INFERNETTO: CROLLA VIA CECCAROSSI

Screenshot_20210520-133759Dopo 5 anni di amministrazione Raggi, è crollata stamane via Ceccarossi tra l’ignavia degli uffici municipali e l’immobilismo della polizia municipale. Abbiamo già denunciato, documenti alla mano, questa storia forzando a tutela della pubblica e privata incolumità la chiusura del tratto di strada crollato e chiedendo l’intervento del Prefetto. Fosse dipeso dal Presidente del Municipio X, Giuliana Di Pillo, dalla Sindaca Virginia Raggi e dai suoi inutili Assessori, forse ci sarebbe scappato anche il morto. Denunceremo penalmente ogni responsabilità soggettiva di questo ennesimo disastro amministrativo.

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OSTIA, SKATE PARK: TUTTO REGOLARE?

IMG_20210514_150104L’impresa vincitrice, la C.E.V. Consorzio Edili Veneti Soc.Coop., ha fatto svolgere i lavori alla Pegaso Srl che però è risultata totalmente inesperta nella costruzione di skate park. Sono stati infatti assunti “in staff” lo spagnolo Sergi Arenas e lo slovacco Milos Ogurcak che a loro volta hanno coinvolto in differenti fasi anche manodopera italiana come Matteo Storelli e Simone Verona assieme a Giovanni Grazzani. Eppure l’impresa aveva dichiarato “di aver svolto in precedenza (ed in particolare nell’ultimo triennio 2016-2017-2018) lavori analoghi a quelli della presente gara con particolare riguardo alla realizzazione di impianti sportivi per sport rotellistici“.

Chiaramente i costi sono aumentati. Chiaramente andremo fino in fondo.

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SKATE PARK DI OSTIA: IL GIOCATTOLO DI PAOLO FERRARA E’ ROTTO

IMG-20210512-WA0008Un sindaco che scappa, un presidente municipale messo nell’angolo e un consigliere comunale, Paolo Ferrara (M5S), in primo piano, che gongola. Cittadini zero. Stampa zero. Dispiegamento di forze di Polizia.
E’ la triste storia dell’imbarazzante inaugurazione dell’opera pubblica dello skate park di Ostia avvenuta questa mattina dopo 2 anni dalla doppia posa della prima pietra a poche centinaia di metri dal dramma delle case ex-Armellini e Larex che abbiamo denunciato.

Ad Ostia, in 5 anni, Virginia Raggi non ha risolto alcun problema, ma alla chetichella stamane ha presenziato all’esibizione del giocattolo di Paolo Ferrara costato oltre 600mila euro. Sorto su area demaniale e ancora non collaudato, ad oggi neppure idoneo ad ospitare gare di rilievo nazionale, figuriamoci internazionali, per ammissione della stessa FISR– Federazione Italiana Sport Rotellistici, lo skate park ha anche distrutto un’area verde pagata dal Comune di Roma 400mila euro con un cantiere pieno di irregolarità.

In attesa di ricevere gli ultimi documenti per la denuncia formale di questo danno erariale di cui è responsabile in primis Paolo Ferrara, forniamo qualche riferimento urbanistico e amministrativo:

Opera Pubblica n.13 del Programma Integrato di Riqualificazione Urbana (PRIU) ‘Ostia Ponente’, ex art.2 legge n.179 del 17 febbraio 1992

· approvazione del progetto: DD 175 dell’8 settembre 2005
· ultimazione dei lavori comunicata al Dipartimento VI, 8° U.O., prot.n. 27151 del 6 dicembre 2007
· opera collaudata il 9 dicembre 2013
· atto unico di collaudo: 18 dicembre 2013 prot.124112 (attestata la corretta esecuzione di una “pista ciclabile lato ovest” e dell’impianto di irrigazione)
· approvazione dell’atto unico di collaudo: DD 1360 del 26 settembre 2014 a firma di Antonello FATELLO

 

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NUOVA OSTIA, CASE DI VIA MARINO FASAN: CONDANNATA DI NUOVO ROMA CAPITALE


1620730959100487-0Nuova condanna di Roma Capitale per la gestione degli immobili ERP a Nuova Ostia.

Il TAR dà ragione alla Larex SpA, proprietaria di quattro edifici a rischio crollo in Via Marino Fasan e scrive “Una vicenda paradossale” in cui gli immobili a rischio crollo sono nella detenzione e nella custodia di Roma Capitale che trascura da anni tale condizione, ma provvede ad intimare al proprietario, che non li detiene e non può accedervi, di eseguire i lavori di messa in sicurezza per privata e pubblica incolumità, non avendo neppure provveduto ad interdire l’accesso a tutte le aree ritenute a rischio per la pubblica incolumità”. 
Condannata Roma Capitale per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti e manifesta contraddittorietà”. Ennesima criminale gestione di Roma Capitale dopo il caso delle ex case Armellini.

 La Larex S.p.A. aveva concesso in locazione a Roma Capitale quattro immobili siti ad Ostia – Roma in Via Marino Fasan per essere destinati ad alloggi di edilizia residenziale pubblica (ERP) con contratto del 1° ottobre 2001, definitivamente scaduto il 31 maggio 2013 (sentenza del Tribunale di Roma sezione 6^ civile n. 3166/2014 pubblicata il 7 febbraio 2014 e passata in giudicato). Gli edifici sono attualmente abusivamente occupati ed è in corso una relativa procedura di esecuzione di sfratto.
La società proprietaria ha fatto ricorso al TAR, ottenendone l’annullamento, della determina dirigenziale n. 249 del 4 agosto 2017 (prot. n. RK 5428) emessa dall’Ufficio Extradipartimentale Politiche della Sicurezza e Protezione Civile – Direzione Protezione Civile – Ufficio per la Sicurezza Statica degli Edifici Privati notificata in data 1° settembre 2017 avente ad oggetto “Disposizioni relative agli immobili siti in Ostia-Roma, Via Marino Fasan n. 9/15/23/29 – Mun. X”. Roma Capitale, in ragione delle “condizioni statiche degli edifici” e “considerato che la situazione degli immobili … potrebbe evolversi negativamente nel tempo, con il verificarsi di eventuali crolli e/o cedimenti”, aveva diffidato la Larex a: nominare un tecnico abilitato che accertasse le cause dei dissesti riscontrati dalla Commissione e ad individuare gli interventi o gli apprestamenti necessari al ripristino delle condizioni di sicurezza; a provvedere a far eseguire i lavori atti al ripristino delle condizioni di sicurezza; a disporre, nelle more di un intervento di puntellamento del solaio al primo livello, l’interdizione all’uso del piano interrato e del piano terra, ad esclusione degli accessi al vano scala”, nonché a “fornire … una relazione tecnica in cui fossero indicate le modalità di intervento che si intendono attuare e i tempi previsti per l’esecuzione dei lavori” e “eseguiti i lavori, … un certificato di un proprio tecnico, redatto su carta legale, attestante che … “è stato eliminato ogni pericolo per l’incolumità delle persone”.


La Larex ha dimostrato che la diffida era stata adottata a seguito di suoi ripetuti solleciti a Roma Capitale di procedere allo sgombero e alla restituzione degli immobili, in cui si evidenziava l’impossibilità di eseguire qualsiasi lavoro di messa in sicurezza per via dell’occupazione e degli abusi edilizi ivi presenti, come era stato accertato in sede di sopralluogo il 20 luglio 2017 dalla “Commissione per la verifica delle condizioni statiche degli edifici comunali o in uso al Comune”, alla presenza dei Vigili del Fuoco e della Polizia Locale nonché dei rappresentanti della Larex.
Il 3 ottobre 2017 la Larex comunica di essere disponibile, al fine di esimersi da ogni responsabilità in caso di rovina degli edifici, ad eseguire gli interventi richiesti, convocando per l’11 ottobre 2017 i competenti uffici comunali e la Polizia Locale affinché le prestassero la necessaria assistenza. Quel giorno viene messo a verbale la perdurante impossibilità di accedere ai locali e, dunque, a dar seguito alle prescrizioni indicate nella determinazione. La Larex a questo punto impugna gli atti del Comune per violazione degli artt. 56 e 94 del Regolamento generale edilizio del Comune di Roma (*), per eccesso di potere, per travisamento dei fatti, illogicità, incongruenza e contraddittorietà manifesta dei provvedimenti impugnati e carenza di istruttoria, avendo Roma Capitale omesso di valutare l’impossibilità della Larex di ottemperare alle prescrizioni indicate, essendole precluso l’accesso e l’intervento sugli immobili in rovina.

Roma Capitale a questo punto, incomprensibilmente e incredibilmente, si costituisce in giudizio e nella memoria difensiva del 2 febbraio 2018 sostiene la legittimità dei suoi atti riferendo che “a fronte delle oggettive difficoltà incontrate nel recuperare la disponibilità degli immobili e poterli quindi riconsegnare alla proprietà in ottemperanza alla sentenza del Tribunale di Roma n. 3166 del 7/2/2014”, sta “comunque ponendo in essere tutte le attività di sua competenza per sgomberare gli stessi e reprimere altresì i rilevanti abusi edilizi riscontrati, tra le cause “dello stato di ammaloramento e di pericolo in cui versano le palazzine”. Attività mai pervenute.

Il TAR a quel punto con ordinanza n. 659/2018 dispone che “l’Amministrazione valuti l’esigenza di assumere i provvedimenti del caso necessari a tutela della incolumità pubblica” e intima, oltre che alla proprietà e ad ogni altro soggetto coinvolto nella vicenda, di provvedere senza ritardo all’eventuale sgombero ed alla riparazione dell’edificio che minaccia rovina”.
E’ il 27 settembre 2018. La Larex deposita un atto in cui fa presente che l’amministrazione capitolina, pur a fronte di relativa diffida del 30 marzo 2018, non ha ottemperato al giudicato cautelare e chiede l’integrale esecuzione dell’ordinanza. Il TAR emette una nuova ordinanza (n. 10412/2018) e intima a Roma Capitale di provvedere senza ritardo come indicato nel provvedimento cautelare, nominando, per il caso di ulteriore inottemperanza, quale commissario ad acta, il Prefetto di Roma affinché provveda all’adozione di tutti gli atti a tal fine necessari. Il Prefetto, sollecitato dalla Larex ad attivare la procedura commissariale, con nota del 14 aprile 2019, nell’evidenziare come il Comune abbia posto in essere “attività … propedeutiche e indispensabili ai fini della liberazione degli immobili in questione” (censimento famiglie), chiedeva la concessione di una congrua dilazione del termine assegnato a Roma Capitale, al fine di consentirle il completamento delle iniziative intraprese. All’udienza pubblica del 5 giugno 2019 la causa viene rinviata su istanza congiunta di entrambe le parti, in ragione dell’esistenza di una trattativa per la soluzione transattiva del contenzioso in essere. Dopo oltre un anno, il 7 ottobre 2020, mentre le palazzine sono sempre a rischio crollo, la Larex avanza una nuova istanza perché le trattative sono fallite. Roma Capitale deposita una nuova memoria difensiva in cui dà atto di non aver ancora provveduto allo sgombero.
Udienza pubblica del 24 febbraio 2021. Roma Capitale viene accusata di aver del tutto omesso di considerare l’acclarata impossibilità per la Larex di poter accedere e intervenire sugli immobili in rovina. Sono passati 4 anni dal sopralluogo in cui la “Commissione per la verifica delle condizioni statiche degli edifici comunali o in uso al Comune” già attestava come “la quasi totalità del piano (interrato delle edifici) non è accessibile né visibile in quanto chiuso e occupato” e dove Roma Capitale non solo non aveva liberato gli immobili, ma si era sostanzialmente limitata ad intraprendere soltanto un’attività di censimento degli occupanti, peraltro ancora non ultimata, nonché a rendere delle mere dichiarazioni d’intenti circa la riconsegna degli stessi alla Larex. Nessuna attività di messa in sicurezza degli edifici nonostante i molti sopralluoghi gli ultimi eseguiti il 7 agosto 2020, il 30 settembre 2020 ed il 9 dicembre 2020, e nonostante il 28 agosto 2020 la Larex si fosse resa disponibile ad eseguire opere di “puntellamento” delle zone più ammalorate, poi non realizzate a causa del mancato intervento dell’amministrazione.

Il TAR in sentenza arriva a scrivere che la vicenda è “paradossale”. Infatti, se è vero che lo sgombero degli edifici richiede il trasferimento e la gestione di diversi nuclei familiari (assegnatari degli alloggi ERP, caratterizzati da varie fragilità sociali) sia sicuramente reso difficoltoso, il TAR rileva il carattere paradossale della vicenda, in cui gli immobili in rovina sono nella detenzione e nella custodia di Roma Capitale che trascura tale condizione, ma provvede ad intimare al proprietario che non li detiene e non può accedervi di eseguire i lavori di messa in sicurezza. Il TAR contesta che l’intimazione di Roma Capitale alla Larex sia viziata, oltre che per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, anche per manifesta contraddittorietà, in quanto caratterizzata da un elevato grado di non consequenzialità logico-giuridica rispetto ad altri atti della medesima amministrazione, tra i quali, innanzi tutto, la nota del 17 agosto 2017 (n. prot. QC22812) con cui il Dipartimento Patrimonio Sviluppo e Valorizzazione di Roma Capitale, all’esito del menzionato sopralluogo del 20 luglio 2017, richiedeva agli Uffici di Polizia Locale e al Dipartimento Politiche Abitative di Roma Capitale di procedere, ognuno per quanto di competenza, “all’immediato accertamento degli abusi posti in essere nel piano interrato sottostante gli edifici in questione che, come attestato nel verbale, sono nella quasi totalità chiusi ed occupati” ai fini “anche dell’identificazione degli attuali occupanti nonché della predisposizione degli atti necessari per l’immediato sgombero e contestuale riconsegna dei locali in esame, liberi da persone e cose, alla Proprietà al fine di consentire alla stessa l’esecuzione degli interventi di messa in sicurezza individuati dalla Commissione per la verifica delle condizioni statiche degli edifici comunali in uso al Comune. Inoltre, non ha interdetto l’accesso per tutte le aree ritenute a rischio per la pubblica incolumità”. Pur a fronte di tale indicazione, l’Ufficio Extradipartimentale della protezione civile di Roma Capitale, anziché adoperarsi in tal senso, cooperando con tutti i vari uffici comunali interessati nonché con la competente Polizia Locale al fine di gestire la situazione di grave rischio per l’incolumità pubblica, si è limitata a ribaltare sulla sola proprietà ogni relativa prescrizione, chiedendo a quest’ultima di eseguire tutta una serie di attività che quest’ultima non era in condizione di poter eseguire.
Per questo motivo il TAR ha annullato tutti gli atti impugnati di Roma Capitale e l’ha condannata a pagare le spese.

(*) delibera n. 5261 del 18 agosto 1934 e successive modificazioni, che individua il destinatario dell’intimazione a provvedere senza ritardo alla riparazione dell’edificio che minaccia rovina non necessariamente nel proprietario dell’immobile bensì in coloro che, al momento in cui si verifica la condizione di pericolo per la pubblica incolumità, abbiano la possibilità di disporre dell’immobile oggetto del provvedimento)
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INFERNETTO: IL PASTICCIO DELLA EX-PARROCCHIA DI SAN TOMMASO

san tommaso infernetto laburI locali di una ex-parrocchia del quartiere Infernetto del Municipio Roma X trasformati in oggetto da campagna elettorale. Commissioni, consigli municipali, articoli e interviste senza accorgersi del grossolano errore: il corpo centrale non è mai stato acquisito dal municipio che però, in questi giorni, ne vota il regolamento per la sua gestione. Lo ripetiamo: un incapace è capace di tutto.

*****

ISTANZA DI REVISIONE IN AUTOTUTELA
URGENTE

Roma, 10 maggio 2021

Oggetto: annullamento Deliberazione Consiglio Municipio Roma X n.38 del 22 aprile 2021 (ex-Parrocchia San Tommaso, sito in Roma, via Lino Liviabella 70, 00124 Roma)

Il sottoscritto dr.Ing. Andrea SCHIAVONE, presidente p.t. di LabUr – Laboratorio di Urbanistica (www.labur.eu), portatore di un interesse diffuso,

PREMESSO

– che in data 22 dicembre 2020 (prot.n. QC/129464) il Dipartimento Patrimonio e Politiche Abitative ha chiesto al Municipio Roma X nella persona del presidente Giuliana DI PILLO, di procedere alla regolarizzazione catastale della ex-chiesa e al frazionamento della particella terreni (foglio n. 1115 n.4793) in due aree, la prima da consegnare al Municipio e la seconda da consegnare “alla Città Metropolitana per uso scolastico” e riferita alla particella 4792 del foglio 1115;
– che in data 22 aprile 2021 il Consiglio del Municipio Roma X ha approvato lo schema di deliberazione n.38, firmato dal direttore del Municipio (Giacomo GUASTELLA) e dalla direzione Socio Educativa (Carla SCARFAGNA), sostenendo “che il Municipio ha acquisito dal Dipartimento Patrimonio di Roma Capitale il plesso dell’ex-Parrocchia San Tommaso, sito in Roma, via Lino Liviabella 70 (verbale di consegna protocollo n.129163 del 21 dicembre 2020), riferimenti catastali foglio n.1115, particella A, foglio 1115 particella 1071 sub 501, 1072 sub 501, 4379, 4793, 4792”

CONSIDERATO

– che nel verbale sopra citato è testualmente riportato che il Municipio Roma X non è mai entrato in possesso della particella 4792 in quanto “le odierne operazioni di immissione in possesso e consegna al Municipio Roma X sono riferite esclusivamente al locale destinato a ex Chiesa (foglio 1115, part. A), ai locali annessi destinati a servizi parrocchiali (foglio 1115 part.1071 sub 501, part.1072 sub 501, part.4379) e all’area contraddistinta al foglio 1115 part.4793 ovvero alla porzione di area come descritto nel paragrafo precedente”

SI CHIEDE CON URGENZA

di annullare in autotutela con effetto immediato la delibera in oggetto, con riserva di procedere nelle sedi giudiziarie preposte a tutela di un interesse diffuso.

 

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ESPOSTO PISTA CICLABILE TEVERE

IMG-20210503-WA0002LabUr-Laboratorio di Urbanistica ha presentato ieri un esposto al Ministero dell’Ambiente, all’Agenzia del Demanio e alla Regione Lazio sulla pista ciclabile del Tevere, banchine di magra sponda destra. E’ in corso un improprio dibattito politico circa la manutenzione della pista ciclabile sulla banchina del fiume Tevere in sponda destra mediante stesura di nuovo asfalto per circa 5km (da ponte Risorgimento a ponte Marconi). L’intervento ricade in area golenale interessando le banchine che, pavimentate con sampietrini e ricorsi di travertino, servono per consentire una migliore regimentazione dei deflussi che transitano nel tratto urbano in condizioni di magra. Tali banchine di magra, parte integrante del corpo idraulico del Tevere, sono anche un’opera di particolare pregio architettonico e storico. L’area di intervento è del Demanio dello Stato settore idrico e su di essa insistono le competenze in ordine idraulico della Regione Lazio. L’Autorità di Bacino fiume Tevere ha con chiarezza normato in data giugno 2008 le linee guida per l’assetto delle aree golenali del Tevere (PS5, NTA, All. E, sub All. 3, parte I). In tale documento l’ABT scrive: “un elemento di criticità delle previsioni urbanistiche è dovuto alla presenza di aree senza destinazione di Piano (c.d. “aree bianche”) che sono localizzate all’interno delle golene e comprese tra ponte Nenni e ponte Palatino. Tali aree coincidono sostanzialmente con le aree banchinate e la mancanza di una chiara destinazione urbanistica probabilmente può portare ad utilizzi non congrui per quelle aree” (pag.99). Questo dispositivo è successivo (e dunque non è stato, colpevolmente, applicato dall’amministrazione attuale) all’originaria istituzione della pista ciclabile in questione e oggi in manutenzione, avvenuta con Deliberazione della Giunta Comunale di Roma n. 1055 del 22 settembre 2000, cioè per il Giubileo e istituita da Veltroni senza alcun richiamo giuridico e alcun controllo da parte degli organi preposti. Dunque l’attuale amministrazione capitolina non ha rispettato la normativa vigente, violando anche gli elementari principi di tutela ambientale, rendendo, ad esempio, non permeabile con la stesura dell’asfalto l’area soggetta all’intervento, ignorando dunque per incompetenza la necessaria valutazione delle norme e indirizzi del Piano di Assetto delle Aree Golenali sopra richiamato. Non è accettabile che si continui in modo disinvolto a fare un uso improprio dei fondi di manutenzione stradale a Roma dirottandoli, come in questo caso, su una pista ciclabile che non è su strada ma in area golenale, cioè a tutela assoluta, che dunque non è di competenza della Polizia Municipale di Roma Capitale. Per altro, si tratta di un’area mai data in concessione al Comune da parte della Regione Lazio e dove non si è nemmeno operata una manutenzione, ma addirittura impiegato i fondi per realizzare anche dei pezzi di tracciato nuovi. Per altro, questa operazione avviene ad un mese dall’apertura del Tevere Expo’. E’ evidente che le cose sono due: o la pista apre a maggio per poi essere chiusa a giugno o le bancarelle saranno spostate su sponda sinistra, ma non c’è traccia di alcun atto amministrativo in tal senso. Per questa ragione LabUr-Laboratorio di Urbanistica, ha chiesto un intervento urgente a tutela di un interesse pubblico che non può essere mercificato con lo scontro politico e la propaganda di bassissimo profilo già in atto in vista delle prossime elezioni amministrative di Roma Capitale d’Italia.

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OSTIA, LO SCANDALO DEI VARCHI A MARE TARGATI M5S

IMG-20210429-WA0008Il 1° maggio apre la stagione balneare regionale. Nessun rinnovamento funzionale delle spiagge libere, solo speculazione e propaganda politica da parte dell’amministrazione M5S. Imbarazzante, ad esempio, la gestione degli ultimi 5 anni dei cosiddetti ‘varchi a mare‘, nati per consentire un ulteriore corridoio per l’accesso libero all’arenile ma soprattutto per il passaggio ai mezzi di intervento e soccorso per le operazioni di sicurezza a mare.
Il caso più grave è il varco da sempre chiuso presso la spiaggia ex-ARCA, oggi divenuta libera e chiamata SPQR a seguito di dubbie vicende.

Il varco è sbarrato da un cancello (in foto). A metà tra la spiaggia libera e il Gambrinus, ilIMG-20210429-WA0007 varco sarebbe invece di fondamentale importanza vista la sua prossimità a una piazzola per l’atterraggio degli elicotteri di soccorso.

Imbarazzante che il M5S di Ostia abbia dichiarato di averlo sostituito con il semplice ingresso della spiaggia non capendo che l’uso del varco è per interventi di emergenza.

Altro esempio, i due varchi al pontile ancora impraticabili, a due giorni dall’apertura della stagione balneare. Ricordiamo che la storia dei varchi risale a 32 anni fa e sono stati teatro di mala politica che ha giocato sempre e solo a scaricabarile su “quelli di prima“.

Era un giovedì, quel 4 maggio 1989, quando Angelo Russo, presidente dell’Assobalneari, scaduto il lunedì precedente l’ultimatum del comandante Spadoni della Capitaneria di porto, inveiva contro l’apertura forzosa di 12 varchi a mare sostenendo che “chi vuole, può accedere al mare attraverso gli stabilimenti, senza pagare“. Già allora il problema dei varchi era chiaro: chi li deve controllare, gestire, pulire? Il 3 aprile 1990 la stessa Capitaneria di porto assieme a Daniele Fichera, “dell’assessorato al Litorale“, decisero di richiudere quei varchi diventati sporchi, “pieni di siringhe e rifiuti“, a causa della mancata custodia. Quello che doveva rappresentare il fiore all’occhiello dell’amministrazione capitolina divenne un fallimento epocale con l’emissione dell’Ordinanza di chiusura della Capitaneria n.18 del 30 aprile 1990.
La riapertura dei due varchi ai lati del pontile è stato l’unico intervento effettuato negli anni successivi. Fu decisa con la determinazione dirigenziale n.1996 del 23 luglio 2014 a firma del direttore del Municipio Roma X, Claudio SACCOTELLI, scelto da Andrea TASSONE (poi finito agli arresti per Mafia Capitale), entrambi coinvolti nel processo penale, ancora in corso, della pedonalizzazione del lungomare di Ostia, che prevedeva l’allestimento di chioschi commerciali gestiti da un’attivista del M5S, Alessio LOTITO.
Una vicenda, quella dei varchi, che sgonfia il palloncino dei faraonici progetti che hanno investito, di amministrazione in amministrazione, il Lungomare di Ostia. LabUr, ancora una volta, per testimoniare questo degrado ignorato colpevolmente e dolosamente dal M5S, ha chiesto l’intervento come polizia giudiziaria da parte della Capitaneria di porto, competente per il danno ambientale creatosi (rifiuti, degrado) e per il ripristino della sicurezza a mare (impedita dall’abbandono o chiusura dei varchi).
Paula de Jesus per LabUr

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OSTIA: CON LE TELECAMERE VIOLATA LA PRIVACY DEI CITTADINI

resultLe telecamere di videosorveglianza sul lungomare di Ostia, volute dal M5S, hanno raccolto immagini almeno da febbraio 2021 e non dal 21 aprile 2021 come dchiarato. Roma Capitale non ha informato della loro attivazione la cittadinanza e ha conservato le immagini oltre i 7 giorni consentiti per legge. Ciò si evince, in totale spregio e violazione del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati, dalle foto pubblicate su facebook dal consigliere capitolino Paolo Ferrara.

Non è chiaro come ne sia venuto in possesso visto che altre foto sono state pubblicate anche dal vicepresidente del municipio, Alessandro Ieva. Dovevano infatti essere confinate all’ìinterno della Sala Sistema Roma della Polizia Locale che doveva registrarle e provvedere a renderle disponibili solo ai soggetti autorizzati e alle Forze dell’Ordine.

A seguito di ciò, è stata inviata una nota al Garante per la Privacy, al Prefetto di Roma e all’Ufficio di Scopo del Responsabile della Protezione dei Dati (RPD) di Roma Capitale per segnalare l’abuso. Inoltre il Municipio Roma X neppure ha provveduto a far installare la dovuta cartellonistica informativa, limitandosi ad incollare fogli di carta sul palo di  sostegno delle telecamere, del tutto illeggibili (addirittura mancante quello presso la rotonda della Cristoforo Colombo dove 2 giorni fa Virginia Raggi ha inaugurato la Fontana dello Zodiaco).

Le telecamere sono posizionate in dieci siti, nove presso le spiagge libere e una presso il
pontile, costate in totale 250.000 euro. Dovrebbero avere “finalità di sicurezza e tutela delle persone e del patrimonio” ma in realtà sono state deliberate per il “contrasto abbandono rifiuti, criminalità e commercio abusivo” impegnando fondi per “interventi relativi alla mobilità” e giustificando la competenza del municipio ai sensi del Decentramento Amministrativo “per tutelare le aree verdi“.

Insomma, una gran confusione ai limiti della legalità: a cosa servono delle telecamere che inquadrano un lungomare devastato dalle buche, spiagge sporche e scheletriche aree verdi? Perchè si conservano le immagini per mesi all’insaputa dei cittadini? Come è possibile che alle immagini accedano tutti? Domande che devono avere immediata risposta da parte delle autorità competenti. Come per il caso dei droni già segnalato.

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OSTIA, GLI ZAMPILLI COSTATI IL DOPPIO DEL FONTANONE DEL GIANICOLO

20210420_135350Ci sarebbero voluti 8 mesi e non 24. Sarebbe costata 140.000 euro e non 500.000. Doveva impegnare fondi della Sovrintendenza Capitolina e non quelli per la manutenzione stradale.

Questa è la brutta storia dei restauri della c.d. Fontana dello Zodiaco in fondo alla Cristoforo Colombo, allestita come vetrina per la prossima campagna elettorale di Virginia Raggi dall’imbarazzante M5S di Ostia, fatti che ora porteremo a conoscenza della procura. Un’opera forse citata già a fine 2017 nelle intercettazioni agli atti del processo in corso per lo Stadio della Roma, quando Paolo Ferrara (M5S) e Luca Parnasi si interessavano (per fini elettorali) della ‘rotatoria in fondo alla Colombo‘.

I lavori della fontana dovevano essere di esclusiva competenza della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, tant’è da essere stati inclusi nei progetti di recupero, restauro e valorizzazione del patrimonio di Roma per effetto della Legge n.106 del 29 luglio 2014.
Invece l’amministrazione pentastellata è riuscita ad impegnare ben 500.000 euro per il restauro della fontana sottraendo i fondi previsti per la manutenzione stradale del lungomare di Ostia che rimane, dopo 4 anni, con il limite di velocità dei 30 km/h per il pessimo stato di manutenzione e dimezzato da una finta pista ciclabile dichiarata illegittima dal Ministero dei Trasporti.

Che la fontana non sia stata progettata da Pierluigi Nervi, come più volte ha dichiarato Virginia Raggi (‘uno dei tesori architettonici della Capitale‘), lo sanno tutti, anche se la Sindaca continua a ripeterlo per enfatizzarne il restauro. Resta il fatto che dopo la gaffe del Colosseo scambiato per l’arena di Nimes ora abbiamo ad Ostia, oltre alle eterne buche sul lungomare, la fontana della ditta Colantoni (1957) costata più di quella Seicentesca di Paolo V (280.000 euro) al Gianicolo, resa ancor più famosa dal film ‘La grande bellezza’. Consigliamo pertanto a Virginia Raggi, che inaugurerà la fontana, oggi 20 aprile alle ore 17.00, di trovare le parole giuste.

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OSTIA, DRONI DEL MUNICIPIO SPIANO AREE PRIVATE SUL TEVERE

IMG-20210409-WA0000L’uso improprio che la presidente del Municipio Roma X, Giuliana Di Pillo, e i suoi ‘bravi’ (come li chiamerebbe il Manzoni) fanno dei beni pubblici, è al limite della denuncia penale. Dopo episodi eclatanti quali l’ex Ufficio Tecnico, lo Skate Park, la pista ciclabile sul Lungomare e la c.d. Fontana dello Zodiaco, ora si aggiunge anche l’argine del Tevere. Per sponsorizzare l’iniziativa privata di un sedicente gruppo vicino alla Sindaca Virginia Raggi, volta alla realizzazione di un percorso ciclabile sull’argine del Tevere, alcuni soggetti del Municipio X, nel pieno esercizio delle loro funzioni, compiono atti illegittimi se non addirittura illegali. Sono arrivati a far sorvolare un drone (che ci piacerebbe capire quanto è costato e chi lo ha pagato) per ‘spiare’ le proprietà private lungo le sponde del Tevere. Ricordiamo a questi amministratori che la Commissione Trasparenza, Controllo e Garanzia ha già chiarito da un anno alla Di Pillo, all’Assessore Silvana De Niccolò, al Presidente della Commissione Ambiente Francesco Vitolo e al Consigliere comunale Ferrara che il sedicente ‘Sentiero Pasolini’ è illegale oltre che illegittimo. In piena campagna elettorale questi stessi personaggi ripropongono un’iniziativa privata, per altro nemmeno inserita nel PUMS (LINK 1 , LINK 2 e LINK 3 ), sventolando un imbarazzante parere dell’ex Autorità di Bacino Tevere (ABT) che è già stato ritenuto ininfluente nella Commissione presieduta da Pietro Malara. Si insiste a portare avanti percorsi ciclabili sugli argini quando la legge è chiara sull’accesso ad aree private in demanio fluviale. Per altro, l’ABT deve ancora provare documentalmente che siano ‘argini’, cosa che configura di fatto un reato.
Questo modalità ‘disinvolte’ dell’Amministrazione pentastellata, che grida legalità sentendosi l’unico depositario, non sono più accettabili.

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