La difesa tecnologica della pineta di Castel Fusano, tanto pubblicizzata in questi giorni, è solo teoria.
Brucia l’Italia. Gli incendi boschivi negli ultimi 20 anni, hanno mandato in fumo circa 760.000 ettari di foresta del Bel Paese, il 7,5% della superficie forestale nazionale corrispondenti a 760.000 campi di calcio “coltivati” a bosco. Tutti si indignano davanti alla tragedia e tuonano le solite frasi di circostanza, di chi vive in perenne stato di emergenza. Quanto può durare un’emergenza? Di solito poco, giusto il tempo di risolverla. E invece viviamo in uno stato di eccezione divenuto la norma (*). Cosa è cambiato in questi anni? Gli slogan. Quest’anno il più gettonato è “più droni per tutti”. Anche in Sicilia, ad esempio, sono stati acquistati in primavera 90 droni per un costo complessivo di 109 mila euro, un mercato che nei prossimi anni supererà gli 880 milioni di euro.
Anche la Sindaca Raggi non è stata da meno. Ha pubblicizzato in pompa magna i droni nella pineta di Castel Fusano. Il primo annuncio il 23 marzo, poi il ritorno ‘in loco’ il 28 luglio, ma questa volta sottotono nonostante il cerimoniale delle grandi occasioni. Il motivo? Sembra proprio che fosse un attacco di annuncite quella del 23 marzo: “Sicurezza e controllo per la Pineta di Castel Fusano. Roma Capitale e Leonardo presentano un progetto sperimentale con utilizzo di satelliti, droni, sensori, Intelligenza Artificiale e 5G, in un’ottica di sostenibilità e tutela ambientale. Ma è così? Il protocollo di intensa per il progetto sperimentale “Ses5G”, avrebbe dovuto consentire “di monitorare in tempo reale la situazione dell’area e di intervenire tempestivamente”. Il sistema doveva essere “operativo a partire da luglio” e rimanere “in esercizio fino a metà 2022”. Un mese lo abbiamo già perso. Siamo ad agosto. Il progetto non è stato terminato. Mancano ancora tutti i pali, per cui il pattugliamento da parte dei droni che servono sotto “il profilo dell’ordine pubblico, degli incendi e della protezione dell’ambiente” di fatto è minimo.
Pensate che il satellite PRISMA impiegato “è in grado di effettuare da 615 km di altezza un’analisi chimico-fisica dell’area, restituendo informazioni sullo stato di salute della vegetazione e permettendo di generare un modello di rischio incendi”. Come sia ridotta la Pineta sotto il profilo della “salute” dei pini è evidente ormai ad occhio nudo. Le chiome secche per via della cocciniglia tartaruga sono visibili a chilometri e i 500mila euro messi a disposizione della Regione non sono sufficienti per gli interventi fitosanitari. Ma la domanda dalle cento pistole è un’altra. Se tutti stanno monitorando in sala di comando, chi spegne gli incendi?
Due autobotti del Servizio Giardini, una dei primi anni ‘90 l’altra addirittura degli anni ’80. Però abbiamo un autobotte nuova di pacca, costata 148mila euro, per annaffiare non si sa bene cosa, visto come è ridotto il verde nel Municipio X. Se nella prima fase, quella della prevenzione, la tecnologia può essere determinante nella valutazione del rischio grazie alla rete satellitare e l’utilizzo di droni, se la seconda fase è quella della individuazione del rogo dove la tempestività è fondamentale per evitare che il fuoco dal terreno salga in chioma e si propaghi da un albero all’altro diventando spesso incontrollabile, la terza fase è quella dello spegnimento. Salvo casi rarissimi, tutti gli incendi alla Pineta di Castel Fusano (nel parco urbano più grande della Capitale di 1.000 ettari, 100 ettari andati in fumo solo nel 2017) sono stati dolosi. Da anni la vasca antincendio tra via del Circuito e la Cristoforo Colombo ospita solo la ‘raccolta’ di rifiuti ingombranti. La recinzione è divelta. Al 30 maggio il Piano antincendi boschivo (Aib2021, che definisce il numero di pompieri e volontari assegnati ai parchi) non era stato ancora attivato, ma ancora più grave, la verifica delle bocchette anti-incendio non è stata ancora effettuata e siamo ad agosto.
Possiamo davvero parlare di Smart-City come scrive la Raggi o di Roma come città tecnologica come afferma Profumo? La prossima volta quale fumo ci venderanno? Quello dei droni che seminano le nuvole per indurre le piogge come negli Emirati Arabi e causare poi allagamenti? Servono mezzi nuovi, servono autobotti 4×4 in grado di penetrare nella parte più interna della Pineta di Castel Fusano, serve acqua per spegnere gli incendi, servono le bocchette. Non ci si può limitare a mettere in sicurezza le case e i loro abitanti. Servono meno parole, meno esperimenti e più fatti concreti. Sono diversi i mezzi usati dell’esercito e dell’aeronautica adatti allo scopo, ma per motivi squisitamente amministrativi non si è potuto mai procedere alla loro acquisizione. Non c’è un po’ da vergognarsi quando l’amministrazione dice che tutela il verde? _______________________________________(*) Qualche numero: il danno economico causato dal fenomeno degli incendi boschivi è stimato in circa un miliardo di euro l’anno, limitando questo conteggio alla sola analisi della perdita della produzione legnosa, ai costi collegati alla tutela idrogeologica, alla perdita della funzione cosiddetta ricreativa ed ai servizi ecosistemici di stabilizzazione climatica. In questo calcolo non sono ricompresi i costi per la lotta attiva (spegnimento) pari a circa 200 mln di Euro/annui sostenuto dagli organi preposti.