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OSTIA, SGOMBERO ‘BORGHETTO DEI PESCATORI’: TASSONE NON DICE TUTTA LA VERITA’
Si tratta di parte dell’area ATO I12, prossima alla cementificazione.
Il problema è che non è stato pubblicato alcun atto amministrativo relativo all’intervento in questione (di solito un’ordinanza). Sempre secondo l’assessore Belmonte si è intervenuti perché nell’area “si bruciavano copertoni e rame”.
Dunque, secondo Tassone e Belmonte, si tratta di un “intervento di bonifica e messa in sicurezza” di un’area privata. Tale tipologia d’intervento, come previsto dall’articolo 10 del decreto ministeriale n. 471 del 1999, nei casi in cui l’intervento di bonifica e messa in sicurezza interessi il territorio di un singolo comune, comporta che tutte le fasi dell’iter amministrativo siano seguite dall’Amministrazione comunale. In genere ciò comporta l’obbligo di bonifica a cura e spese del responsabile o, qualora questi, ovvero il proprietario dell’area o qualsiasi altro soggetto interessato non adempia, l’intervento in danno da parte dell’Amministrazione competente, in questo caso il Comune di Roma. Prima dell’intervento, cosa abbia fatto il Comune di Roma non si sa, ma la legge parla chiaro.
Nel caso in questione, un terreno privato, il forte sospetto è che si tratti di quei casi in cui si è omesso di vigilare sul terreno di proprietà permettendo così l’occupazione di persone. Lo testimoniano le foto storiche da tutti riscontrabili su Google Earth: già 11 anni fa (18 aprile 2003) c’era in quel punto un insediamento spontaneo che è cresciuto negli anni, pur non diventando mai una ‘baraccopoli’ come invece è stata definita. In questi casi l’amministrazione, preso atto dell’insediamento spontaneo, deve diffidare il proprietario a mettere in atto gli accorgimenti idonei al fine di impedire l’occupazione del terreno. Al proprietario viene concesso un tempo congruo che decorre dalla notifica del verbale in cui si accerta il fatto. In caso di inottemperanza (e dopo 11 anni non si può certo dire che il proprietario si sia dato da fare…) il Comune deve procedere d’ufficio nello sgombero, con addebito delle relative spese alla proprietà. Tassone invece ci parla di un ‘preventivo’ sottoposto dall’AMA alla proprietà, quasi facendo intendere un accordo tra le parti sul costo globale. Al propietario, per legge, si presenta il consuntivo e basta.
Se è vero che il proprietario del terreno a sua volta può sporgere querela contro gli occupanti al fine di contestare a quest’ultimi i reati di occupazione non autorizzata (art. 633 c.p., invasione di terreni o edifici) e/o di ‘danneggiamento’ (art. 635 c.p.), è anche vero che sembra improbabile che nessuno si sia mai accorto di niente in tutto questo tempo e che invece ore, che si deve costruire, scatti l’allarme di ‘degrado ambientale’.
Ricordiamo che è solo con la trasparenza di legge che si può passare alla fase operativa, che prevede l’allontanamento immediato degli occupanti con l’obbligo di rimozione dei mezzi utilizzati per lo stazionamento, qualora non rimossi dai soggetti fruitori, nonché l’immediato smantellamento dei manufatti oggetto d’insediamento. Solo dopo segue l’asportazione dei rifiuti di ogni genere presenti nelle aree abusivamente occupate e, ove necessario, il ripristino delle adeguate condizioni igienico sanitarie del sito, l’intervento dei servizi sociali e quant’altro necessario.
Non si può parlare di legalità sbandierando operazioni di sgombero mirate, non fornendo trasparenza sugli elevati costi di queste operazioni, non mettendo in pratica una politica sociale che tuteli le fasce più deboli. Sgomberi come quello di Ostia che costa non 60mila euro come dice Tassone, ma almeno il doppio, servono solo a liberare i terreni dove si dovrà costruire.
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