Strade con negozi chiusi, rotaie senza treni, pompe di benzina senza auto attorno, locali senza avventori, teatri senza pubblico, sale di attesa deserte. Solitudine, luoghi solitari, persone che sembrano non poter comunicare fra loro, vuoto, abbandono, estraneità, separazione. Edward Hopper, pittore di culto del 900, ha dipinto così l’America degli anni ’40 e ’50.
Europa, 2015. Nelle periferie urbane della Capitale d’Italia si costruiscono quartieri, che sono in realtà delle vere e proprie cittadine di oltre 40.000 abitanti, sprovviste di quasi tutto, tranne che di case, chiese e ora anche di pompe di benzina. E’ il caso ad esempio del quartiere denominato Infernetto, dove manca quasi tutto (scuole, marciapiedi, biblioteca, cinema, un circolo giovanile, una sala riunione, strutture di servizio sociale, presidi sanitari, posto di polizia). L’unica piazza è ovviamente quella della nuova chiesa di San Tommaso, una delle tre chiese del quartiere, che offre a pagamento i propri spazi per le riunioni dei cittadini. D’altronde gli enti religiosi hanno ottenuto qualche anno fa l’ennesimo privilegio, cioè la possibilità di edificare, nei dintorni di chiese e luoghi di culto, anche uffici, case e centri commerciali, in deroga al piano regolatore.
Dopo le case, dopo le chiese, è la volta delle pompe di benzina. In una delle uniche 3 uscite del popoloso quartiere, quella di W. Ferrari, nascerà la terza pompa di benzina all’angolo con la C. Colombo. Evidentemente non bastavano le due della Esso e tutte le altre presenti sulla Colombo. Dirimpetto ecco spuntare la terza, la conferma che la visione di chi amministra la città è come sempre autocentrica.
Il perfetto automobilista risparmierà pochi centesimi al litro mentre è in fila all’incrocio e molto probabilmente il perfetto automobilista, già stressato di prima mattina, attuerà la scelta furbetta di imboccare la scorciatoia che offre la pompa di benzina per bypassare il traffico e bruciare il pieno di benzina a prezzo scontato lungo il tragitto di 40 km, tra andata e ritorno da casa a lavoro. D’altronde cosa dovrebbe fare il perfetto automobilista? Quasi tutto è lontano da casa e dunque il pieno a buon prezzo conviene, peccato poi bruciare non solo la benzina, ma anche il risparmio della liberalizzazione per raggiungere magari il fine settimana i centri commerciali che distano ad almeno 20km di distanza. E intanto la pompa di benzina ha bruciato anche lei, non benzina, ma suolo. Perché non vale solo per le case e le chiese, ma anche per le pompe di benzina ed in particolare quella che presto sorgerà sui prati pronti di Bindi, i prati più belli d’Italia, presenti negli stadi della serie A più importanti e nei campi da golf.
Se Hopper ci ha fornito una lettura del rapporto tra l’uomo e i luoghi, noi oggi rileviamo tristemente che prosegue inarrestabile la demenza autocentrica e la concentrazione di asfalto. Le pedonalizzazioni vengono trasferite a 15km dalle migliaia di case, proliferano case, chiese e pompe di benzina, in assenza di un trasporto pubblico degno di questo nome con corsie dedicate, di car-sharing , car-pooling e byke-sharing. Cioè, abitare la geografia del nulla.
E se il pulsante dell’ispirazione di Hopper era lo sguardo di profonda e assorta aspettativa, un lento ma profondo ritmo di ascolto e di tensione, a noi non ci rimane che ascoltare la voce dell’uomo del bangladesh che ci chiede “quanto metto?” e mentre ci fa il pieno possiamo sempre sgranocchiare e berci qualcosa al distributore automatico. All inclusive.
paula de jesus per LabUr