANO INTERVENTI E VISIONI MISTICHE A TOR VERGATA

(di Paula de Jesus per LabUr)

Il logo ufficiale del Giubileo della Misericordia

Con l’emanazione della Bolla papale “Misericordiae vultus” il Santo Padre ha indetto, in data 11 aprile 2015, il Giubileo straordinario della Misericordia, fissando alla data dell’8 dicembre l’apertura dell’Anno Santo.
Il 17 aprile l’Assessore alla Trasformazione Urbana, Giovanni Caudo, dichiarava alla stampa che, in occasione del Giubileo, ci sarebbe stato un restyling delle periferie con ben 38 interventi fuori dal GRA, di cui i primi 10 da completare entro il 2015 ed altri 10 nei primi mesi del Giubileo, per un importo totale di spesa intorno ai 95 milioni di euro, di cui solo 47 straordinari. Addirittura Caudo ha lanciato la proposta di una nuova Basilica per il Giubileo a Tor Vergata dal costo di 3,5 milioni, la cui prima pietra sarà posata da Papa Francesco. L’obiettivo di Caudo è quello di rifare piazze e piste ciclabili per le chiese, “ricucendo così le periferie”.
Dopo un breve periodo, gli interventi attorno al GRA da 38 scendono a 29, in 10 luoghi e 21 parrocchie. 69 milioni di euro di opere tutte in attuazione del piano regolatore. La versione ricambia il 6 agosto, alla data dell’adozione della delibera di Giunta Capitolina e gli interventi passano a 16.
La deliberazione di giunta capitolina n°274 del piano degli interventi (che dovrà essere trasmessa alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per le autorizzazioni), sottolinea, sinteticamente, che il Piano rispetta un elenco di obiettivi strategici tutti volti a migliorare la mobilità, fluidificare il traffico e ridurre l’inquinamento atmosferico e acustico. E siccome mancano pochi mesi, bisogna “abbreviare i tempi di affidamento degli interventi” e dunque la Giunta Capitolina chiede che gli Uffici, in accordo con la Prefettura di Roma, predispongano tutti gli acceleratori necessari al raggiungimento dell’obiettivo. La trasparenza, la tempestività ed efficacia dei lavori sarà controllata da una struttura interdisciplinare apposita di cui però non viene specificato nulla.

GLI INTERVENTI
Vediamo gli obiettivi. 131 gli interventi in elenco, ma si scopre che per 102 di loro (il 78%) “i tempi previsti dalle procedure ordinarie non consentono la realizzazione dell’opera in tempo utile per l’evento giubilare“, 15 sono in “contrazione dei tempi di realizzazione” e per 14 si deve garantire la tempestiva realizzazione delle opere rispetto alla data di inizio del Giubileo. Si scopre anche che per migliorare la mobilità, fluidificare il traffico e ridurre l’inquinamento atmosferico e acustico, sono necessari, incredibile ma vero, incrementi delle operazioni di pulizia settimanale nelle strade, raccolta differenziata nelle aree verdi, incremento dei cestini per la differenziata, fornitura eco-box, bagni chimici, 80 mezzi a vasca che hanno bisogno di un presidio, una centrale operativa e un help-desk dedicati a cui si sommano il presidio per pulizia e igienizzazione dei bagni e punti informativi in loco, il porta a porta del Municipio I, lavaggio delle strade per contenere le polveri, rimozione di future scritte adesive abusive, derattizzazione e disinfestazione, rimozione discariche abusive per futuro abbandono indiscriminato dei rifiuti, manutenzione delle aree verdi, acquisto materiali per allestimenti floreali, acquisto arredo urbano, acquisto automezzi e attrezzature tecniche specialistiche e DPI. Totale voci 17 di decoro urbano dentro ad una futura ordinanza sulla mobilità.
Tra le opere da realizzare si fanno apprezzare sagrati in area vaticana, che non si comprende perché debbano pagarli i cittadini, piste ciclabili verso chiese che non esistono e amenità su questa falsa riga, che tratteremo in dettaglio nelle prossime settimane. Per 84 di esse la stima, secondo l’Assessore ai Lavori Pubblici, Maurizio Pucci, è di 200 milioni di euro. Per le altre 47 non si sa. Nel frattempo il Campidoglio ha ipotecato 50 milioni di euro del gettito che arriva dalle tasse pagate dai romani, che saranno anticipati dal mutuo della Cassa Depositi e Prestiti. 125 milioni sono stati stanziati in bilancio dal Comune di Roma lo scorso aprile. E siamo a 175 milioni. Ne mancano 25 per raggiungere i 200 milioni di Pucci per le 84 opere, e ancora nulla si sa sulle restanti 47.
L’aspetto che vale la pena rimarcare è il seguente. Pucci è già stato commissario alle opere per il Giubileo del 2000 e l’attuale Prefetto, Franco Gabrielli, allora era a capo della Digos di Roma, poi promosso direttamente dal vicequestore a capo dei Servizi segreti, dunque nominato prefetto di L’Aquila e infine a delfino di Bertolaso nella Protezione Civile Nazionale e poi a capo della stessa.

Il traffico a Roma già nel 1971

L’EMERGENZA SINE DIEM
La Protezione Civile nazionale si è preoccupata dal 2006 fino al 2012 della situazione del traffico e della mobilità a Roma, affidando i poteri di Commissario delegato al Sindaco della Capitale. Depotenziata la Protezione Civile con la legge 10/2011, dal 2013 ad oggi gli stessi poteri sono rimasti attribuiti al Sindaco di Roma, grazie a un ingegnoso stratagemma. Con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, D.P.C.M. 4 agosto 2006 (“Dichiarazione dello stato di emergenza determinatasi nella città di Roma nel settore del traffico e della mobilità“, Pubblicato nella Gazz. Uff. 9 agosto 2006, n. 184) il Presidente del Consiglio dei Ministri ha decretato ai sensi e per gli effetti dell’art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, lo stato di emergenza nel settore del traffico e della mobilità nella città di Roma.
Successivamente con Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, O.P.C.M. 26 settembre 2006, n.3543 (“Emergenza nel settore del traffico e della mobilità a Roma. Interventi urgenti di protezione civile diretti a fronteggiare l’emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nel territorio della Capitale della Repubblica”, Pubblicata nella Gazz. Uff. 30 settembre 2006, n.184) il Presidente del Consiglio dei Ministri ha nominato (con poteri di Protezione Civile) il Sindaco di Roma, Commissario delegato per l’attuazione degli interventi volti a fronteggiare l’emergenza dichiarata nel territorio della Capitale.
La costituzione della struttura commissariale è stata regolata con Ordinanza del Commissario delegato n. 1 del 11 ottobre 2006, emanata in applicazione dell’art.2 dell’ordinanza 3543. Per effetto di tale ordinanza si è provveduto: alla nomina dei Soggetti attuatori, all’istituzione del Comitato di coordinamento per l’emergenza traffico e mobilità, all’istituzione dell’Ufficio speciale emergenza traffico e mobilità e alla redazione di un dettagliato Piano degli Interventi.
Poco è nulla è stato fatto in 6 anni, tant’è che il sindaco del Comune di Roma (cioè, il Commissario delegato) ha chiesto ed ottenuto, anno per anno, con successivi D.P.C.M., la proroga dello stato d’emergenza, al fine di consentire la prosecuzione delle iniziative programmate all’interno del suddetto Piano degli Interventi, fino al 31 dicembre 2012.
A partire dal 1 gennaio 2013 “non è stata predisposta alcuna proroga dell’emergenza in questione“. Infatti, a specifico esposto di LabUr, venne confermato che era ancora in corso di definizione “l’ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile con cui viene disposto il subentro dell’Ente ordinariamente competente, cioè il Comune di Roma” (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Protezione Civile, prot.n. CTZ/0010044 del 15 febbraio 2013 a firma autografa dell’allora Capo del Dipartimento, Franco Gabrielli).
Solo il 26 aprile 2013, con il decreto legislativo n.51 (“Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61, concernente ulteriori disposizioni di attuazione dell’articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di ordinamento di Roma Capitale”) con l’articolo 1, comma 4, veniva aggiunto all’articolo 10 del decreto legislativo n.61 del 2012, il seguente comma:

«1-bis. Per l’attuazione degli interventi da effettuare sul territorio di Roma Capitale per rimuovere le situazioni di emergenza connesse al traffico, alla mobilità ed all’inquinamento atmosferico o acustico, il Sindaco provvede con proprie ordinanze, anche in deroga ad ogni disposizione di legge e comunque nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, in esecuzione di un piano autorizzato con delibera del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché nei limiti e secondo i criteri indicati nella stessa delibera, con oneri a carico di Roma Capitale».

Insomma, si era depotenziata la Protezione Civile, ma per la città di Roma i poteri di protezione civile rimanevano gli stessi solo che il ‘potere assoluto’ lo aveva il Sindaco di Roma (senza alcuna necessità di proroga annuale), soprattutto i poteri “per rimuovere le situazioni di emergenza connesse al traffico, alla mobilità ed all’inquinamento atmosferico o acustico”, cosa mai riuscita a Roma nei precedenti 6 anni. Siamo all’emergenza sine diem.
Pensavamo di aver sconfitto la logica di “governance” dei Grandi eventi a carattere strutturale, una vera e propria Shock Economy all’italiana in cui hanno proliferato le Cricche del capitalismo nostrano. Di aver debellato la prassi che ha sottratto l’iniziativa del Governo ad ogni controllo istituzionale e finanziario da parte del Parlamento e della Corte dei Conti e che, insieme all’abuso della decretazione d’urgenza, ha contribuito a stravolgere l’ordinamento costituzionale. Ci siamo sbagliati. A 3 mesi dall’inizio del Giubileo della Misericordia, ci troviamo che si svuota di poteri una parte, ma si riempie di poteri un’altra, ma gli uomini sono sempre gli stessi. Tutto questo mentre va in onda Mafia-Capitale e sulla “struttura interdisciplinare apposita” dedita al controllo non si dice nulla. Il controllore va a braccetto con il controllato, e si paventa di nuovo il ‘potere assoluto’, questa volta non più nella mani della Protezione Civile, bensì del Prefetto Gabrielli. Ancora lui.

Il sito dove sorgerà la nuova chiesa e, sullo sfondo, la 'vela' incompiuta di Calatrava

IL CASO EMBLEMATICO DELLA CHIESA DI TOR VERGATA
La storia della Basilica a Tor Vergata è molto diversa da come l’ha raccontata alla stampa l’Assessore Caudo (*). E’ legata alle vicende della Parrocchia Maria Regina della Pace, appartenente alla Diocesi di Frascati. In via di Tor Vergata 309 la comunità locale aveva costruito a proprie spese, dopo il Giubileo del 2000, una chiesa in legno andata distrutta da un casuale incendio scoppiato il 21 novembre del 2012. Il luogo, dai fedeli, viene ancora oggi definito “un piccolo paradiso nel deserto di Tor Vergata“, visto che non c’è nulla (neppure l’asilo nido promesso dal 2001), nonostante siano costretti a svolgere le attività pastorali e di culto nei container della Protezione Civile, “quei simil-barattoli di ferro, mt. 3x15x2,20, per intenderci, che nemmeno ai terremotati danno più“. Qui è ospitata anche la Caritas, che però d’estate va in ferie.
E’ di questi giorni la forte contestazione del comitato locale contro la Curia Vescovile di Frascati, nella persona del suo Vescovo, Mons. Raffaello Martinelli. L’accusa è di negligenza, “perché non si può restare senza una Chiesa dopo 15 anni“. La situazione della ‘costruenda’ chiesa è la seguente. La nuova chiesa di Tor Vergata deve rispettare la competenza della CEI (principale finanziatore dell’opera) sul come realizzarla (criteri architettonici e liturgici). L’ultimo progetto è stato bocciato dalla CEI a novembre 2014, ma lo studio SER.T.ING è stato riconfermato (indicato già oltre 8 anni fa, quale studio architettonico incaricato della progettazione). Dunque ad oggi, lo studio SER.T.ING sta lavorando per presentare alla CEI, entro la fine del 2015, il progetto completo definitivo ed esecutivo della nuova chiesa, per la sua approvazione ufficiale, mentre si sta completando la pratica burocratica-amministrativa con il Comune di Roma.
A questo punto non si capisce la posizione di Caudo che sembra non conoscere la questione e che parla per quell’area solo della sistemazione di un parco archeologico antistante la ‘costruenda’ (?) chiesa, quando ancora della chiesa non c’è neppure il progetto. Cosa c’entra il parco archeologico (i cui ritrovamenti sono di modesta fattura se confrontati con altri della campagna romana, abbandonati) con il Piano degli Interventi straordinari per l’evento giubilare? E cosa c’entra con il meccanismo della Protezione Civile volto a migliorare ‘traffico e mobilità’?
In assenza di risposte (e di misericordia), invochiamo almeno pietà per i cittadini.

(*) GIUBILEO, CAUDO: PER ANNO SANTO 11 INTERVENTI “OLTRE-GRA”
Un Giubileo oltre-Gra. Saranno 11 gli interventi realizzati nell’immediato che diventeranno il lascito che resterà alla città anche dopo l’Anno Santo della Misericordia. “In queste ore siamo impegnati a cogliere l’opportunità del Giubileo della Misericordia perche’ a Roma, quella che vive oltre-Gra, resti il lascito importante dell’Anno Santo ‘di strada’, migliorando le condizioni di vita di chi ancora aspetta strade, piazze, spazi verdi. Abbiamo individuato luoghi e interventi, 11, per un ammontare di circa 6 milioni e li abbiamo presentati ieri sera alla presidenza del Consiglio per avere agevolazioni per i tempi di realizzazione”. Lo ha annunciato l’assessore all’Urbanistica, Giovanni Caudo, durante la conferenza stampa di illustrazione dei risultati dei primi due anni di mandato. “Il Giubileo deve servire a ricucire la città. Si tratta di piccoli interventi ma significativi che possono essere realizzati nell’immediato. Noi avevamo 29 interventi nel cassetto, opere che dovevano essere realizzati in 10 luoghi per totale per 69 milioni di euro. Noi abbiamo individuato una lista più ristretta di 11 interventi per il Giubileo”, ha aggiunto Caudo. Gli 11 interventi sono a Ponte di Nona-Castelverde, Tor Bella Monaca, Tor Vergata, Primavalle, Fidene-Val Melaina, San Basilio. (6 agosto 2015) (omniroma.it)

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IDROSCALO DI OSTIA: ESPOSTO (“tutela della pubblica e privata incolumità”)

Esposto inviato in data odierna al Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, alla Regione Lazio, al Comune di Roma, alla Procura di Roma, alla Prefettura di Roma
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Il sottoscritto dr.Ing. Andrea Schiavone, presidente del Laboratorio di Urbanistica, LabUr (www.labur.eu), residente in xxx xxxxxxxx xxx (Roma), xxxxxxxxxx, espone i seguenti fatti.

FATTI
Dal 17 febbraio 2010, a seguito dell’ordinanza n.43 del Sindaco di Roma, Giovanni Alemanno (oggi indagato per associazione a delinquere di stampo mafioso) è stata dichiarata la tutela della pubblica e privata incolumità, di ogni abitazione, locale, struttura ed edificio insistente in zona Idroscalo di Ostia, esposti a rischio di allagamento o di isolamento. Da tale data, che ha comportato solo un parziale sgombero dell’area, nessuna opera è stata eseguita, seppur prevista, a tutela dell’abitato esistente, ad eccezione della scogliera a mare realizzata dalla Regione Lazio (tramite ARDIS) con Delibera di Giunta nr.361 del Maggio 2009 (1.140.519,68 euro per i lavori di costruzione di una scogliera a mare per la protezione dell’abitato dell’Idroscalo). I fondi sono stati messi a disposizione del Commissario Delegato di cui all’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n.3734 del 16.01.2009, “Primi interventi urgenti di protezione civile diretti a fronteggiare i danni conseguenti agli eventi atmosferici che hanno colpito il territorio nazionale nei mesi di novembre e dicembre 2008”.
I responsabili della Protezione Civile del Comune di Roma, della Regione Lazio e di quella Nazionale che si sono succeduti dal 17 febbraio 2010 ad oggi, hanno dunque indebitamente rifiutato di eseguire un atto di ufficio che, per ragioni di sicurezza pubblica, doveva essere compiuto senza ritardo. In aggiunta, tali responsabili, nel loro ruolo di pubblico ufficiale e di incaricato di un pubblico servizio, non hanno mai risposto alle richieste dei cittadini dell’Idroscalo di Ostia che sollecitavano di eseguire le opere previste, né sono mai state esposte le ragioni del ritardo, pur avendo inoltrato regolare richiesta di chiarimenti in forma scritta.
In particolare, si citano i seguenti responsabili:

DIPARTIMENTO PROTEZIONE CIVILE NAZIONALE
Franco Gabrielli: dal 13.11.2010 al 02.04.2015 (già vice capo dipartimento sotto Guido Bertolaso, attuale Prefetto di Roma)
Guido Bertolaso: dal 07.09.2001 al 05.11.2010
PROTEZIONE CIVILE REGIONE LAZIO
Gennaro Tornatore: dal 01.10.2014 al 30.09.2019
Luca Fegatelli: dal 11.05.2010 al 09.01.2014 (arrestato con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico dei rifiuti)
Maurizio Pucci: dal 23.02.2006 al 11.05.2010 (attuale Assessore del Comune di Roma ai Lavori Pubblici, infrastrutture, manutenzione urbana e decoro, periferie, protezione civile

PREMESSO
1. che ancora si attende, come previsto dall’ordinanza n.43 del 17 febbraio 2010 del Comune di Roma, la realizzazione di palancole in acciaio tipo Larssen 23, per una lunghezza di circa 200 metri, opera di protezione a fiume, mai realizzata;
2. che ancora si attende dal 2011 un regolare stanziamento annuo da parte della Regione Lazio per l’ordinaria manutenzione della scogliera a mare (opera pubblica di protezione civile);
3. che ancora si attende dal 4 agosto 2011 il completamento della scogliera a fiume nel tratto da via delle Petroliere a via dei Bastimenti per ricostruire la difesa spondale fino ad oggi mancante, di competenza della Regione Lazio (ARDIS), per la realizzazione della messa in consistenza della sponda e di un argine in massicciata alto 2 metri (opera pubblica di protezione civile);
4. che dal 2000 non si effettua una manutenzione anche minima del fondale del Tevere, soprattutto nel tratto da Capo due Rami fino alla foce del Tevere;
5. che l’Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri (OPCM) n.3734 del 16 gennaio 2009 prevedeva di ripristinare con urgenza la pulizia, la bonifica, la funzionalità idraulica dell’alveo e delle aree di competenza fluviale, nel tratto del Tevere compreso tra Castel Giubileo e la foce per la sua messa in sicurezza;
6. che il 28 gennaio 2011 (con OPCM n.3920) è stato deciso di prorogare al 31 dicembre 2011 il termine per completare le opere previste dall’OPCM n.3734 e mai realizzate
7. che con l’OPCM n. 3925 del 23 febbraio 2011 è stata abrogata tale proroga, lasciando il Tevere nello stato di completo abbandono iniziale,

si chiede con urgenza
di verificare se nei confronti di Maurizio Pucci, Luca Fegatelli e Franco Gabrielli siano riscontrabili i reati di rifiuto d’atti d’ufficio e di omissione d’atti d’ufficio, disciplinati dall’articolo 328 del codice penale.
Con osservanza,

dr.Ing. Andrea Schiavone

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OSTIA, VARCHI – LA CARITAS DI SABELLA CON I SOLDI DEI CITTADINI

I famosi ‘varchi’ di Ostia sono ancora in alto mare: chiusi, sporchi, senza sorveglianza e non idonei per i diversamente abili, gli anziani e le carrozzine, come invece prevede l’ordinanza balneare del 2015 (dunque, obbligo di legge). I finti varchi non sono neanche idonei per l’accesso al mare dei mezzi di salvataggio o per eventuali evacuazioni del Litorale (obbligo di legge). Insomma, gli spot pubblicitari del Sindaco Ignazio Marino, ma soprattutto del suo delegato, l’Avv. Alfonso Sabella, alla guida del Municipio X dopo l’arresto dell’ex-presidente Tassone per Mafia Capitale, lasciano il tempo che trovano. Imbarazzanti i silenzi della Capitaneria di Porto (il cui Comandante, Lorenzo Savarese, è troppo concentrato sulla sua nomina presso l’Autorità Portuale di Civitavecchia) e dei Radicali (che hanno presentato il 15 giugno un ricorso al TAR, chiedendo l’annullamento dell’istituzione dei varchi). Ancora più imbarazzante la situazione che riguarda la Colonia Marina L’Arca, spazio demaniale balneare adibito a servizi di accoglienza e assistenza per bambini, anziani, disabili e cittadini a basso reddito situato davanti al capolinea della Roma-Lido. Lo stabilimento Balneare “L’Arca” è gestito dalla Cooperativa Sociale Roma Solidarietà (C.R.S.), Società Cooperativa Sociale ONLUS, promossa dalla Caritas di Roma, il cui legale rappresentante è il Monsignor Enrico Feroci. Dal 24 aprile 2015, presente già il nuovo direttore tecnico, l’Arch. Cinzia Esposito (la stessa che discuteva con Balini e D’Ausilio i permessi per il raddoppio del Porto di Roma), è in atto il contenzioso per l’apertura del varco situato tra la Colonia Marina L’Arca e l’adiacente stabilimento balneare Gambrinus (storico stabilimento balneare di Cesare Urbinati che due anni fa è passato nelle mani dell’imprenditore De Sando). Il varco però è interamente dentro la colonia marina. A rappresentare in tale data il Monsignor Feroci, Mario Urbinati, operatore della Mensa Caritas, da vent’anni e nel servizio notturno itinerante in strada per aiutare i poveri. Proprio nella riunione del 24 aprile è emersa la disponibilità da parte della Caritas di mettere a disposizione delle scolaresche le zone d’ombra installate nell’area in concessione, ma non la realizzazione del varco, a causa delle difficoltà economiche in cui versa la Caritas. Si parla di un importo intorno ai 10/12 mila euro. Colpo di scena: Alfonso Sabella, insediatosi in Municipio il 29 aprile (cioè pochi giorni dopo la riunione) avrebbe garantito la copertura economica da parte del Comune di Roma per l’apertura del varco.
Nonostante l’esposto presentato da LabUr, nonostante i varchi siano stati spacciati per un’operazione di Legalità, il Segretario Generale del Comune di Roma, Serafina Buarnè, ha negato l’accesso civico all’operazione ‘varchi ad Ostia’, alla faccia della trasparenza. Il varco Caritas è ad oggi ancora chiuso tutto il giorno e Sabella non ha alcuna intenzione di usare qui le “ruspe della legalità”. Campeggia sempre sul cancello il cartello “Abbiamo iniziato la bonifica delle superfici per poter effettuare i lavori e creare il varco di accesso libero al mare. Prevediamo nella settimana prossima (dal 20/4 al 26/4) di iniziare i lavori. Ci scusiamo per il disagio arrecato”. Insomma, della serie ‘attendere prego: Dio è occupato, ma Sabella no’. La pubblicità sui giornali amici ormai l’ha avuta e in vista del Giubileo si è portato avanti con il lavoro con un atto di Misericordia, ma con i soldi dei cittadini ovviamente, dimenticandosi che il ruolo che ricopre lo obbliga ad attenersi a precise disposizioni amministrative che devono andare a vantaggio dell’intera collettività e non del singolo privato.

Paula de Jesus per LabUr

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OSTIA, L’ABBATTIMENTO DELL’UFFICIO TECNICO E LA SPIAGGIA CHE NON C’E’

spiaggia La Conchiglia dietro l'Ufficio Tecnico

Il simbolo del degrado istituzionale di Ostia è il decadente scheletro dell’Ufficio Tecnico sul Lungomare Paolo Toscanelli 137, chiuso da mesi. Dietro, una bella spiaggia che prima Andrea Tassone (ex-presidente del Municipio X (dal 4 giugno agli arresti domiciliari per Mafia Capitale), poi i comitati, avrebbero voluto che diventasse una spiaggia libera con l’abbattimento dell’edificio. Oggi però ben due concessioni demaniali marittime si dividono la spiaggia a metà, escludendo di fatto ogni possibilità di realizzare una spiaggia libera attrezzata.
Comprendere nei dettagli la situazione è impresa ardua perché ad Ostia, in un “territorio mafioso”, come ama descriverlo Alfonso Sabella, delegato dal Sindaco in sostituzione di Tassone, regna molta omertà.
Partiamo dal Piano di Utilizzazione degli Arenili (P.U.A.) approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 36 del 14 febbraio 2005, ormai scaduto e che non costituisce strumento urbanistico (secondo il PRG vigente, tav. 3.23, è “verde pubblico e servizi pubblici di livello locale”). A pagina 14 delle Norme di Attuazione del PUA, si legge: “L’amministrazione comunale entro la durata del PUA dovrà trasferire altrove il proprio Ufficio Tecnico del Municipio XIII, demolire l’edificio e realizzare la completa riqualificazione del tratto di arenile fermo restando i vincoli anche promuovendo un bando internazionale“. E’ su queste basi che i Radicali insistono nel chiederne la demolizione in funzione anche di un accordo del 13 febbraio 2015 fatto proprio con l’ex-presidente Tassone. Contemporaneamente il M5S ha sollevato a riguardo un pesante dubbio: “… la spiaggia che stavano per assegnare a Buzzi e Carminati, infine, quella per cui l’ex minisindaco del Pd Andrea Tassone si stava dando da fare. La proposta era l’abbattimento dell’ufficio tecnico per ricavarci uno stabilimento balneare, ovviamente in modo illecito e in favore della criminalità“.
Precisiamo che con la nuova legge regionale sull’utilizzo del demanio marittimo si rimanda di fatto di almeno 2 anni la procedura di adozione/approvazione del nuovo PUA da parte del Comune di Roma e dunque anche l’abbattimento dell’Ufficio Tecnico stesso. Esiste però il problema che riguarda il lotto assegnato alla Cooperativa Sociale “La XIII”, confinante a ponente con l’Ufficio Tecnico, con ingresso sul Lungomare Paolo Toscanelli al civico 137/A. Si tratta del Lotto n.6, riservato ai sensi della Delibera di Giunta Capitolina n.124/2009 alle Cooperative Sociali di tipo B iscritte nell’elenco speciale istituito ai sensi della legge 381/91 presso il Dipartimento V di Roma Capitale, di 5.274,35 mq di superficie. Analogamente per il tratto di spiaggia dietro l’Ufficio Tecnico in concessione allo stabilimento balneare “La Conchiglia”, confinante a levante, confermato fino al 2020. Sia l’affidamento alla cooperativa sociale “La XIII” che il rinnovo della concessione de “La Conchiglia” sono avvenute sotto l’amministrazione Tassone, ma gli atti, di cui siamo in possesso, sono gli stessi visionati dalle forze politiche che chiedono l’abbattimento dell’Ufficio Tecnico, che non si può realizzare fino ad approvazione del PUA. Inoltre, in base alla legge regionale sopra menzionata, il Comune di Roma eccede già di quel 50% di arenile, richiesto ad ogni Comune, a spiagge libere o libere con servizi.
Insomma, l’unico che deve aprire gli occhi, invece che propagandistici varchi a mare, è Sabella. Dopo aver detto che tutti gli stabilimenti balneari non sono a norma (pena decadimento della concessione), che ad Ostia c’è la mafia, che serve l’accesso libero al mare per far ‘pomiciare’ i ragazzi, dovrebbe far chiarezza sulla grave affermazione sostenuta dal M5S e comunque attivarsi, in qualità di delegato per il Litorale, affinché il PUA del Comune di Roma prenda il via. Per l’abbattimento dell’Ufficio Tecnico c’è tempo, anche perché la spiaggia di questo futuro stabilimento balneare ad oggi non esiste, con buona pace dei Radicali e del M5S.

per LabUr Paula de Jesus

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OSTIA, VARCHI A MARE: L’INDECENTE SILENZIO DELLA CAPITANERIA DI PORTO

Il Capitano di Vascello (CP) Lorenzo Savarese

Dopo il nostro esposto sui varchi e la conferma che avevamo ragione a definirli illegali, avuta con le ordinanze emesse dal Consiglio di Stato, anche il secondo esposto relativo al varco dello Stabilimento balneare “Maresole” è rimasto inascoltato dalla Capitaneria di porto di Roma che si è rifiutata di fare chiarezza, rischiando ora una denuncia per omissione di atti d’ufficio. Complice di tutto questo indecente silenzio il Comune di Roma nella persona di Alfonso Sabella che, delagato dal sindaco a condurre le vicende del litorale romano, invece di intervenire in ambito amministrativo preferisce sostituirsi alla Procura di Roma in bizzarri interventi con le ruspe definite “della legalità”. Di legale, da parte dell’attuale amministrazione, a Ostia però non c’è nulla: solo atti di forza e bullismo istituzionale. Ecco perché, per fare chiarezza sulla situazione dei varchi, nella ricerca della verità che da sempre ci contraddistingue, incontreremo sia la Federbalneari che l’Associazione “Maresole” le cui risposte ricevute chiariscono molti aspetti. Poi, con la Capitaneria di porto, ci parleremo a modo nostro perché non ci piace per nulla ciò che sta accadendo.

Tutto è legato alla Autorità Portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta. Il mandato dell’attuale presidente, Pasqualino Monti (trattamento annuo di quasi 215mila euro) è scaduto il 7 giugno 2015, tanto che l’autorità portuale è entrata in regime di prorogatio. Tra i vari enti, anche la Città Metropolitana di Roma deve rendere pubblici i nomi della terna da presentare al ministro Graziano Del Rio per guidare l’autorità portuale. La decisione di Marino, in piena ‘mafia capitale’ e in pieno scontro con il PD di Civitavecchia, si è concentrata su sei nomi, uno dei quali è quello di Lorenzo Savarese, comandante in carica della Capitaneria di porto di Roma e già sponsorizzato dal sindaco di Fiumicino, Esterino Montino, assieme a Francesco Maria Di Majo e Giuseppe Roma. Savarese negli ultimi due mesi ha rallentato tutta una serie di controlli richiesti dai cittadini a cui invece aveva dato grande spazio fin dal primo giorno del suo insediamento, il 27 febbraio del 2012. In fondo se i varchi devono essere il fiore all’occhiello della legalità firmata Marino/Sabella perché sbracciarsi tanto? Meglio un indecente silenzio.

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