La complessità dello scandalo del Salaria Sport Village non si può ridurre, come fanno i media, ai presunti festini di Bertolaso, a massaggiatrici, prostitute e preservativi. Fa anche abbastanza sorridere la confusione tra aree di esondazione e inesistenti fasce ‘A’ e ‘B’ nel parlare della pericolosità dovuta alla vicinanza del Tevere. Resta invece difficile comprendere come si possa pensare di non abbattere il Salaria Sport Village visto che l’area dove sorge non è un prato ma ricopre una funzione fondamentale per tutto il bacino del Tevere, fino alla sua foce. Opporsi alla demolizione dei manufatti, a fronte di un acclarato abuso edilizio, è scellerato. Vediamo perché.
LA STORIA DEGLI ABUSI
Il 24 giugno 2009 è stato lo stesso Commissario Delegato, Claudio Rinaldi, a fare l’elenco di dove si era avvalso del potere straordinario conferitogli per andare in deroga alle leggi vigenti. Nella Relazione di Accompagnamento al Piano delle Opere per i Mondiali di Nuoto Roma ’09, infatti, Rinaldi elenca le due deroghe applicate per il Salaria Sport Village (le stesse che gli saranno poi contestate dalla Procura di Roma e che il TAR del Lazio ha chiarito nel respingere il ricorso dei proprietari del Salaria Sport Village):
1) la deroga agli Elaborati Prescrittivi del Piano Regolatore di Roma
2) la deroga al Regolamento Edilizio del Comune di Roma.
Nel primo caso, con interventi di nuova edificazione, Rinaldi era andato in deroga alle prescrizioni dettate dal Piano Territoriale Paesistico n. 15/8 “Valle del Tevere” (approvato con deliberazione del Consiglio Regionale n. 25/2006 che sottoponeva l’area oggetto dell’intervento a tutela paesaggistica). In pratica, Rinaldi aveva autorizzato i privati del Salaria Sport Village a non applicare l’art.71, c.2 (Reticolo Idrografico) che invece avrebbe comportato una fascia di rispetto di 150 metri dalla sponda del Tevere. Nel secondo caso, Rinaldi escludeva di fatto l’area dalle procedure di attuazione del PRINT n.7 del IV Municipio, concedendo un maggiore indice di edificabilità.
La costruzione del Salaria Sport Village in quell’area era comunque stata autorizzata dagli Uffici del Commissario Delegato il 18 giugno 2008 (prot. 3047/RM2009) seppure il Comune di Roma in sede di conferenza di servizi, con nota del 15 aprile 2008, avesse espresso parere contrario al progetto in quanto incompatibile con i vincoli paesistici e ambientali sopra indicati. L’artefice dell’autorizzazione era stato il precedente Commissario Delegato, Angelo Balducci, a cui Rinaldi subentrò ufficialmente, con l’OPCM n.3684, il 25 giugno 2008 (pubblicazione dell’ordinanza nella G.U. 147). Pertanto anche il parere favorevole firmato il 31 marzo 2008 da Roberto Grappelli, segretario generale dell’Autorità di Bacino del Tevere (ABT), è da attribuire all’era Balducci.
L’area del Salaria Sport Village è compresa tra le aree esondabili del Piano di Stralcio – PS1 dell’ABT, classificata come ‘Zona A’, zona dove è vietata qualunque attività di trasformazione dello stato dei luoghi (morfologica, infrastrutturale, edilizia,) ma dove possono essere realizzati impianti destinati ad attività sportive compatibili con l’ambiente senza creazione di volumetrie (p.es., un campo di calcio senza spogliatoi attigui). Sono dunque zone dove deve essere consentita la libera attività espansiva delle acque per la sicurezza di tutti gli abitanti di Roma e dove l’attività edificatoria è fortemente limitata salvo che per le opere pubbliche o di tale interesse. Ma c’è di più.
Nello scorso dicembre 2010 l’ABT ha intrapreso un percorso di ascolto verso i Comuni a nord di Roma per valutare, caso per caso, il declassamento delle Zone di esondazione da ‘A’ a ‘B’. Nelle Zone ‘B’ rientrano i Piani attuativi e quelli di lottizzazione, per i quali alla data del 23 novembre 1994 siano state stipulate le relative convenzioni (la fascia tra la via Salaria e il Salaria Sport Village, dove c’è la stazione di Settebagni, è Zona ‘B’). E’ facile dunque immaginare che prima o poi, vista la pressione dell’abitato di Settebagni su quell’area, si arrivi a declassare la Zona ‘A’ del Salaria Sport Village in Zona ‘B’. Quindi se rimane una Zona ‘A’ il Salaria tenterà il tutto per tutto per dimostrare che si tratta di un’opera pubblica o comunque di interesse pubblico, ma è anche la stessa cosa che sta chiedendo chi vuole acquisirla a patrimonio pubblico. Se il Salaria Sport Village non ce la farà a dimostrare che si tratta di un’opera pubblica potrà eventualmente contare su un declassamento della Zona in ‘B’, così da poter rientrare nella categoria delle attività edificatorie consentite. Ed è ciò che subdolamente è scritto tra le righe del ricorso presentato al TAR dal Salaria Sport Village.
Gli abusi nello specifico sono 3:
1) mancata attuazione della fascia di rispetto dal Tevere
2) eccessiva edificabilita’
3) nuove costruzioni private in Zona ‘A’, spacciate come opere di interesse pubblico perché collegate al grande evento dei Mondiali di Nuoto.
Ci troviamo dunque di fronte al fatto che il Commissario Delegato si è sostituito a due distinte realtà: il Comune di Roma e l’ABT. Mentre però l’ABT tace a riguardo, il Comune di Roma ha dichiarato che gli interventi realizzati sono illegittimi perché privi di un titolo abilitativo edilizio. Infatti l’OPCM n. 3429/2005 non ha autorizzato esplicitamente il Commissario Delegato a derogare l’art. 13 del Testo Unico in materia edilizia, secondo cui il permesso di costruire è rilasciato dal dirigente o responsabile del competente ufficio comunale nel rispetto delle leggi, dei regolamenti e degli strumenti urbanistici. Ne consegue che al Commissario Delegato non è mai stato attribuito alcun potere di rilasciare il permesso di costruire per la realizzazione dei singoli interventi edilizi in luogo della competente amministrazione comunale.
L’ENTITA’ DEGLI ABUSI
Quando si parla del Salaria Sport Village si parla di un ampliamento del preesistente circolo sportivo mediante 2 vasche dotate di spogliatoi, una foresteria per 32 atleti più vasca da 50 metri, un bar e l’area ristoro. Tutto è stato da sempre descritto nel ‘Piano delle Opere’ di cui il Comune di Roma e la FIN erano a conoscenza, così come l’Istituto per il Credito Sportivo, che ha elargito mutui agevolati per la realizzazione degli impianti. Addirittura in data 11 novembre 2008, con Decreto Commissariale 4051/RM2009, venivano approvate integrazioni e modifiche soprattutto sui progetti esecutivi degli impianti pubblici, tra cui quello scandaloso del Polo Natatorio di Ostia, e gli appalti sulla viabilità. Nell’elenco, anche gli impianti privati, con i provvedimenti di autorizzazione dei ‘nuovi tipi’, tutti autorizzati il 12 giugno 2009. Ben 9 su 17 impianti hanno chiesto e ottenuto ‘modifiche’. Tra questi, appunto, il Salaria Sport Village.
Ad essere conformi al Regolamento Edilizio, solo 3 impianti su 17: l’A.S. Appio srl, il Circolo Canottieri Lazio e il Real Sporting Village.
Non è difficile immaginarsi allora l’effetto a catena per gli altri 13 impianti (dichiarati dallo stesso Rinaldi non conformi al Regolamento Edilizio Comunale e su cui lo stesso Rinaldi ha forzato la mano andando in deroga), qualora il Salaria Sport Village venisse salvato o dal Consiglio di Stato, che si esprimerà il 30 giugno, o da una richiesta di acquisizione a Patrimonio pubblico in caso di conferma del riconoscimento dell’abuso. Premesso che i costi di gestione delle piscine sono esorbitanti e che le casse comunali non si possono permettere neanche una piscina in più delle attuali, in entrambi i casi sopra descritti si finirebbe per perdere definitivamente anche gli oneri concessori dovuti (e mai pagati) dagli impianti privati. Salvarlo dall’abbattimento dunque significa creare un effetto dòmino sugli altri 13.
Per altro ci sarebbe da indagare sulla effettiva qualità delle opere realizzate. Sono stati fatti tutti i collaudi? Si conosce il valore reale dei costi sostenuti? Sono presenti i documenti amministrativi e di provenienza del materiale impiegato? A fronte di un vizio occulto c’è possibilità di rivalsa? Considerando che il Consiglio di Stato non stravolgerà la precedente sentenza del TAR, tutte queste domande sono d’obbligo prima di proporre una soluzione di acquisizione a patrimonio pubblico.
PERSEGUIRE CHI NON HA CONTROLLATO
Dunque, il Salaria Sport Village è abusivo perché non ha mai ottenuto un permesso a costruire. E’ stato inoltre realizzato in area esondabile. In entrambi i casi sono mancati i controlli. Da una parte, sono mancati i controlli del Comune di Roma, che non poteva non sapere che lì si stava costruendo senza esser stato interpellato, dall’altra sono mancati i controlli da parte dell’ABT, che non poteva non sapere che il Salaria Sport Village era in Zona ‘A’ ma non era un’opera pubblica.
Per altro, e non è un dettaglio da poco, in quell’area non possono essere realizzate opere spondali di difesa e tantomeno opere di difesa a terra che stravolgerebbero la funzione di quell’area, che ricordo essere una zona dove deve essere consentita la libera attività espansiva delle acque del Tevere per la sicurezza di tutti gli abitanti di Roma.
Per altro chi chiede l’acquisizione a patrimonio pubblico pone un falso problema quando parla della messa in sicurezza dei manufatti del Salaria Sport Village realizzati per i Mondiali di Nuoto: il problema della sicurezza non è in quell’area ma per chi è a valle di quell’area se non lo si abbatte.
Se il Consiglio di Stato confermasse l’abuso, esiste una terza soluzione oltre a quella dell’abbattimento o dell’acquisizione ? Sì, riconvertire gli impianti ad attività compatibili con l’ambiente e non di intralcio alle esondazioni, eliminando tutte le volumetrie. Qui sì che sarebbe adatto un parco fluviale e non all’Idroscalo di Ostia, come ha proposto il pessimo Alemanno.
paula de jesus per LabUr