Nella puntata di Report su RAI3 dal titolo “Ostiaggi”, del 7 maggio scorso, è andata in onda una brutta pagina di giornalismo definito d’inchiesta. Nessuna investigazione approfondita, ma solo la costruzione di un teorema su indizi sguaiati. Dallo sciocchezzaio di google maps, spacciato per elemento probatorio tecnico, alla fonte a viso coperto per paura di presunte ritorsioni, che in realtà tutti conoscono; dall’associazione che non esiste, all’uso strumentale di un tecnico ‘infedele’ appartenente all’Ispettorato Edilizio, che però non aveva alcuna competenza sul demanio e anzi era stato utilizzato in qualità di consulente esperto dal famoso sceriffo dell’antiabusivismo della Polizia Municipale di Roma Capitale, Antonio Di Maggio. Più che le testimonianze hanno colpito le assenze eclatanti, come ad esempio i protagonisti degli uffici che contano, a partire dalla UOAL – Unità Operativa Ambiente e Litorale preposto alla gestione e al controllo delle spiagge, o gli ex Direttori dei Municipi che hanno gestito la partita dei bandi di gara per gli affidamenti delle sabbie divenute mobili. Un crogiolo di illazioni degno di una fiction, dove tutto si fonde e si confonde. Il danno non è solo alla verità dei fatti, ma soprattutto alla società civile e democratica. Non è infatti accettabile che si presenti una narrazione basata sulla contrapposizione tra due uomini dello Stato, in cui uno fa la parte del buono e l’altro del cattivo, con l’utilizzo della collaudata tecnica della retorica dell’antimafia che ammette solo atti di fede. Chi osa sollevare un ragionamento critico o anche solo delle perplessità viene tacciato di mafiosità. Non è accettabile affermare che il Prefetto Domenico Vulpiani è cattivo perché è stato nominato Commissario Straordinario dal Ministro degli Interni Angelino Alfano, a cui spettavano le ratifiche, reo di aver mangiato in un ristorante balneare. La nomina dei tre Prefetti dopo il Commissariamento di Ostia è avvenuta sotto la concertazione del Capo della Procura di Roma, Giuseppe Pignatone, e del Prefetto di Roma, Franco Gabrielli, attuale Capo della Polizia. Non è invece discriminante per Report il fatto che un magistrato come Alfonso Sabella, si sia prestato alla politica del PD renziano e sia stato nominato inopportunamente da Paolo Gentiloni membro della Corte dei Conti qualche giorno prima della sentenza della stessa Corte che lo ha condannato al risarcimento di quasi 1,2 milioni di euro per i fatti del G8 di Genova alla Bolzaneto e per il danno di immagine al Ministero degli Interni e della Giustizia.
Alfonso Sabella è stato al governo di Ostia solo 5 mesi dopo di che è stato Commissariato. In quei 5 mesi, un tempo che non è sufficiente nemmeno per conoscere gli oltre 900 dipendenti del Municipio X tra cui si aggirava con la pistola, Alfonso Sabella si è distinto per la superficialità delle sue azioni, che hanno ondeggiato tra interventi ‘manu militari’ sulle spiagge di CastelPorziano (lasciando bagni chiusi, spiaggia sporca e dune invase e devastate da comportamenti di illegalità diffusa oltre che una scia di ricorsi) di cui Report non ha parlato e omissioni colpevoli sulle spiagge libere, compresa quella in affidamento a Libera. E poco importa che il Prefetto Vulpiani, con una lunga e onorata carriera alle spalle, abbia istruito anche la richiesta di decadenza di 44 concessioni. Per Report egli è colpevole, non si è comportato come uomo dello Stato, ma come giocatore di una squadra imprecisata, semplicemente perché non indossava la casacca di Alfonso Sabella. E poco importa a Report che l’esito delle indagini da parte dell’ANAC su esposto di LabUr non abbiano dato ragione a Sabella. Il M5S ha potuto solo prendere atto delle delibera di Raffaele Cantone e procedere con gli abbattimenti, viste le illegalità compiute dagli Uffici preposti al controllo delle spiagge, cioè la UOAL e la Direzione del Municipio X sotto Sabella, anche quando era Assessore alla Legalità per il Comune di Roma. Di questo Report non ha parlato, perché il teorema avrebbe mostrato tutta la sua fragilità. Cui prodest questa narrazione?
Se la “legalità non ha colore politico” e “va applicata sempre con forza e indipendenza”, non si comprende perché il Prefetto Vulpiani e gli altri due Commissari (donne e uomini dello Stato attaccati più volte con acrimonia durante il loro operato proprio dal PD renziano), che si sono mossi nel corso dei due anni di commissariamento con l’obiettivo di ripristinare la legalità nel Municipio X, vengano da Report strattonati e spinti dentro all’agone politico che va dall’ex Sindaco di Roma, Francesco Rutelli, passando per Angelino Alfano fino ad approdare al M5S, mentre un uomo dello Stato come Alfonso Sabella, che ha scelto liberamente quale casacca indossare, abbia la patente del puro. Eppure sarebbe stato meglio per un magistrato tenersi alla larga dalle sirene della politica. E’ una questione più che etica di opportunità, di coscienza. Dismettere disinvoltamente la maglia dell’arbitro per indossare la casacca di una squadra, diventando di fatto partigiano, è quanto di più lontano dall’indipendenza evocata da Report e che è propria dei magistrati. E questo vale anche per i preti che dismettono l’abito talare per occuparsi di politica.
Paula de Jesus per LabUr – Laboratorio di Urbanistica
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