In data 2 Aprile 2020, LabUr- Laboratorio di Urbanistica ha presentato un esposto all’ANAC, alla Corte dei Conti, alla Guardia di Finanza, all’Agenzia del Demanio e alla Regione Lazio avente come oggetto “Spiagge libere: difformità tra il Piano di Utilizzazione degli Arenili di Roma Capitale e la Delibera ANAC n°1086/2016 e la sentenze n° 529/19 della Corte dei Conti (Lazio). Presunto danno erariale per inadeguato supporto tecnico-amministrativo della società Risorse per Roma Spa”. In particolare viene chiesto di fare luce su profili di irregolarità e illegittimità contenute nella attuale proposta in corso di adozione da parte di Roma Capitale del regolamento che disciplinerà le concessioni demaniali marittime e l’arenile di pubblica fruizione del litorale romano, chiamato appunto PUA-Piano di Utilizzazione degli Arenili. Ricordiamo che a seguito dell’esposto inviato da LabUr-Laboratorio di Urbanistica in data 10 novembre 2015, relativo all’affidamento dei servizi connessi alla balneazione sulle spiagge libere del litorale di Roma Capitale nel Municipio Roma X, è intervenuta l’ANAC con delibera n°1086/2016 e la Corte dei Conti con sentenza n° 529/2019, la prima peraltro recepita il 9 giugno 2017 dalla Commissione Straordinaria del Municipio X di Roma Capitale che ha annullato in autotutela l’affidamento in questione con determinazione dirigenziale n° 1248. Nonostante dunque i due dispositivi citati, le stesse irregolarità già emerse nel 2016 sembrano comparire anche nella proposta di PUA redatta da Roma Capitale, di cui è in corso l’iter di adozione presso l’Assemblea Capitolina. Roma Capitale ha proceduto in questi mesi a condurre con poca diligenza (dovuta per la tutela dell’interesse pubblico) l’iter amministrativo per l’adozione della proposta PUA con conseguente presunta perdita di denaro ai danni della propria amministrazione avendo riconosciuto a Risorse per Roma (da dicembre 2015 a giugno 2018), la quota parte dei 2.265.000 euro previsti per condurre una istruttoria circa gli aspetti tecnico-amministrativi necessari per la redazione della proposta PUA. Nell’attuale proposta PUA, sbandierata addirittura con un ‘tour’ in diretta video in piena emergenza CoVID-19, emerge anche un volontario mancato conseguimento di incrementi patrimoniali dovuto all’introduzione della c.d. ‘passeggiata lineare’, che non aggiunge nulla alla pubblica fruizione del Litorale romano ma che invece sottrae una notevole parte dell’arenile soggetto a una tipologia di concessione del tipo ‘stabilimento balneare’, in violazione dell’art.37 del Codice della Navigazione e cioè del principio della proficua utilizzazione del bene demaniale. Emerge inoltre una condotta “contra ius” che si riscontra anche nella mancata diligenza adottata da parte di Roma Capitale durante le sedute delle singole Commissioni Capitoline e Municipali chiamate ad esprimere un proprio parere sulla proposta PUA. Analoga osservazione per il ruolo che ha rivestito e riveste un dirigente amministrativo, la cui condotta, per quanto deliberato dall’ANAC e sentenziato dalla Corte dei Conti, si è palesata inerte in riferimento a norme e principi giuridici generali di grado maggiore. Infine, nell’esposto si evidenziano nel PUA tre gravi difformità in riferimento alla totale differenza che esiste tra una concessione di beni demaniali e una convenzione per l’affidamento in gestione dei servizi connessi alla balneazione su arenile di pubblica fruizione. In particolare, per quanto concerne i servizi di spiaggia, questi restano vincolati a una concessione demaniale. Le spiagge libere con o senza servizi risultano essere totalmente comprese nella concessione demaniale di ambito, con la conseguenza di ampliare a dismisura quanto già previsto dal Regolamento regionale che comunque erroneamente considerava in regime concessorio solo la parte dell’arenile riservata al punto ristoro di una ‘spiaggia libera con servizi’ (nel rapporto del 10% con l’area in convenzione per i servizi) e che non considerava affatto alcun regime concessorio per le ‘spiagge libere’. Inoltre, risulta arbitraria l’introduzione della ‘passeggiata lineare’ senza considerare il principio della proficua utilizzazione del bene demaniale, perché va considerato che il concessionario del singolo ambito (che ha un fronte mare di almeno 1 km), ha in convenzione i servizi sulle aree della ‘passeggiata lineare’ (area di pubblica fruizione). In particolare, il concessionario deve garantire un unico servizio sulla ‘passeggiata lineare’ cioè quello della pulizia dell’arenile, essendo gli altri servizi già comunque predisposti per le aree in concessione retrostanti. Considerando in ogni ambito una profondità media dell’arenile tra i 20 e gli 80 metri, si tratta di ‘pulire’, in ogni ambito, una superficie di arenile tra i 5.000 e i 20.000 metri quadri. Per altro tale area viene solo vincolata a un regime concessorio (quello di ambito) e destinata a una pubblica fruizione equiparabile alla funzione già svolta dalla fascia di rispetto costituita dai 5 metri dalla battigia. Considerando allora che la fruizione di tale area si limita alla ‘passeggiata e alla breve sosta’, da sempre comunque consentite su ogni arenile in concessione, si conclude che tale arbitraria imposizione da parte di Roma Capitale (in contrasto con lo stesso Regolamento regionale) rappresenta una sostanziale violazione dell’art.37 del Codice della Navigazione così come ampiamente rilevato dal sentenza n.529/2019 della Corte dei Conti nell’affermare la necessità del principio della proficua utilizzazione del bene demaniale. Ricordiamo che proprio all’apertura dell’anno giudiziario della Corte dei Conti, tenutasi il 13 febbraio scorso, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, del Presidente della Corte, Angelo Buscema, del Procuratore Generale della Corte dei Conti, Alberto Avoli, si è citata l’istruttoria sulle spiagge libere, tra i successi di collaborazione tra Istituzioni e cittadini “vera ricchezza di questo paese, portatori di un bagaglio di laboriosità, creatività ed onestà”.
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