In data 8 giugno 2021 con Pro. CO/76935 da parte di Francesco Vitolo (M5S) che presiede la Commissione Ambiente Territorio e Sicurezza viene redatta una proposta di risoluzione per lo Sviluppo di parchi di affaccio sul Tevere per i quartieri in riva idraulica del tratto di pertinenza del Municipio X con l’obiettivo “di dare mandato alla Presidente e alla Giunta del Municipio X affinché attivi la segreteria tecnica del Contratto di Fiume Tevere Castel Giubileo – Foce sulle progettualità necessarie per realizzare aree di affaccio in riva sinistra idraulica del Tevere ricadenti nel Municipio X individuando opportune aree nei seguenti siti: Idroscalo, Ostia Antica, Bagnoletto/Dragone, Dragoncello, Casaletto di Giano …” e si aggiunge che “si risolve di evidenziare che le aree di Ostia Antica e Casaletto di Giano … siano le prime su cui sviluppare le predette progettualità” attraverso “soluzioni tecniche che comprendano l’utilizzo dell’argine stipulando accordi e/o servitù con l’attuale concessionario”. Nel documento, davvero imbarazzante sotto il profilo tecnico/giuridico/amministrativo, si parla addirittura di “libera fruizione della continuità spondale, degli argini e delle golene”, di “fruibilità sostenibile”, di fantomatiche “analisi condotte”. Il M5S del Municipio X, nel disperato tentativo di mantenere una promessa elettorale fuori tempo massimo, tenta di forzare la realizzazione del sentiero cicloturistico sull’argine del Tevere in sponda sinistra che per fortuna ha smesso almeno di essere chiamato nei documenti ufficiali “Sentiero Pasolini” e di cui LabUr ha ampiamente parlato evidenziandone tutte le criticità, le illegittimità e illegalità (LINK 1 LINK 2 LINK 3 LINK 4 LINK 5). Dopo aver dato ampia dimostrazione in 5 anni di non conoscere la materia demaniale, dopo aver illuso il proprio elettorato cavalcando slogan privi di fondamento giuridico (confondendo il demanio fluviale con quello marittimo), dopo che gli organi preposti al controllo gli hanno ribadito in tutti i consessi che avevano imboccato una strada cieca, dopo aver tentato senza fortuna di infilare questo sedicente progetto in qualunque tavolo anche quelli ‘amici’, dopo che la Polizia Municipale è stata inviata anche dal Prefetto per comprendere il motivo di deliranti affermazioni da parte dell’Amministrazione municipale, tentano il piano variante Delta in campagna elettorale. Con la scusa di aver aderito al Contratto di Fiume Tevere Castel Giubileo-Foce (CFT) attraverso una mozione in cui si motivava la scelta con “intende garantire l’accessibilità e la fruizione del fiume”, l’Amministrazione pentastellata del Municipio X, nella totale assenza di pubblicità e trasparenza che ha contraddistinto il suo operato, chiama dei “tavoli tecnici” per operare di fatto pressioni illecite. Nell’ultimo tavolo tecnico, tenutosi settimana scorsa (che non è pubblico e pubblicato), l’Ing. Giorgio Pineschi (Vigilanza e Bacini Idrografici Regione Lazio) ha testualmente ribadito: “Noi siamo l’Ufficio preposto alla Vigilanza e Rispetto delle Regole, che sono quelle del Diritto del Codice Civile e Penale ,che parte dalle concessioni, e non possiamo avvallare illeciti. Siamo chiamati in ambito idraulico al rispetto delle regole. Abbiamo fatto diverse denunce, non contro ignoti ma contro noti, cioè l’associazione che si è resa responsabile di illeciti sull’argine in sponda sinistra del fiume Tevere. Abbiamo demolito infrastrutture pericolose, perché la priorità è la sicurezza dei ciclisti e di chi percorre queste aree. Per noi il rispetto delle regole, come funzionari pubblici, è la prima cosa. Il Sentiero Pasolini, o come lo volete chiamare, NON esiste. Se mai esisterà questo percorso dovrà partire dal rispetto delle regole. Questa è la strada maestra. Le regole sono chiare: ci sono cose che si possono fare e cose che non si possono fare”. Ricordiamo all’Amministrazione pentastellata del Municipio X, in particolare all’Assessore Alessandro Ieva e al Presidente della Commissione Ambiente Francesco Vitolo, che il Contratto di Fiume Castel Giubileo – Foce non è stato ratificato e comunque non è il luogo preposto per fare campagna elettorale. Ricordiamo loro che si tratta di uno strumento di programmazione negoziata e non di imposizione politica da parte di un partito. Che ogni soggetto partecipante al tavolo vale quanto gli altri (uno vale uno, in questo caso sì) e non può portare avanti questioni ideologiche contrarie a leggi, norme e regolamenti. Ricordiamo loro anche che l’Art. 68 bis Codice dell’ambiente ( D.Lgs. 152/2006) è molto chiaro: “i contratti di fiume concorrono alla definizione e all’attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico, quali strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico”. Quindi non perseguono finalità ludiche, non sono il gingillo del potentato di turno. I CdF devono dare vita a processi partecipativi aperti e inclusivi, con condivisione di intenti, di impegni e di responsabilità tra i soggetti aderenti, pubblici e privati, che hanno come obiettivo primario la tutela dell’ambiente, la prevenzione dei danni ambientali, la corretta gestione delle risorse idriche, la salvaguardia del rischio idraulico e la valorizzazione dei territori fluviali che evidentemente i grillini scambiano per un lunapark. I soggetti che aderiscono al contratto di fiume hanno tutti lo stesso peso e voce in capitolo. I soggetti aderenti al CdF definiscono un Programma d’Azione (PA) condiviso tra tutti i firmatari e si impegnano ad attuarlo attraverso la sottoscrizione di un accordo che, lo ribadiamo, NON è stato ratificato. L’obiettivo del CdF è quello di ottenere un livello di protezione ambientale elevato grazie al raggiungimento di risultati mirati e all’introduzione di nuove formule idonee a dare attuazione, ma mai in contrasto con leggi, norme e regolamenti nazionali e sovranazionali. Non ci può essere alcun rendimento economico senza la sostenibilità ambientale e l’utilità pubblica, secondo i principi di sussidiarietà orizzontale e verticale. I CdF hanno l’obiettivo di stimolare la progettualità territoriale dal basso, non dall’alto, attraverso il raggiungimento dell’“equilibrio delle tre E”: Ecologia, Equità, Economia, partendo da un’analisi delle criticità del bacino e del territorio interessato. In particolare, l’alto rischio idraulico, la compromissione della qualità delle acque superficiali, il degrado ambientale del fiume e dei territori circostanti. E’ uno strumento dunque di soft law, l’approdo di un lungo iter di studi e comparazioni, che serve alle Regioni per chiedere finanziamenti al Ministero. In un sistema di governance multilivello i Contratti di fiume si configurano come processi continui di negoziazione tra le Pubbliche Amministrazioni e i soggetti privati coinvolti a diversi livelli territoriali e si sostanziano in accordi multisettoriali e multiscalari caratterizzati dalla volontarietà e dalla flessibilità tipiche di tali processi decisionali. I CdF contribuiscono al perseguimento degli obiettivi propri delle normative in materia ambientale, in particolare in riferimento al raggiungimento del “buono stato” di qualità dei corpi idrici previsto dalle direttive dell’U.E. in materia. Qualunque progetto presentato da un CdF, non da un soggetto del CdF, deve dunque, come ha ribadito fino alla nausea l’Autorità di Vigilanza e Bacini Idrografici della Regione Lazio rispondere alla leggi ed essere preceduto dall’analisi sulla fattibilità finanziaria ed economica, cosa mai avvenuta nel fantomatico Sentiero Pasolini (ora trasformato in affacci sul Tevere spacciati per opera di pubblica utilità, manifestazione evidente di ignoranza amministrativa). E tra le analisi preliminari ci sono quelle dei portatori di interesse e le reti esistenti tra gli stessi. Per questa ragione si parla di “processi partecipativi aperti ed inclusivi“, proprio perché si cerca di raggiungere una “piena condivisione di intenti”, cosa anche questa mai avvenuta. Solo al termine di questa attività preparatoria, si procede alla conclusione del CdF vero e proprio, cioè quell’atto di impegno vincolante che formalizza le decisioni condivise nel processo partecipativo, definendo gli impegni specifici di ciascun contraente e tutte le fasi del procedimento devono essere improntate ad alti standard di trasparenza. Una parola fuori dai radar di questa Amministrazione.
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