Mentre ormai è certo che sul viale di Castelporziano non verranno reimpiantati i 37 pini tagliati un anno fa, già mostrano segni di sofferenza i 37 alberi (lecci e querce) messi a dimora in loro sostituzione, a metà gennaio, nel vicino parco di via Bersone, privo di un impianto di irrigazione, in piena siccità invernale. E’ questa l’attenzione che i Verdi del Municipio Roma X dedicano all’ambiente e al decoro urbano?
Da mesi LabUr sta cercando di fare chiarezza su questa vicenda. Preziose sono state le informazioni iniziali raccolte sul territorio da parte di Evoluzione Civica riportate anche dalla stampa. Altrettanto non si può dire del Municipio Roma X. Diffidato in data 14 gennaio 2022a far posizionare altrove le 37 alberature in sostituzione di quelle rimosse, essendo prevalente il ripristino del valore paesaggistico, naturalistico e culturale del viale di Castelporziano, il municipio si è limitato ad aprire un’istruttoria ancora in alto mare. Infatti le risposte attendiste dell’Assessore municipale ai Lavori Pubblici, Guglielmo CALCERANO, e il totale disinteresse del Direttore, Mario SICA, anche dopo le successive precisazioni di LabUr, sono il brutto segnale che qualcosa di non regolare potrebbe nascondersi dietro la vicenda.
A saperne più di tutti è il geometra Goffredo PAGNANELLI, funzionario dell’Ufficio Manutenzione Ordinaria e Straordinaria delle strade del Lotto A (Ostia, Casal Palocco, Infernetto), che ha seguito i lavori sul viale di Castelporziano della ditta aggiudicataria, l’impresa Cardi Costruzioni Srl. E’ lui infatti ad aver ricostruito in parte la vicenda parlandone durante la Commissione III Lavori Pubblici e Mobilità del 28 gennaio 2022. Ora, da indiscrezioni, spunta anche la notizia che a tagliare i 37 pini e a piantare lecci e querce nel parco di via Bersone sia stata addirittura un’altra ditta. Se ciò risultasse vero, sarebbe da chiarire visto che sono state disattese le richieste del Dipartimento Tutela Capitale di Roma Capitale che aveva autorizzato l’abbattimento dei pini disponendo però che (prot. QL/2020/1396 del 9 gennaio 2020) “l’amministrazione del Municipio X è tenuta a procedere a successiva piantumazione di compensazione ambientale con altrettanti esemplari arborei di stessa specie dotati di appositi pali tutori e garanzia di attecchimento di anni due”. Ad oggi, invece, i 37 nuovi pini non ci sono neppure nel parco di via Bertone. Se muoiono anche lecci e querce, chi verrà a sostituirli?
Lo avevamo già denunciato un anno fa, il 6 giugno del 2021: lo stanziamento di altri 800.000 euro voluto da Giuliana DI PILLO (M5S), ex presidente del Municipio Roma X, per risolvere gli allagamenti della sedicente ‘pista ciclabile’ sul lungomare di Ostia, rappresenta l’ennesimo scandalo di quello che si rivelerà a breve un enorme danno erariale.
E’ infatti di questi giorni l’inizio dei lavori definiti “opere idrauliche di recupero delle acque piovane e opere civili”, svolti non sul manto stradale ma sul marciapiede (nel tratto compreso tra piazzale dell’Aquilone e piazzale Mediterraneo, lato mare) e dirottati da altre aree critiche del territorio come p.es. via dell’Idroscalo.
Eppure nel bando di gara aggiudicato più di un anno fa alla Edil MAS srl con Determinazione Dirigenziale CO/384/2021 del 24 febbraio 2021, era scritto in chiaro dove e che tipo di lavori si dovessero eseguire, come specificato nella Relazione Tecnica (CO/2020/115053 del 13 novembre 2020) a firma di Nicola DE BERNARDINI (RdP) e del Gruppo di Progettazione (Maurizio RICCIO, Mauro FERRI, Pietro CAMPELLI)
5.1 OGGETTO DELL’APPALTO
Demolizione della sovrastruttura stradale, alloggiamento del sistema drenante con la chiara specifica che “le opere riguardanti la sovrastruttura stradale (conglomerati bituminosi) saranno effettuate dall’esecutore dei lavori di costruzione della pista ciclabile“ (demolizione e ripristino)
5.2 AMBITO DI INTERVENTO
Come da direttiva del Direttore del Municipio Roma X e RdP, l’ambito di intervento interessa il lungomare di Ostia Lido nel tratto di lungomare compreso tra la Piazza dei Ravennati e la via Cristoforo Colombo (solo 2.200 metri dei 4.100 totali), sede della nuova pista ciclabile.
L’unico responsabile di tutto il bando risulta essere il progettista della sedicente ‘pista ciclabile’, Nicola DE BERNARDINI, ex direttore del Municipio e dal 23 dicembre 2021 Vice Capo di Gabinetto (del Sindaco) Vicario ad interim.
Ha praticamente firmato tutto lui anche la verifica della (sua) progettazione (prot.CO/115088 del 13 novembre 2020) e il verbale di validazione del (suo) progetto (prot.CO/115107 del 13 novembre 2020). L’ottenimento dei soldi pubblici è stato ottenuto mediante accesso ai fondi destinati alla voce “manutenzione del demanio stradale – interventi fognanti” e l’aggiudicazione è avvenuta (ancora una volta) senza il parere definitivo della Ragioneria Generale.
Questo testo viene reso pubblico ed inviato all’attuale amministrazione del Municipio Roma X con valore di esposto affinché si faccia chiarezza sulle procedure amministrative che riguardano i lavori descritti. LabUr, in funzione del riscontro che riceverà dagli uffici e organi politici competenti, si riserva di segnalare nelle sedi opportune quanto a sua conoscenza a tutela di un interesse pubblico.
Si sta discutendo da circa un mese in Commissione di Controllo e Garanzia del Municipio Roma X la regolarità del bando di gara con il quale, nel 2020, la giunta di Giuliana DI PILLO (M5S) lasciò in pratica ‘carta bianca’ alla direzione tecnica, senza alcun indirizzo politico, di affidare ben 37 concessioni demaniali marittime in scadenza al 31 dicembre 2020.
Gli autori del bando, Nicola DE BERNARDINI e Giacomo GUASTELLA, non si sono mai presentati in commissione. In compenso, Roma Capitale ha schierato tutti i suoi uffici (comunali e municipali) a sostenere che almeno le 37 schede tecniche relative a ciascuna concessione (=stabilimento balneare) sono state redatte correttamente. LabUr, presente in commissione, ha sollevato due questioni: la dividente demaniale e il caso dell’ex stabilimento balneare “Isola Fiorita”. Vediamo perché.
L’ex stabilimento “Isola Fiorita” è sempre stato in concessione (dal 1967) alla “Società Coop. a r.l. Cassa Mutua di Assistenza e Previdenza per il personale del Ministero dell’Interno”, con sede in Roma Piazza del Viminale n. 1 (CDM n.20/2009, Lungomare Amerigo Vespucci 168/170, 00122 Roma).
La concessionaria con istanza prot. CO/3065 del 10.01.2018 ha rinunciato alla concessione. Il Municipio Roma X ne ha preso atto mediante Determinazione Dirigenziale rep.1007 del 21.05.2019 con contestuale presa d’atto dello sgombero dell’area demaniale marittima. Lo stabilimento balneare “Isola Fiorita” è dotato di ristorante, pizzeria e beach bar. Nel tempo, sono state fatte molte convenzioni come p.es. quella con “Unicredit Circolo Roma APS”. Non è stata documentata in commissione, se non a parole, la regolarità di riconsegna dell’area demaniale. Dalle carte in nostro possesso ciò non risulterebbe esser stato del tutto perfezionato.
PARZIALE DEMOLIZIONE DELLE OPERE ABUSIVE
Dall’esame documentale si sarebbe accertato, rispetto alla originaria concessione n.15 del 1967, l’avvenuto ripristino nel 2018 dello stato dei luoghi e delle originarie destinazioni d’uso all’interno del complesso balneare. In realtà è possibile documentare che ciò non è avvenuto del tutto in quanto p.es. il manufatto indicato come ‘garage’ nella perizia asseverata del 10 dicembre 2013 (prot.n.CO/130350) è ancora lì nelle sue forme originarie di quando è stato adibito per farci dormire il personale, a meno che non si ritenga possibile parcheggiare le auto attraverso le finestre (la foto è del 23 marzo 2022).
MANCATA ATTIVITÀ’ ISPETTIVA CANONE DEMANIALE
Per legge, il Municipio Roma X deve comunicare alla Regione Lazio, ogni anno, l’elenco delle concessioni demaniali marittime, indicando (ai fini del calcolo del canone da corrispondere allo Stato) la misurazione delle singole superfici a seconda della destinazione d’uso. E’ invece compito dell’Agenzia del Demanio svolgere attività ispettiva per verificare l’effettiva risultanza di quanto dichiarato. Ogni discrepanza comporta come sanzione una maggiorazione del canone. Consultando i dati pubblici per l’ex-stabilimento “Isola Fiorita”, risulta quanto in tabella.
Si nota il disallineamento dei dati del 2020 pubblicati dalla Regione Lazio (comunicati dal Municipio Roma X) e quelli riportati nella scheda del bando del 2020 relativi a “Isola Fiorita”. Ciò sarebbe ancor più grave se nel 2016, negli anni del commissariamento per mafia di Ostia, non fosse stata condotta alcuna attività ispettiva da parte dell’Agenzia del Demanio come invece è stato per tutte le altre concessioni del litorale romano. Dal 2015 al 2020 le destinazioni d’uso delle aree variano in maniera impressionante, condizionando il canone concessorio annuale e le conseguenti maggiorazioni.
In conclusione, è evidente che solo il riscontro dell’attività ispettiva dell’Agenzia del Demanio può chiarire se sono corretti i dati della Regione o del Municipio e quindi se il canone indicato nel bando (relativo a “Isola Fiorita”) è realistico.
Non c’è alcun accanimento sull’ex-stabilimento “Isola Fiorita” ma, essendo stato riconsegnato in fretta e furia nel 2018, restando abbandonato fino ad oggi, dovrebbe essere lo stabilimento con una scheda tecnica immacolata avendo avuto le amministrazioni competenti sul demanio ben due anni per verificarne la regolarità edilizia e contabile.
Ricordiamo infine che la “Società Coop. a r.l. Cassa Mutua di Assistenza e Previdenza per il personale del Ministero dell’Interno”, concessionaria per 51 anni dell’area demaniale e che conta circa 10.000 soci, è tale solo dal 29 settembre 1993 quando divenne società cooperativa esercitando attività finanziarie per fini mutualistici nell’ambito sociale, “nel rispetto del principio che i fondi raccolti sono impiegati unicamente per tali scopi, utilizzando così ogni risorsa finanziaria della società”. In realtà la Cassa Mutua era nata nel 1956 come società di mutua assistenza, allo scopo di aiutare i dipendenti del Ministero dell’Interno in difficoltà a causa della guerra appena finita, con finalità sociali, culturali ed umanitarie.
In altre parole, anche i guadagni provenienti dall’ex stabilimento “Isola Fiorita” (compreso il ristorante e il bar) sono serviti per concedere prestiti ai soci. Su queste basi, poiché il Presidente Onorario della cooperativa è il Ministro dell’Interno. siamo certi che verrà fornito ogni documento necessario a far chiarezza sulla questione
Si apprende dalla stampa che “un grande cantiere sta per aprire ad Ostia. Il Progetto riguarda la realizzazione di 155 appartamenti di tipo residenziale per una superficie commerciale di 15mila mq nella zona Borghetto dei Pescatori. Oltre al residenziale è prevista una parte commerciale di 3.500mq più 3.000 a servizi e restante a turistico ricettivo. Un lavoro di decine di milioni di euro” in cui “ci sono le autorizzazioni presentate al Comune” e “problemi con i proprietari degli appezzamenti limitrofi”. Quello che non riporta l’articolo (che ha uno sfondo criminale) è che si tratta di un vecchio progetto di cui LabUr si è ampiamente occupato essendo legato alla nascita del Polo natatorio di Ostia. Ad esempio il 2 ottobre 2009, in cui denunciava come con i soldi dei Mondiali di Nuoto Roma ’09 venissero impiegati in sostituzione delle opere a scomputo dovute al piano di sviluppo edilizio dell’area di Barbara Mezzaroma & sorelle (LINK). Ma non solo. Il 17 aprile 2014 denunciava (LINK) che senza alcuna ordinanza sindacale, come previsto per legge, su un’area privata, 3 giorni prima, si era operato uno sgombero nell’area in fondo a via dell’Idroscopio dietro al Borghetto dei Pescatori per demolire un insediamento abusivo. Soldi pubblici spesi per interessi esclusivamente privati, quelli di un’area destinata ad accogliere una bella colata di cemento, la Lottizzazione Convenzionata definita ATO I12, allora in fase di istruttoria, che con i suoi 34.870 mq di SUL (Superficie Utile Lorda) porterà, secondo le stime del Campidoglio, quasi 9 milioni di euro per realizzare opere di viabilità come il cavalcavia di Via dei Rostri, un nuovo ponte pedonale sulla ferrovia, un nuovo ponte stradale sul canale dei Pescatori e l’allargamento di Via delle Quinqueremi (in realtà già pagato con le opere dei Mondiali di Nuoto). Opere di di urbanizzazione che valorizzeranno l’operazione immobiliare. Non si è mai saputo, come tanti misteri ad Ostia, se l’operazione di sgombero e smaltimento fossero in danno al costruttore, ma di fatto il Comune ha anticipato mettendo a disposizione AMA e Polizia Municipale. Tutta l’area limitrofa allo sgombero è legata al Programma di Trasformazione Urbanistica del Borghetto dei Pescatori, finalizzato a un piano di zona (il B43) che doveva essere destinato all’edilizia residenziale pubblica per consentire alle fasce meno abbienti di avere una casa. E sappiamo come è andata a finire.
Curioso che questo accada in un momento tanto delicato per il Dipartimento di Pianificazione e Attuazione Urbanistica che ha visto un avvicendamento recente nei posti di comando. Curioso che si debba apprendere dalle cronache criminali che sono in arrivo a breve colate di cemento che avranno un impatto devastante sulla viabilità del Lungomare e di quel quadrante di Roma. Curioso infine che si spacci per una novità un progetto che tutti, nessuno escluso, conoscono dal 2008. Curioso che dal Campidoglio e dal Municipio si oda silenzio.
(nella foto Barbara Mezzaroma tratta da ROMA-OSTIA: PORTO TURISTICO-S.FRANCESCO DI PAOLA del Corriere della Calabria del 2012 – LINK)
Paula de Jesus per LabUr – Laboratorio di Urbanistica
Spiagge Ostia, l’incognita del Demanio Marittimo: dal 1938 al 2017 emessi oneri concessori irregolari e messe a bando concessioni di cui non si conoscono le consistenze. La Capitaneria di Porto e l’Agenzia del Demanio non si presentano. Chi dovrebbe tutelare gli interessi pubblici non conosce la consistenza dei suoi beni, ma li mette a bando e vuole fare il PUA.
Il Litorale romano è sprovvisto di una documentazione certa riguardante la perimetrazione del demanio marittimo, racchiuso tra la linea di costa (riva del mare, battigia) e la dividente demaniale (linea a monte che dovrebbe separare la proprietà dello Stato dalle altre). Solo grazie a LabUr – Laboratorio di Urbanistica si sta affrontando la questione del tracciamento della dividente demaniale lungo i 4 km di arenile prospiciente la pineta di Castelfusano, arenile che addirittura risulterebbe essere stato sdemanializzato nel 1938. La questione è stata recepita anche dalla Commissione Trasparenza e Garanzia del Municipio Roma X, presieduta da Pietro MALARA, che se ne sta interessando e che oggi ha tenuto la seconda seduta, per la questione dell’affidamento di 37 concessioni balneari incluse nel bando di gara promosso dalla precedente giunta municipale (M5S) nel 2020. Il punto è semplice: non è possibile procedere all’affidamento in concessione se non è nota la consistenza dei beni dati in concessione (come già ribadito da LabUr la scorsa Commissione *).
La questione della dividente di Castelfusano verte su precise indicazioni di legge (v. box). Questa linea (v. fig. in basso) corrisponde, in modo naturale, alla dividente demaniale e può essere spostata soltanto ad esito di un preciso procedimento amministrativo (nel nostro caso, di competenza della Capitaneria di Porto di Roma, sempre assente nelle due Commissione), regolamentato dai citati articoli del Codice della Navigazione. L’unico che risulta concluso è quello del 1938, di cui esistono i verbali e tutta la documentazione inerente, da LabUr acquisita. Per quanto narrato, esiste dunque una obiettiva incertezza sul presunto tracciato della attuale dividente demaniale lungo i 4 km di arenile prospicienti la pineta di Castelfusano (dal Canale dei Pescatori fino al confine con la Tenuta di Castelporziano), finalmente oggetto, dopo segnalazione di LabUr, di una doppia verifica amministrativa attualmente in corso e condotta dall’Agenzia del Demanio – Direzione Roma Capitale e dalla Capitaneria di Porto di Roma. Ricordiamo che lo specifico procedimento di tracciamento della dividente demaniale previsto dall’art.32 del Codice della Navigazione, ha solo carattere ricognitivo e non costitutivo di titolo di demanialità. L’avvio di tale procedimento costituisce una facoltà e non un obbligo per l’Amministrazione, la quale però è tenuta ad esercitare tale facoltà nei casi in cui esista un ragionevole dubbio in ordine all’esatto confine demaniale, come nel nostro caso. E’ per esempio indispensabile avviare tale procedimento ricognitivo di delimitazione nei casi degli ordini di sgombero per occupazione abusiva di area demaniale o nei casi di errati ordini di introito dei canoni concessori, come ampiamente chiarito dalla giurisprudenza.
Un altro problema che si presenta in tal senso riguarda le zone costiere soggette al fenomeno dell’erosione, fenomeno che comporta una modifica della linea di costa e dunque del lido e della spiaggia. In particolare, se parte di tali aree erano state alienate a terzi, a seguito p.es. di una sdemanializzazione (come nel nostro caso), occorre necessariamente uno specifico provvedimento dell’autorità amministrativa, previo accertamento della destinazione dei beni stessi all’uso pubblico, affinché le stesse aree tornino ad essere un bene demaniale. Inutile dire che ciò riguarda, in particolare, proprio quel tratto di arenile compreso tra il Canale dei Pescatori e la via Cristoforo Colombo, parte integrale dell’arenile in questione.
L’Agenzia del Demanio – Direzione Roma Capitale, confermato anche dagli uffici di Roma Capitale, ha ufficialmente risposto a LabUr che il tratto del Litorale di Ostia, compreso tra gli stabilimenti balneari denominati ‘la Marinella’ e ‘Kursaal’, è stato interessato nel 2017 da una nuova delimitazione eseguita da una Commissione, appositamente convocata dalla Capitaneria di Porto di Roma, che ha fissato la nuova dividente demaniale marittima lungo la linea di confine tra il lungomare e gli stabilimenti balneari. Dunque un atto ricognitivo che ha preso atto dell’esistenza di una precedente dividente demaniale (quella del 1938) e che, secondo l’Arch. Cinzia ESPOSITO (principale conoscitrice della questione e presente nella scorsa Commissione), ha portato a cancellare i confini dell’area sdemanializzata riportando i lati ‘lunghi’ di questo enorme rettangolo (400 mila mq) a coincidere con il ciglio stradale del lungomare di Ostia, dove ad oggi si attestano gli stabilimenti balneari.
Pertanto, dopo 4 anni, siamo ancora in una fase procedimentale di riallineamento della dividente demaniale che però non si è perfezionata e assolutamente, in accordo con l’art.32 del Codice della Navigazione, costituisce titolo di demanialità. In altre parole, la modifica della dividente demaniale del 2017 non ha considerato l’area sdemanializzata nel 1938.
In conclusione, esiste sul Litorale una totale confusione amministrativa che compromette la regolarità dei canoni concessori da più di 50 anni emessi nei confronti degli stabilimenti balneari del Litorale romano. Se verrà confermato, il danno erariale sarebbe di proporzioni bibliche e inficerebbe sia il bando del 2020 sia il PUA (Piano di Utilizzazione degli Arenili). Non è più accettabile che si continui con il fallimentare metodo rutelliano del “pianificar facendo”, che ha portato disastri inenarrabili a Roma Capitale. Continuare ad insistere a fare bandi senza conoscere la consistenza dei beni dati in concessione (con schede piene di dati provvisori a causa di istruttorie non concluse e spesso piene di errori di misurazione e di errori sulle destinazioni d’uso, e che hanno portato a calcoli dei canoni concessori errati) è gravissimo perché non tutela gli interessi collettivi.
Per questa ragione abbiamo nuovamente chiesto oggi in Commissione (a maggior ragione per lo sgarbo istituzionale compiuto dall’Agenzia del Demanio e della Capitaneria di Porto che erano di nuovo assenti) di rendere pubblico da DOVE è stata spostata la dividente demaniale e il deposito in Commissione della documentazione inerente. Gli unici atti sono quelli di LabUr, depositati in Commissione. Oggi addirittura abbiamo fatto allegare la delibera 2709/1938 che l’agenzia del Demanio ha comunicato non aver mai visionato, quando noi l’abbiamo ottenuta con un accesso all’archivio Storico Capitolino, che è liberamente consultabile.
È chiaro a questo punto che se fra 15 giorni, alla terza convocazione di Commissione, non dovessero arrivare le risposte dagli enti competenti, LabUr dovrà rivolgersi alle opportune sedi giudiziarie.
Con l’apertura del fascicolo n° 2367/2019 a seguito di esposto di LabUr – Laboratorio di Urbanistica, l’ANAC ha emesso la Delibera n. 849 del 21 dicembre 2021 con cui striglia il Comune di Roma per come ha condotto tutta la questione tecnica del progetto del Nuovo Ponte della Scafa.
Ma non è l’unico profilo, quello tecnico, ad avere gravi problemi. Lo è anche quello Amministrativo che i presidenti di Commissione del PD, Antonio Stampete ai LL.PP., e Giovanni Zannola alla Mobilità, fingono di non vedere continuando a prendere per i fondelli i cittadini e parlando di fondi per il Giubileo.
Vediamo perché.
Con istanza inviata da LabUr e acquisita a protocollo dipartimentale della Presidenze del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione Civile, in data 1 dicembre 2021 (n. 544771) avente per oggetto la verifica amministrativa circa l’effettiva competenza di Roma Capitale nella realizzazione del Nuovo Ponte della Scafa in funzione dell’assenza di proroga nel 2013 dello stato di emergenza (descritto con OPCM n. 3543 del 26 settembre 2006) e del presunto non perfezionato subentro in merito di Roma Capitale al Dipartimento di Protezione Civile, viene chiaramente ribadito che lo stato di emergenza determinatosi nel settore del traffico e della mobilità nel territorio di Roma Capitale, è stato dichiarato con DPCM il 4 agosto 2006 ed è cessato in data 31 dicembre 2012 per effetto del decreto legge 15 maggio 2012 n. 59 convertito con modificazioni della legge 12 luglio 2012 n.100. Successivamente, l’art. 1 comma 1 dell’OCDPC n.97 del 19 giugno 2013 ha individuato Roma Capitale quale amministrazione competente in via ordinaria a coordinare il completamento delle iniziative per il definitivo superamento dell’emergenza. Per la precisione, la disciplina vigente in materia, e in particolare l’art. 1, comma 422 della legge n.147/2013 (c.d. Legge di stabilità per il 2014) e l’art. 5, della legge n. 225/1992, ora rifluiti nell’art. 24, comma 6 del decreto legislativo n. 1/2018 (codice di protezione civile), prevede il “subingresso” degli enti ordinariamente competenti – nel caso di specie Roma Capitale, ente ordinariamente deputato alla gestione delle politiche relative alla mobilità nella posizione del commissario cessato. Pertanto tutte le migliaia di deroghe di cui godeva l’iter dell’appalto del Nuovo Ponte della Scafa sono cessate perché decadute.
Dunque, la stazione appaltante è ancora il Comune di Roma, la strada dell’attuale Ponte della Scafa era Regionale (SR296), passata nel poi all’ANAS e dunque divenuta statale (SS296). Giustamente l’Ing. Paola Tripodi dell’ANAS si è trovata estremamente in difficoltà nelle scorse settimane nel dire se il Nuovo Ponte della Scafa si farà o meno, semplicemente perché ANAS non è mai stata invitata in conferenza dei servizi e soprattutto perché non è chiaro come verrà inserito il sedime del Nuovo Ponte della Scafa all’interno della SS296, perché non si tratta solo del Ponte, ma anche delle rampe e della viabilità secondaria. Insomma, a chi appartiene questo ponte? Chi lo gestirà? A questa domanda nessuna risposta da parte del Comune di Roma.
Il Nuovo Ponte della Scafa non è quindi più opera di protezione civile, le migliaia di deroghe non esistono più, ma soprattutto è decaduto il traffico, considerato ora questione di ordinaria amministrazione per il Sindaco della Capitale.
I costi del Ponte sono aumentati a dismisura (e neanche immaginiamo quanto leviteranno a seguito delle sanzioni economiche conseguenti agli eventi di guerra). La domanda però è “chi paga”? In via ordinaria, come è ora, è fatto divieto di utilizzare fondi comunali e regionali per opere statali. Ed è qui che si insinua la propaganda dei due consiglieri piddini: usare i fondi del Giubileo per coprire la maggiorazione dei costi. Il tempo per rispondere all’ANAC però non lo trovano.
Oltre ad aver fatto malissimo il progetto preliminare e quello definitivo, come evidenziato anche dalla delibera ANAC, il Comune di Roma chiede alla società che ha vinto l’appalto (Italiana Costruzioni) di aiutarla a fare il progetto esecutivo sulla base di un progetto nato male, occultando opportunamente la questione amministrativa dal dibattito. Peccato che sulla base di quel pessimo progetto definitivo si è provveduto a fare degli espropri di aree private in nome della pubblica utilità con l’obbligo di legge di completare l’opera entro i 10 anni, cosa non avvenuta. Questo genererà una serie di cause sia da parte di coloro a cui è stato espropriato il terreno a prezzi di mercato di allora e che oggi valgono molto di più, sia da parte di chi ha subito un’occupazione temporanea dell’area che potrà dunque retrocedere. Chi paga? I cittadini.
Per altro c’è un’ulteriore anomalia: i milioni di euro impegnati dalla Regione Lazio sono vincolati e passano attraverso l’avvallo di una Commissione che però non ha mai ricevuto il progetto esecutivo e dunque di fatto i soldi non potrebbero più essere vincolati.
Quello che quindi ci stanno dicendo i due presidenti di commissione in quota PD, Stampete e Zannola, è semplicemente che il Nuovo Ponte della Scafa bisogna tenerlo in piedi almeno sulla carta, anche se sanno che non si farà mai e nonostante tutte le illegalità e illegittimità che hanno contraddistinto l’iter, perché a quell’opera sono legati progetti importantissimi sulla riva destra e sinistra del fiume Tevere, a partire dal Porto della Concordia. Se decade, saltano tutti gli affari. E per fare questo servono due persone che di galleggio politico se ne intendono: Zannola, che nel 2015 finì anche nelle pagine di Mafia Capitale sulle Signore in “rosso” delle occupazioni e Stampete, che ha dato grande prova con la vicenda dello Stadio della Roma quando era Presidente della Commissione Urbanistica, tra i 5 accoltellatori delle dimissioni dell’ex Sindaco Marino, e di cui rimane memorabile la frase: “Eravamo un vaso di coccio in mezzo a tanti vasi di ferro: non potevamo non finire a pezzi”.
Ci pare che si siano rialzati benissimo.
Intanto l’ANAC aspetta una risposta.
Oggi nel corso della Commissione Controllo, Trasparenza e Garanzia si è iniziato ad affrontare il tema del bando di affidamento delle 37 concessioni del 22 dicembre 2020 (targato M5S) scadute il 31 dicembre 2020. Una vicenda travagliata che ha avuto due successivi interventi, uno amministrativo e uno giudiziario.
Il bando è stato dapprima revocato (con Delibera di Giunta, in fase di aggiudicazione provvisoria) il 15 dicembre 2021 dall’attuale amministrazione PD guidata da Mario FALCONI, forte della sentenza del Consiglio di Stato e nelle more dell’approvazione del Piano di Utilizzazione degli Arenili (PUA). Poi, il 15 febbraio 2022, il Tribunale Amministrativo del Lazio (TAR), su ricorso di un aggiudicatario provvisorio, ha annullato la delibera MA, e questo è stato uno dei punti posti da LabUr oggi in commissione, SOLO PER LA PARTE RIGUARDANTE LA REVOCA, conservando di fatto la PROROGA TECNICA AL 2023 delle concessioni scadute il 31 dicembre 2020, proroga che dunque resta VIGENTE.
Inoltre a Maggio dovrà esprimersi nuovamente il TAR su ricorso di alcuni attuali titolari delle concessioni balneari e pertanto il Municipio X si trova in un limbo a pochi mesi dall’apertura della stagione balneare.
Sempre oggi, in commissione, LabUr ha depositato la segnalazione inviata all’autorità di vigilanza sui contratti pubblici (ANAC) riguardante la questione della DIVIDENTE DEMANIALE in località Castelfusano, la ‘linea’ con cui, in pratica, si individuano i beni in concessione racchiusi tra essa e la linea di costa. La segnalazione è composta a sua volta dall’istanza di verifica della dividente inviata alla Capitaneria di Porto il 14/02/2022 e all’Agenzia del Demanio il 15/12/2021 a cui ha finora risposto solo parzialmente il Demanio in data 22/12/21 e 11/2/2022. Si tratta di verificare il completamento del procedimento di sdemanializzazione di ben 400mila mq lungo i 4 km di litorale compresi tra il Canale dei Pescatori e la Tenuta di Castelporziano. Un dato che escluderebbe un terzo delle aree fino ad oggi date in concessione.
In attesa che si esprima anche il Segretariato Generale di Roma Capitale e che giungano le risposte alle istanze di verifica, è bene ricordare che non è possibile procedere all’affidamento in concessione se non è nota la consistenza dei beni dati in concessione. Dal 1938 sono state cedute da parte dello Stato, aree al Comune, ma gli atti non si sono mai perfezionati con un’acquisizione. Dunque LabUr ha chiesto al Presidente della Commissione Pietro MALARA di affrontare il problema per evitare di ingenerare ulteriori ricorsi e contenziosi nonché un conseguente danno erariale.
Ricordiamo inoltre che il parziale annullamento della delibera sentenziato dal TAR si basa sul fatto che alla delibera di natura politica (comunque firmata dal Direttore Tecnico municipale, Carla SCARFAGNA) non sia seguito un atto di natura tecnica firmato dal dirigente (sempre Carla SCARFAGNA). Peccato che valga anche il contrario e cioè che l’ex Direttore Tecnico, Giacomo GUASTELLA, non avrebbe potuto pubblicare il bando iniziale senza esser stato emesso un precedente atto di indirizzo politico, cosa su cui si è chiesto (sempre da LabUr) un approfondimento da parte della Commissione.
Per altro oggi si è assistito, ad inizio commissione, alla richiesta da parte della consigliera del M5S, Silvia PAOLETTI, di allegare a pubblico verbale la nota contenente il parere espresso dall’Avvocatura Capitolina il 7 dicembre 2021 (nota RF/116711) con cui si lasciava alla giunta municipale la discrezionalità di annullare il bando. In realtà tale nota rimane ancora ad oggi coperta da “segreto professionale”, come richiesto dal Capo del II Settore dell’Avvocatura Capitolina, Avv. Guglielmo FRIGENTI. Per tale motivo LabUr ha inviato una segnalazione al Segretariato e alla stessa Avvocatura per avere chiarimenti su come la consigliera PAOLETTI sia venuta in possesso della nota e se questo costituisca un reato perseguibile penalmente.
Infine, abbiamo chiesto al Presidente MALARA, di verificare perché sia stata messa nello stesso bando delle concessioni scadute il 31 dicembre 2020 la concessione del tratto di arenile noto come “Isola Fiorita”, ex concessione del Ministero degli Interni, visto che la concessione era già stata riconsegnata nel 2018 e che la spiaggia e le strutture risultano da anni in grave stato di abbandono. Di fatto rappresenta un bene infruttifero dal 2018, con un lucro cessante e un danno (erariale) emergente. Così come abbiamo chiesto di approfondire se il Ministero degli Interni abbia regolarizzato il pagamento di tutti gli oneri concessori, in quanto, se ciò non risultasse, rappresenterebbe un’ulteriore anomalia aver messo a bando quel tratto di arenile, guarda caso proprio quello aggiudicato (provvisoriamente) alla società New Life srl autrice del ricorso al TAR che ha fatto annullare in parte la delibera di revoca del bando.
“Se la strada l’hanno fatta i privati, come è possibile che sia pubblica?” Queste le parole dette oggi, in sede di sopralluogo tecnico della Commissione congiunta LL. PP. e Urbanistica, presso via Domenico Ceccarossi all’Infernetto dall’Arch. Massimiliano Fusco. Dal 7 marzo 2018 Fusco è alle dipendenze di Roma Capitale (Municipio Roma X), oggi responsabile dell’Ufficio Traffico e Segnaletica Stradale. Assieme a lui, il Geom. Goffredo PAGNANELLI, responsabile dell’ufficio che gestisce il patrimonio stradale e gli appalti di manutenzione ordinaria e straordinaria delle sedi stradali e dei marciapiedi dell’Infernetto.
Nel sopralluogo bisognava definire le modalità per riaprire al traffico via Domenico Ceccarossi, chiusa da oltre due anni al fine di garantire la pubblica e privata incolumità essendosi creata una enorme voragine per cedimento del manto stradale.
La questione risale al 19 settembre 2011 quando, con esito positivo, venne collaudata via Castrucci, via Pasquini e il sistema viario adiacente in conformità alla rete viaria principale prevista nel Piano Particolareggiato O/51 Infernetto. Tutto in regola secondo la normativa vigente, tutto come richiesto da Roma Capitale. Si tratta di opere realizzate a scomputo degli oneri concessori che i costruttori nella zona avrebbero dovuto versare nelle casse capitoline e con i quali invece si sono realizzate queste opere di urbanizzazione primaria.
Soldi pubblici spesi per opere pubbliche da parte dei privati e investiti direttamente sul territorio. Al collaudo doveva seguire, da parte del Dipartimento per le Periferie (non più esistente), la consegna delle opere al Municipio Roma X che da quel momento in poi lo avrebbe inserito a patrimonio e a regolare manutenzione. Ciò accadeva in data 20 febbraio 2015, dopo 4 anni dal collaudo. Per modeste irregolarità documentate fotograficamente invece il Municipio non prese in consegna le opere. Da quel momento, il nulla. Ecco perché la strada, mai tenuta in manutenzione per 11 anni dopo il collaudo , presenta oggi voragini e incuria.
La strada è pubblica, non privata, ma l’iter amministrativo per la presa in consegna non c’è mai stato, generando di fatto un danno patrimoniale. Ben 3 MLN di euro restano paralizzati dalla inefficienza degli uffici. Eppure, per riparare la voragine formatasi, basterebbe una cifra attorno ai 35 mila euro sempre che, lasciando la strada ancora abbandonata, non si creino altre voragini.
La nuova giunta municipale, dopo 5 anni di inerzia della precedente, sembra aver preso la decisione di intervenire in via definitiva: la voragine deve esser riparata, la strada aperta e destinata al trasporto pubblico locale (mezzi ATAC), quello che insomma era previsto dal piano particolareggiato nel 1992 (30 anni fa). Dove prendere i soldi? Dal fondo di manutenzione ordinaria destinato ogni anno dal Municipio alle strade di Ostia, Infernetto e Casalpalocco (Lotto A) di cui è responsabile Goffredo PAGNANELLI. Con quei fondi si sono p.es. eseguiti i lavori della prima versione della pista ciclabile sul lungomare di Ostia, oltre 100 mila euro spesi peraltro creando un debito fuori bilancio.
A questo punto sembra tutto filare per il verso giusto: la politica è d’accordo, la strada è pubblica (anche se ancora non perfezionata), i soldi ci sono e la stagione è quella giusta per fare lavori.
Occorre solo informare i funzionari del municipio che, stranamente, sembrano non conoscere la materia di cui sono responsabili.
A seguito della nostra diffida del 15 gennaio 2022 riguardante il taglio di 37 pini sul viale di Castelporziano e le successive ulteriori precisazioni del 7 febbraio 2022 (che qui appresso riportiamo), abbiamo ricevuto (datate 25 gennaio e 14 febbraio 2022) le risposte attendiste dell’Assessore ai Lavori Pubblici del Municipio Roma X, Guglielmo CALCERANO, che in sostanza altro non affermano che i lavori sono stati svolti nella precedente consiliatura, incaricando l’attuale direttore tecnico, Mario SICA, di verificare quanto da LabUr segnalato.
CALCERANO, come si vede dal filmato del 28 gennaio 2022, è perfettamente a conoscenza della fine di quei 37 pini, mai ripiantati sul viale di Castelporziano (1). Ora attendiamo che ci faccia conoscere la regolarità dell’appalto e soprattutto se c’è stata regolarità nel piantare 37 alberi diversi dai pini in un’altra località. Le questioni relative al verde le lasciamo all’assessore municipale competente in materia, CALCERANO ci dovrà dire se l’appalto si è svolto regolarmente visto che i 37 alberi sono stati piantati all’inizio del suo mandato. Attenderemo dettagliato riscontro prima di segnalare la questione presso le autorità competenti in materia di appalti pubblici.
(1) l’intervento nel filmato è di Goffredo PAGNANELLI, funzionario dell’Ufficio Manutenzione Ordinaria e Straordinaria Lotto A – Ostia – Casal Palocco – Infernetto, avvenuto durante la Commissione III Lavori Pubblici e Mobilità del 28 gennaio 2022
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Oggetto: precisazioni atto invito/diffida del 15.01.2022 – alberature rimosse per lavori sul viale di Castelporziano (località Infernetto)
LabUr – Laboratorio di Urbanistica (www.labur.eu), intende precisare e segnalare all’assessore del Municipio Roma X, Guglielmo CALCERANO, quanto di seguito esposto.
IL FATTO
In data 15 gennaio 2022 LabUr inviava a più destinatari del Municipio Roma X, via PEC, un invito a reimpiantare sul viale di Castelporziano i 37 pini abbattuti per lavori stradali diffidando a posizionarli altrove, neppure in parchi e/o giardini pubblici, essendo prevalente il ripristino del valore paesaggistico, naturalistico e culturale del viale di Castelporziano (1) sopra ogni altra forma di compensazione ambientale. La nota era indirizzata in primis a Guglielmo CALCERANO, attuale assessore municipale ai Lavori Pubblici e Patrimonio, nonché portavoce dei Verdi di Roma che, nei giorni precedenti, aveva a mezzo stampa, assieme all’assessore municipale all’Ambiente, Valentina PRODON, sostenuto non essere possibile il ripristino dei pini con altri pini citando il “Regolamento Capitolino del verde pubblico” che invece al comma 22 dell’articolo 19 prescrive il reimpianto di individui arborei della stessa specie laddove trattasi di viali monumentali.
In data 1 febbraio 2022, con nota CO/9882 del 31 gennaio 2022 (datata 25 gennaio 2022 e redatta il 17 gennaio 2022) Guglielmo CALCERANO inviava al sottoscritto il dovuto riscontro all’atto stragiudiziale di invito e diffida sopra citato, affermando: 1) di essersi già interessato della questione mediante accesso civico generalizzato, in qualità di avvocato e portavoce dei Verdi di Roma, in data 1 giugno 2020, relativamente al taglio dei pini facenti parte della ‘alberata monumentale’ (così da lui definita) esistente lungo il viale di Castelporziano; 2) di aver acquisito, tramite l’accesso civico generalizzato, la Relazione Tecnica redatta il 2 dicembre 2019 dall’agronomo Rocco SGHERZI, incaricato dalla Cardi Costruzioni srl (ditta esecutrice dei lavori) e di avere da essa tratto le seguenti informazioni: presenza di vincoli paesaggistici lungo il viale, elevato grado di interferenza tra i pini esistenti ed esistenza di varie parassitosi; l’agronomo concludeva, secondo la personale lettura di CALCERANO, che, in fase di reimpianto, sarebbe stato opportuno ”effettuare una compensazione decentrata, identificando aree vicine, dove poter realizzare piccoli nuclei di alberi da potersi adibire a parco, con la funzione di tanti piccoli polmoni verdi”.
PREMESSO
– che la nota di invito e diffida inoltrata da LabUr si proponeva di tutelare, in un contesto patrimoniale, il bene pubblico al quale le alberature stradali appartengono, chiedendo di verificare la corretta conduzione dei lavori eseguiti, compreso l’abbattimento di 37 pini e il loro reimpianto;
– che la competenza sulla gestione delle alberature stradali (a prescindere dall’appartenenza politica dell’assessore CALCERANO a un partito ambientalista) è dell’assessore all’Ambiente, Valentina PRODON;
– che il regolamento comunale del verde pubblico così, come l’opinione dell’agronomo incaricato dalla ditta esecutrice dei lavori, non è vincolante né determinante per la corretta conduzione dell’appalto soprattutto quando trattasi di un viale monumentale e di interesse paesaggistico;
– che, per quanto sopra, l’assessore CALCERANO avrebbe dovuto: a) chiedersi come mai ad oggi, a 2 anni dall’autorizzazione (9 gennaio 2020) e poco meno dall’effettivo taglio dei pini (25 maggio 2020), nonché ad oltre un anno dalla conclusione dei lavori, nessuno dei 37 pini sia stato ripristinato in loco con alberature della stessa specie (come dovuto per legge) b) limitarsi ad avviare d’ufficio un’istruttoria finalizzata ad acquisire informazioni su dove, eventualmente, tali alberature (pini) siano state posizionate, senza aggiungere considerazioni personali di alcuna rilevanza amministrativa,
CONSIDERATO
– che nella Relazione Tecnica dell’agronomo Rocco SGHERZI è chiaramente scritto (pagina 12 di 17) che le precedenti potature effettuate sui pini, soprattutto (indichiamo noi) quelle del 2014 realizzate dalla Eco Sabina Appalti srl sul viale di Castelporziano (finite nella relazione prefettizia della Commissione di Accesso per i fatti di ‘mafia capitale’) sono state effettuate in maniera errata “con conseguenti squilibri ormonali e disordini nella successiva crescita”;
– che nella medesima Relazione Tecnica, dei 519 pini verificati 405 sono stati identificati, secondo la loro propensione al cedimento, di Classe C (rischio moderato) 77 di Classe C-D (rischio elevato) e 37 di Classe D (rischio estremo, da abbattere e sostituire), dunque nessuno di classe A (rischio trascurabile) e/o di classe B (rischio moderato);
– che gli attuali consiglieri municipali Marco BELMONTE (PD) e Alessandro IEVA (M5S) hanno ricoperto la carica di assessore all’Ambiente del Municipio Roma X nelle due precedenti consiliature a cavallo temporale del commissariamento per mafia del municipio medesimo e che pertanto sono informati dei fatti, rispettivamente dei lavori di potatura eseguiti nel 2014 e dei lavori stradali in questione (il 28 ottobre 2019 è stato stipulato il contratto tra l’Amministrazione e l’impresa Cardi Costruzioni Srl),
PRESO ATTO
– che, recentemente (inizio gennaio 2022), sono stati piantate 37 alberature (non pini, ma sughere e cerri) nell’area verde presso via Bersone all’Infernetto, una delle opere a scomputo degli oneri concessori che si dovevano realizzare dal 2001 nella convenzione Castelporziano Sud e che comprendeva (da parte del costruttore) la messa a dimora di alberature, mai avvenuta, tutto quanto sopra premesso, considerato e preso atto
SI CHIEDE CON URGENZA
di sapere se la ditta Cardi Costruzioni srl abbia rispettato quanto previsto da capitolato e se le alberature (sughere e cerri) dell’area verde presso via Bersone siano state impiantate in compensazione dei 37 pini del viale di Castelporziano violando le prescrizioni autorizzative del Dipartimento Tutela Ambientale di Roma Capitale (nota QL/1396 del 9 gennaio 2020) che richiedevano esemplari della stessa specie (pini). Con riserva di agire nelle sedi giudiziarie preposte, a verifica di un danno erariale e di omissione di atti di ufficio, a difesa di un interesse pubblico.
(1) il viale di Castelporziano (in località Infernetto) risulta essere individuato come “Bene del Patrimonio Culturale” nella Tavola C-29 3 del P.T.P.R. (parte del ‘sistema dell’insediamento storico – viabilità e infrastrutture storiche, ex art.60, c.2, L.R. 38/99)
Lo sfratto del fabbricato al civico n.15 di via Marino FASAN, uno dei quattro delle case Larex/Armellini, indicato per la data del 23 marzo 2022, non ci sarà. Lo dichiara l’assessore al Bilancio e Politiche Abitative del Municipio Roma X, Giuseppe SESA (PD), il consigliere municipale Mirella ARCAMONE (DemoS) e la rappresentante dell’Unione Inquilini. Il tutto emerge dalla Commissione II Politiche Sociali e Abitative del Municipio X dell’8 febbraio 2022 a neanche due settimane dalla precedente del 27 gennaio in cui il rappresentante degli inquilini delle case Larex/Armellini, aveva testualmente dichiarato davanti a tutti, compresi gli avvocati della Larex/Armellini, non ricevendo alcuna risposta:
“Di concreto noi inquilini non sappiamo nulla. L’unica cosa che sappiamo è che un giorno abbiamo trovato appeso nell’androne delle scale l’eventualità di sgombero che poi è stata rimandata di mese in mese. L’ultima è di adesso, che accadrà il 23 marzo” (VIDEO)
Lo sfratto delle case Larex/Armellini è il risultato del combinato delle sentenze del TAR (che hanno visto soccombere Roma Capitale) e della delibera di giunta capitolina n.244 del 30 settembre 2021 con cui si approva il cronoprogramma degli sfratti delle 4 palazzine Larex a cominciare dal civico n.15.
L’iter è iniziato con l’avviso di sfratto del 9 giugno 2021 con il quale la Corte di Appello di Roma (Ufficio Esecuzioni) comunicava che lo sfratto avrebbe avuto luogo il 29 luglio 2021. Poi, la delibera del 30 settembre e rinvii su rinvii.
Nei giorni scorsi, come ha dichiarato anche la rappresentante sindacale, il nuovo avviso dell’ufficiale giudiziario con indicata la data del 23 marzo a cui è seguito l’interessamento della Prefettura e della Questura non informate di quanto sopra.
La soluzione proposta nella commissione municipale dell’8 febbraio è stata quella di ricorrere alla cancellazione della delibera 244, inserendo il problema Larex/Armellini in un contesto più ampio che riguarda tutta Nuova Ostia con l’acquisizione a patrimonio comunale dei 1042 appartamenti di Angela ARMELLINI (quelli della Larex sono di Alessandra ARMELLINI, entrambe figlie del costruttore Renato ARMELLINI).
Ci domandiamo però una cosa importante: chi sta pensando alla sicurezza dei cittadini bloccati da anni dentro case fatiscenti che cadono a pezzi e che, per incapacità della precedente amministrazione a guida M5S, ancora non sono state puntellate?
Sugli aspetti urbanistici e gli affari trasversali, che nel quadrante in questione comprendono l’Idroscalo, il porto di Ostia e la nuova arginatura del Tevere, attendiamo di parlarne all’arrivo dei fondi europei PNRR.