OSTIA, SPIAGGE: IL TAR BOCCIA IL ‘PIZZO’ SULLE CONCESSIONI

Arancione e Nero Foto Palestra Poster_20250313_140729_0000Le spiagge di Ostia, di Castel Porziano e di Capocotta non sono patrimonio del Comune di Roma per fare cassa. Così si è espresso di nuovo il TAR Lazio che oggi ha sospeso il bando di gara, in scadenza il 17 marzo, per l’affidamento di 31 concessioni demaniali marittime.

La Giunta Capitolina, senza alcun appoggio normativo a riguardo, aveva previsto una corresponsione all’Amministrazione di un importo aggiuntivo rispetto al canone e determinato in base al fatturato degli stabilimenti. Un vero e proprio ‘pizzo di Stato’.

La sentenza è un altolà al Sindaco Roberto Gualtieri e all’Assessore al Patrimonio Tobia Zevi, troppo dediti agli show piuttosto che a risolvere i problemi.

A meno di 60 giorni dall’inizio della stagione balneare tornano sulle spiagge i vecchi concessionari, ma rimangono le macerie dovute alle mareggiate (si veda il Kursaal) o all’abbandono (si veda La Casetta).

Quando la giustizia amministrativa è costretta a correggere ripetutamente la Pubblica Amministrazione il significato è uno solo: la gestione del territorio è allo sbando e non solo da un punto di vista amministrativo, ma soprattutto urbanistico.

Mentre viene bocciato il bando sulle spiagge, il Comune di Roma continua ad opporsi alle sentenze con costi esorbitanti per le casse capitoline e finge di ignorare la questione della dividente demaniale che definisce il limite del demanio marittimo e cioè quali aree debbano realmente essere considerate ‘spiagge’ oppure no.

Tutto è rimandato al 14 ottobre per la decisione finale nelle aule di Tribunale e nel merito si entrerà anche per le deliberazioni della Giunta capitolina n. 136/2024 del 26.4.2024, recante “indirizzi e criteri generali per la valorizzazione economica, sociale e paesaggistico-ambientale del Litorale di Roma”, e n. 44/2025 dell’11.2.2025, recante “integrazione” a detta delib. n. 136/24.

Un pasticcio così non si era davvero mai visto.

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FIUMICINO, VITTORIA DEL PASSO DELLA SENTINELLA. SENTENZA STORICA CON EFFETTO A CASCATA

Arancione e Nero Foto Palestra Poster_20250311_121835_0000Sentenza storica. Come ha sempre sostenuto LabUr – Laboratorio di Urbanistica da 15 anni, sia per il Passo della Sentinella sia per l’Idroscalo di Ostia, un’area per definirsi golena deve avere un argine e deve avere quegli elementi quantitativi e temporali, quali la presenza ricorrente di piene ordinarie del fiume, necessari per assegnare al bene il carattere della demanialità.

È quanto conferma la sentenza della Corte di Appello di Roma Sezione VIII Civile nella camera di consiglio del 06/03/2025, presieduta dalla Presidente Franca Mangano.

La battaglia, portata avanti in solitudine da un indomito Bersagliere, Giuliano Talevi – insieme agli Avv. Alessandro Maria Scavolini e Alfredo Bonomo – riguardava un lotto dell’area denominata Passo della Sentinella alla foce del Tevere nel Comune di Fiumicino a ridosso del costruendo mega Porto crocieristico della Royal Caribbean.

La sentenza chiarisce anche altri aspetti importanti che LabUr aveva rilevato in fase di consulenza tecnica nel procedimento: il terreno, qualificato patrimonio regionale, non può appartenere al demanio pubblico perché altrimenti sarebbe di appartenenza dell’Agenzia del Demanio e quindi dello Stato, che avrebbe dovuto esperire indefettibili procedure di esproprio per pubblica utilità. Secondo quanto accertato l’area in cui si trova il lotto di Talevi sul Passo della Sentinella non è mai stata sommersa dalle piene del Tevere ed il lotto «non è mai stato soggetto ad alcuna esondazione».

Si apre quindi un nuovo capitolo che vedrà LabUr in prima linea per restituire la corretta identificazione delle aree golenali lungo le sponde del Tevere fino ad oggi mistificate dalla Pubblica Amministrazione.

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TERMOVALORIZZATORE: LE TERRE RUBATE PER LA SPECULAZIONE

termovalorizzatore terre rubateSono scaduti i termini per una risposta all’accesso civico generalizzato di LabUr da parte degli Uffici tecnici dei Comuni di Roma e Albano relativo alla verifica dei confini. Produciamo dunque noi la documentazione augurandoci che in Conferenza dei Servizi qualcuno sollevi la questione.
L’area interessata dall’impianto del ‘Termovalorizzatore’ di Roma ha sconfinato (anche se molto meno di quanto ipotizzato) nel Comune di Albano rispetto al corso del Fosso della Cancelliera che avrebbe dovuto, a ragion di logica, esser considerato il confine naturale tra i due Comuni. Le carte topografiche storiche parlano chiaro: lo ‘sperone’ non è presente nella carta del 1899 da cui è derivata quella del 1935 dove a sua volta risulta meno profondo (verso il Comune di Albano) di quanto rappresentato nell’attuale Catasto.
Non solo. Dopo la messa in onda il 15.12.2024 del servizio di Report “Il santo inceneritore”, dedicato proprio al ‘Termovalorizzatore’ di Roma, al catasto non era presente alcuna particella riferita al corso d’acqua del Fosso della Cancelliera. La particella 3356 del foglio 1186 appare invece d’incanto 5 giorni dopo, il 20 dicembre, per identificare una superficie di ben 1.384 mq definita “relitto di acque”.
Al catasto, l’attuale corso (deviato) del Fosso della Cancelliera non è identificato da alcuna particella e rimane a questo punto il dubbio che, non essendo più un corso d’acqua, i 1.384 mq della nuova particella 3356 dovranno essere comprati da AMA perché di certo non erano inclusi nell’atto di acquisto.

Dopo aver fatto emergere un errato inquadramento particellare dell’area destinata alla realizzazione del termovalorizzatore, dopo aver verificato la inidoneità urbanistica dell’area e la deviazione non autorizzata del Fosso della Cancelliera, dopo aver denunciato la non veritiera dichiarazione di edificabilità dei terreni presente nell’atto del Notaio  nonché ricostruito le fasi di un “patto elettorale” tra Gualtieri e Caltagirone, ora è il turno dei terreni identificati al foglio 1186 del catasto del Comune di Roma che per almeno 600 mq appartengono al Comune di Albano.
Si tratta dell’ennesima irregolarità dovuta ad una mancata diligenza in fase istruttoria che ha dimenticato la particella 102, la deviazione del Fosso e la inedificabilità dei terreni.

L’ANALISI
Partiamo dal risultato grafico che mostra l’area appartenente al Comune di Albano e non a Roma. L’accertamento è avvenuto considerando come riferimento le particelle catastali presenti nell’impianto meccanografico del foglio 1186 perimetrate dal Fosso della Cancelliera e analizzando le estensioni territoriali delle tenute e pediche così come risultanti nella pianta topografica dell’Agro Romano e dei territori limitrofi conservata presso l’Archivio Capitolino ed aggiornata al 1899 (consultabile anche via web). Le misure superficiali sono in ettari e are.
Tale pianta è stata presa in considerazione in quanto di riferimento per la conversione in legge del Regio decreto-legge 7 marzo 1935 XIII, n. 264, concernente la rettifica e la delimitazione delle circoscrizioni del Governatorato di Roma e dei comuni finitimi, tra cui quello di Albano (Atti Parlamentari 1305 – Senato del Regno, Legislatura XXIX – Sessione 1934-35 – Discussioni – Seduta del 28 Maggio 1935, pagina 1345).
Essendo tutte le piante in scala, l’ultimo passaggio è stato quello di triangolare le distanze tra elementi catastali certi come il Fosso della Cancelliera e via Ardeatina, servendosi anche della Carta Tecnica Regionale Numerica (CTRN) per rilevare gli andamenti altimetrici dei luoghi. In particolare, si è ‘esplosa’ l’area interessata che nelle carte è solo grossolanamente perimetrata senza indicarne l’effettiva misurazione.
deposito scorie albanoIl risultato è stato che almeno 600 mq dell’attuale particella n.818 del foglio 1186 del NCEU del Comune di Roma ‘sconfinano’ nell’adiacente territorio di Albano probabilmente per aggiustamenti avvenuti nel dopoguerra, ma comunque non giustificati in quanto ancora ad oggi il confine tra Roma ed Albano è quello del 1935.
La complessa ricostruzione grafica viene qui sintetizzata colorando la parte dell’impianto del termovalorizzatore (‘deposito scorie’) ricadente nel Comune di Albano.

Qui di seguito, stralci della cartografia utilizzata.

Screenshot 2025-02-27 15.25.20Screenshot 2025-02-27 15.26.55termovalorizzatore ctrn

Gli uffici tecnici interessati (Roma ed Albano) non hanno saputo fornire risposta alla richiesta di accesso civico generalizzato riguardante la verifica del confine in questione. Avevamo ‘sperato’ in un primo momento che l’errore ricadesse in uno sconfinamento molto più ampio rispetto al percorso del Fosso della Cancelliera che avrebbe dovuto, a ragion di logica, esser considerato il confine naturale tra i due comuni. 

Infatti ancora non è chiaro perché il Comune di Roma abbia questo sperone di territorio nel Comune di Albano, ma le carte topografiche storiche (da cui derivano i confini attuali) parlano chiaro, così come non c’è dubbio che esiste uno sconfinamento come sopra indicato. Inoltre, tale ‘sperone’ non è presente nella carta del 1899 da cui è derivata quella del 1935 dove a sua volta risulta meno profondo (verso il Comune di Albano) di quanto rappresentato nell’attuale Catasto, quasi che negli anni lo ‘sconfinamento’ sia stato progressivo.

Ora, dopo questa ennesima irregolarità, dovuta ad una mancata diligenza in fase istruttoria che ha dimenticato la particella 102, la deviazione del Fosso e la inedificabilità dei terreni, attendiamo che nelle sedi decisorie si prenda atto definitivamente che l’atto notarile a firma del Notaio in Roma, Nicola Atlante, per quanto già espresso nei precedenti articoli, non sia valido, motivo per cui si dovrebbe ricominciare daccapo tutto l’iter autorizzativo. 

Precisiamo che la questione è stata segnalata all’Ordine Notarile che molto sbrigativamente ci ha risposto (senza fare alcuna istruttoria) che “è tutto a posto”. Vedremo, perché spesso e volentieri molti alti notarili sono risultati illegali, con pesanti conseguenze penali.

Attenderemo l’esito decisorio e, in mancanza di un trasparente accertamento fondiario, produrremo la nostra documentazione presso la Procura della Repubblica.

LA PARTICELLA DEL FOSSO DELLA CANCELLIERA
Nell’analisi topografica è poi emersa una nuova questione e cioè la particella del Fosso della Cancellieratermovalorizzatore variazione fosso.
Che il Fosso della Cancelliera sia stato irregolarmente deviato nel suo corso, è ormai fatto appurato. Addirittura da foto aeree si individua anche la modifica sostanziale della particella 673 che negli atti del notaio Nicola ATLANTE del 2022 risulta invece ancora come 19 anni prima.

E’ singolare che fino al 15 dicembre 2024, messa in onda del servizio di Report dedicato al termovalorizzatore, al catasto non fosse presente alcuna particella riferita al corso d’acqua. La particella 3356 del foglio 1186 appare invece d’incanto il 20 dicembre 2024 per identificare una superficie di ben 1.384 mq definita “relitto di acque”.
Consultando di nuovo il catasto la particella 819 e la 673 risultano ancora confinanti con la 3356 (che non è stata soppressa) e aventi rispettive superfici di mq 5.780 e 15.654 esattamente come nell’atto notarile.
Al catasto, l’attuale corso (deviato) del Fosso della Cancelliera non è identificato da alcuna particella e rimane a questo punto il dubbio che, non essendo più un corso d’acqua, i 1.384 mq della nuova particella 3356 dovranno essere comprati da AMA perché di certo non erano inclusi nell’atto di acquisto.
Da tenere in considerazione che il tracciato dell’attuale “relitto di acque” rappresenta la linea dividente tra terreni edificabili (al di sotto) e terreni non edificabili (al di sopra). Tale linea non può assolutamente essere variata per lo spostamento del fosso perché è vigente il vincolo imposto dal Consorzio di Sviluppo Industriale Roma-Latina, come già osservato nei precedenti articoli.

In conclusione, questa è la prova che il fosso era demaniale, che è stato interrato e spostato verso via della Cancelliera e che ad oggi catastalmente non risulta più.
Rimane un dubbio: l’impianto del termovalorizzatore ruberà anche questi 1.384 mq?

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INFERNETTO: PENSAVANO FOSSE UN CENTRO RACCOLTA AMA INVECE E’ UN CALESSE URBANISTICO

ama infernetto calesseVenerdì 14 febbraio  finalmente si è tenuta in Municipio X la Commissione congiunta, Urbanistica e Mobilità, su richiesta dei comitati di zona e di LabUr.
All’ordine del giorno il Centro Raccolta AMA su via Wolf Ferrari all’Infernetto. Plasticamente si è potuto apprezzare l’ennesimo pasticcio combinato dal Dipartimento di Urbanistica che ha ‘spostato’ su una strada (via Ceccarossi) e su un’area cani voluta dalla sprovveduta Assessora all’Ambiente, Valentina Prodon, la scuola materna prevista sull’area del Centro di Raccolta AMA. Non solo, il Dipartimento PAU è riuscito addirittura nell’impresa di esprimere un parere fuori tempo massimo rispetto alla conferenza di servizi decisoria, operando così un falso in atto pubblico di cui abbiamo parlato i giorni scorsi e di cui evidentemente qualche consigliere, poco pratico di Urbanistica, pensa che si possa fare.

paolo ferraroL’unica domanda alla quale finalmente gli Uffici hanno risposto è quella relativa al Piano Particolareggiato dell’Infernetto (Zona O 51): come da noi sostenuto, è scaduto nel 2023, essendo trascorsi 10 anni dalla sua approvazione. L’Infernetto è diventato un far west, dove costruttori e furbetti si stanno appropriando della sorte di un quartiere, sanato da Pannella, fermo da 33 anni. E l’Amministrazione Capitolina invece di governare i processi, sgoverna aggiungendo confusione a confusione urbanistica. Una bomba ad orologeria. Il Comune continua a rilasciare infatti i permessi di costruire, ma di strade, servizi, parchi e scuole nemmeno l’ombra.

Rimane il pregevole tentativo dei Presidenti di Commissione Marco Belmonte e Leonardo Di Matteo, di attivare il dialogo con i cittadini senza purtroppo riuscire a colmare lo scollamento evidente tra realtà e disegnino sulla carta, in cui gli Uffici non si accorgono nemmeno che una scuola atterra su una strada e che quando si chiude una conferenza di servizi o la si riapre o non si infila un parere postumo per redigere una delibera di Giunta.

L’unica cosa certa è che lì, in via Wolf Ferrari, da 8 anni, si vorrebbe fare un qualcosa che non si può (e che per altro non è il progetto previsto ai tempi del governo del M5S, ma non se ne sono accorti) e i motivi li ha detti oggi LabUr: il piano particolareggiato è scaduto
la scuola materna non può essere spostata e il parere del Dipartimento di Urbanistica è postumo.

***** NOTA BENE*****

avvocato ama infernettoA fine commissione, c’è stato l’invito di Belmonte ai cittadini di non ‘cadere’ nella ragnatela di saccenti studi legali proposti da sedicenti attivisti, il cui intento unico è di utilizzare i contenziosi con la pubblica amministrazione per ottenere lavoro e visibilità.

Neanche a farlo apposta, dopo poche ore dalla chiusura della commissione sono spuntati ‘comunicati’ come quello qui a fianco, che propongono (a pagamento) inutili e imbarazzanti iniziative.

Il nostro lavoro, gratuito e a difesa di un pubblico interesse, è per ora finito. Auguriamo buona sorte a chi ne approfitta per guadagnarci invitando però i cittadini a non fidarsi dell’esercito del giorno dopo, silente fino al giorno prima.

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FONDI PNRR ALL’AMANTE DI HITLER NELLA PINETA DELLE ACQUE ROSSE AD OSTIA

laffertSono della defunta amante di Adolf Hitler, la Baronessa Sigrid von Laffert, la gran parte dei terreni della Pineta delle Acque Rosse dove la Città Metropolitana di Roma, guidata da Roberto Gualtieri, sta procedendo alla forestazione con fondi PNRR per 1,8 milioni di euro.

Da quanto emerso dopo complessi accertamenti catastali e patrimoniali sembrerebbe che il Comune di Roma non abbia realmente la piena disponibilità giuridica dell’area. 

Sigrid von Laffert (nella foto di copertina, la prima da dx) divenne proprietaria di molti terreni della famiglia Aldobrandini nel 1970. Molti di questi, prima della sua morte avvenuta nel 2002, confluirono in una società con sede in Lussemburgo, la Neulaband s.a., mentre altri rientrarono in Italia con la Neulaband s.s. lasciando invariati al catasto i rimanenti. Il problema è che ancora oggi, nell’area che va dalla Pineta fino al Tevere, risultano per l’Agenzia delle Entrate ben 56 ettari ancora intestati alla Von Laffert, senza che nessuno ne abbia aggiornato la proprietà dopo 23 anni dalla sua morte. 

Dunque, nell’area interessata dalla forestazione con fondi PNRR troviamo di fatto particelle di proprietà Aldobrandini, non dichiarate perché intestate alla baronessa defunta, e lungo la riva del fiume Tevere (dietro l’argine che corre a fianco di via Tancredi Chiaraluce) e particelle di proprietà della Neulaband s.s., sempre di Aldobrandini, un’area che sarà a breve anch’essa oggetto di una nuova speculazione. 

Sarebbe a questo punto opportuno che il Comune di Roma dimostri con chiarezza la disponibilità giuridica dei terreni di proprietà della Baronessa Von Laffert interessati dalla forestazione, considerato che gli stessi erano già stati inclusi nel 1996 nel Piano di Riqualificazione Urbana (PRU Ostia Ponente) che prevedeva proprio lo stesso intervento, ma a carico della lussemburghese Neubaland s.a per 13 miliardi di lire.

Questi fumosi grovigli societari che caratterizzano passaggi di proprietà avvenuti all’estero e in parte già finiti in contenziosi processuali negli anni ‘70, ricordano, con preoccupante somiglianza, le vicende delle ‘case di sabbia’ della Moreno Estate srl sempre ad Ostia Ponente (un camuffamento della famiglia Armellini che va avanti da 50 anni). Non si sa infatti con certezza se sia regolare la proprietà vantata dei terreni Aldobrandini da parte della Baronessa fondatrice della Gioventù Hitleriana. Come LabUr, ancora una volta, come nel caso della Moreno Estate, faremo di tutto per evitare che il Comune di Roma tratti compravendite o agevoli società con sede nei paradisi fiscali.

Da un rapido conteggio, sono più di 45 le particelle (dalla pineta al fiume) su cui il Comune di Roma vuole investire ingenti risorse per la ‘riqualificazione urbana’, non avendo però eseguito alcun approfondimento patrimoniale. Chiederemo dunque che l’Assessore al Patrimonio del Municipio X, Guglielmo Calcerano, avvocato, portavoce dei Verdi, legato politicamente ad Angelo Bonelli, proceda ad una urgente verifica degli atti di provenienza per evitare un danno erariale imputabile ad una evidente negligenza della pubblica amministrazione.

Qui di seguito, una sintetica scheda tecnica.


 

SCHEDA TECNICA

mappa particelle laffertL’intervento di forestazione urbana in corso presso la c.d. Pineta delle Acque Rosse ad Ostia, finanziato dal PNRR per circa 1,8 milioni di euro, comprende due terreni che, al catasto, risultano essere di proprietà di una Baronessa tedesca, Sigrid Laffert, amante di Hitler, imparentata con la famiglia Aldobrandini e morta a Berlino nel 2002. Nella mappa che abbiamo ricostruito, i terreni interessati dalla forestazione sono in verde. I due della Laffert hanno bordo rosso. Si nota che anche altri terreni nei pressi (anch’essi bordati di rosso) risultano ancora intestati alla defunta Baronessa, per un totale di oltre 56 ettari.

Dunque, dei 17,99 ettari totali di forestazione, 2 terreni (le particelle del foglio 1079 nr. 2621 e 2626p), per un totale di 11 ettari, non risultano essere del Comune di Roma. Tuttavia è stabilito che, ai fini dell’ammissibilità per l’erogazione dei fondi, la forestazione può essere realizzata su terreni di cui i comuni della Città Metropolitana (in questo caso Roma) hanno la disponibilità giuridica che non implica però la proprietà. 

pru neulabandLa questione si fa ancora più interessante in quanto l’intervento di cui sopra risultava già compreso nel c.d. Piano di Riqualificazione Urbana ‘Ostia Ponente’ (PRU) adottato nel 1996: Intervento Pubblico n.1, “Acquisizione ed assestamento forestale delle pinete dell’Acqua Rossa ed aree limitrofe”. Tale intervento doveva essere però finanziato al tempo per un importo di 13 miliardi di lire dalla Neulaband s.a., fondata nel 1992 con sede in Lussemburgo e domicilio fiscale in Roma (c.f. 97093040588, p.iva. 05302301006) che è subentrata in moltissimi terreni alla baronessa Laffert, ma non sui due indicati interni alla forestazione.

Nel 2004 ancora si scriveva che “è previsto l’intervento di valorizzazione della Pineta delle Acque Rosse”. Ad oggi la situazione catastale apre dunque un grosso dubbio: come è possibile che nel 2025, a fronte di un intervento con fondi PNRR, non sia stato aggiornato il catasto in termini di proprietà? Oppure l’acquisizione prevista nel PRU non è mai stata perfezionata? Di quale disponibilità giuridica si avvale il Comune di Roma per intervenire con la forestazione su terreni di altra proprietà per altro defunta? 

LE DUE NEULABAND

La Baronessa Von Laffert è legata sia alla lussemburghese Neulaband s.a. che alla italiana Neulaband s.s. e risulta ancora proprietaria di altri numerosi terreni, per un totale di 56 ettari (precisiamo che in Neulaband s.s. l’abbreviazione “s.s.” indica “società semplice” e non SchutzStaffel cioè l’organizzazione paramilitare nazista fondata da Hitler). Come per la società lussemburghese, anche per la italiana Neulaband s.s. (c.f. 08562921000), il legame con la famiglia Aldobrandini è evidente, non solo per avere come legale rappresentante Clemente Federico Aldobrandini (Roma, 4 maggio 1982), ma anche perché nello statuto si legge “gestione dei beni Aldobrandini”. Da questo particolare già emerge che la proprietà finale è della famiglia di origini nobiliari, camuffata al catasto da altre intestazioni.

La Neulaband s.s. è stata costituita l’8 giugno 2005 (dopo quella omonima lussemburghese) e Clemente Federico Aldobrandini, figlio del Principe Camillo Giovanni Giuseppe Aldobrandini (21 maggio 1945), risulta esser stato nominato legale rappresentante solo nel 2019, preceduto da Nicola Spinelli e Luca Ferri, che ancora compaiono nell’intestazione di alcuni terreni.

A differenza dei terreni della Baronessa Von Laffert, i terreni della Neulaband s.s. sono situati a ridosso del Tevere, in sponda sinistra, dietro l’argine, a partire del depuratore di Ostia (su via Tancredi Chiaraluce) in poi (fino a via delle Orcadi). Questi terreni, che non appartengono al demanio fluviale della Regione Lazio, sono dichiarati insistere in area golenale, intendendo per ‘golena’ l’area compresa tra un argine ed un corso d’acqua (il Tevere).

Invece la Neulaband s.a, oltre che nell’ambito dei PRU di ‘Ostia Ponente’ (intervento pubblico n.1 e proposte urbanistiche B5 e B4), risulta titolare anche della proposta inserita nel Patto Territoriale di Ostia e Fiumicino relativa al progetto per la realizzazione di un parco naturalistico, birdWatching; con punto di ristoro nell’isola di Tor Boacciana.

LA BARONESSA SIGFRID VON LAFFERT

La baronessa Sigrid Alice Ernestine Cecile Luise Claudia Helma Frieda von LAFFERT (Bad Doberan, 18 gennaio 1916 – Monaco, 8 settembre 2002) (LFFSRD16A58Z111E) sposó a Berlino il 27 dicembre 1940 il conte Johannes Von Welczeck (Santiago, 1 ottobre 1911 – Caracas 4 marzo 1969), fratello della Principessa Louise Rosario Trinidad Bernardette Aldobrandini (Dresda, 20 Agosto 1913 – Frascati, 25 Settembre 2000) a sua volta moglie del Principe Clemente Aldobrandini (Frascati, 27 Giugno 1891 – Roma, 8 marzo 1967) di cui è figlio Camillo Giovanni Giuseppe Aldobrandini (21 maggio 1945), padre di Clemente Federico Aldobrandini legale rappresentante della Neulaband s.s. (quella italiana). 

Laband, terra natía dei Von Welczeck, è il nome tedesco di Łabędy, un distretto di Gliwice (Gleiwitz) nel voivodato della Slesia, nella parte meridionale della Polonia, circa 270 chilometri a sud-ovest della capitale Varsavia e circa 90 chilometri a ovest di Cracovia. 

Ecco dunque il motivo del nome “Neulaband” dato alle due società: in pratica quella che noi chiamiamo Nuova Ostia dovremmo chiamarla ‘Nuova Laband’.

LA VICENDA PROCESSUALE DELL’EREDITÀ ALDOBRANDINI

Il nome di Sigrid Von Laffert compare in un contenzioso processuale del 1974 come acquirente in Svizzera (notaio, Marco Gambazzi, atto redatto dopo la morte di Ferdinando Aldobrandini, 16 dicembre 1969) di circa 180 ettari di proprietà Aldobrandini a un prezzo troppo inferiore rispetto a quello di mercato: 400 milioni di lire invece di 6 miliardi. Non è mai stato accertato fino in fondo se si fosse trattato di un sistema per evadere il fisco o per esportare valuta all’estero. Di certo gli Aldobrandini non avevano svenduto quel terreno, inserito nell’allora unica zona di Ostia destinata ad espansione urbanistica che andava da via delle Baleniere fino al fiume Tevere. Come abbiamo visto, la Baronessa Von Laffert era la cognata di Livia Aldobrandini e l’atto svizzero di Gambazzi verrà registrato a Roma (senza la necessaria autorizzazione ministeriale) solo il 17 luglio del 1970. 

A quel tempo, si aprì un procedimento penale nei confronti degli eredi Aldobrandini per truffa, falso e frode fiscale, attivato da parte di alcuni costruttori a cui erano stati promessi quei terreni. Le accuse agli Aldobrandini vennero mosse dal sostituto procuratore romano Domenico Sica e fatte proprie dal giudice Istruttore Pizzuti, contestando in sostanza di aver fatto sparire dall’eredità quei 180 ettari (di cui rimangono i frammenti sopra visti).

CONCLUSIONI

Che gli Aldobrandini abbiano, attraverso società di comodo e atti falsi stipulati in Svizzera, compiuto un tale reato non è mai stato dimostrato in pieno, tant’è che al tempo neanche il Ministero delle Finanze si costituì parte civile. Resta il fatto che sono passati 50 anni e che al catasto il nome della Baronessa Von Laffert ancora si impone all’interno di atti pubblici la cui trasparenza amministrativa è tutta da dimostrare.

Eppure non sarebbe difficile fare come in Corsica, dove dopo quasi 50 anni, sono rientrati dalla Svizzera in Italia a marzo del 2024 le proprietà di Clemente Federico Aldobrandini, intestate alla società lussemburghese Bubika s.a., costituita nel 1973, che ha deciso il trasferimento della sede legale al nostro Paese sotto forma di srl. Ben 400mila metri quadrati, ubicati nel comune di Sartène nella Corsica del sud. 

 

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CENTRO RACCOLTA AMA ALL’INFERNETTO: SPUNTA UN FALSO IN ATTO PUBBLICO

476383851_1762517557653090_2737349999873074826_nIn attesa che venga convocata la commissione congiunta Urbanistica e Mobilità del Municipio X sulla questione del Centro di Raccolta AMA all’Infernetto, spunta un falso in atto pubblico. Il progetto del Centro di Raccolta AMA in Via W. Ferrari (angolo Via Soffredini) che aveva ricevuto in Conferenza dei Servizi un parere non ostativo da parte del Dipartimento di Programmazione e Attuazione Urbanistica del Comune di Roma il 13/11/2019 e da cui era scaturita la Determina Dirigenziale del Dipartimento Tutela Ambiente che approvava il progetto il 27/12/2019, riceve 4 giorni dopo, il 31/12/2019 quindi dopo la chiusura della Conferenza che ricordiamo essere decisoria, un secondo parere dal Dipartimento PAU in cui chiedeva di assicurare gli standard urbanistici e di individuare all’Infernetto un’area idonea ad accogliere la scuola materna sottratta con la realizzazione del Centro di Raccolta AMA. Dopo il ricorso gerarchico di LabUr del 27/9/2023, la Direzione Trasformazione Urbanistica di Roma Capitale redige 4 anni dopo una Relazione Tecnica Illustrativa propedeutica alla Determina Dirigenziale che però poggia sul parere PAU del 31/12/2019 e non su quello espresso in Conferenza dei Servizi e individua due particelle all’Infernetto dove far ‘atterrare’ la scuola materna, senza però accorgersi che una delle due particelle è la sede stradale di Via Ceccarossi e l’altra è l’area cani che l’Assessore al Verde del Municipio X, Valentina Prodon, chiama “Parco Columbia” e vuole concedere ai cittadini nei c.d. Patti di Collaborazione per la gestione delle aree verdi. La stessa Prodon che aveva già dichiarato un falso a novembre in TV.
Tutti i pareri successivi poggiano su questo falso, cioè su un documento che non è quello della Conferenza dei Servizi, compresa la Delibera di Giunta del 29/12/2023 che approva il progetto definitivo e lo spostamento della scuola materna in un’area inidonea. Una vicenda grave e grottesca, inquinata da un’Amministrazione incompetente a diversi livelli, da infiltrati legati all’estrema destra e sullo sfondo filibustieri, con l’obiettivo di far fallire i tavoli di lavoro per scopi lontanissimi da quelli collettivi. Ci auguriamo dunque che nei prossimi giorni si tenga in Municipio X la Commissione Congiunta chiesta dai Presidenti Marco Belmonte e Leonardo Di Matteo e che tutti i dipartimenti e Uffici coinvolti nel progetto vengano a chiarire le domande (v. LINK) che da anni sono rimaste senza risposta, soprattutto alla luce di quest’ultimo grave episodio.

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TERMOVALORIZZATORE ROMA: I TERRENI NON SONO DEL COMUNE DI ROMA BENSÌ DI ALBANO. NULLO L’ATTO NOTARILE.

termovalorizzatore albanoSarebbero del Comune di Albano il 60% dei terreni (gli unici edificabili) che il Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha comprato tramite AMA per costruirci il termovalorizzatore. Ad evidenziare l’ennesimo inciampo di questo imbarazzante progetto è il foglio originale n.1186 di impianto, digitalizzato e georeferenziato, recuperato al Catasto il 18 gennaio scorso. La mappa qui sotto riportata indica con certezza che il tanto discusso Fosso della Cancelliera costituiva il confine tra il Comune di Roma e quello di Albano. Poi qualcosa forse è cambiato di cui però non si ha evidenza pubblica.

Ciò che è certo è che:

– il 40% dei terreni sono inedificabili per sottoscrizione di un atto d’obbligo
– il restante 60% dei terreni ricadono nel Comune di Albano
– la particella 105 non potrà far parte del termovalorizzatore
– ad oggi, lo spostamento del confine tra Roma e Albano sarebbe avvenuto solo sui terreni del termovalorizzatore, restando inalterato altrove.

confine albano roma 1186

Per questa ragione abbiamo chiesto per iscritto al Sindaco dem di Albano, Massimiliano Borelli – contrario alla realizzazione del termovalorizzatore di Roma in area Santa Palomba – di confermare con urgenza quanto da noi scoperto perché in caso affermativo tutti gli atti sarebbero nulli, soprattutto quello notarile di compravendita preso in carico dal Consiglio Nazionale dei Notai su nostra segnalazione.

L’ennesimo incredibile episodio sull’opera fintamente giubilare voluta da Roberto Gualtieri. Dopo quanto emerso durante la puntata di Report su Rai3 “Il santo inceneritore” e la scoperta di LabUr della particella mancante e della non edificabilità del 40% dei terreni ci chiediamo quali controlli preventivi siano stati eseguiti da tutti i soggetti coinvolti nel più grande appalto dopo Mafia Capitale.

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BANDI CAPOCOTTA: SEGNALAZIONE ALLA POLIZIA DI STATO

capocotta 2025POLIZIA DI STATO
X Distretto Lido
p.c.
CAPITANERIA DI PORTO DI ROMA FIUMICINO
DIREZIONE MARITTIMA DI CIVITAVECCHIA
COMUNE DI ROMA
GUARDIA DI FINANZA
COMMISSIONE RISERVA NATURALE STATALE LITORALE ROMANO

 

Roma, 20 gennaio 2025

OGGETTO : Integrazione esposto del 10 gennaio 2025 –
Segnalazione alla Polizia di Stato

Il Comune di Roma, ha la sola competenza di assicurare per la spiaggia libera di Capocotta “i servizi essenziali per il pubblico”, tutti però esclusi negli attuali bandi di affidamento dei chioschi che, senza titolo edilizio e non inventariati tra i beni comunali, pur avendo solo lo scopo di presidiare il parco dunale, diventeranno di fatto stabilimenti balneari per 12 anni, essendo loro consentito, tramite semplice invio di una PEC al Dipartimento Ambiente, di noleggiare ombrelloni e lettini e di organizzare eventi e serate danzanti, anche in subappalto, senza alcuna evidenza pubblica, favorendo potenzialmente infiltrazioni criminali come già avvenuto per le spiagge libere di Ostia. Ricordiamo che nella maggior parte dei casi per iniziare un’attività è necessario presentare, al competente SUAP (Sportello Unico per le Attività Produttive), una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) con la quale l’impresa interessata autocertifica il possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento dell’attività medesima. A Capocotta, no.

*********

Spett.le POLIZIA DI STATO – X Distretto Lido,
LabUr – Laboratorio di Urbanistica (www.labur.eu), portatore di un interesse collettivo e diffuso, con riferimento all’esposto del 10 gennaio 2025 e al successivo riscontro pervenuto in data 13 gennaio 2025 dal Comune di Roma, intende segnalare alla Polizia di Stato la seguente integrazione dell’esposto sopra citato. Si richiede di svolgere i necessari approfondimenti sul contenuto della convenzione presente nei bandi (di cui uno in corso) per l’affidamento dei 5 chioschi di Capocotta, dove si ravvisa una palese inadeguatezza rispetto a tematiche di pubblica sicurezza nonché rispetto al potenziale pericolo conseguente di infiltrazioni criminali nell’area.

La richiesta pertanto consiste, nei confronti della Polizia di Stato, ferme restando quelle rivolte già per singola competenza agli altri Enti e Autorità, nel valutare un coordinamento con il Comune per un preventivo contenimento del suddetto presunto pericolo mediante la redazione di una nuova e differente convenzione tra privati e P.A. rispetto a quella presente nei bandi, che andrebbero, ad avviso dello scrivente, annullati.

Si precisa che la problematica è stata esposta anche al Presidente della Commissione della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano, dr. Romeo DE ANGELIS, entro le cui competenze ricade l’area di Capocotta, precisando in particolare che emergono gravi carenze nella definizione del ruolo degli affidatari dei chioschi, in quanto, nella realtà, i chioschi costituiscono veri e propri stabilimenti balneari non avendone però tutti i requisiti e i conseguenti obblighi di legge. Una sorta di ‘terra di nessuno’ consentita dal Comune di Roma che ha lasciato in disparte il doveroso parere della Commissione di Riserva.

A titolo di esempio, il noleggio numericamente indeterminato di lettini ed ombrelloni, il loro libero posizionamento su 500 metri di fronte mare per ogni chiosco (5-6 volte superiore a quanto consentito agli stabilimenti), la facoltà di eseguire e subappaltare l’attività con il permesso di un funzionario del Comune, che può anche autorizzare serate danzanti o in genere eventi su aree non delimitate con precisione, sono circostanze che rendono di fatto impossibile garantire quelle condizioni di pubblica sicurezza presenti invece sulle restanti spiagge del litorale romano.

  • Se è stato corretto controllare le serate danzanti e gli eventi presso gli stabilimenti balneari sulla base di ferree regole, se è stato necessario interrompere le infiltrazioni criminali collegate al noleggio di ombrelloni e lettini presso le spiagge libere di Ostia, se è stato giustificato rimuovere dal litorale romano l’errato utilizzo dei chioschi per la ristorazione, non si capisce come mai il Comune di Roma possa mettere a bando l’affidamento dei chioschi di Capocotta senza regolamentare in dettaglio tali attività che si volgono all’interno di beni di sua (presunta) proprietà, esattamente come è già accaduto per i chioschi delle spiagge libere di Ostia.

Oltre quanto riportato nell’esposto, a cui si rimanda, la prima osservazione è che i chioschi sono da sempre risultati essere in piena attività solo durante la stagione balneare ed invece chiusi e/o inattivi nel corso del restante anno.

La conferma viene per assurdo proprio dal Comune di Roma che nel riscontro del 13 gennaio u.s., afferma:

  1. I chioschi presenti sulla “spiaggia di Capocotta sono stati realizzati per offrire servizi essenziali alla balneazione
  2. I chioschi sono strutture “a supporto della balneazione per fornire servizi come ristoro assistenza e bagnanti e il noleggio di attrezzature quali lettini e ombrelloni
  3. L’area di Capocotta è “una spiaggia libera attrezzata

Premesso

  • che il Comune di Roma non ha alcuna competenza sul demanio marittimo in località Capocotta, la cui delimitazione, come descritto nell’esposto, è incerta per la problematica introdotta da un ingiustificato spostamento della Linea SID ma negato esser avvenuto dalla Capitaneria di porto di Roma;
  • che risultano fuorvianti e non veritiere le affermazioni del Comune di Roma laddove afferma essere i chioschi di proprietà del Comune di Roma e ricadenti in aree di sua proprietà in quanto: 1) a livello di inventariazione comunale non esiste alcun bene corrispondente ai 5 chioschi, 2) le aree dove insistono i chioschi non sono tutte di proprietà del Comune di Roma, come p.es. la particella 42 del foglio 1146 (demanio pubblico dello Stato – ramo Marina Mercantile) sulla quale insiste il locale c.d. Bar del Lotto A che invece negli atti del bando risulterebbe sulla particella 41 e quindi non (come invece è) su demanio marittimo (vedi foto in calce);
  • che in data 29 maggio 2024 LabUr aveva inviato al Comune di Roma una istanza di revisione in autotutela per presunta turbativa d’asta relativamente all’ “Avviso pubblico per l’acquisizione di offerte, finalizzato alla concessione in uso dei chioschi di proprietà di Roma Capitale siti in Roma – via Litoranea – Ostia Lido, all’ interno del parco dunale di Capocotta incluso nel perimetro della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano – Lotti A, B, D”, non ricevendo alcuna risposta nel merito ma solo una nota pseudo intimidatoria;

Considerato

  • che per l’affidamento e la gestione dei singoli chioschi e delle sedicenti aree “di proprietà di Roma Capitale”, si indica l’area compresa “dalla linea SID al confine con la strada Litoranea, come da planimetrie allegate” non tenendo conto della vera Linea SID, come risultante dai dati catastali;
  • che è competenza esclusiva della Regione Lazio, regolamento regionale 19/2016, disciplinare le attività consentite sulle spiagge libere e quelle che possono essere svolte nelle spiagge attrezzate;
  • che, in forma sintetica, una “spiaggia libera” è quella destinata alla libera fruizione dei bagnanti, dove l’occupazione dell’arenile deve essere temporanea e legata alla balneazione e una “spiaggia attrezzata” è quella dove i servizi sono offerti a pagamento da un concessionario (cfr. Regolamento 19/2016);
  • che pertanto sbaglia il Comune di Roma nel riscontro del 13 gennaio u.s. a definire la spiaggia di Capocotta ‘libera’ (ma altrove, pag.2, definita ‘attrezzata’) “con l’aggiunta di servizi essenziali per il pubblico” in quanto per tali (come da Regolamento 19/2016) sono da intendersi solo quelli relativi al “servizio di assistenza, di pulizia, di salvataggio e i servizi igienici”, tutti esclusi (a parte i servizi igienici) dalla convenzione dei bandi di affidamento dei chioschi;
  • che seppure il servizio di ristorazione possa ritenersi complementare rispetto ai ‘servizi’ essenziali’, non lo è di certo quello di noleggio di lettini e ombrelloni (spacciato per ‘attività sociale’!), introdotto in convenzione sotto forma di straordinarietà:
    sono consentite, previa comunicazione al concedente a mezzo PEC all’indirizzo: protocollo.tutelaambientale@pec.comune.roma.it inviata almeno 20 giorni prima e salvo diniego, le seguenti attività sociali: … noleggio di attrezzature per l’utilizzo privato in spiaggia libera

Osservato

  • che, secondo convenzione, è solo il Comune di Roma ad autorizzare ai chioschi la fruizione del parco dunale e del demanio marittimo per le c.d. “attività sociali” (tra cui il noleggio di lettini e ombrelloni) senza alcuna comunicazione alla Commissione di Riserva, alla Capitaneria di porto di Roma e/o ad altri Enti e Autorità competenti, soprattutto in termini di pubblica sicurezza;
    che, secondo convenzione, è solo il Comune di Roma a poter concedere il subappalto senza pubblica evidenza;
  • che il Comune di Roma non opera alcuna forma di controllo aggiuntiva, imponendo all’affidatario tutte le responsabilità (ricordiamo, su area di Riserva e su Demanio Marittimo)

CHIEDE

di verificare se, per garantire la pubblica sicurezza, sia necessario introdurre nei bandi di affidamento dei chioschi di Capocotta restrizioni, integrazioni, modifiche od altro in modo da imporre un’evidenza pubblica delle attività ‘balneari’ già oggetto di particolare attenzione da parte della Polizia di Stato lungo il litorale romano, con particolare riferimento al noleggio di lettini ed ombrelloni e alle autorizzazioni di serate danzanti ed eventi.
Si osserva infine, in attesa del riscontro da parte della Capitaneria di porto di Roma, la mancata diligenza da parte degli uffici del Comune di Roma nell’individuare con certezza, prima di consentire gli affidamenti, della delimitazione del demanio marittimo, nonché la discutibile interpretazione del termine ‘spiaggia libera’

capocotta lotto a dividente demaniale

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“IL SANTO INCENERITORE” DI ROMA È UN SANTO FALSO. ESPOSTO E SEGNALAZIONE AI CONSIGLI DISCIPLINARI

Arancione e Nero Foto Palestra Poster_20250113_110518_0000A seguito delle dichiarazioni del Sindaco di Roma, Roberto GUALTIERI, e del Presidente di AMA SpA, Geom. Bruno Manzi, nella trasmissione di Report “Il Santo inceneritore” (Rai 3, 15 dicembre 2024), LabUr – Laboratorio di Urbanistica ha inviato un esposto alla Procura Penale e Contabile, alla Corte dei Conti, alla Guardia di Finanza, alla Polizia di Stato e alla Commissione Ecomafie. Tutti sapevano dell’esistenza del vincolo della fascia di rispetto e della non edificabilità di diversi terreni che invece nell’atto notarile sono dichiarati tutti edificabili, consentendo così alla sola ACEA un vantaggio sui tempi di consegna del progetto.

Dagli atti acquisiti da LabUr, di cui vengono qui riportati gli estratti, si evince il grave comportamento del Notaio in Roma, Nicola ATLANTE (che non ha allegato tutti i documenti citati nell’atto) e del mediatore del Gruppo ME.CI. srl, Andrea MESCHINI, incaricato dalla parte venditrice, che sono stati segnalati ai rispettivi Consigli Disciplinari degli ordini professionali di appartenenza. 

 

INDICE

– IL PREZZO DEL TERRENO A MQ NELL’ATTO 1

– I DOCUMENTI CITATI MA NON ALLEGATI ALL’ATTO

– LE RELAZIONI GE.CO. E LINARI

– CHI ERA A CONOSCENZA DELLA INEDIFICABILITÀ

– OMBRE SULL’OPERAZIONE FINANZIARIA

– RESPONSABILITÀ PENALI E CONTABILI

– CONCLUSIONI

 

 

IL PREZZO DEL TERRENO A MQ NELL’ATTO

Nell’atto notarile (rogito n. 13786 del notaio Nicola ATLANTE, 25 novembre 2022), che ha valore di prova legale, è chiaramente scritto che il terreno dove dovrebbe sorgere il termovalorizzatore è tutto edificabile (art.7 – “… parte venditrice dichiara: trattasi di vendita di terreno edificabile”, dove per ‘terreno’ si intende l’oggetto del contratto, descritto all’art 1).

Nell’atto, il prezzo di vendita è di 7.462.275,00 euro, così come riportato anche nella perizia di stima del Geom. Umberto LINARI del 15 settembre 2022, dove risulta un terreno di 99.497 mq (al prezzo di 75 euro/mq). In realtà nell’atto risulta descritto un terreno di 99.779 mq (282 mq in più) dovuto a una discrepanza sulla estensione della particella 673 (15.654 per il Notaio, 15.564 per Linari) e per l’assenza (nella stima Linari) della particella 105 (192 mq) di cui abbiamo già scritto nei mesi scorsi.

Inoltre, nella nota dell’Ufficio Stampa AMA del 16 dicembre 2024, si legge che il valore di 75 euro/mq “era già quello presente nell’offerta di vendita del 3 giugno 2021”. Non specifica però la nota AMA se quel prezzo al mq fosse esteso già nel 2021 (allora Sindaca Virginia RAGGI) a tutti gli oltre 99 mila mq del terreno.

I DOCUMENTI CITATI MA NON ALLEGATI ALL’ATTO

Tra i documenti citati nell’atto notarile, ce ne sono due (all’interno dell’art.2) che non risultano esser stati allegati dal Notaio:

“[il terreno] è libero da pesi, vincoli, … fatta eccezione per:

1. “Vincoli derivanti dalla appartenenza al Consorzio per lo Sviluppo Industriale (CSI) Roma Latina di cui alla lettera del 15 ottobre 2019 spedita a Parte Venditrice, ben nota a Parte Acquirente”;

2. “Atto d’obbligo trascritto a favore del Consorzio per lo Sviluppo Industriale Roma Latina il 31 gennaio 2005 form. 8029”.

 

I due documenti, in possesso di LabUr, risultano esser stati indirizzati dal Consorzio alla parte venditrice e saranno resi disponibili solo su richiesta dell’autorità giudiziaria.

Il primo dei due è un certificato di ubicazione in cui si afferma che le particelle 560, 561 e 673 cadono all’interno del Consorzio Industriale di Santa Palomba, Comparto B, con destinazione a “fascia consortile di rispetto” (art,17 NTA).

Il secondo, redatto presso lo studio del Notaio in Roma, Carlo Federico TUCCARI, obbliga la parte venditrice a non edificare nelle fascia di rispetto che comprendeva la particella 369 (poi negli anni frazionata nelle 560, 561 e 673).

Dunque, sin dal 2005 la parte venditrice sapeva che i 39.904,00 mq delle particelle 560, 561 e 673 (il 40% del totale), non erano (e ancora ad oggi, non sono) edificabili. La conferma viene dalla perizia di stima dell’Architetto Daniele IMPALLARA, storico professionista di fiducia della parte venditrice, datata 25 luglio 2022 (rivelata da Report) che, proprio per ragioni di parziale inedificabilità, indica il probabile valore di mercato del terreno in 3.586.000,00 euro, meno della metà della stima Linari, successiva di soli due mesi (15 settembre 2022).

LE RELAZIONI GE.CO. E LINARI

L’atto notarile si basa su due relazioni commissionate da AMA:

 

– La “Ricognizione vincolistica e programmatica”, redatta dalla GE.CO. srl in data 1 settembre 2022, per “valutare la fattibilità programmatica di avvio di un procedimento autorizzativo per un impianto di trattamento termico di rifiuti con recupero energetico in un sito individuato da AMA SpA nel Comune di Roma, in località Santa Palomba”.

– La “Relazione tecnico estimativa” redatta dal Geom. Umberto LINARI in data 15 settembre 2022 per “effettuare una perizia di stima al fine di addivenire al più probabile valore di mercato dell’area”.

 

La relazione della Ge.Co. srl doveva fornire ad AMA l’inquadramento ambientale e vincolistico del terreno. In realtà, restituisce un errato valore catastale di superficie (99.071,33 mq) e non considera il vincolo di inedificabilità imposto dal Consorzio. È lo stesso progettista incaricato della Ge.Co. srl, Ing. Mario ROSSI, a dichiarare nella puntata di Report che la relazione non ha avuto un incarico ufficiale da parte di AMA e che è stata redatta in 10 giorni e pagata intorno ai 2.000 euro.

 

È la relazione Linari ad indicare la valutazione economica del terreno e a riportare che “l’area oggetto di stima risulta parzialmente compresa nel perimetro del Consorzio per lo Sviluppo Industriale Roma-Latina, all’interno del quale sono comprese le particelle 560, 561, 673. Tale porzione di terreno è definita come “Fasce consortili di rispetto” e sono definite dall’art. 17 delle NTA”.

Tuttavia, nessun accenno al vincolo di inedificabilità. Anzi, la relazione procede “con una valutazione uniforme dell’intera area in quanto la stessa attraverso particolari e mirate procedure urbanistiche PUÒ essere totalmente trasformata ad una destinazione di tipo produttivo/industriale, conforme all’area limitrofa”.

In altre parole, la relazione non restituisce il valore attuale del terreno, ma quello futuro, ottenibile per variante urbanistica, considerando tutto il terreno edificabile e giungendo al prezzo di 75 euro/mq con discutibili e ampiamente confutabili valutazioni, spingendosi addirittura ad ipotizzare un indice di edificabilità dell’area pari a 0,60 mq/mq, comprese le aree ancora ad oggi non edificabili.

L’intento della relazione Linari è chiaro e si evince dalla integrazione inviata ad AMA il 14 ottobre 2022: “Il sottoscritto Geom. Linari Umberto in relazione alla valutazione dell’immobile in oggetto ritiene che la stima di € 75,00 al mq di lotto redatta dal Gruppo ME.CI s.r.l. possa ritenersi congrua”.

Il richiamo alla sopra citata nota dell’Ufficio Stampa AMA del 16 dicembre 2024, è doveroso: il valore di 75 euro/mq “era già quello presente nell’offerta di vendita del 3 giugno 2021”.

Solo all’area edificabile o a tutto il terreno?

CHI ERA A CONOSCENZA DELLA INEDIFICABILITÀ

Da quanto emerge dall’atto e dai documenti, la parte venditrice e il mediatore erano a perfetta conoscenza che il 40% del terreno era (ed è) inedificabile. Alla stessa conclusione si giunge per il Notaio che ha formato e istruito l’atto.

Lo sapeva anche AMA e dunque il Comune di Roma, che è socio unico e che ha dato il proprio assenso all’atto di compravendita. Così come il Sindaco Roberto GUALTIERI che è anche Commissario per il Giubileo e che invece davanti alle telecamere di Report ha negato l’appartenenza parziale del terreno alla fascia di rispetto:

 

CLAUDIA DI PASQUALE (Report) – Il 40% del terreno è una fascia di rispetto consortile del consorzio industriale Roma Latina. Si potrebbe al massimo costruire una pompa di benzina.

ROBERTO GUALTIERI (Sindaco di Roma) – Ma questo lo dice lei. Va beh. Lei la vedo molto sicura delle sue opinioni, però… No, ma noi siamo assolutamente convinti che non è come dice lei e quindi questo sarà facilmente appurabile…

 

A sciogliere ogni dubbio, lo stesso atto riporta:

– (art. 2): “vincoli derivanti dalla appartenenza al Consorzio per lo Sviluppo Industriale Roma Latina di cui alla lettera del 15 ottobre 2019 spedita a Parte Venditrice, ben nota a Parte Acquirente”;

– (art. 5): “parte acquirente che dichiara di ben conoscere guanto comprato per averlo fatto valutare e verificare dai propri tecnici di sua fiducia, Geco S.r.l. e Geometra Linari”.

OMBRE SULL’OPERAZIONE FINANZIARIA

Indubbio il successo finanziario per il mediatore della venditrice, Andrea MESCHINI del Gruppo Me.Ci. Srl, che è riuscito, intascando quasi 500mila euro, a far salire il prezzo del terreno più del doppio rispetto alla quotazione dell’Arch. Daniele IMPALLARA, per anni uomo di fiducia della venditrice.

Al successo del mediatore si affianca invece una debacle finanziaria di AMA, che lo ricordiamo ha come socio unico il Comune di Roma, cioè il Sindaco Gualtieri per altro Commissario Straordinario per la gestione dei rifiuti. AMA, tramite il gruppo Intellera SpA – vera artefice della valutazione economica del terreno, avendo lei incaricato, per conto AMA, il Geom. Linari e che ha prodotto frettolose valutazioni come confermato anche dalla Ge.Co. srl – ha autorizzato così un’ingente somma di soldi pubblici pagando un terreno inedificabile al prezzo di uno edificabile, contro ogni logica di mercato.

RESPONSABILITÀ PENALI E CONTABILI

Tutto lecito? Di certo no. Davanti alla consolidata giurisprudenza della Corte dei Conti per la quale le spese sostenute dalla Pubblica Amministrazione di beni immobili devono essere allineate ai valori del mercato immobiliare e non possono, senza giustificato motivo, generare plusvalenze soprattutto a favore di privati.

 

Il Sindaco GUALTIERI, forte dei suoi poteri commissariali, ha giustificato il costo omogeneo di entrambe le tipologie di terreno sulla base di eventuali, future ma non certe varianti urbanistiche, tant’è che nella “Ricognizione vincolistica e programmatica” redatta dalla GE.CO. srl, alla base dell’atto di compravendita, si legge di voler solamente “valutare la fattibilità programmatica di avvio di un procedimento autorizzativo per un impianto di trattamento termico di rifiuti con recupero energetico in un sito individuato da AMA SpA nel Comune di Roma, in località Santa Palomba”.

La domanda è d’obbligo: se ciò non avverrà, cioè se i terreni oggi per legge inedificabili non diventassero mai edificabili, sarà Gualtieri a restituire all’erario i soldi temerariamente e comunque illegalmente spesi?

 

Circa la falsa dichiarazione di edificabilità commessa dalla parte venditrice, si ricorda che, ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 483 c.p., le mendaci dichiarazioni devono riguardare circostanze oggettive, come nel caso in esame.

Se poi è vero che l’unico a risponderne penalmente è il dichiarante, è altresì consolidato nella giurisprudenza che il “pubblico ufficiale risponde soltanto della conformità dell’atto alla dichiarazione ricevuta” (cfr. Cass pen n. 11628/2011). Pertanto al notaio spetta l’obbligo di verificare sia la conformità dell’atto rispetto alle attestazioni del privato sia procedere a dei controlli preventivi nei registri immobiliari. Più in generale, si tratta di attività prodromiche e preparatorie al rogito grazie alle quali il notaio può tempestivamente informare le parti circa le verifiche effettuate. E’ evidente che il Notaio ATLANTE, riportando in atto che il terreno è tutto edificabile, non ha con diligenza operato.

 

Neppure è interpretabile la definizione di terreno edificabile. Infatti, soprattutto ai fini tributari, per l’edificabilità di un terreno è sufficiente la delibera del Consiglio Comunale che recepisca il Piano Regolatore Generale (PRG) vigente, poiché è detta delibera a costituire formalmente lo “strumento di adozione” (ma non di approvazione) del piano. Tuttavia non si può trascurare che si tratta di un piano esistente in astratto, ma non operativo, poiché in mancanza dell’approvazione del piano da parte della Regione (o della Provincia se delegata) il piano non è certamente operativo in concreto.

Detto ciò, non può escludersi che successivamente, per la mancata approvazione regionale, per una modifica al PRG o per l’adozione degli strumenti attuativi, l’edificabilità “astratta” non divenga mai concretamente tale. Come nel caso della competenza regionale nel definire la fascia di rispetto (inedificabile) del Consorzio di Sviluppo Industriale Roma-Latina, su cui il Comune di Roma non ha competenza e che comunque allo stato vigente dell’atto presenta una fascia di rispetto inedificabile.

 

In sostanza, il notaio ha definito edificabili terreni che sapeva essere inedificabili, come è ben scritto nei due documenti sopra citati ma, stranamente, non allegati all’atto notarile.

 

Neppure è esente da colpevolezza il mediatore, Andrea MESCHINI. La Suprema Corte ha infatti enunciato un chiaro principio di diritto.

Il mediatore, ai sensi dell’art. 1759, comma 1, c.c., deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, o che avrebbe dovuto conoscere con l’uso della diligenza impostagli dalla natura professionale dell’attività esercitata, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possano influire sulla conclusione di esso o determinare le parti a perfezionare il contratto a diverse condizioni.

MESCHINI sapeva (o doveva sapere) della fascia di rispetto e della inedificabilità e non indurre la parte venditrice a sostenere nell’atto (come fase derivante dall’offerta) che tutto fosse ‘edificabile’.

Ne consegue che, essendo l’affare concluso, sussiste la responsabilità risarcitoria del mediatore per mancata informazione del promissario acquirente circa l’esistenza di irregolarità urbanistiche o edilizie non ancora sanate relative all’immobile oggetto della promessa di vendita, dovendosi comunque verificare l’adempimento di tale dovere di informazione da parte del mediatore con esclusivo riferimento al momento stesso della conclusione dell’affare (Cass. civ., Sez. II, Ord., 02/05/2023, n. 11371).

CONCLUSIONI

Se è grave e punibile penalmente la falsa dichiarazione della parte venditrice (emigrata all’estero ad affare concluso dopo la messa in liquidazione della società), è altrettanto grave il comportamento della parte acquirente che sapeva e ha taciuto sostenendo una spesa illegale di soldi pubblici. In primis, Roberto GUALTIERI, che nella sua doppia funzione di Sindaco e Commissario ha ingannato la fede pubblica non costituendosi garante del pubblico interesse e addirittura ribadendo, due anni dopo davanti alle telecamere di Report, di essere “assolutamente convinto” della non esistenza di una “fascia di rispetto” inedificabile.

Se Gualtieri fosse estraneo, dovrebbe essere lui a segnalare ai consigli disciplinari dei propri ordini di appartenenza il notaio e il mediatore. Noi sicuramente lo faremo.

 

Restano aperte una serie di domande: Perchè si è omesso nell’atto di indicare che i terreni non erano tutti edificabili e perché si è valutato un prezzo uniforme al mq? Per favorire la parte acquirente? Esistono altre motivazioni? Perché dichiarare un falso in un atto notarile su un investimento ‘capitale’ tra le altre cose riguardante materia relativa alla salute pubblica e alla tutela della pubblica e privata incolumità? Oppure è servito per favorire la redazione del progetto ACEA che non poteva esser fatto se l’area avesse compreso una porzione di terreno inedificabile? I 4 milioni di plusvalenza sono serviti per agevolare l’iter del termovalorizzatore?

 

Domande che dopo due anni dall’atto di compravendita non sono mai emerse. LabUr farà la sua parte. Vedremo cosa diranno le autorità e gli organi di vigilanza.

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DISASTRO CAPOCOTTA: CHIESTO L’ANNULLAMENTO DEI BANDI PER I CHIOSCHI

capocottaNella giornata di giovedì 9 gennaio 2025 è stato presentato un esposto alla Capitaneria di Porto competente per segnalare l’occupazione senza titolo del Demanio Marittimo in località Capocotta da parte del Comune di Roma al quale è stata inoltrata istanza di annullamento in autotutela dei 2 bandi per l’affidamento dei 5 chioschi ivi esistenti, bandi aventi per oggetto la gestione dei servizi sulle dune di Capocotta all’interno della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano. Ricordiamo che i 5 chioschi sono (se ne indica il nome ‘storico’): Lotto A (Dar Zagaia), Lotto B (Mediterranea), Lotto C (Settimo Cielo), Lotto D (Porto di Enea) e Lotto E (Mecs Village).

Si tratta di due bandi, uno riferito a tre lotti (A, B e D, già aggiudicati nel 2024) e uno ai rimanenti due (C ed E), in fase di aggiudicazione nel 2025. Entrambi prevedono l’affidamento e la gestione dei singoli chioschi (con ristorazione), dei lotti ivi insistenti e delle aree dunali “di proprietà di Roma Capitale, dalla linea Sid al confine con la strada Litoranea come da planimetrie allegate”. 

In realtà, nelle ‘planimetrie allegate’ la c.d. “linea SID” non compare.

Si precisa che per “linea SID” viene inteso il limite a terra del Demanio Marittimo, detto anche “dividente demaniale”. Tale limite è graficizzato sul sito Portale del Mare del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Il Demanio Marittimo è pubblico e si estende dalla “linea SID” fino alla linea di costa, individuando quello che viene comunemente definito arenile o spiaggia pubblica. Per il Comune di Roma, i 5 chioschi non ricadono sul Demanio Marittimo.

Tuttavia l’affidamento previsto dai bandi consente, previa comunicazione a mezzo PEC, di noleggiare attrezzature per l’utilizzo privato in spiaggia libera, cioè ombrelloni e lettini, trasformando di fatto i chioschi in piccoli stabilimenti balneari ma senza concessione marittima.

IL PRECEDENTE

In data 10 luglio 2023, con nota CPRM.REGISTRO UFFICIALE.2023.0018846, la Capitaneria di Porto di Roma, con riferimento al tratto di arenile di Capocotta destinato alla pubblica fruizione, comunicava l’andamento della vigente dividente demaniale allegando gli estratti del Portale del Mare (SID). La linea risultava ininterrotta per tutto il tratto interessato e corrispondente alla linea dunale (cioè costituita dalle dune), definendo l’appartenenza o meno dei chioschi al Demanio Marittimo. In data 11 marzo 2024, il Comune di Roma pubblicava l’avviso pubblico per l’affidamento dei primi tre chioschi (Lotti A, B e D). 

Riscontrando in data 13 marzo 2024, sul SID, un differente andamento della dividente demaniale, veniva inviato da LabUr il 14 marzo 2024 un dettagliato esposto alla Capitaneria di Porto di Roma, alla Direzione Marittima di Civitavecchia, al Comune di Roma e alla Guardia di Finanza per segnalare tale ingiustificata variazione della dividente demaniale avvenuta dopo il 10 luglio 2023. Si osservava che in assenza di una precisa individuazione geografica o comunque referenziata della dividente demaniale, i tre chioschi presenti nel bando risultavano insistenti sul Demanio Marittimo (a differenza di quanto sostenuto nel bando) ma senza concessione marittima come invece dovuto.

In data 10 aprile 2024, la Capitaneria di Porto di Roma con nota m_inf.A1825B8.REGISTRO UFFICIALE.U.0009406.10-04-2024, rispondeva:

  1. che la dividente demaniale non aveva subito alcuna variazione dal 10 luglio 2023
  2. che era in corso un procedimento di verifica dell’ampiezza del Demanio Marittimo
  3. che la riscontrata non corrispondenza della dividente demaniale alle due date indicate doveva ritenersi una difformità dovuta alla “scelta di rappresentazione grafica operata sulla cartografia del portale S.I.D.

Era pertanto evidente (essendo presenti nella segnalazione le perimetrazioni delle particelle catastali, riferimento inconfutabile) che era stato commesso un grave errore. La questione non veniva più affrontata da LabUr per consentire il regolare svolgimento della stagione estiva, come richiesto dalle autorità preposte, al fine di garantire la pubblica e privata incolumità.

LA VERIFICA

Screenshot 2025-01-09 20.16.15In attesa della definizione del suddetto problema, si è consultato il Portale del Mare in data 9 gennaio 2025, riscontrando che la linea SID non risulta (come fino a tutto il 2024) ininterrotta e corrispondente alla linea dunale (dividente demaniale naturale, come confermato dalla Capitaneria di Porto di Roma). E’ infatti solo localizzata (linea in rosso) presso i Lotti A,B e D (del primo bando) ma spostata notevolmente in avanti (si porta l’esempio dei lotti A e B):
Screenshot 2025-01-09 20.20.22Screenshot 2025-01-09 20.21.03Considerando che per effetto delle mareggiate la linea di costa (linea in blu) è avanzata verso terra, finendo praticamente per coincidere con la linea SID (linea in rosso), scompare di fatto senza giustificazione il Demanio Marittimo e cioè la spiaggia a pubblica fruizione divenendo tutto l’arenile illegittima “proprietà del Comune di Roma”, come indicato nei bandi. Addirittura nella parte centrale (Lotto C) e terminale (Lotto E), quelle in aggiudicazione, neppure compare la dividente demaniale. 

 

 

CONCLUSIONI

Di fatto la spiaggia libera di Capocotta viene lottizzata dal Comune di Roma trasformando i chioschi in piccoli stabilimenti balneari senza concessione marittima in virtù di due bandi del tutto irregolari che si avvalgono di un andamento della dividente demaniale mutato senza alcuna trasparenza amministrativa.

Ricordiamo che per poter variare la dividente demaniale, fatto che la Capitaneria di Porto di Roma sostiene non essere avvenuto nel 2024, occorre, ai sensi del Codice della Navigazione, una precisa delimitazione del Demanio Marittimo mediante un procedimento disciplinato dall’art. 32 che mira a rendere evidente la demarcazione tra un bene pubblico (quello marittimo) e le proprietà confinanti, che siano private o patrimonio della Pubblica Amministrazione.

A Capocotta nulla di questo è avvenuto arrivando al paradosso che la più grande spiaggia libera del litorale laziale e forse d’Italia è priva del Demanio Marittimo per occupazione senza titolo da parte del Comune di Roma.

Per quanto sopra, in attesa di una trasparenza amministrativa ad oggi inesistente, si è richiesto di annullare i due bandi, ripristinando l’affidamento dei chioschi ai precedenti assegnatari per la predisposizione di una nuova gara, questa volta basata su un fondamento giuridico e non piratesco.

Nel video la condizione in cui versano i chioschi de “abbiamo riscritto una nuova pagina per Capocotta“. Così il Comune di Roma ad Aprile 2024

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