La Larex S.p.A. aveva concesso in locazione a Roma Capitale quattro immobili siti ad Ostia – Roma in Via Marino Fasan per essere destinati ad alloggi di edilizia residenziale pubblica (ERP) con contratto del 1° ottobre 2001, definitivamente scaduto il 31 maggio 2013 (sentenza del Tribunale di Roma sezione 6^ civile n. 3166/2014 pubblicata il 7 febbraio 2014 e passata in giudicato). Gli edifici sono attualmente abusivamente occupati ed è in corso una relativa procedura di esecuzione di sfratto.
La società proprietaria ha fatto ricorso al TAR, ottenendone l’annullamento, della determina dirigenziale n. 249 del 4 agosto 2017 (prot. n. RK 5428) emessa dall’Ufficio Extradipartimentale Politiche della Sicurezza e Protezione Civile – Direzione Protezione Civile – Ufficio per la Sicurezza Statica degli Edifici Privati notificata in data 1° settembre 2017 avente ad oggetto “Disposizioni relative agli immobili siti in Ostia-Roma, Via Marino Fasan n. 9/15/23/29 – Mun. X”. Roma Capitale, in ragione delle “condizioni statiche degli edifici” e “considerato che la situazione degli immobili … potrebbe evolversi negativamente nel tempo, con il verificarsi di eventuali crolli e/o cedimenti”, aveva diffidato la Larex a: nominare un tecnico abilitato che accertasse le cause dei dissesti riscontrati dalla Commissione e ad individuare gli interventi o gli apprestamenti necessari al ripristino delle condizioni di sicurezza; a provvedere a far eseguire i lavori atti al ripristino delle condizioni di sicurezza; a disporre, nelle more di un intervento di puntellamento del solaio al primo livello, l’interdizione all’uso del piano interrato e del piano terra, ad esclusione degli accessi al vano scala”, nonché a “fornire … una relazione tecnica in cui fossero indicate le modalità di intervento che si intendono attuare e i tempi previsti per l’esecuzione dei lavori” e “eseguiti i lavori, … un certificato di un proprio tecnico, redatto su carta legale, attestante che … “è stato eliminato ogni pericolo per l’incolumità delle persone”.
La Larex ha dimostrato che la diffida era stata adottata a seguito di suoi ripetuti solleciti a Roma Capitale di procedere allo sgombero e alla restituzione degli immobili, in cui si evidenziava l’impossibilità di eseguire qualsiasi lavoro di messa in sicurezza per via dell’occupazione e degli abusi edilizi ivi presenti, come era stato accertato in sede di sopralluogo il 20 luglio 2017 dalla “Commissione per la verifica delle condizioni statiche degli edifici comunali o in uso al Comune”, alla presenza dei Vigili del Fuoco e della Polizia Locale nonché dei rappresentanti della Larex.
Il 3 ottobre 2017 la Larex comunica di essere disponibile, al fine di esimersi da ogni responsabilità in caso di rovina degli edifici, ad eseguire gli interventi richiesti, convocando per l’11 ottobre 2017 i competenti uffici comunali e la Polizia Locale affinché le prestassero la necessaria assistenza. Quel giorno viene messo a verbale la perdurante impossibilità di accedere ai locali e, dunque, a dar seguito alle prescrizioni indicate nella determinazione. La Larex a questo punto impugna gli atti del Comune per violazione degli artt. 56 e 94 del Regolamento generale edilizio del Comune di Roma (*), per eccesso di potere, per travisamento dei fatti, illogicità, incongruenza e contraddittorietà manifesta dei provvedimenti impugnati e carenza di istruttoria, avendo Roma Capitale omesso di valutare l’impossibilità della Larex di ottemperare alle prescrizioni indicate, essendole precluso l’accesso e l’intervento sugli immobili in rovina.
Roma Capitale a questo punto, incomprensibilmente e incredibilmente, si costituisce in giudizio e nella memoria difensiva del 2 febbraio 2018 sostiene la legittimità dei suoi atti riferendo che “a fronte delle oggettive difficoltà incontrate nel recuperare la disponibilità degli immobili e poterli quindi riconsegnare alla proprietà in ottemperanza alla sentenza del Tribunale di Roma n. 3166 del 7/2/2014”, sta “comunque ponendo in essere tutte le attività di sua competenza per sgomberare gli stessi e reprimere altresì i rilevanti abusi edilizi riscontrati, tra le cause “dello stato di ammaloramento e di pericolo in cui versano le palazzine”. Attività mai pervenute.
Il TAR a quel punto con ordinanza n. 659/2018 dispone che “l’Amministrazione valuti l’esigenza di assumere i provvedimenti del caso necessari a tutela della incolumità pubblica” e intima, oltre che alla proprietà e ad ogni altro soggetto coinvolto nella vicenda, di provvedere senza ritardo all’eventuale sgombero ed alla riparazione dell’edificio che minaccia rovina”.
E’ il 27 settembre 2018. La Larex deposita un atto in cui fa presente che l’amministrazione capitolina, pur a fronte di relativa diffida del 30 marzo 2018, non ha ottemperato al giudicato cautelare e chiede l’integrale esecuzione dell’ordinanza. Il TAR emette una nuova ordinanza (n. 10412/2018) e intima a Roma Capitale di provvedere senza ritardo come indicato nel provvedimento cautelare, nominando, per il caso di ulteriore inottemperanza, quale commissario ad acta, il Prefetto di Roma affinché provveda all’adozione di tutti gli atti a tal fine necessari. Il Prefetto, sollecitato dalla Larex ad attivare la procedura commissariale, con nota del 14 aprile 2019, nell’evidenziare come il Comune abbia posto in essere “attività … propedeutiche e indispensabili ai fini della liberazione degli immobili in questione” (censimento famiglie), chiedeva la concessione di una congrua dilazione del termine assegnato a Roma Capitale, al fine di consentirle il completamento delle iniziative intraprese. All’udienza pubblica del 5 giugno 2019 la causa viene rinviata su istanza congiunta di entrambe le parti, in ragione dell’esistenza di una trattativa per la soluzione transattiva del contenzioso in essere. Dopo oltre un anno, il 7 ottobre 2020, mentre le palazzine sono sempre a rischio crollo, la Larex avanza una nuova istanza perché le trattative sono fallite. Roma Capitale deposita una nuova memoria difensiva in cui dà atto di non aver ancora provveduto allo sgombero.
Udienza pubblica del 24 febbraio 2021. Roma Capitale viene accusata di aver del tutto omesso di considerare l’acclarata impossibilità per la Larex di poter accedere e intervenire sugli immobili in rovina. Sono passati 4 anni dal sopralluogo in cui la “Commissione per la verifica delle condizioni statiche degli edifici comunali o in uso al Comune” già attestava come “la quasi totalità del piano (interrato delle edifici) non è accessibile né visibile in quanto chiuso e occupato” e dove Roma Capitale non solo non aveva liberato gli immobili, ma si era sostanzialmente limitata ad intraprendere soltanto un’attività di censimento degli occupanti, peraltro ancora non ultimata, nonché a rendere delle mere dichiarazioni d’intenti circa la riconsegna degli stessi alla Larex. Nessuna attività di messa in sicurezza degli edifici nonostante i molti sopralluoghi gli ultimi eseguiti il 7 agosto 2020, il 30 settembre 2020 ed il 9 dicembre 2020, e nonostante il 28 agosto 2020 la Larex si fosse resa disponibile ad eseguire opere di “puntellamento” delle zone più ammalorate, poi non realizzate a causa del mancato intervento dell’amministrazione.
Il TAR in sentenza arriva a scrivere che la vicenda è “paradossale”. Infatti, se è vero che lo sgombero degli edifici richiede il trasferimento e la gestione di diversi nuclei familiari (assegnatari degli alloggi ERP, caratterizzati da varie fragilità sociali) sia sicuramente reso difficoltoso, il TAR rileva il carattere paradossale della vicenda, in cui gli immobili in rovina sono nella detenzione e nella custodia di Roma Capitale che trascura tale condizione, ma provvede ad intimare al proprietario che non li detiene e non può accedervi di eseguire i lavori di messa in sicurezza. Il TAR contesta che l’intimazione di Roma Capitale alla Larex sia viziata, oltre che per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, anche per manifesta contraddittorietà, in quanto caratterizzata da un elevato grado di non consequenzialità logico-giuridica rispetto ad altri atti della medesima amministrazione, tra i quali, innanzi tutto, la nota del 17 agosto 2017 (n. prot. QC22812) con cui il Dipartimento Patrimonio Sviluppo e Valorizzazione di Roma Capitale, all’esito del menzionato sopralluogo del 20 luglio 2017, richiedeva agli Uffici di Polizia Locale e al Dipartimento Politiche Abitative di Roma Capitale di procedere, ognuno per quanto di competenza, “all’immediato accertamento degli abusi posti in essere nel piano interrato sottostante gli edifici in questione che, come attestato nel verbale, sono nella quasi totalità chiusi ed occupati” ai fini “anche dell’identificazione degli attuali occupanti nonché della predisposizione degli atti necessari per l’immediato sgombero e contestuale riconsegna dei locali in esame, liberi da persone e cose, alla Proprietà al fine di consentire alla stessa l’esecuzione degli interventi di messa in sicurezza individuati dalla Commissione per la verifica delle condizioni statiche degli edifici comunali in uso al Comune. Inoltre, non ha interdetto l’accesso per tutte le aree ritenute a rischio per la pubblica incolumità”. Pur a fronte di tale indicazione, l’Ufficio Extradipartimentale della protezione civile di Roma Capitale, anziché adoperarsi in tal senso, cooperando con tutti i vari uffici comunali interessati nonché con la competente Polizia Locale al fine di gestire la situazione di grave rischio per l’incolumità pubblica, si è limitata a ribaltare sulla sola proprietà ogni relativa prescrizione, chiedendo a quest’ultima di eseguire tutta una serie di attività che quest’ultima non era in condizione di poter eseguire.
Per questo motivo il TAR ha annullato tutti gli atti impugnati di Roma Capitale e l’ha condannata a pagare le spese.