Lo avevamo scritto il 19 gennaio 2012: il Giudice dell’Udienza Preliminare per le Terrazze del Presidente, dr. Roberto Saulino, ha liquidato il 13 dicembre 2011 una delle pagine più sporche dell’urbanistica romana con una sentenza buffa che sapeva di beffa. Un boccone amaro per noi che avevamo nel 2008 portato alla luce questo scandalo attraverso la trasmissione Report “I Re di Roma“.
Avevamo ragione. Il 7 Aprile 2014 infatti, la Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 26339 ha accolto il ricorso della Procura di Roma, annullando i proscioglimenti e facendo tornare gli atti in Tribunale dove dovrà essere riesaminata la richiesta di rinvio a giudizio sulla vicenda de Le Terrazze del Presidente. Il reato di falso condono per la lottizzazione abusiva si prescrive però il 3 dicembre 2015, cioè il giorno prima dell’udienza preliminare. Oltre a Pulcini, sei i dipendenti comunali rimasti coinvolti nella vicenda. Nel caso si fosse arrivati ad una condanna, visto che la lottizzazione abusiva «non è suscettibile di condono», si sarebbe spalancata la via ad una demolizione. Invece ora l’ufficio condono dovrà firmare circa 800 certificati di agibilità.
Ma non è tutto. Nella convenzione, firmata solo nel 2011, sembra sia stata aggiunta una postilla che subordina le opere a scomputo al completamento dei lavori delle unità abitative ferme ancora allo scheletro in cemento armato. Una clausola che di solito si ritrova in molte altre convenzioni, ma che in questa suona beffarda dato il ritardo dei 26 anni accumulato. Ma andiamo con ordine.
La Cassazione ha annullato la sentenza del 13 dicembre 2011 del GUP che dichiarava il non luogo a procedere per insussistenza dei fatti nei confronti del costruttore Antonio Pulcini e di altre 17 persone (tra cui figura l’ex direttore U.O.T dell’allora Municipio XIII, oggi X, Cesare Tabacchiera) per un grave errore di fondo che vizia l’intera impalcatura della sentenza e a cui aveva fatto ricorso il Pubblico Ministero. Secondo la Cassazione il GUP ha travalicato i limiti assegnatigli dal legislatore in relazione all’esito della udienza preliminare e alle regole processuali che governano la sentenza di non luogo a procedere.
A tutti gli imputati era contestato il reato, in concorso, di lottizzazione abusiva materiale e negoziale di un’area molto estesa (mq 140.449) in località Malafede di Roma ed il conseguente reato di abuso edilizio, entrambi consumati dal 1994 in poi. A taluni imputati (Pulcini, Cantarini, Piras, Lais, Chelini, Guerriero, Lenzini, Rossi, Imbastaro e Tabacchiera) era invece contestato il reato penale di falsa attestazione contenuta in un verbale di sopralluogo del 30 giugno 2003 nel quale, contrariamente al vero, si attestava, secondo l’accusa, la presenza di elementi utili ad individuare l’avvenuto cambio di destinazione d’uso da commerciale/produttivo a residenziale e la corrispondenza dello stato dei luoghi con quello rappresentato negli elaborati depositati. Ad altri imputati (Pulcini, Schirò, Cantarini, Lais, Chelini, Brunotti, Tomassini, Guerriero, Lenzini, Rossi, Imbastaro e Tabacchiera) era contestato il reato penale di aver indotto in errore il dirigente dell’Ufficio Condono Edilizio, a cui erano state presentate diverse domande di condono, così da ottenere i titoli edilizi con concessioni emesse dal giugno al dicembre 2004; ed infine ad altri imputati (Pulcini, Schirò, Cantarini, Piras, Lais, Chelini, Brunotti, Guerriero, Lenzini, Rossi, Imbastaro e Tabacchiera) era contestato il reato penale di rilascio di concessioni edilizie in sanatoria emesse (dal giugno al novembre 2004) in violazione di legge e con le quali veniva intenzionalmente procurato un ingiusto vantaggio patrimoniale alla EUR Servizi Terziari srl (valutato in circa 100milioni) con particolare riferimento al mutamento di destinazione di gran parte del complesso produttivo da uffici e negozi a scopo residenziale.
Secondo la sentenza della Corte di Cassazione, il GUP avrebbe soprattutto disatteso le regole di giudizio che governano l’udienza preliminare, avendo emesso una decisione di pieno merito sulla vicenda processuale con il ricorso ad un criterio di valutazione improprio in relazione all’epilogo cui è giunto, essendogli demandato dalla legge processuale non di accertare l’innocenza o meno degli imputati, ma esclusivamente di sindacare se gli elementi posti a fondamento dell’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero fossero idonei o meno per il sostegno dibattimentale dell’accusa.
Peraltro lo stesso GUP aveva esordito (a pag. 16 della sentenza impugnata) riconoscendo come la vicenda sottoposta al suo vaglio presentasse molteplici profili di indubbia complessità, derivanti dalla consistente mole del coacervo normativo sul quale si erano innestati i procedimenti amministrativi attivati dai committenti per l’ottenimento di titoli edilizi e sanatorie, nonché dalle obiettive problematiche interpretative e di orientamento rinvenute e rinvenibili nella specifica materia, contrassegnata da numerosi e significativi settori di disciplina in cui difficoltà tecniche e questioni di diritto intertemporale si coniugavano in una sinergia talvolta faticosamente penetrabile. E ciò era ampiamente sufficiente per devolvere la materia al giudice del dibattimento, in assenza di una prova di innocenza non facilmente riconoscibile proprio sulla base del formulato incipit.
Questa la ricostruzione in sentenza della vicenda della lottizzazione Le Terrazze del Presidente.
Il 30 maggio 1990 la EUR Servizi Terziari srl consegue la concessione edilizia n.937 per la realizzazione di un complesso produttivo nel Comune di Roma, località Malafede (Via di Acilia), destinato alla realizzazione di uffici e negozi. Il titolo abilitativo era stato rilasciato dal Commissario ad acta della Regione Lazio.
A seguito di impugnativa proposta dal Comune di Roma, l’efficacia di detta concessione fu sospesa dal TAR Lazio con ordinanza del 6 dicembre 1990. Il Consiglio di Stato annullò il provvedimento cautelare con ordinanza del 10 aprile 1991. Il giudizio di primo grado si concluse con l’annullamento della concessione edilizia (sentenza TAR Lazio n.1637 del 28 settembre 1991). La società proprietaria impugnò la decisione del TAR. Con ordinanza 13 dicembre 1991, il Consiglio di Stato, in accoglimento della domanda cautelare formulata dalla società appellante, sospese l’efficacia della sentenza. Quindi, la EUR Servizi Terziari srl (che antecedentemente all’annullamento del titolo aveva apprestato il cantiere ed aveva dato inizio alle prime opere) riprese i lavori, realizzando un complesso di dodici corpi di fabbrica tra loro collegati, per una superficie (lorda) complessiva di circa 110.000 mq. L’esecuzione delle opere fu sospesa in data 2 luglio 1993, poiché, sempre il 2 luglio, il Consiglio di Stato Sez. IV, con decisione interlocutoria, dispose adempimenti istruttori in ordine al grado di urbanizzazione della zona di incidenza dell’intervento edilizio, facendo in tal modo venir meno gli effetti della pronuncia cautelare. Durante la fase di sospensione dei lavori, intervenuta la legge n. 724 del 1994, gli amministratori della EUR Servizi Terziari srl presentarono domanda di condono finalizzata all’ottenimento di sanatoria in ordine alla avvenuta realizzazione di un piano ulteriore (pari a 81 unità residenziali) ed alla regolarizzazione del mutamento di destinazione d’uso (da destinazione produttiva a residenziale) relativo a 724 unità immobiliari. Il piano ulteriore, come era emerso nel corso delle indagini, derivava dal mancato reinterro di una superficie netta di mq 8.502, pertinente ad una porzione dell’edificato rispetto alla quale la concessione edilizia aveva previsto una differente quota d’imposta. Con sentenza dell’1° febbraio 1995, il Consiglio di Stato annullava definitivamente la concessione edilizia n. 937 del 1990, ravvisando la insufficienza di “opere di raccordo con le aree contermini alla zona di incidenza delle opere assentite”. La EUR Servizi Terziari srl presentò allora una nuova domanda di condono e fece richiesta di sanatoria dell’intero edificato (ormai non più assistito da alcun titolo edilizio ed in concreto, secondo quanto prospettato dalla società proprietaria, diretto ad una destinazione d’uso residenziale) richiamando la precedente domanda, richiamo funzionale all’ottenimento della detrazione, dagli oneri dovuti, di quelli già determinati, ed in parte corrisposti, in relazione agli abusi denunciati con la domanda da ultimo indicata, nonché alla integrazione della nuova istanza, da ritenersi comprensiva anche della richiesta di sanatoria del piano ulteriore, realizzato all’origine in assenza di titolo. In accoglimento delle domande di condono sopra menzionate (da prot. n. 86204 a prot. n. 86212), il Comune di Roma rilasciò, in data 7 marzo 2003 ed in data 5 dicembre 2004, n. 970 concessioni edilizie in sanatoria. A seguito di ciò, i legali rappresentanti delle società Terrazze del Presidente SpA, Terrazze del Presidente 52 srl, Terrazze del Presidente 53 srl e Terrazze del Presidente 2004 srl (nel frattempo succedute alla EUR Servizi Terziari srl) presentarono, nel corso degli anni 2003, 2005, 2006, 2007 e 2008, denunce di inizio attività preordinate al frazionamento di parte cospicua delle unità immobiliari facenti parte del complesso edilizio già oggetto di condono, nonché volte al completamento e alla realizzazione di ulteriori opere. L’amministrazione Comunale, dietro conforme parere del proprio ufficio legale, non rilevò alcun profilo di contrasto con la normativa edilizia ed urbanistica e consentì che avesse corso la prosecuzione dei lavori, sospesi dal lontano luglio del 1993 e poi nuovamente interrotti dal decreto di sequestro preventivo successivamente revocato dal GUP.
Dunque, per il GUP, il dr. Roberto Saulino, sulle tavole del PRG era tutto in ordine, bello disegnato, anche se non esistente e non realizzabile. Addirittura per il dr. Saulino non era neppure cambiato il numero di abitanti insediabili a fronte del folle frazionamento concesso dagli uffici capitolini in 1.367 unità immobiliari dalle 724 iniziali: “il numero è dato dal rapporto tra Superficie Utile Lorda ed il parametro fisso di 37,5 mq”. Come dire, poiché sono sempre 110 mila mq, non potranno esserci più di 2.933 abitanti, a prescindere da quanto siano grandi gli appartamenti. Peccato che questo non corrisponda a realtà.
Per il dr. Saulino il concetto era semplificabile così: se il Comune di Roma ha considerato le Terrazze del Presidente parte del PRG e se ha stipulato una convenzione con EUR Servizi Terziari srl per realizzare la viabilità locale, c’è compatibilità urbanistica. Questa non solo è una sciocchezza sotto il profilo urbanistico, ma lo è anche nella realtà dei fatti, perché le opere in convenzione, dopo 26 anni, ancora non ci sono ma i palazzi si.
A peggiorare la situazione interverrà il 3 dicembre 2015 la prescrizione del reato e la concessione dei certificati di agibilità. Lo sblocco di oltre 800 unità abitative rappresenterà per il costruttore Pulcini, per i notai e per le agenzie immobiliari, un guadagno di centinaia di milioni di euro. Basti pensare che ad oggi le case delle Terrazze del Presidente valgono dai 3 a i 3,5mila euro/mq. Questo valore salirà se, come sempre accade, durante la prossima campagna elettorale partiranno le immancabili promesse di far valere i diritti del Comune verso il costruttore per ottenere quelle opere di urbanizzazione primaria previste già dal 1999. Tra queste, il raddoppio della via di Acilia, oggi forse la strada più congestionata di tutto il Municipio X.
Che legame esiste dunque tra la mancata realizzazione delle opere viarie (tutte ferme da 26 anni) e la prescrizione del reato con conseguente sblocco dei certificati di agibilità? Si termineranno le unità immobiliari incompiute con ulteriore aggravio per la rete viaria esistente? C’è almeno la speranza che, incassando centinaia di milioni di euro, Pulcini realizzi le opere a scomputo degli oneri concessori?
Una risposta la si evince dalle vicende tortuose e mai chiarite della firma della convenzione tra Pulcini ed il Comune di Roma (delibera di Giunta Comunale n.115 del 26 gennaio 1999, Sindaco Francesco Rutelli). La convenzione sarebbe stata firmata, secondo l’ex-Assessore comunale ai Lavori Pubblici della giunta Alemanno, Fabrizio Ghera, solo a inizio novembre 2011, accompagnata dal versamento di una fideiussione a garanzia di tali opere di circa 13 milioni di euro. Entro la fine del 2011 era prevista l’apertura dei cantieri per la viabilità accessoria e quello per il raddoppio della via di Acilia. Nulla di tutto ciò è mai avvenuto. Le ultime pubbliche notizie sono state date il 14 aprile 2015 dall’ex-capogruppo PD in Campidoglio, Francesco D’Ausilio (dimessosi a seguito delle intercettazioni di Mafia Capitale), raccolte in un dossier consegnato all’allora Sindaco Marino:
Raddoppio via di Acilia:
opera a scomputo convenzione urbanistica Terrazze del Presidente. Convenzione urbanistica 2011. 12 mln opere. Opera principale (raddoppio via Acilia), realizzata solo un quarto (circa), tratto da via Ghiglia a via F. Usellini.
Attori in gioco:
– Roma Capitale: Ass.to LLPP (Pucci), Dipartimento Periferie (Ing. Martinelli)
– Italgas
– realizzatore opera: EUR Servizi Terziari srl (DL: ing. Fabrizio Cantarini, costruttore: Pulcini)
Problema:
a causa di un contenzioso con Italgas sulla presenza di tubazioni che intersecavano la futura galleria dei sottoservizi del raddoppio della via di Acilia, i lavori per una gran parte del tratto di raddoppio sono fermi da circa due anni. Sono andati avanti solo lavori di realizzazione nuova cabina Italgas e conclusione rotatoria via Menzio. Il Municipio da settembre 2013 ha sollecitato e convocato riunioni e commissioni. Il Presidente [Andrea Tassone, arrestato il 4 giugno 2015 per Mafia Capitale] aveva scritto al Sindaco. A febbraio 2015 il Municipio ha nuovamente posto il tema all’attenzione di Roma Capitale, all’Ass. Pucci. In un’ultima riunione la linea condivisa sembrava essere quella di verificare la possibilità di far spostare a Italgas le tubazioni all’interno delle risorse definite nella convenzione, in modo che EUR Servizi Terziari srl potesse riprendere i lavori senza poter addurre altre giustificazioni. Ad oggi il Municipio non sa l’esito di questa trattativa e come la vicenda possa andare avanti.
Prescindendo dal presunto illecito delle opere per la nuova cabina Italgas e dal fatto che Andrea Tassone è stato finanziato per la campagna elettorale del 2013 proprio dalla famiglia Pulcini, ad oggi è tutto di nuovo fermo. Della convenzione del 2011 neanche l’ombra.
Solo questi i guai? Purtroppo no. Oltre alla libera vendita di oltre 800 unità immobiliari e alla permanente congestione del traffico su via di Acilia, sembra anche che nella convenzione sia stata aggiunta una postilla che subordina le opere a scomputo al completamento dei lavori delle unità abitative ferme ancora allo scheletro in cemento armato. Una clausola che di solito si ritrova in molte altre convenzioni, ma che in questa non sarebbe dovuta nemmeno essere contemplata visto il ritardo di 26 anni accumulato.
Dunque, se le opere a scomputo (il raddoppio della via di Acilia ed il sottopasso della Via Cristoforo Colombo) saranno ultimate 3 mesi prima della fine dei lavori possiamo tranquillamente trasformare la via di Acilia in un parcheggio regolato da semaforo.
Paula de Jesus per LabUr