OLIMPIADI ROMA: RICATTI E MENZOGNE DI RENZI-MALAGO’

renzi-malago-marinoPaula de Jesus per LabUr

L’ignobile ricatto al Comune di Roma fatto in questi giorni da Giovanni Malagò, Presidente del CONI, a seguito del ritiro della candidatura della Capitale dai Giochi Olimpici del 2024, non ha alcun fondamento giuridico o amministrativo. Malagò non può invocare alcun ‘danno erariale’ alla giunta Raggi. Infatti ad oggi, esiste solo la Mozione di Assemblea Capitolina del 25 giugno 2015 con la quale si impegnava il Sindaco Marino a proporre la candidatura olimpica di Roma e mai tale mozione è stata seguita dalla necessaria deliberazione con cui tale impegno doveva essere formalizzato a livello amministrativo. Perché gli organi dell’informazione non lo dicono? Malagò ha minacciato di agire contro il Comune di Roma per presunto ‘danno erariale’, in quanto il ritiro della candidatura comporterebbe una, inesistente, interruzione della “continuità amministrativa”. Il ‘danno’ sarebbe, sempre secondo il CONI, di circa 20 milioni di euro, quasi 700 mila euro imputabili a ogni singolo consigliere capitolino del M5S. Invitiamo dunque Malagò, il PD e la stampa, in particolare La Repubblica, di informarsi sul significato di Mozione di Assemblea Capitolina, così come descritto anche nel “Regolamento del Consiglio Comunale” di Roma:

Articolo 109 (Contenuto, forma e discussione delle mozioni)
1. La mozione è un atto di indirizzo deliberato dal Consiglio Comunale per impegnare il Sindaco e la Giunta al compimento di atti o all’adozione di iniziative di propria competenza

Quindi, la ‘mozione’ non è un atto giuridico né tantomeno amministrativo, ma un atto di indirizzo politico che ha il solo fine di promuovere un dibattito su una specifica questione per poi fornire alla Giunta o al Sindaco orientamenti su come trattare la questione stessa. Nel caso specifico della candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024, nulla di più di un testo sottoposto al voto dell’Assemblea Capitolina teso ad indirizzare la politica del Comune (rappresentata dal Sindaco e dalla sua Giunta) sulla questione Olimpiadi.
Dopo la ‘mozione’ per la candidatura sarebbe stata necessaria una deliberazione che impegnasse e vincolasse il Sindaco Marino e la sua Giunta ad adempiere al contenuto riportato nella deliberazione stessa, perché una Deliberazione di Assemblea Capitolina rappresenta un atto giuridico e amministrativo attraverso il quale l’Assemblea adotta le proprie decisioni che hanno la precisa natura di ‘regolamento’.
E’ curioso rilevare che sotto l’ex Sindaco Gianni Alemanno, l’iter seguito fu il seguente (corretto da un punto di vista sia politico sia amministrativo):

21 gennaio 2010 – ordine del giorno n.21 che, approvato all’unanimità dall’Assemblea Capitolina, impegna il Sindaco a presentare al CONI la candidatura di Roma ad ospitare i XXXII Giochi Olimpici e ai XVI Giochi Paralimpici del 2020;
18 maggio 2010 – il Consiglio Nazionale del CONI accoglie la candidatura di Roma;
08 giugno 2011 – il Direttore del Dipartimento Sport esprime parere favorevole circa la regolarità tecnica della deliberazione in oggetto;
12 luglio 2011 – il Ragioniere Generale esprime parere favorevole circa la regolarità contabile della deliberazione in oggetto;
14 luglio 2011 – con deliberazione n.54 dell’Assemblea Capitolina approva con 51 voti favorevoli, 2 contrari e l’astensione dei Consiglieri Rossin e Storace, la “Autorizzazione alla candidatura della città di Roma ai XXXII Giochi Olimpici e ai XVI Giochi Paralimpici del 2020 e costituzione del relativo Comitato Promotore”.

Monti ‘bocciò’ la candidatura alle Olimpiadi 2020. Con l’arrivo di Ignazio Marino e Matteo Renzi, le cose andarono diversamente:

15 dicembre 2014 – Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, annuncia che Roma si candiderà alle Olimpiadi del 2024 e che Giovanni Malagò, presidente del CONI, assumerò la guida del Comitato Promotore anche se tale dichiarazione non ha mai rappresentato un impegno formale per il Comitato Olimpico Internazionale (CIO);
25 giugno 2015 – L’Assemblea Capitolina approva la mozione per impegnare il Sindaco e la Giunta alla candidatura di Roma 2024;
02 luglio 2015 – il Consiglio Nazionale del CONI accoglie la candidatura di Roma;
15 settembre 2015 – Roma presenta la sua candidatura ai giochi olimpici nella cosiddetta “prima fase”;
17 febbraio 2016 – consegna al CIO della fase 1 del dossier;

Fino ad oggi dunque c’è stata solo una manovra politica del Governo Renzi, nata per far dimenticare anche le vicende di Mafia Capitale. Non a caso, mentre si votava la mozione, Francesco D’Ausilio si dimetteva da capogruppo capitolino del PD e veniva partorito un dossier ricco di imbarazzanti affermazioni. Ne riportiamo alcune:

1) “La vera forza della candidatura italiana è disporre del 70% degli impianti sportivi” (tra questi, due ‘chicche’: il Marco Simone Golf & Country Club e i padiglioni della Fiera di Roma per sport indoor);
2) “Le Olimpiadi consentiranno di realizzare, potenziare e mettere a sistema opere che cambieranno la mobilità a Roma. La “cura del ferro” sarà il cuore degli interventi infrastrutturali previsti” (tra cui, ovviamente, il potenziamento della Roma-Lido!)
3) “I costi operativi sono pari a circa 3,2 miliardi e riguardano organizzazione, sicurezza, anti-doping, gestione eventi e impianti temporanei, e saranno interamente coperti dal CIO, dalle sponsorizzazioni, da “marketing”, “merchandising” e proventi della biglietteria. I costi di investimento (2,1 miliardi) riguardano il Villaggio Olimpico, i centri Media, gli impianti sportivi permanenti, gli impianti di allenamento e saranno a carico dello Stato e non delle singole amministrazioni comunali

In pratica, un insieme di interventi urbanistici (p.es. il Villaggio Olimpico) e infrastrutturali (p.es., il Grande Raccordo Anulare delle Biciclette), che spaziano dal rifacimento e/o adeguamento degli impianti sportivi fino alla mobilità, pagati dal CIO (1,7 miliardi di euro), dai privati (1,5 miliardi di euro) ma soprattutto dalla pubblica amministrazione (2,1 miliardi di euro). Tutto questo senza che il CONI abbia concordato con il Comune di Roma (città ospitante per volontà di Matteo Renzi), almeno i seguenti punti:

– lo Statuto del Comitato Promotore, per condividere e concertare obiettivi e finalità dell’evento (ma anche la composizione dell’organico)
– un organo di controllo per sovraintendere insieme l’impatto dell’evento sulla città in termini di vivibilità urbana, opere pubbliche e assetto urbanistico, nonché la ricaduta dei progetti anche oltre l’evento olimpico e paraolimpico per il potenziamento dell’impiantistica sportiva e dello sport di base;
– strumenti amministrativi per coordinare le iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’evento olimpico e paraolimpico, stimolando la partecipazione della cittadinanza anche in termini di idee e progetti.

Nulla di tutto questo è stato fatto dal trittico Renzi-Malagò-Marino eppure oggi strillano ad un presunto “danno erariale” compiuto dalla giunta Raggi, senza avere in mano alcun strumento giuridico a supporto e senza aver mai ottemperato all’obbligo di giustificare la spesa di quasi 20 milioni di euro da parte del Comitato Promotore in 18 mesi di attività.

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RIFIUTI ROMA – MARINO, MURARO … MA ZINGARETTI?

zingaretti-immaginaPerché nessuno chiede conto a Zingaretti sui rifiuti.

Mentre a Roma imperversa un architettato e squallido scontro politico condotto dal PD sul caso Muraro, Assessore all’Ambiente della neo Giunta di Roma, nessuno parla delle responsabilità della Regione Lazio in tema di rifiuti, sia delle precedenti giunte, sia di quella attuale governata da Zingaretti (PD). Per capire cosa sta accadendo, è necessario fare un po’ di chiarezza partendo proprio dalla procedura di infrazione europea sulle discariche abusive.

Il caso riguarda la mancata esecuzione della prima sentenza di condanna del 26 aprile 2007 per violazione della direttiva rifiuti 75/442/CE (modificata dalla direttiva 91/156/CEE), della direttiva 91/689 CEE e della direttiva 1999/13/CE in riferimento a 200 discariche presenti sul territorio di 18 Regioni italiane. Tra queste 200, 21 erano ubicate nel Lazio, di cui 1 di rifiuti pericolosi (dati del Ministero dell’Ambiente, marzo 2015). Il 2 dicembre 2014 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha finito per condannare l’Italia al pagamento, per le suddette violazioni, di una sanzione forfettaria di “40 milioni di euro e di una penalità semestrale di 42,8 milioni di euro da pagarsi fino all’esecuzione completa della sentenza”. A marzo 2016, dopo una serie di interventi, le discariche da 200 sono passate a 155.

Nel frattempo però si è concretizzata la procedura d’infrazione relativa alla gestione dei rifiuti urbani nella Regione Lazio (2011/4021) con relativa sentenza del 15 ottobre 2014 per il mancato rispetto dell’articolo 6 della Direttiva 2008/98/CE sui rifiuti, ai sensi del quale gli Stati membri devono provvedere affinché siano conferiti in discarica solo rifiuti adeguatamente trattati.

L’indagine della Commissione, inizialmente focalizzata su Malagrotta, era partita nel 2009. A marzo 2011, le autorità italiane avevano tentato di sfuggire alla procedura d’infrazione, sostenendo che tutti i rifiuti conferiti in discarica a Malagrotta dovevano essere considerati come rifiuti “trattati”. La Corte però ha dato ragione alla Commissione europea, che non aveva accettato l’argomentazione italiana, sottolineando come la sola triturazione o compressione dei rifiuti indifferenziati, senza un’adeguata selezione e una qualche forma di stabilizzazione delle diverse frazioni dei rifiuti, non risponde agli obiettivi della direttiva Ue.

La sentenza del 15 ottobre 2014 dunque si applicava alle discariche del Lazio che al primo agosto 2012 non erano in regola: cinque dell’Ambito Territoriale Ottimale (ATO) di Roma (Malagrotta, Colle Fagiolara, Cupinoro, Montecelio-Inviolata e Fosso Crepacuore) e due nell’ATO di Latina, ubicate a Borgo Montello.

A ottobre 2013 Marino ha ‘chiuso’ Malagrotta, per anticipare la inevitabile sentenza e mitigare i danni, senza aver però definito un piano ben preciso per sostituirla. Oggi è la Sindaca di Roma, Virginia Raggi, a far notare questa grave inerzia: “Siamo assolutamente convinti della chiusura di Malagrotta, anzi continuiamo a invitare Cerroni ad effettuare le operazioni di bonifica. Sarebbe interessante capire come mai nessuno, fino ad oggi, lo abbia invitato a farle visto che sono previste per legge. Sarebbe anche interessante capire come mai quando Marino ha pensato di chiudere Malagrotta non abbia approntato un sistema congruo di smaltimento dei rifiuti. Noi, quindi, oggi stiamo scontando l’effetto di una politica disastrosa fatta negli ultimi venti anni sui rifiuti“.

Le colpe sono di Marino? Le colpe sono della Raggi? Forse le colpe sono soprattutto di Zingaretti, Governatore della Regione Lazio dal 12 marzo 2013. Ricordiamo infatti che è nella fase di lettera di messa in mora notificata, ai sensi dell’art. 258 TFUE, la procedura di infrazione relativa ai “Piani regionali di gestione dei rifiuti”, in violazione della direttiva 2008/98/CE (P.I. 2015/2165), da cui però si salva il Lazio, messosi teoricamente in regola nel 2012. Dunque, sarebbe (sulla carta e nei proclami) chiara per il Lazio (e non solo per Roma) la modalità con cui smaltire i rifiuti.

Prendendo atto che le responsabilità di un Comune o di una partecipata sono condizionate dalle scelte regionali, prendendo atto della relazione dell’assessore regionale ai rifiuti Mauro Buschini (18 luglio 2016), in cui si evidenzia la chiusura definitiva della discarica di Malagrotta, è veramente risolto nel Lazio lo smaltimento dei rifiuti con gli impianti esistenti di Trattamento Meccanico-Biologico (TMB) e con gli impianti di lavorazione della differenziata? La risposta è no.

Nel caso di Roma, città ancora in pieno sviluppo demografico, passare dal sistema a discarica di Malagrotta (chiusa nel 2013) a quello idealizzato richiede per la sua attuazione almeno 7-8 anni, dunque per il 2020-2021. Tre anni li abbiamo già persi grazie a Zingaretti, ma se si continua a litigare a Roma e a non far lavorare l’amministrazione, scelta dai cittadini, si rischia di venire sommersi dalla mondezza e di invalidare l’idoneo trattamento dei rifiuti urbani da conferire in discarica, non rispettando per altro il fabbisogno della Regione Lazio in termini di recupero energetico di rifiuti.

In altre parole, Marino (PD) ha fallito l’obiettivo, Zingaretti (PD) sonnecchia e la colpa è tutta della Raggi (M5S). I giudici che hanno emesso questa sentenza? I cronisti di importanti quotidiani nazionali, che hanno dimenticato di informare su quanto sopra divenendo più o meno consapevolmente editorialisti fiancheggiatori di chi non vuole fare un mea culpa, politicamente necessario, così da coprire non solo il cattivo operato delle amministrazioni locali di centro-sinistra, ma anche lo scellerato comportamento dei vari Ministri dell’Ambiente dal 2009 ad oggi e che appartengono ai partiti che oggi criticano la Raggi che è appena insediata.

La domanda dunque è: se, sulla carta, la Regione Lazio era apposto dal 2012 com’è possibile che dal 2013 non sia stato attuato nulla? Perché nessun cronista/giudice ne chiede conto a Zingaretti?
Ricordiamo che il 13 dicembre 2013, nel corso di una conferenza stampa, il Presidente Nicola Zingaretti e l’ex assessore delegato ai rifiuti Michele Civita, avevano promesso che entro febbraio 2014 il nuovo Piano Regionale dei rifiuti sarebbe sbarcato in Consiglio. Dopo l’arresto di Manlio Cerroni, il monopolista regionale dei rifiuti, avvenuto il 9 gennaio 2014, del Piano si sono perse le tracce. Ora, si dovrà procedere su ordine dei giudici del Tar. Infatti, lo scorso 7 marzo 2016  il Tribunale Amministrativo del Lazio (TAR) ha ordinato alla Regione Lazio “di individuare entro il termine di 180 giorni la rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento rifiuti in ambito regionale”.In questi giorni dunque il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e il nuovo assessore all’Ambiente delegato ai rifiuti, Mauro Buschini, dovranno portare il nuovo Piano Rifiuti in Consiglio per sottoporlo al voto del mini-parlamento regionale. Si tratta del documento che dovrebbe guidare in modo ordinato e razionale, nel rispetto della salute umana e dell’ambiente, il proliferare di impianti dedicati al trattamento della spazzatura urbana. Ma anche agevolare la diffusione e il radicamento della raccolta porta a porta, oltre ai sistemi di riciclo e riuso delle materie prime che rappresentano l’unica vera alternativa al business ‘mortale’ delle discariche, degli inceneritori e degli impianti a ‘bio’ gas e ‘bio’ metano.

Ministri all’Ambiente

  • Alfonso Pecoraro Scanio  (Governo Prodi II, Federazione dei Verdi, 17 maggio 2006 – 8 maggio 2008)
  • Stefania Prestigiacomo (Governo Berlusconi IV, Il Popolo della Libertà, 8 maggio 2008 – 16 novembre 2011)
  • Corrado Clini (Governo Monti, Indipendente, 16 novembre 2011 – 28 aprile 2013)
  • Andrea Orlando (Governo Letta, Partito Democratico, 28 aprile 2013 – 22 febbraio 2014)
  • Gianluca Galletti (Governo Renzi, Unione di Centro, 22 febbraio 2014 – in carica)
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IL LITORALE ROMANO FRONTIERA DI LEGALITA’

IMG_20160828_143026La recente determinazione dirigenziale con cui il Municipio X ha dichiarato la decadenza dalla titolarità della Concessione Demaniale Marittima dello stabilimento balneare MED (ex art.47 del codice della navigazione) desta, a livello urbanistico, elementi di preoccupazione. Da quanto è dato sapere, tra le diverse contestazioni di carattere amministrativo ed edilizio sollevate si sostiene anche che i manufatti realizzati in quell’area, dunque su Demanio Marittimo, non sarebbero conformi alle grandezze edilizie previste dal Nuovo Piano Regolatore Generale (NPRG) del Comune di Roma. Senza scendere nei dettagli, vale la pena ricordare che le Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del NPRG, secondo la Delibera di approvazione del Consiglio Comunale n. 18 del 12 febbraio 2008, individuano il Demanio Marittimo come zona di “Verde pubblico e servizi pubblici di livello locale” (cfr. Elaborato 3a Stralcio della pianificazione vigente: Piano Regolatore Generale: sistemi e regole, normato dall’art. 85 delle NTA). Inoltre, tra le funzioni ammesse in tale area, le uniche destinazioni possibili sono quelle di verde pubblico ed in particolare di “aree per il gioco dei ragazzi e dei bambini e per il tempo libero degli adulti: eventualmente attrezzati con chioschi, punti di ristoro, servizi igienici” (comma 1, lettera d). A tale destinazione corrispondono (comma 2) determinati parametri e grandezze urbanistico-ecologiche, che si riassumono (per la realizzazione di tali servizi di livello locale) in un indice di edificabilità pari a 0,05 mq/mq. Ciò vuol dire che sui 1.700 mq di concessione del MED sarebbero edificabili solo 85 mq.
Ora, secondo l’elenco delle Concessioni Demaniali Marittime ricadenti nel territorio del Municipio Roma X (pubblicato il 4 gennaio 2016 ed aggiornato recentemente, il 3 agosto 2016) il MED avrebbe 125 mq di opere di facile rimozione (chioschi, cabine, rimessa attrezzi, etc), dunque 40 mq in più. Tale eccedenza esisteva già nella determinazione dirigenziale n.846 del 24 marzo 2014, con cui la concessione dello stabilimento balneare MED è stata dichiarata valida fino al 31 dicembre 2020. Allora cosa è cambiato da quella data ad oggi da determinare la decadenza della concessione? Questa è la domanda che una corretta amministrazione pubblica dovrebbe porsi. In altre parole, per il principio della continuità amministrativa, la prima indagine dovrebbe svolgersi all’interno dei propri uffici per verificare la regolarità della proroga della concessione fino al 2020, avvenuta sotto l’amministrazione di Andrea Tassone, PD, arrestato per Mafia Capitale il 4 giugno 2015. Nulla di questo è stato fatto e la determinazione dirigenziale 846/2014 dal 29 agosto 2016 continua a valere per tutti ad eccezione che per il MED, ledendo un principio fondamentale della legalità e cioè l’applicabilità delle norme e dei regolamenti per tutti e non solo per alcuni.
Questa dislessia amministrativa nella gestione di un bene pubblico, come quello demaniale, pone due questioni: l’interesse pubblico della fascia demaniale e l’attuazione prossima ventura del PUA, cioè del Piano Urbanistico degli Arenili.
Secondo gli studi del Comune di Roma, risulta che su tutto il Litorale romano esiste una capacità insediativa residua che ammonta a ben 17.086,03 mq di SUL (la Superficie Utile Lorda è, in urbanistica, “la somma delle superfici di tutti i piani fuori terra, seminterrati ed interrati” comprensive di tutti gli elementi quali, p.es., scale, portici, etc.). Dunque ancora molto è edificabile ed è per questo che occorre disciplinare la fascia demaniale marittima ai fini del rilascio e della regolamentazione delle concessioni. L’obiettivo generale dovrebbe essere il miglioramento dei servizi alla balneazione nel rispetto dei vincoli ambientali e paesistici, cioè in altre parole, riconoscere un interesse pubblico, un interesse collettivo, da tradurre non solo nel diritto di accesso al mare ma, in forma più estesa, nel diritto di fruire del mare e dell’arenile. Potervi accedere, ma non usufruirne non ha alcun senso. Un cattivo esempio, sotto gli occhi di tutti, sono i servizi negati quest’anno sulle spiagge di Castelporziano e di Capocotta, oggetto di un discutibile comportamento amministrativo che ha demolito senza ricostruire, per cui il cittadino trova arenili senza bagnini di salvataggio e relative postazioni, senza servizi igienici, senza presidi sanitari e aree d’ombra assenti o inadeguate, senza alcuna regolamentazione di accesso ai mezzi di trasporto pubblici e privati. Dunque, gli arenili sono stati di fatto sacrificati per una discutibile applicazione della legalità e non si comprende (o forse sì) a favore di chi. Certamente non dei cittadini.

In questo confuso contesto si è inserita la nuova Legge Regionale del 26 Giugno 2015, n. 8 (Pubblicata nel BURL n° 52 del 30 Giugno 2015), “Disposizioni relative all’utilizzazione del demanio marittimo per finalità turistiche e ricreative. Modifiche alla L.R. del 6 agosto 2007, n. 13, concernente l’organizzazione del sistema turistico laziale, e successive modifiche”, di cui recentemente è stato pubblicato anche il Regolamento attuativo. Vale la pena ricordare che da alcuni anni gli stabilimenti balneari sono a tutti gli effetti imprese turistiche e dunque deve esserne ampliato il periodo di apertura delle attività, promuovendo la destagionalizzazione dell’offerta turistica e “lo svolgimento di attività collaterali alla balneazione” mediante utilizzo delle “strutture di facile rimozione utilizzate per finalità turistiche e ricreative, eventualmente presenti sull’area demaniale marittima assentita in concessione“. Una rivoluzione, che dovrà passare per ogni Assemblea Comunale di tutti i comuni marittimi del Lazio, compresa Roma Capitale e dunque Ostia.

Quello a cui si assiste in questi mesi va nella direzione opposta. Ostia, commissariata per mafia per “salvare Roma Capitale dal Commissariamento”, senza alcuna pianificazione territoriale che faccia riferimento ai punti sopra citati, si è caratterizzata durante questa stagione balneare per la spasmodica ricerca delle irregolarità amministrative od edilizie all’interno delle singole concessioni marittime, decontestualizzate da un inquadramento urbanistico che invece doveva avere come riferimento ‘alto’ il raggiungimento dell’interesse pubblico del mare tramite anche l’utilizzo della nuova legge regionale.
Si assiste dunque a inutili (e costose) prove di forza tra amministrazione e concessionari, finalizzate a rimuovere poche decine di mq, demonizzando un’intera categoria, che divengono così gli unici colpevoli, senza ‘indagare’ l’operato degli amministrativi che hanno firmato le precedenti autorizzazioni e senza alcun rispetto verso gli interessi del Cittadino, primus inter pares.

Il mare non è frontiera per l’esibizione del machismo della legalità.

Paula de Jesus per LabUr

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OSTIA, RIAPRE IL CAMPEGGIO CAPITOL

campeggio capitol

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis) ha pronunciato il 30 agosto 2016 l’ordinanza cautelare per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, della determinazione n. 919 del 15.06.2016 con la quale è stata ingiunta la rimozione o demolizione delle opere abusivamente realizzate in via di Castel Fusano 195 (il famoso Campig Capitol).
Ebbene, visti tutti gli atti, ha accolto la sospensione del provvedimento impugnato, imponendo all’Amministrazione di riesaminarlo e fissando per il proseguo la camera di consiglio del 18.01.2017.
Cosa dire? A parte la disinformazione fatta da Repubblica noi attendiamo ancora una risposta da parte degli Enti interessati circa il nostro esposto del 2 marzo 2016, tra cui la segnalazione riguardo i fatti di Mafia Capitale. Avendo tempo fino a gennaio 2017 speriamo che l’amministrazione commissariata del Municipio X sappia ‘liberarsi’ da certi vecchi indirizzi politici e che prenda in considerazione i veri fatti, che sono quelli da noi denunciati. Questa forma di inerzia è infatti un grave danno erariale perché la proprietà del campeggio, oltre a denunciare Repubblica per diffamazione (non era per esempio vera la notizia della ripresa dei lavori), finirà per chiedere i danni all’amministrazione pubblica che si stimano essere almeno di 4.000.000 di euro.
Nel frattempo apprendiamo dalla testata locale di OstiaTv che proprio in questi giorni “la nuova struttura di via di Castelfusano ha ospitato due delegazioni di tour operator tedesco e olandese: in autunno accoglierà 600 ospiti. Al lavoro per garantire ospitalità a centinaia di giovani atleti cinesi e giovanissimi calciatori del Manchester, Real Madrid, Bayern e Benfica. Il prossimo 16 settembre il pregio architettonico-ambientale del villaggio sarà uno dei temi del XIX workshop turistico internazionale Buy Lazio organizzato dalla Regione“. Complimenti a tutti soprattutto alla Regione Lazio governata da Nicola Zingaretti (PD) che aveva in forte anticipo previsto la ‘riapertura’ del campeggio.

 

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OSTIA, CAMPING CAPITOL: CHI SI VUOLE PROTEGGERE DISINFORMANDO?

Capitol ritrovamenti archeologiciProsegue senza sosta la disinformazione de La Repubblica sul camping Capitol (1) da parte di un giornalista che ha difeso per mesi Andrea Tassone (PD), il mini-sindaco di Ostia arrestato per Mafia Capitale, e che nulla ha avuto da dire sul suo vice, Sandro Lorenzatti (SEL), che per 9 anni non ha visto niente nonostante sia stato per 6 anni membro della Commissione di Riserva e 3 anni in Municipio X. Mai un accenno neppure alle intercettazioni di Mafia Capitale tra Buzzi e Fabrizio Testa proprio sul camping Capitol, che abbiamo ampiamente documentato (2).

GLI ESPOSTI
L’annosa questione Capitol si è riaperta dopo l’esposto di LabUr del 2 marzo 2016, indirizzato al Comune di Roma, al X Municipio, al CBTAR, alla Regione Lazio e al Corpo Forestale dello Stato, al quale è seguito, il 7 marzo, un controllo presso le strutture del campeggio da parte del Municipio X e dal comandante del X Gruppo ‘Mare’ del Corpo di Polizia Locale, Antonio Di Maggio. Falso dunque che l’unica “denuncia” sia di Angelo Bonelli (Verdi), di cui La Repubblica tesse incomprensibili lodi, che interviene sulla questione, dopo l’esposto di LabUr, il 12 marzo 2016 su Facebook, ripreso dal Corriere della Sera solo il 13 maggio 2016. L’articolo del Corriere si riferisce ad un’inchiesta su 11 campeggi di Roma condotta dal pool di PM Antonio Calaresu, Francesca Passaniti e Antonino Di Maio, coordinati dall’aggiunto Roberto Cucchiari. Gli approfondimenti sul Capitol sono stati delegati proprio al comandante Antonio Di Maggio, in possesso dell’esposto di LabUr del 2 marzo. I reati denunciati erano gli stessi contemplati nella determinazione n.919 del 15.06.2016, con la quale è stata ingiunta la rimozione o demolizione delle opere abusivamente realizzate nel campeggio. Quindi, l’ispezione del 7 marzo avviene a seguito dell’esposto di LabUr che riguardava proprio le strutture igienico sanitarie del campeggio, in funzione dello stato dei lavori, in forte ritardo, e dei loro futuri collaudi, motivo per cui il campeggio non ha mantenuto la promessa di aprire nella primavera del 2016. Sembra che Bonelli abbia solo fatto un  esposto (non una denuncia) alla Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) il 25 maggio 2016 quando ormai le indagini erano state avviate dalla Procura di Roma. A confermarlo su facebook lo stesso Bonelli, che non manca mai, da navigato politico, di pubblicizzare le sue attività. Dunque, nessuna denuncia da parte sua prima del 2 marzo 2016, così come non v’è traccia nella storia di sue denunce sul Porto di Roma ad Ostia per quanto accaduto nel 2008, e come sia andata a finire è cosa nota; la LIPU è lì a testimoniarlo. Chiediamo dunque a Bonelli di rendere pubblica la sua denuncia in Procura sul Capitol, se esiste. Una denuncia che non viene menzionata neppure quando un utente su facebook gli scrive “vi svegliate sempre troppo tardi”. Bonelli risponde: “nel 2007 i lavori furono sequestrati grazie ad un mio esposto !!!”. Vero, le denunce di Bonelli sono ferme al 2007. Perché dunque La Repubblica, dopo aver confuso un decreto con una sentenza, si comporta come se fosse l’ufficio stampa di Bonelli? “Cui prodest scelus, is fecit”?

L’ANOMALIA E GLI OMESSI CONTROLLI
Il 3 maggio 2016, sulla base di una decisione presa il 26 aprile, il Presidente del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), Salvatore Mezzacapo, ha dichiarato ‘perento’ il ricorso numero di registro generale 2489 del 2009, proposto dalla Società SIL Campeggi Srl per l’annullamento del provvedimento di cui alla nota Regione Lazio – Dipartimento Territorio – Direzione Generale Ambiente e Cooperazione tra i Popoli – Area 2S/04, prot. n. 8177/09. In altri termini, la SIL non ha più presentato istanza di fissazione di udienza nel termine di 180 giorni dopo la comunicazione, avvenuta in data 18 giugno 2015 a mezzo pec, perché evidentemente era confidente di aprire nella primavera 2016. Chi o cosa gli garantiva questa certezza?
Sul Capitol molti hanno omesso di controllare, come dovuto, in tutti questi anni: la Regione Lazio, il Comune di Roma, il Municipio X, a partire dall’amministrazione Tassone a quella di Sabella, nonostante LabUr avesse dal 2012 (3) denunciato e chiesto chiarimenti sia sulla questione del taglio dei pini sia sul procedimento di VIA (Prot. 478964 del 8/11/11), di cui non si sa più nulla.
Infine, il commissariamento di Galletti è un’altra inutile sovrapposizione alla gestione straordinaria della Riserva. Infatti, con decreto del Presidente della Regione Lazio (n. T00468 del 16 dicembre 2014), in ottemperanza alle Sentenze T.A.R. Lazio nn. 3764/2009 e 12651/2009, era già stato nominato il Dott. Vito Consoli, Direttore dell’Agenzia Regionale Parchi (A.R.P.), Commissario ad acta, con il compito di attivare tutti gli adempimenti necessari ai fini della conclusione della procedura amministrativa di adozione del Piano di Gestione e del Regolamento attuativo della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano. Tutto ignorato sia dall’ex Sindaco, Ignazio Marino, sia dall’Assessore alla Trasformazione Urbana, Giovanni Caudo, sia dal Municipio X, con Tassone e Lorenzatti e poi con Sabella. Per queste ragioni LabUr procederà a fare una dettagliata denuncia in Procura.

(1) http://www.labur.eu/public/blog/?p=1841
(2) http://www.labur.eu/public/blog/?p=1827
(3) http://www.labur.eu/public/blog/?p=1174

Paula de Jesus per LabUr

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OSTIA, RIAPERTURA CAMPEGGIO CAPITOL: ANCHE OGGI UNA PAGINA DI DISINFORMAZIONE.

riapertura campeggio capitolIncomprensibile la disinformazione di certa stampa sul campeggio Capitol, di cui LabUr ha ampiamente scritto (1). La verità dei fatti è che con decreto del Presidente della Sezione Seconda Bis de Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Elena Stanizzi, depositato in segreteria il 14 luglio 2016, è stato autorizzata “l’attività ricettiva limitatamente alle opere ritenute conformi al progetto di cui all’autorizzazione unica“. In altre parole, come dice lo stesso sito del campeggio Capitol (http://www.campingcapitol.com) “da sabato 6 agosto aprirà il settore campeggio“, dunque roulotte, caravan e tende.
Non è vero, come ha scritto ad esempio La Repubblica, che sono ripresi i lavori, così come non è vero il racconto delle origini delle indagini, visto che il primo controllo del 7 marzo 2016 è stato originato dall’esposto di LabUr inviato il 2 marzo 2016 al Comune di Roma, al X Municipio, al CBTAR, alla Regione Lazio e al Corpo Forestale dello Stato, come ben sa il Direttore del Municipio, Arch. Cinzia Esposito, e il comandante Antonio Di Maggio, a capo dei VV.UU. Gruppo Mare. Sul Capitol in questi ultimi anni c’è stato un silenzio assordante a partire proprio dagli elogiati da La Repubblica a cui spettava il controllo: l’ex presidente del Municipio X (Andrea Tassone, PD, finito agli arresti per Mafia Capitale) e l’ex vicepresidente del Municipio X (Sandro Lorenzatti, SeL). Il primo ha addirittura autorizzato il rifacimento (comunque necessario) di tutta via di Castelfusano, con procedure amministrative a dir poco discutibili, allo scopo di favorire soprattutto la riapertura del campeggio. Il secondo, Sandro Lorenzatti, storico ‘verde’, è stato Membro rappresentante per la Regione Lazio della Commissione della Riserva Naturale Statale “Litorale Romano” (2006-2012), riserva naturale dove appunto si è insediato il campeggio (Tipologia 1, area ‘intoccabile’). Il silenzio di Lorenzatti è proseguito anche dal 2013 al 2015, cioè mentre i lavori del campeggio procedevano indisturbati. Ora, in merito all’annullamento della “determinazione n. 919 del 15.06.2016, con la quale è stata ingiunta la rimozione o demolizione delle opere abusivamente realizzate in via di Castel Fusano 195” è stata fissata “per la trattazione collegiale della controversia la camera di consiglio del 30 agosto 2016“. Se il Comune di Roma avrà ragione, rimarrà inalterato il termine di rimozione e demolizione delle opere entro i 90 giorni decorrenti dalla data di notifica della determinazione, avvenuta in data 27 giugno 2016. Dunque, sorprendono alcune dichiarazioni ‘audaci’ quale “a settembre sarà un grande evento a festeggiare la rinascita di una struttura già presente negli anni Ottanta, destinata a riqualificare e rilanciare turisticamente il mare di Roma“, perché negli anni Ottanta quel cemento non c’era.
Le carte vanno lette, capite e rese disponibili ai lettori e ai cittadini rispettandone il contenuto e non alterandolo per scopi poco nobili che nulla hanno a che fare con l’informazione.

(1) I CAMPEGGI DI OSTIA DIMENTICATI DA ‘MAFIA CAPITALE’
http://www.labur.eu/public/blog/?p=1827

Paula de Jesus per LabUr

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PORTO DI OSTIA: QUANTI SONO I POSTI BARCA?

immagine del porto

Quanti posti barca ha, secondo l’Accordo di Programma, cioè lo strumento urbanistico che ne ha consentito la realizzazione, il Porto di Ostia? Il Comune di Roma non lo sa.
Sembra incredibile ma dai documenti in nostro possesso emerge una situazione grottesca di cui avevamo già accennato in un precedente articolo. Procediamo con ordine.
Il primo documento di riferimento è l’atto del Notaio Marina Fanfani (rep. 46322 racc. 12233 del 23/9/2002, registrato a Roma il 11/10/2002, n.15879 serie 1/T), il secondo
documento è invece l’Ordinanza n.20/2010 della Capitaneria di Porto di Roma (aggiornata con Ordinanza n.52/2012 del 27 giugno 2012), porto di ostia capitaneria vs fanfanifirmata dall’allora Comandante Pietro
Maradei. L’atto notarile riporta la tabella millesimale di tutte le unità immobiliari del Porto di Ostia (compresi i posti barca, con tanto di relativo riferimento catastale) e la tabella di quelle soggette a spese di utenza. E’ dunque il documento più affidabile. Dalla tabella in foto si capisce che qualcosa non torna: 794 posti barca iniziali contro gli 831 finali.

In pratica dal 2002 al 2010 aumentano di punto in bianco i posti barca: più 37 posti barca con quasi 1.500 mq in più di superficie d’acqua a disposizione dei diportisti. Per il
Comune di Roma invece (sempre nel 2010) i posti barca sono 808 perché i tecnici del Comune di Roma invece di ‘contare’ i posti barca prendono al posto di questi il numero più
alto del riferimento catastale. Addirittura nel documento di partecipazione per l’ampliamento del porto i posti barca diventano (sempre nel 2010) 850! Per non parlare del sito ufficiale del Porto di Ostia (http://www.portoturisticodiroma.it) dove ne risultano 840.

Non si capisce bene quali controlli abbia effettuato la Capitaneri di Porto che già con un precedente decreto (il 53/2000 del 12 dicembre 2000, Regolamento per l’esercizio e l’uso
del Porto Turistico di Roma) aveva dettagliato l’argomento ancor prima che il Porto di Ostia venisse inaugurato. Solo successivamente l’articolo 43 del Regolamento con
indicazione dei posti barca è stato modificato su istanza della società A.T.I. (concessionaria del porto) in data 20 settembre 2002 con entrata in vigore il 1 novembre 2002, mentre
l’indicazione degli 831 posti barca è stata modificata con istanza della società Porto Turistico di Roma il 5 dicembre 2007.

I posti barca, dentro un porto che è il porto di Roma, sono una miniera d’oro. Basti pensare che nel 2011 comprare il posto barca n.789 del riferimento catastale (idoneo per una barca fino a 40 metri) costava 700.000 euro (cessione del diritto di utilizzo fino al 2048) o che l’affitto del posto di una barca di 10 metri costava 4.260 euro all’anno (esclusi i consumi idrici: il 5% dell’importo di riferimento cioè 213 euro).
Neanche è chiaro per il Comune di Roma se il Porto di Ostia rispetti la disponibilità prevista dal Regolamento del 10% dei posti barca a favore delle navi in transito. Insomma un bel papocchio di cui da tempo si lamentano i diportisti del Porto di Ostia che, essendo titolari di posti barca e dunque delle unità immobiliari (art.53 del Regolamento) sono tenuti al pagamento delle quote di loro pertinenza per i servizi di cui all’art.10 tra cui il dragaggio per il mantenimento dei fondali, lettera o), opera non eseguita con correttezza p.es. all’imboccatura del porto. Per inciso: il consuntivo del 2014 per le spese di utenza è stato di 2.829.871, 45 di cui ben 200 mila euro per la manutenzione dei fondali (diventati 250 mila nel preventivo del 2015).

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I CAMPEGGI DI OSTIA DIMENTICATI DA ‘MAFIA CAPITALE’

agenda buzzi fabulous

Tra le righe delle centinaia di migliaia di pagine scritte su Mafia Capitale esistono ‘spunti’ investigativi mai presi in considerazione. Tra questi, due in particolare riguardano due campeggi del litorale romano. Nessuna indagine è in corso su questi elementi e nessuna contestualizzazione è mai stata fatta. Risulta comunque anomalo che (alla luce di quanto accaduto) indizi così importanti non siano mai stati approfonditi dalle autorità competenti. Vogliamo dunque citarli così come riportati, senza alcun commento aggiuntivo. Entrambi fanno parte degli affari di Salvatore Buzzi con la pubblica amministrazione, affari più o meno leciti ma che rendono bene l’idea della ragnatela tessuta da quel sistema corrotto chiamato Mafia Capitale.

CAMPEGGIO CAPITOL (via di Castel Fusano, 195)
Fabrizio Testa parlando con Salvatore Buzzi in data 21 ottobre 2014 alle ore 14:15 ad un certo punto dice: “Senti, poi io ho notizie che riguardano quel famoso campeggio. Una dirigente molto carina si è messa a disposizione, quindi se mi dai un tecnico… perchè ci sono talmente tanti problemi che mi ha detto: <io non… sono talmente tanti che… venite qua. Io vi sconsiglio, però venite qua e vi racconto tutto>“.
Il ‘tecnico’ viene richiesto da Testa a Buzzi e l’appuntamento viene preso per giovedì 23. L’accordo è chiaro: “Andiamo io e te e ci facciamo dire quali sono i problemi
Giovedì 23 ottobre alle ore 12:48 Buzzi però chiama Testa e quest’ultimo gli manda via sms il numero di telefono della dirigente del Comune di Roma. La dirigente è in attesa della telefonata da parte di Buzzi (“le dici che l’ha anticipato la segretaria di Luca Gramazio per raccontarti tutto… le racconto tutto non c’ho problemi, e racconto tutta la questione che riguarda il campeggio“). La dirigente è Donatella Donati del Comune di Roma che attualmente ricopre la funzione di Dirigente – Unità Amministrativa Municipio I. Nel periodo delle intercettazioni Donatella Donati era Dirigente della U.O. Sportello Unico Attività Ricettive (S.U.A.R.) del Dipartimento promozione del Turismo e della Moda, con compiti ben precisi relativamente alle attività ricettive di campeggi e villaggi turistici, come qui di seguito elencato:

• Ricevimento delle Segnalazioni Certificate di Inizio Attività degli esercizi ricettivi (S.C.I.A.);
• Verifica della conformità delle documentazioni e dichiarazioni allegate alla S.C.I.A. ed invio delle stesse agli altri Uffici preposti al controllo delle attività;
• Attuazione del procedimento unico ai sensi del D.P.R. 160/2010 nel caso di strutture ricettive soggette a vincoli.

Non solo, ma ha avuto anche l’incarico di direzione subapicale della U.O. “Aree Protette” presso il Dipartimento Tutela Ambientale e del Verde di Roma Capitale (almeno fino al 21 maggio 2015) che includeva il Servizio Riserva Naturale Statale del Litorale Romano, articolato in due Uffici:

• Ufficio Autorizzazioni Riserva Litorale e Pianificazione Ambientale
• Ufficio Promozione Riserva Litorale

Oggi per il campeggio Capitol vige un’ordinanza di demolizione da parte del Municipio X, dopo una serie di accertamenti condotti dal Gruppo X Mare del Corpo di Polizia Locale di Roma Capitale. Anche LabUr aveva presentato un esposto.

CAMPEGGIO FABULOUS (via di Malafede, 205)
Questo campeggio è da poco entrato nell’occhio del ciclone per una serie di realizzazioni abusive. In pratica “installando stabilmente 142 case mobili all’interno degli oltre 150 ettari di pineta è stato trasformato in una “struttura ricettiva atipica, assimilabile a un villaggio turistico“. Per ora è tutto fermo da parte del Municipio X ma la notizia ha destato scalpore in quanto il campeggio risulta essere stato acquistato dalla Banca Etruria. In realtà il legame del campeggio con Mafia Capitale risulta dall’agenda di Salvatore Buzzi in cui compare scritto (foto): “60 casette x 625 euro = 37.500 Faboulus” proseguendo con una serie di ‘aggiustamenti’ in conteggi da assegnare. Compare anche un nome che sembrerebbe appartenere a Lozada Hernandez Nitza del Valle, la ex-moglie venezuelana dell’ex-vice capo di gabinetto di Walter Veltroni, Luca Odevaine (arrestato per corruzione aggravata).

 

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OSTIA. COSA C’E’ DIETRO L’ONDATA DI SEQUESTRI E DISSEQUESTRI DEGLI STABILIMENTI BALNEARI SUL LITORALE ROMANO

foto lungomuro

Realizzare una corretta pianificazione del Lungomare romano sarebbe cosa semplice se non ci fossero 60 anni di ‘costruito’. In realtà è come se volessimo dotare Roma di un nuovo Piano Regolatore considerando fattibile la demolizione del Colosseo (come pensò Papa Sisto V). In fondo l’abuso urbanistico ed ambientale con cui Vespasiano cancellò il laghetto alimentato dal Rio Labicano, ripristinato a suo tempo da Nerone come spazio per la sua Domus Aurea, grida ancora vendetta. A Ostia da un po’ di mesi regna la schizofrenia. Da un lato si vuole buttar giù il ‘Lungomuro’ nel tratto della città da sempre urbanizzato, dall’altro si vuole ricostruire un ecomostro come l’ex stabilimento Roma. E’ bene ricordare che sul Lungomare viene tutelato dal Comune di Roma perché ‘negozio storico’, l’esercizio di bar e ristorante dello stabilimento “La Vecchia Pineta”, che assieme al Rex (ora Tibidabo), al Plinius, all’Urbinati, al Kursaal, al Battistini, all’Elmi, allo stabilimento della Lega Navale e a molti altri rappresentano, fino al 1950, l’evoluzione del borgo marino sorto nel 1916.

LA NUOVA LEGGE DELLA REGIONE LAZIO
Nella Legge Regionale del 26 Giugno 2015, n. 8 (Pubblicata nel BURL n° 52 del 30 Giugno 2015), “Disposizioni relative all’utilizzazione del demanio marittimo per finalità turistiche e ricreative. Modifiche alla L.R. del 6 agosto 2007, n. 13, concernente l’organizzazione del sistema turistico laziale, e successive modifiche” varata dalla giunta Zingaretti, un particolare interesse lo ricoprono i seguenti due comma dell’articolo 7 (Disposizioni transitorie e finali):

5. I comuni sono tenuti a riservare alla pubblica fruizione una quota pari ad almeno il 50 per cento dell’arenile di propria competenza. In caso di mancato rispetto di tale quota, il comune non può rilasciare nuove concessioni demaniali marittime e stabilisce, nell’ambito del PUA, le modalità ed i criteri attraverso i quali raggiunge la quota suddetta. (…)

6. I comuni nella pianificazione della quota prevista al comma 5, sono tenuti a garantire, lungo l’arenile di propria competenza, un’equilibrata presenza di spiagge libere e di spiagge libere con servizi. A tal fine, individuano ambiti omogenei nei quali devono essere previste quote di spiagge libere e spiagge libere con servizi pari almeno al 20 per cento in ciascun ambito omogeneo, fermo restando il rispetto della quota di cui al comma 5.

Per arenile si intende semplicemente la distesa di sabbia sulla riva del mare e dunque il riferimento percentuale non è riferito ai metri lineari ma ai metri quadrati, cioè non alla linea di costa ma alla superficie di quella che comunemente chiamiamo ‘spiaggia’. Il Litorale romano (che va dalla foce del Tevere fino al confine con il Comune di Pomezia) è lungo 15.057,63 ml e ricopre una superficie di 2.662.053,30 mq (cioè “l’arenile”). Gli ambiti omogenei di questo arenile sono così classificati:

  • A. Idroscalo e il Porto di Ostia (nessuna balneabilità)
  • B. Il fronte mare avanti all’urbanizzato
  • C. Da piazza dei Canotti, fino alla stazione metro Colombo
  • D. Dalla stazione metro Colombo, per lungomare Vespucci, fino all’ex Dazio
  • E. Dalla riserva del Presidente al confine comunale

con sei sotto-ambiti

  • B1. Da via Carlo Avegno a via delle Repubbliche marinare (spiaggia libera di ponente)
  • B2. Da via delle Repubbliche Marinare a Piazzale Magellano (Lungomare urbano)
  • B3. Da piazzale Magellano a piazza dei Canotti (stabilimenti storici)
  • E1. Corrisponde ai limiti della tenuta Presidenziale di Castel Porziano non accessibile al pubblico.
  • E2. Dal confine della tenuta presidenziale al fosso del Tellinaro (“I Cancelli”)
  • E3. Dal fosso del Tellinaro alla capanna del Guardiapasso (Capocotta)

Numericamente parlando, sulla base delle planimetrie e concessioni autorizzate, risultano
• Spiagge pubbliche 907.723,81 mq
• Tenuta di Castel Porziano 1.009.209,25 mq
• Spiagge private 745.120,37 mq

Non considerando Castel Porziano, le spiagge pubbliche sono più del 50% di arenile previsto dalla legge e dunque (sempre secondo la Legge Regionale) il Comune di Roma potrebbe rilasciare nuove concessioni demaniali marittime. Dove? Qui sorge un problema: il comma 6 dell’articolo 7 della Legge Regionale stabilisce una quota del 20% di spiagge pubbliche all’interno di ogni ‘ambito omogeneo’. In alcuni ambiti bisognerebbe dunque creare spiagge libere a danno dei concessionari privati, ma non esiste praticamente ambito omogeneo dove si può rilasciare una nuova concessione (p.es. il Lungomare urbano). Per altro alcune porzioni di arenile sono intoccabili perché sono state date in concessione a circoli nautici (è il caso della Lega Navale) e ad aree attrezzate per esercizi di ristorazione (p.es. il Ristorante Peppino a Mare), esistendo anche un complesso residenziale di ‘cottage’ estivi, oggetto di licenza edilizia fin dal 1956, denominato Maresole.

Quale escamotage si sono inventati? Hanno individuato – dentro ambiti omogenei dove è richiesto il 20% di spiaggia pubblica e dove fa gola una nuova concessione (già in bozza al Comune di Roma) – all’interno delle concessioni esistenti “porzioni di spazi pubblici quali varchi o passi carrabili, affidati in gestione a consorzi tra concessionari confinanti”. Non solo, ma “concessioni con ampi fronte mare non minori di 250 ml potranno essere frazionate a condizione che sulla dividente sia individuato un varco pubblico non minore di 15 ml di fronte o una spiaggia libera attrezzata non minore di 30 ml di fronte”.

SEQUESTRI E DISSEQUESTRI
Per raggiungere questo obiettivo è partita da 2 anni la caccia al ‘balneare illegale’ e l’operazione ‘ruspe della legalità’, quasi che ‘ruspare’ abbia i connotati del fuoco purificatore ma non degli abusi edilizi bensì di tutte le nefandezze concesse sul Litorale romano dalle giunte di centro sinistra che hanno governato Roma negli ultimi 30 anni (ricordiamo che solo dal 2011, con il decentramento amministrativo voluto da Alemanno, il Municipio X ha ricevuto la delega per il controllo delle concessioni demaniali marittime). Non a caso il sindaco Marino ha riportato in auge i varchi a mare del 1990, budelli impraticabili e comunque mai realizzati da 3 anni a questa parte.
Tra i chioschi autorizzati in convenzione con il Municipio X ha avuto gli onori delle cronache la gestione del Lotto 8 all’associazione Libera, costretta a restituire la spiaggia assegnata per inadempienza. Tutte le altre spiagge pubbliche (Capocotta e Castel Porziano) versano in situazioni pietose sia per ragioni igienico-sanitarie che per assenza di assistenza a mare. Le spiagge date in concessione ai privati subiscono invece quotidiani attacchi anche per modesti illeciti edilizi, bloccando così, in piena stagione estiva, la loro attività lavorativa e finendo per dissanguare le casse pubbliche per le spese legali sostenute dal Comune di Roma a seguito dei ricorsi in Tribunale.
Non sono stati invece sfiorati gli stabilimenti sul Lungomare Amerigo Vespucci, che si sono stratificati senza un progetto unitario dalla metà degli anni sessanta e poi consolidati e attrezzati. Questi, presentano “… un peso considerevole di servizi di intrattenimento e piscine spesso alternati con CRAL aziendali. E’ l’area di concentrazione anche dei circoli rimasti in gestione allo Stato, particolarmente pesanti in termini di edificazione”.

CONCLUSIONI
Ci troviamo di fronte ad una Legge Regionale confusionaria e ancora oggi senza un regolamento attuativo, pertanto non applicabile, che sta condizionando lo scenario storico-urbanistico del Litorale romano in funzione di scelte puramente speculative. Al contrario di altri Comuni marini, Roma ha già un arenile pubblico superiore al 50% richiesto per legge, ma deve trovare la quadratura magica tra il reperimento di spiagge pubbliche sul tratto urbanizzato (da dare poi in convenzione) e la frammentazione delle concessioni esistenti per ‘generare’ nuove concessioni. Nel frattempo, per Capocotta e Castel Porziano si applica la regola del perfetto amministratore: mandare in degrado la risorsa pubblica per poi assegnarla al privato. Ad maiora.

Paula de Jesus per LabUr

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OSTIA, ESPOSTO DI LABUR: SUL VILLAGE PRESUNTO DANNO ERARIALE

mq village commerciale

In un periodo così difficile per Ostia, che vede ondate pressoché quotidiane di sequestri e dissequestri di stabilimenti balneari per presunti abusi edilizi, sarebbe opportuno che almeno per il Village, che la Hesperia srl ha affittato per 3 anni a 10 mila euro al mese, esistesse la piena trasparenza amministrativa.
Il Village, confiscato in via provvisoria al clan mafioso dei Fasciani, non pagherebbe infatti il canone demaniale dovuto. I valori delle tabelle ASL, citate nel contratto d’affitto del ramo d’azienda con il quale la società Hesperia srl è stata autorizzata dall’ANBSC (1) a condurre il Village, non sono gli stessi utilizzati dal Municipio X per il calcolo del canone demaniale, tant’è che la perizia tecnica effettuata dall’Hesperia srl (2) e confermata dall’ANBSC restituisce, ad esempio, un numero di metri quadrati di aree commerciali più alto di quello conteggiato dall’amministrazione. I valori resi pubblici dal Municipio X sono i seguenti:

area scoperta 4.502,78 mq
strutture facile rimozione 1.394,50 mq
strutture difficile rimozione 852,72 mq
aree commerciali 200 mq
area commerciale con riduzione 20% (da 100 a 80 mq)

Dunque, per il Municipio X, ci sono 300 mq di aree commerciali, mentre dalla perizia risultano 30 mq di yogurtheria, 288 mq di ristorante e 140 mq di bar/tavola fredda, per un totale di 458 mq, a cui andrebbero aggiunti quelli del chiosco della spiaggia e della terrazza. Sulla base solo di questi numero stiamo parlando di una differenza dell’importo dovuto di quasi 20.000 euro.
Inoltre, dalle rilevazioni da noi eseguite, veranda, magazzini, depositi, ambienti di servizio ad uso della spiaggia, 49 cabine in legno e i due blocchi di bagni occupano una superficie coperta che eccederebbe la somma indicata delle “strutture di facile e difficile rimozione” (quasi 600 mq in più).

Verificare gli abusi è un atto dovuto, ma lo è anche la riscossione dei canoni dovuti, visto per altro che il Comune di Roma sarebbe stato messo in mora dalla Regione Lazio per non aver pagato dal 2009 i canoni demaniali per un importo complessivo di 81.000 euro/anno, soldi dei cittadini. Si chiede la verifica di tali presunti danni erariali, così come sopra esposto.

(1) Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata
(2) allegato D dell’atto certificato dal dottor Valerio Tirone, notaio in Guidonia Montecelio, con studio in Guidonia, via Locatelli n.15, iscritto nel Collegio Notarile dei distretti riuniti di Roma, Velletri e Civitavecchia – “Perizia tecnica del 21 luglio 2015 redatta dalla società Barbieri Nardone Costruzioni srl (Prot. Com. 170_15, 20150721_ag)“, sopralluoghi effettuati il 7, 9 e 13 luglio 2015

  • ESPOSTO INVIATO IN DATA ODIERNA A:
    – Comune di Roma, Municipio X
    – Regione Lazio
    – Consorzio Unindustria per la gestione dei beni sequestrati
    – Amministratore Giudiziario Malibù Beach srl
    – Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata
    – Autorità Nazionale Anti Corruzione
    – Guardia di Finanza
    – Procura di Roma
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