Proprietari di posti barca e negozi senza certezze, una concessione del 2007 tutta da rivedere ed il comune di Roma in ritardo di 2 anni sulla gestione amministrativa di un bene demaniale in degrado lasciato in mano a una discutibile amministrazione giudiziaria.
Inizia nel caos la sfida del riutilizzo da parte dello Stato del Porto Turistico di Roma, la cui confisca definitiva, operata dalla Guardia di Finanza, è avvenuta il 5 agosto 2021, 5 anni dopo il maxi sequestro del 2016. Il patrimonio mobiliare e immobiliare, per un valore di 460 milioni di euro, è ora in mano alla “Agenzia Nazionale per l’amministrazione e destinazione dei Beni Sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata” (ANBSC), risultando registrati presso il Sistema Informativo ReGio (ex art. 110, c.2 del D.Lgs. 159/2011).
Ricordiamo che i beni confiscati appartenevano a diverse società:
- PORTO TURISTICO DI ROMA SRL (08271571005): locazione aree e posti barca, gestione spazi in concessione (amm.re giudiziario: Donato Maria PEZZUTO)
- GESTIONE SERVIZI PORTO DI ROMA SRL (08501221009): gestione della marina e dei servizi portuali a favore dell’utenza e di terzi nonché delle unità immobiliari locate o vendute presenti all’interno del porto (amm.re giudiziario: Stefano CAVALLARI)
- ATTIVITA’ TURISTICHE IMPRENDITORIALI SRL (04988851004): gestione complesso immobiliare di proprietà all’interno del porto turistico (amm.re giudiziario: Donato Maria PEZZUTO)
- PORTO DI ROMA IMMOBILIARE SRL (09671451004): affitto e gestione di immobili di proprietà (società in liquidazione) (amm.re giudiziario: Simone ZECCA)
Il 18 marzo 2022 il Consiglio Direttivo dell’ANBSC, con specifica delibera, ha dichiarato, ai sensi del comma 15 ter, art. 48 D.lgs. 159/2011, “la natura aziendale del compendio immobiliare (proprietà superficiaria), venendo quindi meno per tutti i titolari dei diritti di utilizzo gli effetti pregiudizievoli di cui al 4° comma, art. 52 D.lgs. 159/2011”.
In tal modo l’ANBSC, previo accordo con la Conservatoria dei Registri Immobiliari – Roma 1, potrà ordinare (ma non si sa quando) la cancellazione “di tutte le trascrizioni pregiudizievoli al fine di assicurare l’intestazione del bene in capo alla medesima societa‘”. In altre parole, i posti barca e i negozi, così come gli altri immobili, saranno esclusi tra quelli in disponibilità dell’ANBSC e dunque a Patrimonio dello Stato, tornando agli attuali titolari. Tutto però rimarrà fermo fino a quando non si concorderanno tra l’ANBSC e la Conservatoria le modalità operative.
Solo dopo la ‘cancellazione’ della misura di confisca dal singolo bene, i proprietari torneranno infatti ad avere piena disponibilità su di esso, compresa la eventuale compravendita. Nel frattempo i titolari continuano invece a pagare, in quote millesimali di proprietà (non ancora restituita) le salatissime spese di gestione del porto, aumentate quest’anno di ben 40.000 euro. Insomma, una sorta di mega condominio a cui non viene riconosciuto alcun diritto ma solo il dovere di pagare i beni delle società confiscate dallo Stato (che non sborsa un euro ma che si è preso, finora, l’intera proprietà).
Un controsenso tutto italiano ancora più grottesco se confrontato con le parole pronunciate il 16 giugno 2022 dal direttore dell’ANBSC, prefetto Bruno CORDA, durante la tredicesima riunione del Gruppo di lavoro intergovernativo sulla prevenzione della corruzione delle Nazioni Unite presso il Centro internazionale di Vienna. Un intervento che ha presentato il modello italiano in materia di utilizzo istituzionale e sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata, come “unico a livello internazionale per volume e complessità”.
Forse al prefetto Bruno CORDA deve essere sfuggito il caso del Porto Turistico di Roma non solo per l’ingiustizia sopra descritta ma soprattutto per un enorme problema amministrativo che l’amministrazione giudiziaria ha volutamente ignorato seppure informata già nel 2017 da un dettagliato esposto di LabUr.
Nell’esposto si poneva il quesito sulla regolarità del cambio di titolarità della concessione marittima rilasciata nel 2001 e intestata alla ATTIVITA’ TURISTICHE IMPRENDITORIALI SPA (costruttrice del porto, poi diventata SRL), avvenuto nel 2007 a favore della PORTO TURISTICO DI ROMA SRL (tuttora concessionaria) mediante un regolamento regionale relativo alle concessioni demaniali fluviali e lacuali e non a quelle marittime, come avrebbe dovuto essere. La illegittimità della voltura concessoria azzera la confisca dei beni non essendo questi in disponibilità della società PORTO TURISTICO DI ROMA SRL. Addirittura il porto sarebbe senza concessione e dunque in mano alla Regione Lazio.
E qui l’ultimo tassello: chi dovrebbe autorizzare la nuova concessione del porto? Con legge della Regione Lazio nr.1 del 27 febbraio 2020 (art.7, c.7, lett c, nr 1) si è introdotta la delega ai comuni per il rilascio delle concessioni dei beni del demanio marittimo relativi ai porti turistici, prima materia di competenza delle regioni. Peccato che il Comune di Roma non abbia ancora (dopo due anni) organizzato una struttura in grado di svolgere tale nuova funzione. Solo in una recente riunione ad inizio giugno, il comune avrebbe inspiegabilmente indicato in Nicola DE BERNARDINI, ex direttore del Municipio Roma X e attuale vice Capo Gabinetto Vicario, il funzionario in grado di gestire tale complessa situazione, neppure ricorrendo (come è prassi) a un ufficio di scopo più articolato. Ricordiamo che DE BERNARDINI fu spostato da Ostia a Roma dopo la non felice gestione delle spiagge e della pista ciclabile del lungomare.
Intanto mentre lo Stato fa i suoi affari, i cittadini (ex proprietari) pagano.