Perché nessuno chiede conto a Zingaretti sui rifiuti.
Mentre a Roma imperversa un architettato e squallido scontro politico condotto dal PD sul caso Muraro, Assessore all’Ambiente della neo Giunta di Roma, nessuno parla delle responsabilità della Regione Lazio in tema di rifiuti, sia delle precedenti giunte, sia di quella attuale governata da Zingaretti (PD). Per capire cosa sta accadendo, è necessario fare un po’ di chiarezza partendo proprio dalla procedura di infrazione europea sulle discariche abusive.
Il caso riguarda la mancata esecuzione della prima sentenza di condanna del 26 aprile 2007 per violazione della direttiva rifiuti 75/442/CE (modificata dalla direttiva 91/156/CEE), della direttiva 91/689 CEE e della direttiva 1999/13/CE in riferimento a 200 discariche presenti sul territorio di 18 Regioni italiane. Tra queste 200, 21 erano ubicate nel Lazio, di cui 1 di rifiuti pericolosi (dati del Ministero dell’Ambiente, marzo 2015). Il 2 dicembre 2014 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha finito per condannare l’Italia al pagamento, per le suddette violazioni, di una sanzione forfettaria di “40 milioni di euro e di una penalità semestrale di 42,8 milioni di euro da pagarsi fino all’esecuzione completa della sentenza”. A marzo 2016, dopo una serie di interventi, le discariche da 200 sono passate a 155.
Nel frattempo però si è concretizzata la procedura d’infrazione relativa alla gestione dei rifiuti urbani nella Regione Lazio (2011/4021) con relativa sentenza del 15 ottobre 2014 per il mancato rispetto dell’articolo 6 della Direttiva 2008/98/CE sui rifiuti, ai sensi del quale gli Stati membri devono provvedere affinché siano conferiti in discarica solo rifiuti adeguatamente trattati.
L’indagine della Commissione, inizialmente focalizzata su Malagrotta, era partita nel 2009. A marzo 2011, le autorità italiane avevano tentato di sfuggire alla procedura d’infrazione, sostenendo che tutti i rifiuti conferiti in discarica a Malagrotta dovevano essere considerati come rifiuti “trattati”. La Corte però ha dato ragione alla Commissione europea, che non aveva accettato l’argomentazione italiana, sottolineando come la sola triturazione o compressione dei rifiuti indifferenziati, senza un’adeguata selezione e una qualche forma di stabilizzazione delle diverse frazioni dei rifiuti, non risponde agli obiettivi della direttiva Ue.
La sentenza del 15 ottobre 2014 dunque si applicava alle discariche del Lazio che al primo agosto 2012 non erano in regola: cinque dell’Ambito Territoriale Ottimale (ATO) di Roma (Malagrotta, Colle Fagiolara, Cupinoro, Montecelio-Inviolata e Fosso Crepacuore) e due nell’ATO di Latina, ubicate a Borgo Montello.
A ottobre 2013 Marino ha ‘chiuso’ Malagrotta, per anticipare la inevitabile sentenza e mitigare i danni, senza aver però definito un piano ben preciso per sostituirla. Oggi è la Sindaca di Roma, Virginia Raggi, a far notare questa grave inerzia: “Siamo assolutamente convinti della chiusura di Malagrotta, anzi continuiamo a invitare Cerroni ad effettuare le operazioni di bonifica. Sarebbe interessante capire come mai nessuno, fino ad oggi, lo abbia invitato a farle visto che sono previste per legge. Sarebbe anche interessante capire come mai quando Marino ha pensato di chiudere Malagrotta non abbia approntato un sistema congruo di smaltimento dei rifiuti. Noi, quindi, oggi stiamo scontando l’effetto di una politica disastrosa fatta negli ultimi venti anni sui rifiuti“.
Le colpe sono di Marino? Le colpe sono della Raggi? Forse le colpe sono soprattutto di Zingaretti, Governatore della Regione Lazio dal 12 marzo 2013. Ricordiamo infatti che è nella fase di lettera di messa in mora notificata, ai sensi dell’art. 258 TFUE, la procedura di infrazione relativa ai “Piani regionali di gestione dei rifiuti”, in violazione della direttiva 2008/98/CE (P.I. 2015/2165), da cui però si salva il Lazio, messosi teoricamente in regola nel 2012. Dunque, sarebbe (sulla carta e nei proclami) chiara per il Lazio (e non solo per Roma) la modalità con cui smaltire i rifiuti.
Prendendo atto che le responsabilità di un Comune o di una partecipata sono condizionate dalle scelte regionali, prendendo atto della relazione dell’assessore regionale ai rifiuti Mauro Buschini (18 luglio 2016), in cui si evidenzia la chiusura definitiva della discarica di Malagrotta, è veramente risolto nel Lazio lo smaltimento dei rifiuti con gli impianti esistenti di Trattamento Meccanico-Biologico (TMB) e con gli impianti di lavorazione della differenziata? La risposta è no.
Nel caso di Roma, città ancora in pieno sviluppo demografico, passare dal sistema a discarica di Malagrotta (chiusa nel 2013) a quello idealizzato richiede per la sua attuazione almeno 7-8 anni, dunque per il 2020-2021. Tre anni li abbiamo già persi grazie a Zingaretti, ma se si continua a litigare a Roma e a non far lavorare l’amministrazione, scelta dai cittadini, si rischia di venire sommersi dalla mondezza e di invalidare l’idoneo trattamento dei rifiuti urbani da conferire in discarica, non rispettando per altro il fabbisogno della Regione Lazio in termini di recupero energetico di rifiuti.
In altre parole, Marino (PD) ha fallito l’obiettivo, Zingaretti (PD) sonnecchia e la colpa è tutta della Raggi (M5S). I giudici che hanno emesso questa sentenza? I cronisti di importanti quotidiani nazionali, che hanno dimenticato di informare su quanto sopra divenendo più o meno consapevolmente editorialisti fiancheggiatori di chi non vuole fare un mea culpa, politicamente necessario, così da coprire non solo il cattivo operato delle amministrazioni locali di centro-sinistra, ma anche lo scellerato comportamento dei vari Ministri dell’Ambiente dal 2009 ad oggi e che appartengono ai partiti che oggi criticano la Raggi che è appena insediata.
La domanda dunque è: se, sulla carta, la Regione Lazio era apposto dal 2012 com’è possibile che dal 2013 non sia stato attuato nulla? Perché nessun cronista/giudice ne chiede conto a Zingaretti?
Ricordiamo che il 13 dicembre 2013, nel corso di una conferenza stampa, il Presidente Nicola Zingaretti e l’ex assessore delegato ai rifiuti Michele Civita, avevano promesso che entro febbraio 2014 il nuovo Piano Regionale dei rifiuti sarebbe sbarcato in Consiglio. Dopo l’arresto di Manlio Cerroni, il monopolista regionale dei rifiuti, avvenuto il 9 gennaio 2014, del Piano si sono perse le tracce. Ora, si dovrà procedere su ordine dei giudici del Tar. Infatti, lo scorso 7 marzo 2016 il Tribunale Amministrativo del Lazio (TAR) ha ordinato alla Regione Lazio “di individuare entro il termine di 180 giorni la rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento rifiuti in ambito regionale”.In questi giorni dunque il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e il nuovo assessore all’Ambiente delegato ai rifiuti, Mauro Buschini, dovranno portare il nuovo Piano Rifiuti in Consiglio per sottoporlo al voto del mini-parlamento regionale. Si tratta del documento che dovrebbe guidare in modo ordinato e razionale, nel rispetto della salute umana e dell’ambiente, il proliferare di impianti dedicati al trattamento della spazzatura urbana. Ma anche agevolare la diffusione e il radicamento della raccolta porta a porta, oltre ai sistemi di riciclo e riuso delle materie prime che rappresentano l’unica vera alternativa al business ‘mortale’ delle discariche, degli inceneritori e degli impianti a ‘bio’ gas e ‘bio’ metano.
Ministri all’Ambiente
- Alfonso Pecoraro Scanio (Governo Prodi II, Federazione dei Verdi, 17 maggio 2006 – 8 maggio 2008)
- Stefania Prestigiacomo (Governo Berlusconi IV, Il Popolo della Libertà, 8 maggio 2008 – 16 novembre 2011)
- Corrado Clini (Governo Monti, Indipendente, 16 novembre 2011 – 28 aprile 2013)
- Andrea Orlando (Governo Letta, Partito Democratico, 28 aprile 2013 – 22 febbraio 2014)
- Gianluca Galletti (Governo Renzi, Unione di Centro, 22 febbraio 2014 – in carica)